“Pro, come dissi a Jimmy e Amanda, era un’idea che avevo in testa da un paio di anni: una prostituta con superpoteri e un modo di fare schifoso, l’antidoto perfetto alle menate altisonanti pubblicate da certi grandi editori. Ad Amanda sarebbe piaciuto disegnarlo? Jimmy l’avrebbe inchiostrato? L’opportunità di fare un gioco sporco, unita alla promessa di infangare un pò di corporate trademark (oh!, mi dispiace, davvero ho detto corporate trademark? Volevo dire icone culturali, sono proprio uno stupido!) era troppo allettante. Dovevamo soltanto risolvere alcune piccole questioni, dopodiché ci saremmo messi al lavoro…”1

Con questa dichiarazione, Garth Ennis ci introduce all’universo di The Pro. Leggendone le gesta, ci rendiamo immediatamente conto di quanto sia anticonformista e sui generis il suo autore, e del suo modo originale di ri-discutere e ri-costruire il medium fumetto.
Deve essere accaduto, o forse sta accadendo qualcosa di estremamente importante nel nostro mondo socio/culturale/occidentale se comic-book come The Pro possono essere fruiti da qualsiasi utente. Di questa evoluzione, i media – compreso il fumetto – sono il territorio ideale. Non ne sono la teoria, ma la pratica.
La protagonista di The Pro è una donna, mamma di un neonato di giorno, prostituta per sopravvivere di notte. Nel momento in cui le vengono conferiti superpoteri da un’entità aliena conosciuta come L’osservatore (o Il guardone), la sua quotidianità prenderà un nuovo corso che la porterà a conoscere La Lega dell’Onore (evidente parodia della Justice League), a farne parte e a stravolgere la loro esistenza di supereroi.
Qual è il suo nome? Non lo sappiamo.
Conosciamo i suoi ruoli sociali e la identifichiamo con essi. Il suo costume è un mosaico di vecchie calzamaglie dismesse dai precedenti appartenenti alla Lega dell’Onore, e per questo non la rendono semplicemente un doppio, ma singolare e multiplo.
Questa donna non ha la determinazione esclusiva dell’individuo, ma l’indeterminazione inclusiva della moltitudine. Dunque è figura emblematica, adatta a simboleggiare i conflitti di senso, identitari e post-identitari, tra forme del reale e forme della rappresentazione sociale.
The Pro è l’incarnazione di quel pericolo assoluto di trasgressione senza cui non avrebbe ragione d’essere la strategia del controllo e della punizione; è la totale rivendicazione della propria eccedente individualità invece che il sofferto sdoppiamento della personalità in essere e dover essere; è l’estro invece che il progetto; è manifestazione invece che segreto.
La nostra protagonista si diverte a dissacrare le icone supereroistiche tradizionali con gesti diseducativi, anti-scolastici, anti-istituzionali, attraverso i quali non vuole far altro che mostrare tutta la sua interiorità collocandosi dalla parte del tempo e della massa, dello sviluppo, dell’artificio e del consumo, cioè dalla parte delle forze che, per convenzione, si ritiene siano state e, più ancora, siano oggi i principali fattori di corrosione e di degrado delle istituzioni culturali.
Sembra, in tal modo, rilanciare la posta in gioco nel conflitto moderno tra desacralizzazione e sacralizzazione, cioè del doppio movimento per cui a ogni processo di dispersione del senso corrisponde la costruzione di nuovi simboli e viceversa. Conflitto evolutivo che, nei media, trova territorio per sviluppo sociale e per messa in scena.
Quentin Tarantino e Garth Ennis, Kill Bill e The Pro: quante analogie!
Nel panorama fumettistico mondiale, Garth Ennis è considerato l’equivalente di Quentin Tarantino perché, come il regista cinematografico statunitense, e come già appurato nei precedenti capitoli, le sue opere sono caratterizzate da violenza estrema, umorismo nero e volgarità.
Entrambi gli autori sono contraddistinti da una serietà nel divertimento.
Da un lato, serietà nel modo con cui propongono gradi di violenza della vita quotidiana tecnocratica e postindustriale, accompagnati in ogni caso da una griglia di rappresentazioni convenzionali: gangster efferati, banditi scoppiati, rapinatori, assassini dotati di tormentate coscienze, ecc.
E ancora, serietà delle contrapposizioni che si fronteggiano sul piano etico e soggettivo, qualificando orizzonti di vita che si perdono o si salvano, si autodistruggono o si redimono.
Dall’altro, divertimento inteso come spettacolo pubblico dell’inconscio postmoderno, delle ossessioni e lucide follie in cui si riconoscono le intime lacerazioni dell’epoca attuale.
Un diverso livello di similitudini tra gli artisti può essere riscontrato paragonando The Pro a Kill Bill (2003): in entrambe le opere, l’orizzonte prospettico è incarnato nel femminile, dalla seduzione e dalla forza che afferma una singolarità in grado di mutare il mondo, di appropriarsene ma anche di lasciarlo a se stesso, di scandagliarne le meraviglie e di scrutarne gli orrori.
In Kill Bill vol. 2, la sequenza clou di questa saga è la resa finale dei conti tra Bill (David Carradine) e Beatrix (Uma Thurman). Immobilizzata momentaneamente Beatrix, l’uomo inizia a commentare la filosofia soggiacente alle storie del supereroe più grande, Superman, la cui identità segreta, Clark Kent, egli interpreta come “la critica di Superman al genere umano”.
Discutendo la figura metaforica della doppia identità di Superman, Bill intende porre Beatrix davanti alle responsabilità che, secondo lui, pesano su di lei: a suo tempo ella l’ha abbandonato e tradito per fare da sposa a un uomo mediocre. Con tali parole, Bill mostra a Beatrix che lei ha voluto malamente indossare, nei panni di The Bride (la Sposa), un ruolo con cui intendeva sottrarsi a quella, insuperabile, altra componente della propria personalità, che consiste nell’essere una spietata e infallibile killer, Black Mamba.
Ma egli non può tenere in conto ciò che, di lì a poco, la stessa Beatrix racconta: quando ha scoperto d’essere incinta, prossima a divenire madre, la donna ha compiuto una profonda scelta etica. Beatrix contrappone alla doppia identità Black Mamba/The Bride, rinfacciatale da Bill, un’altra ben più profonda, quella Beatrix/Madre, che vince sopra ogni calcolo, ogni strategia di potere, ogni supereroismo, per concedersi alla protezione e alla crescita della prole.
Allo stesso modo, Garth Ennis, in The Pro, pone la donna di fronte un bivio: scegliere se essere parte di un gruppo di supereroi rappresentanti della morale e dell’etica socialmente condivisa, oppure sfruttare i suoi superpoteri per diventare ricca continuando a prostituirsi. I due ruoli in conflitto, Eroina/Prostituta, trovano una soluzione nel momento in cui viene minacciata la vita del bambino.
Il cattivo di turno, rappresentato da uno stupido uomo che cerca vendetta nei confronti della donna, ha l’idea brillante di prendere in ostaggio il neonato e minaccia di vendicarsi su di lui per i torti (raccapriccianti) subiti. A questo punto, è evidente che il ruolo di Madre prende il sopravvento su quelli di Eroina/Prostituta, e per la prima volta il lettore diventa consapevole della relazione che intercorre tra la protagonista e il suo bambino.
Relazione che diventa assai più manifesta nelle tavole finali della storia.
Sventata una minaccia terroristica, la supereroina si trova ad avere tra le mani l’innesco di una bomba nucleare che, se allentato di pressione, decreterebbe l’esplosione dell’ordigno. Mentre gli altri si interrogano sulla possibile soluzione, i primi piani della donna non fanno altro che trasparire una razionale rassegnazione a certe situazioni che, per anni, hanno contraddistinto la sua esistenza. Le sue uniche battute sono rivolte al Santo (parodia di Superman): “Io ho un figlio trasformalo in uno di voi stronzi e ti giuro che, cazzo, tornerò e ti perseguiterò per sempre”
E successivamente la vediamo volare nel cielo, oltre l’atmosfera terrestre, dove, prima di esplodere, dirà: “Fottuta di nuovo”.
L’epilogo di The Pro definisce il profilo morale della prostituta come Madre, e qui sta una delle innovazioni principali che, ponendo in gioco l’identità più profonda della protagonista, si nutre anche di percorsi emotivi e motivazioni labirintiche. La donna trasforma il suo sacrificio in un viaggio verso la liberazione e verso il futuro, perché, come leggiamo nella tavola finale, “Suo figlio è cresciuto, non è una brutta cosa a ben pensarci…”
Bibliografia:
- Abruzzese Alberto, Borelli Davide, L’industria culturale, Carocci, Roma 2000.
- Abruzzese Alberto, Forme estetiche e società di massa, Marsilio, Marittima (VE) 2001.
- Bifulco Luca, Vitiello Guido (a cura di), Sociologi della comunicazione, Ipermedium libri, Angelo in Formis (CE) 2004.
- Brancato Sergio, Fumetti, guida ai comics nel sistema dei media, Datanews, Roma 1994.
- Brancato Sergio, Sociologie dell’immaginario, Carocci, Roma 2000.
- Ennis Garth, Conner Amanda, The Pro, Image Comics, Berkley (CA), 2002. Edizione italiana: Pro, Edizioni bd, Milano 2008.
- Frezza Gino, Fumetti anime del visibile, Meltemi, Roma 1999.
- Frezza Gino, La macchina del mito tra film e fumetti, rcs Libri/La nuova Italia, Firenze 1995.
- Tarantino Quentin, Kill Bill voll. 1 e 2, Miramax, A Band Apart, Super Cool ManChu, usa 2004.
Garth Ennis in Achtung! Achtung! Englander! Le origini di Pro, in Garth Ennis, Amanda Conner e Jimmy Palmiotti, Pro (edizione italiana), Edizioni bd, Milano 2008. Trad. it. Alberto Schiavone. ↩