Garth Ennis – Hitman: stile e struttura

Garth Ennis – Hitman: stile e struttura

Hitman fu un'occasione più unica che rara per Garth Ennis di confrontarsi con la gestione corale di un universo supereroistico, senza per questo rinunciare alle tematiche care all'autore

Hitman nell’universo narrativo DC

hitman34La serie Hitman è inserita nell’universo narrativo nel quale vivono le loro avventure Batman, Superman, Wonder Woman e tutto il ricchissimo pantheon di supereroi e personaggi della casa editrice dc Comics. Il fatto, inoltre, che sia ambientata nel bel mezzo di Gotham City, ha fatto sì che il personaggio si sia trovato nell’occhio del ciclone di molti eventi editoriali come Contagion, One Million, No Man’s Land e altri.

Nonostante Garth Ennis sia uno sceneggiatore molto prolifico nell’area del fumetto seriale statunitense, Hitman è stata la sua prima e ultima occasione di partecipare a quel lavoro collettivo che è la creazione e scrittura di un universo narrativo da parte di un nutrito gruppo di autori.
Non che Ennis abbia mai cercato di arrivare al cuore dei fumetti supereroistici; difatti, in un’intervista ha dichiarato di non gradire le serie che proseguono all’infinito:

Per quello che riguarda le miniserie il vantaggio ovvio è che non devi portare avanti il personaggio per sempre e sempre e sempre come si fa su una serie regolare. Molte serie regolari di supereroi sono studiate per andare avanti per sempre; ovviamente molte ci riescono, ma il punto è che si cerca di tirare fango contro un muro sperando che rimanga attaccato, ma la maggior parte delle volte scivola giù.
In una miniserie […] non devi tirare fuori il personaggio in modo artificioso da qualunque destino hai pensato per lui, puoi raccontare la storia, suppongo, sinceramente”.1

Nella prefazione a The Pro ha rimarcato il concetto affermando che:

[…] una prostituta con superpoteri e un modo di fare schifoso [è] l’antidoto perfetto alle menate altisonanti pubblicate da certi grandi editori. Ad Amanda sarebbe piaciuto disegnarlo? Jimmy lo avrebbe inchiostrato? L’opportunità di fare un gioco sporco, unita alla promessa di infangare un po’ di corporate trademark (oh, mi dispiace, davvero ho detto corporate trademark? Volevo dire icone culturali, sono proprio uno stupido!) era troppo allettante”.2

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Dal punto di vista della serialità nei fumetti di supereroi, Hitman è quindi un caso più unico che raro3 nella vasta produzione dell’autore. hitman01
Non possono essere accostati a questo tipo di scrittura fumetti come The Punisher, Thor: Vikings, Hulk Smash! e The Legends of the Dark Knight, perché si tratta di opere slegate dalla continuity narrativa degli universi Marvel e dc.
In quei casi Ennis, pur rifacendosi al background dei personaggi consolidato in anni di pubblicazioni, ha lavorato in autonomia, senza interferenze da parte di altri autori e senza richieste dalla casa editrice di integrare i suoi fumetti con quelli scritti da altri.4

Tale visione del medium fumettistico ha portato Garth Ennis a un approccio diffidente verso la serialità supereroistica nella serie Hitman, come conferma lo stesso autore in un’altra intervista:

L’unica regola era di fare quanto umanamente possibile per evitare di scrivere di personaggi supereroistici o partecipazioni ai crossover, e se proprio dovevo, di farlo a modo mio. Stare nel nostro piccolo angolino.5

Evitare il coinvolgimento della serie nei crossover era davvero molto difficile:

La sfida era che [i crossover, N.d.R.] erano per la maggior parte maestosi e non c’era modo di scamparne. In particolare quelli di Batman, ogni anno, coinvolgevano Gotham City in avvenimenti privi di immaginazione (terremoto, epidemia).6

L’asfissia provocata dai crossover è sottolineata dall’autore anche in un breve passo dal sapore metanarrativo7 in un episodio di Hitman.8 Tommy nota che disastri come il terremoto succedono una volta l’anno, quasi come se ci fosse un deus ex machina che li programma a intervalli regolari (e infatti c’è: è la casa editrice).

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The Final Night, cover di Hitman n. 8 © dc Comics

Da questo rapporto tormentato di Ennis con la serialità della dc Comics è nato uno dei tratti distintivi della serie. Lo scrittore è riuscito a gestire le avventure del suo personaggio in equilibrio fra slanci personali e necessità di integrare le sue sceneggiature con quelle di molti altri scrittori, e ha accolto i crossover imbastiti da altri autori come spunti narrativi da filtrare, rielaborare e restituire in storie che conservavano la sua impronta personale.
Avventure epiche, a volte cosmiche, mastodontiche e (sulla carta) sconvolgenti sono state assimilate in un fumetto urbano e “famigliare” e descritte da quel particolare punto di vista che è il bar di Noonan.
Il risultato assomiglia per certi versi a Marvels9 , la celebre miniserie di Kurt Busiek e Alex Ross che ha preceduto di poco meno di due anni la serie Hitman. Se in Marvels le battaglie classiche fra i personaggi dell’universo Marvel vengono raccontate dalla prospettiva della gente comune10 – che, per esempio, vive l’arrivo di Galactus come un annuncio dell’Apocalisse11 –, qualcosa di simile si può dire per Hitman, dove la scomparsa del sole in The Final Night, e la conseguente notte lunga sette giorni, diventa l’occasione per Tommy e i suoi amici di rintanarsi nel bar a raccontare storie di guerra e morte, mentre all’esterno gli abitanti di Gotham City, pensando che il mondo sia condannato, regrediscono a bestie pazze e sanguinarie.12

L’apertura di Hitman a tutte le tematiche di Garth Ennis

La struttura seriale di Hitman ha avuto un’altra ricaduta sullo stile di Garth Ennis. Lavorare su una collana potenzialmente molto lunga e priva di una durata precisa significa scrivere e pubblicare il fumetto a piccoli passi nel corso dei mesi e degli anni. Se è vero che lo sceneggiatore già a metà dell’opera aveva un’idea abbastanza precisa di come concluderla – e infatti la morte di Tommy al termine della saga è il culmine di uno stillicidio che, episodio dopo episodio, tocca quasi tutti i personaggi –, è altrettanto vero che per molto tempo l’autore non ha avuto, per così dire, un traguardo.
La conseguenza di questo tipo di approccio è che Ennis ha avuto la possibilità di modulare l’opera finendo con l’abbracciare poco alla volta tutte le tematiche che gli erano più care: un canovaccio sempre pronto all’uso porta l’autore a riempirlo con le idee che gli vengono sul momento e a riversare nella serie i suoi interessi principali.

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Non a caso Garth Ennis tocca tutti i suoi temi preferiti: la guerra, l’amicizia, le storie d’amore, gli scontri nell’Irlanda del Nord, l’etica, il sarcasmo sui supereroi, il rapporto fra padre e figlio, la religione, la passione per un certo cinema, il cannibalismo e il contrappasso.
Se in fumetti come The Punisher (max), connotata dalla violenza estrema e dalla passione di Ennis per le storie belliche, e Preacher, che può essere definita una storia d’amore, amicizia e rapporti fra padri e figli all’ombra di un’Apocalisse, da un lato c’è apertura a molte tematiche ma dall’altro c’è un minimo di rispetto per la filosofia di base delle serie, lo stesso discorso non vale per Hitman, nel quale ci sono virate repentine nelle tematiche e nell’approccio.
Probabilmente ci sono due fattori, oltre alla pura e semplice serialità, che hanno fatto di Hitman un’opera così imprevedibile e aperta: da una parte la duttilità di John McCrea, in sintonia con Ennis tanto nel disegnare storie drammatiche quanto quelle più grottesche, e dall’altra l’ambientazione nell’Universo supereroistico della dc Comics. I supereroi permettono una miriade di chiavi di lettura e perfino Ennis, solitamente caustico verso il genere, è andato oltre il sarcasmo che contraddistingue le sue opere, analizzando seriamente la figura di Superman e tentando una lettura del genere supereroistico in chiave realistica nell’episodio ambientato in Africa.

Kathryn McCallister e Kathryn O’Brien

La filosofia della serie Hitman, come visto nel paragrafo precedente, è stata di non negarsi nessuna possibilità e di accompagnare Ennis per un lungo tratto del suo percorso di autore. Che Hitman sia stato qualcosa che Ennis e McCrea hanno portato con loro per tutti gli anni Novanta, lo dimostra anche il fatto, lo ricordo, che il protagonista della serie, prima di diventare titolare della sua collana personale, era nato e maturato su The Demon, l’opera gestita in precedenza dai due autori.
Ennis non si è separato da Hitman nemmeno nel decennio successivo. Nella serie The Punisher (max), pubblicata dalla Marvel a partire dal 2004, lo sceneggiatore ha introdotto un personaggio di nome Kathryn O’Brien, un’agente della cia che ha avuto un ruolo di rilievo in particolare nell’episodio intitolato L’uomo di pietra.

La O’Brien parla a Frank Castle della sua vita sentimentale:

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Garth Ennis, Leandro Fernandez, The Punisher (max), n. 40, p. 8. [Edizione Italiana: The Punisher: L’Uomo di Pietra, Panini Comics, Modena, 2007, trad. it. Pier Paolo Ronchetti]: “Ci sono stati anche bravi ragazzi. Non durano mai, di solito perché decido che non meritano la merda che questa vita implica. Ma perlopiù tipi come Rawlins o idioti, o alcolisti, o quelli irrevocabilmente destinati alla tragedia. Come quello stupido di Tommy…”14
Si riferisce a Tommy Monaghan, perché quella O’Brien è lo stesso personaggio che in Hitman si chiamava Kathryn McCallister15 e aveva avuto una breve relazione con il protagonista della serie.

I tormentoni come aspetto della serialità

Il ripudio della serialità supereroistica non implica per Ennis la rinuncia a un altro tipo di serialità: la riproposizione, con piccole e continue variazioni, di alcuni tormentoni comici che, pur rimanendo sempre marginali, contribuiscono a connotare alcuni personaggi e a far familiarizzare il lettore con la serie.
La ripetizione può riguardare tanto oggetti ricorrenti come gli hamburger giganti, l’ossessione di Natt il Cappello, quanto la vera e propria essenza di alcuni comprimari.
Prendiamo, per esempio, Sixpack, che ha una natura ambivalente. Se da un lato, nel momento della verità, non esita a sacrificarsi per salvare Gotham City, dall’altro, in molti albi, appare in vignette estemporanee usate spesso da Ennis per ridicolizzare i supereroi della dc. Nei suoi deliri alcolici, Sixpack immagina di combattere contro Darkseid nei vicoli di Gotham City per poi risvegliarsi in una pozza del suo stesso piscio, oppure una notte d’inverno si addormenta in strada e crede di essere stato congelato da Mr. Freeze.
Anche il nonno di Tiegel ha questa funzione. Pur essendo utilizzato, a differenza di Sixpack, esclusivamente per gli intermezzi comici,16 il personaggio risulta compiuto e sviluppato al meglio.

Sixpack, da Hitman n. 50, p. 9. © dc Comics.
Sixpack, da Hitman n. 50, p. 9. © dc Comics.

Un esempio calzante di come questo tipo di situazioni sia integrato in modo efficace con il resto del fumetto riguarda proprio il nonno.
L’anziano nazista vuole recarsi in Sud America assieme alla madre di Tiegel per fare visita ai vecchi amici camerati, ma quando arriva all’aeroporto deve rinunciare a causa di uno sciopero dei piloti. Tiegel, nel frattempo, ha approfittato della casa libera per invitare Tommy e fare sesso, senonché, quando il nonno e la madre rientrano in anticipo, per evitare una situazione imbarazzante costringe il fidanzato a scappare dalla scala antincendio. Evitato il pasticcio, Tiegel si vede però obbligata a intonare l’inno nazionale della Germania per assecondare la demenza senile del nonno.
Le vignette buffe dei tre che cantano scandiscono il ritmo della fuga rocambolesca di Tommy: la scala antincendio cede e l’assassino precipita in un appartamento del palazzo di fronte dove è in corso una compravendita di droga da parte di due gruppi di gangster. Il suo arrivo scatena una sparatoria con molti morti, a conferma di quanto detto nel paragrafo 6.2.2: Hitman è un’imprevedibile commistione di scene drammatiche e grottesche che Ennis riesce a gestire con equilibrio e abilità.

Un caso di costruzione della tavola: l’infanzia di Natt

Dal n. 57, p. 5. © dc Comics.
Dal n. 57, p. 5. © dc Comics.

Ennis e McCrea utilizzano una sequenza di quattro vignette identiche per raccontare l’infanzia di povertà di Natt il Cappello in un quartiere periferico di Detroit. Ambientate durante il giorno del compleanno di Natt in anni diversi, vengono inquadrati la facciata del palazzo malmesso, dove vive con la sua famiglia, e una via e un vicolo sporchi e degradati. In tutte le vignette ci sono anche, immutabili nel corso degli anni, l’onomatopea di uno sparo e un urlo fuori campo. Nella loro successione cambia solo la data, prima il 1972, poi il 1978, il 1985 e infine il 1989, ma l’abbandono e la il sudiciume rimangono costanti, a sottolineare un’infanzia e un’adolescenza vissute in un ghetto che non lasciava possibilità di scampo al richiamo della violenza.
La sequenza ricorda Dropsie Avenue17 di Will Eisner, un fumetto nel quale il protagonista era un piccolo quartiere di New York nato alla fine dell’Ottocento, quando la famiglia olandese Dropsie si insediò in quella che era solo una prateria incolta, e morto (raso al suolo) un secolo più tardi, dopo avere attraversato una giovinezza di splendore signorile e un lento e inesorabile declino.
Il ghetto di Detroit, a differenza di Dropsie Avenue, non nasce, vive e muore: nel periodo in cui vi ha abitato Natt è sempre stato morto, e con lui il destino dei suoi abitanti. Con un’ironia cruda e impietosa, e senza bisogno di discorsi esplicativi, Ennis mette a nudo la falsità di slogan come il principio di eguaglianza e il sogno americano a portata di chiunque voglia afferrarlo.

Il gusto per le citazioni cinematografiche

Nella formazione di Ennis gioca un ruolo determinante il cinema. Come visto nel capitolo 4, dedicato a Preacher, lo sceneggiatore ama in modo particolare Clint Eastwood, Sergio Leone e Sam Peckinpah, e nelle sue opere omaggia spesso questi e altri registi e attori.
Non a caso Tommy Monaghan assomiglia tantissimo a Eastwood e il locale di Sean Noonan nel Calderone è situato fra la Saint e la Peckinpah. Lo stesso quartiere inventato da Ennis, che per idearlo si è ispirato a Hell’s Kitchen,18 potrebbe avere origini cinematografiche. Nel film Stato di grazia19 di Phil Joanou, un po’ come nel fumetto di Ennis, viene raccontata la rivalità fra una banda di gangster di origini irlandesi e la mafia italo-americana nel quartiere di New York; il cerchio delle similitudini con Hitman è chiuso dal cognome del personaggio interpretato da Sean Penn: Noonan.
È invece certo che il killer Ringo Chen è un omaggio all’attore Chow Yun Fat e al cinema di John Woo, come afferma lo stesso Ennis in un’intervista.20
Altre citazioni esplicite sono presenti in Hitman n. 56, dove Natt e Tommy, appena arruolati nei marine, devono vedersela con il sergente maggiore Hartman e rivivono due scene prese di peso da Full Metal Jacket,21 e nel numero 57, dove Natt, in sogno, vive una parodia di Armageddon con Bruce Willis.22
La citazione cinematografica più vistosa è stata fatta nell’Annual disegnato da Carlos Ezquerra, che si apre con Tommy e Natt che si divertono a imitare il Clint Eastwood de Il buono, il brutto, il cattivo.23 Nel proseguimento della storia, Ennis citerà anche la cassa piena di dollari (trasformati da 200.000 a 2.000.000) e ambienterà la conclusione del fumetto in un cimitero sconfinato identico a quello del film di Sergio Leone.24

Siverio - Hitman - 6

Alcuni anni dopo la fine della serie, sarà il cinema ad attingere da Hitman. In Bruges – La coscienza dell’assassino25 di Martin McDonagh assomiglia tantissimo al fumetto di Ennis e McCrea a partire dal protagonista, un killer irlandese interpretato da un Colin Farrell molto simile a Tommy Monaghan.
Fra i tanti punti di contatto fra fumetto e film mi ha colpito in modo particolare la citazione del primo incontro fra Tommy e Wendy.26
Come nel fumetto, il killer protagonista di In Bruges dice a una ragazza conosciuta da poco che di mestiere fa l’assassino; la ragazza pensa che l’uomo stia scherzando e lui la asseconda.


  1. 65 Steve Johnson intervista Garth Ennis in Garth Ennis Writes Heroes Without Costumes, «Fortunecity» 1997. “(…) In terms of the mini series… well, the obvious advantage is that you don’t have to keep the character going forever and ever and ever the way you do on a regular book. Most regular superhero books are designed to go on forever; of course, very few of them do, but the point is they are trying to throw mud against the wall and hope it will stick, and most of it slides off. With a mini series you (…) don’t have to artificially bring the character back from whatever doom you’ve designed for them, you can tell the story, I suppose, honestly.” 

  2. 66 Garth Ennis in Achtung! Achtung! Englander! Le origini di Pro, in Garth Ennis, Amanda Conner e Jimmy Palmiotti, Pro, Edizioni bd, Milano 2008. Trad. it. Alberto Schiavone. 

  3. 67 L’altro fumetto di Ennis ambientato nell’Universo dc è The Demon. Infatti la serie è stata toccata dai crossover Bloodlines e Zero Hour. Ennis ha adottato lo stesso stile che si è visto successivamente anche in Hitman

  4. In particolare, la lunga serie The Punisher (max) non è stata toccata dagli avvenimenti raccontati negli ultimi anni nell’universo Marvel. La casa editrice, quando ha deciso di coinvolgere il personaggio nel crossover Civil War, ha varato una collana apposita (la serie The Punisher: War Journal scritta da Matt Fraction) per non disturbare Ennis. 

  5. “The only rule, really, was to avoid writing superhero characters or participating in crossovers as much as humanly possible, and if I had to, to do it on my own terms. Stay in our own little corner.” Zack Smith intervista Garth Ennis. Op. cit. 

  6. “The challenges were that they were mostly bloody awful, and there was simply no escape from them. The Batman ones in particular involved something deeply unimaginative happening to Gotham City every year or so (earthquake, plague).” Ibid 

  7. Sul tema della metanarrazione vedi il paragrafo 6.4.2. 

  8. Garth Ennis e John McCrea, Hitman n. 38, dc Comics, New York 1999. 

  9. Kurt Busiek e Alex Ross, Marvels nn. 1-4, Marvel Comics, New York 1994. 

  10. Kurt Busiek e Alex Ross, Marvels nn. 1-4, Marvel Comics, New York 1994. 

  11. Kurt Busiek e Alex Ross, in una sequenza di Marvels che è una sorta di remake di un episodio classico di Fantastic Four, trascurano completamente il combattimento fra Galactus, Silver Surfer e i Fantastici Quattro e concentrano la loro attenzione sui newyorkesi che, vedendo il cielo in fiamme e degli esseri immensi che si scontrano, temono la fine del mondo e reagiscono pregando, ubriacandosi o impazzendo. 

  12. Garth Ennis ripete l’operazione in Hulk Smash!, un combattimento fra Hulk e l’esercito raccontato dal punto di vista di un militare. 

  13. Garth Ennis e Leandro Fernandez, The Punisher: L’uomo di pietra, Panini Comics, Modena 2007. Trad. it. Pier Paolo Ronchetti. 

  14. Garth Ennis e Leandro Fernandez, The Punisher: L’uomo di pietra, Panini Comics, Modena 2007. Trad. it. Pier Paolo Ronchetti. 

  15. Un ringraziamento a Sergio Calvaruso che ha riportato la coincidenza nel capitolo dedicato a Goddes. 

  16. Ma Ennis riserverà una parte drammatica anche a lui quando descriverà il suo funerale. 

  17. Will Eisner, Dropsie Avenue, Kitchen Sink Press, New York 1995. 

  18. Vedi il paragrafo 6.1.3. 

  19. Phil Joanou, State of Grace (titolo italiano: Stato di grazia), Cinehaus, Orion Pictures Corporation, The Rank Organisation, usa 1990. 

  20. “Ringo was a nod to the aforementioned John Woo movies, a direct lift of the tragic gunman character usually played by Chow Yun Fat”. Zack Smith, Op. Cit. Trad. It. “Ringo era un riferimento ai summenzionati film di John Woo, un collegamento diretto al personaggio del tragico pistolero solitamente interpretato da Chow Yun Fat”. 

  21. Stanley Kubrick, Full Metal Jacket, Warner Bros. Pictures, Natant. Stanley Kubrick Productions, usa/uk 1987. 

  22. In Armageddon, Bruce Willis deve fare esplodere un asteroide grande come il Texas prima che colpisca la Terra, disintegrandola. Nel fumetto, l’asteroide è sostituito da un hamburger gigante che deve essere mangiato da Natt. Michael Bay, Armageddon (titolo italiano: Armageddon – Giudizio finale), Touchstone Pictures, Jerry Bruckheimer Films, Valhalla Motion Pictures, usa 1998. 

  23. Sergio Leone, Il buono, il brutto, il cattivo, pea (Produzioni Europee Associate), Arturo González Producciones Cinematográficas, S.A, Constantin Film Produktion, Italia e Spagna 1966. 

  24. Probabilmente viene citato in modo marginale anche Lo straniero senza nome. 

  25. Martin McDonagh, In Bruges (titolo italiano In Bruges – La coscienza dell’assassino), Blueprint Pictures, Film4, Focus Features, Scion Films, uk/Belgio 2008. 

  26. Op. cit. n. 1, p. 14. 

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