Il nuovo millennio è stato segnato da una rinnovata politica editoriale nella Casa delle Idee e questo ha permesso ad autori come Garth Ennis di potersi esprimere senza troppe censure, inserendo tematiche inesplorate, rivisitando personaggi storici con occhi più maturi e dotandoli di un linguaggio meno aulico.
Grazie a questa soluzione, possiamo riscontrare alcune tracce di un successo planetario come Preacher all’interno dell’universo Marvel Comics. Ennis non si è permesso di riproporre un clone di quel che può essere ritenuta la sua creatura più riuscita, ma ha rimescolato alcuni noti ingredienti accattivanti per riaccendere la fiamma di Ghost Rider1, alias Johnny Blaze, il motociclista dal volto di teschio.
La strada per la dannazione
Ghost Rider: La strada per la dannazione (titolo originale: Road to Damnation) è una miniserie composta da sei numeri e prodotta nel 2006 per la collana Marvel Knigths2.
L’atmosfera infernale raccontata da Ennis (questa volta nella veste di anti-Gaiman3 ) è stata perfettamente resa dal disegnatore Clayton Crain che ha sfruttato una tecnica innovativa, ribattezzata “pittura digitale”, per offrire tridimensionalità a personaggi e ambientazioni.
Inferno, angeli, demoni e religioni varie sono esattamente quell’eredità di una passione che l’autore si trascina sin dalle sue prime pubblicazioni come Crisis e True Faith, argomenti però non più offerti in chiave satirica e provocatoria, poiché con Preacher ha espresso integralmente il suo pensiero.
Ghost Rider è il perfetto modello di eroe controverso, utile per esprimere la propria creatività giocando con tematiche dal forte appeal.
Come già successo in Thor: Vikings, il personaggio è messo al servizio di una trama soltanto abbozzata, ma viene presentato con lirismo ruggente nelle tavole d’apertura della miniserie: un riassunto fulminante, efficace e violento con le roventi immagini dell’Inferno e del motociclista armato di catene.
Johnny Blaze è intrappolato tra i gironi infernali, nelle vaste pianure oscure che si estendono tra l’Acheronte e lo Stige, e ogni notte lotta invano per la salvezza della propria anima.
Le tavole non riescono a contenere la prepotenza del delirio descritto ed è rilassante il contrasto con le scene successive dove il lettore viene invitato a sprofondare nella morbida visione della Terra dall’alto. Mentre un rappresentate del bene è costretto ad affrontare una sfida senza risoluzione all’Inferno, sul nostro pianeta l’ambiguo angelo Malachi cerca di mettere a punto un piano per salvarsi da una pericolosa situazione. Infatti, il demone Kazann (l’ex-angelo Micah che, dopo la grande ribellione, decise di schierarsi con Lucifero) sta per essere liberato sulla Terra, e tutto questo porterà a rivelare un terribile segreto: Malachi e Micah sono fratelli e per anni si sono scambiati informazioni vitali per essere promossi rispettivamente in Paradiso e all’Inferno.
Diventa chiaro il tema principale della storia: l’inganno su molteplici piani.
Dunque Ghost Rider viene scelto da Malachi per impedire il misfatto, dietro la promessa di liberazione dal supplizio eterno. Proprio nelle parole preoccupate del potente angelo Daniel si percepisce un forte senso di fatalità intorno alla vicenda.
“Conosci l’Inferno, Malachi: finiscono sempre per prendersi il loro uomo”.
A proposito di umanità, Ennis è un patito di deformità umane e, come soggetto chiave per la rinascita di Kazann sulla Terra, inserisce Earl Gustav, un grasso e ricco imprenditore dalla coscienza sporca, costretto su una speciale sedia a rotelle dopo un incidente tra la sua Aston Martin e uno scuolabus dove sono rimasti uccisi otto bambini. La mostruosità fisica tende in questo caso a far luce su quella interiore, già esposta a grandi tentazioni come la promessa del recupero delle gambe e del potere.
Il secondo capitolo è destinato a mettere a confronto gli angeli ribelli (Malachi e Kazann) e le loro marionette insoddisfatte: Blaze e Gustav. Il patto di libertà si concretizza in una tavola tutta dedicata alla figura di Malachi, sceso negli Inferi per prelevare lo scheletro ambulante: una luce più forte delle fiamme infernali conquista la scena; vita e morte, bellezza e deformità, bene e male si incontrano in un dipinto accecante, da osservare con la giusta cautela.
Il fantasma di fuoco accetta le condizioni e fa un ingresso trionfale nel mondo dei vivi impennando con la sua moto e trucidando, quasi involontariamente, una setta di razzisti riuniti per impiccare un uomo di colore: il trionfo della giustizia?
Uno dei più grandi bagni di sangue nel mondo dei fumetti è legato alla figura di Grifis, epico personaggio ideato da Kentaro Miura nel suo manga Berserk 4, che massacra i suoi compagni d’armi per raggiungere uno status sovrumano. Ennis ha una soluzione più moderna: conduce Gustav a sacrificare il consiglio d’amministrazione della sua azienda per dare un corpo tangibile al demone. La scelta non è straziante ed emozionante come quella del collega giapponese, anzi potrebbe diventare un’ottima fonte di ispirazione per un film horror di serie B.
Sul macabro palcoscenico c’è posto per altri attori. La presenza delle due grandi forze in opposizione si fa sempre più tangibile con l’intervento dell’Arcangelo killer chiamato Ruth e del cacciatore infernale Hoss: due micidiali strumenti di distruzione. Il primo ha l’aspetto di una glaciale donna in carriera, l’altro di un texano voluminoso: nessuna branca del diritto vigente può essere applicata per frenare la loro concorrenza sleale e spietata. Il terzo capitolo è riassunto chiaramente nella terzultima tavola dove, al seguito delllo scontro Ruth/Hoss (quest’ultimo alleatosi con Ghost Rider), assistiamo a uno spettacolare lancio di un autobus pieno di civili, usato come arma contundente.
Ennis è simpatico, ha un volto pulito che suggerisce freschezza e spiritosaggine, un lato che traspare nelle sue sceneggiature e nella volontà di dotare i suoi personaggi di sguardi giocosi, ironici, talvolta sagaci.
In questo contesto si inseriscono bene battute come quella di Hoss verso un Blaze titubante e alla ricerca di risposte: “Lo sai che sei proprio sospettoso? Immagino sia per quella tua testa calda. Avvia il motore, testadiculo.”
Tra una imprecazione e una coltellata verbale spunta una parolina magica: il sospetto. Quando in palio non c’è soltanto la salvezza del mondo, ma l’onore di un Dio creatore e della Sua Nemesi, non esiste il termine “fiducia”.
Nella quarta parte dell’opera, dietro le spoglie del cordiale sacerdote Adam si nasconde la figura martoriata di un disperato peccatore (nel tentativo di celare terribili errori ha stupidamente firmato un patto con un demone), chiamato a fronteggiare il Ghost Rider in fuga.
Viene così esaltato l’ennesimo forte contrasto all’interno di uno schema assurdo dove un prete in cerca di redenzione finisce per servire il Male e un essere dalle sembianze di un incubo vivente mira al Bene. Un caos incontrollabile, che si sprigiona totalmente nel numero finale della miniserie, introdotto da una splash page indecifrabile e confusionaria che simboleggia la concreta apparizione sulla Terra di Kazann e delle sue fidate schiere, i peggiori demoni dell’oltretomba: l’Inferno è arrivato in Texas5.
Malachi si fa telecronista dell’evento e osservatore, e ci regala una perla di saggezza nel suo disquisire: “Tanti passano a venerare il Demonio ai primi segni di guai perché sono degli idioti… un unico, fetido, lamentoso, fornicante gregge di idioti!”
Dopotutto l’angelo dovrà fare i conti con il senso di giustizia di Garth Ennis che ha riservato per lui e per il fratello un trattamento con i fiocchi. Paradiso e Inferno condannano le due spie a un tragico destino: Kazann viene impacchettato e rispedito a casa, mentre a Malachi vengono strappate le ali.
Le ultime pagine sono una risorsa preziosa per avere chiaro il quadro completo della vicenda, ma ancor di più per scoprire che i veri responsabili di questa caccia all’uomo sono gli stessi Hoss e Roth, grandi simulatori e d’accordo tra loro per conquistare, con merito, una promozione.
Nell’imprecazione di un frustato Ghost Rider, che si vede negare la libertà promessa, c’è tutto il senso di uno spassoso gioco di potere che Ennis adora riciclare in mille salse diverse (vedere la miniserie Fury):
“Paradiso e Inferno. Angeli e demoni. Tutti uguali! Non siete altro che sadici aguzzini! Feccia crudele e senza cuore, che gode a infliggere i propri perversi giochetti all’umanità!”
Pista di lacrime
Come tornare a giocare con un personaggio, evitando qualsiasi rischio di apparire ripetitivo o scontato?
Per Ennis è stato facile trovare una soluzione per riprendere in mano il fantasmagorico Ghost Rider, non rinunciando al gusto di trattare con la sua solita verve romantica l’argomento guerra. Spunta così questo Pista di lacrime (in originale Trail of Tears, miniserie targata Marvel Comics, pubblicata tra aprile e settembre 2007), dove si ricompone il duo Garth Ennis/Clayton Crain e che si apre con la guerra di Secessione6.
L’evento storico non ha bisogno di una particolare rivisitazione, poiché i riflettori sono accesi sulle vicende di un suo protagonista creato ad hoc: Travis Parham, tenente dell’esercito confederato. L’uomo fa un esordio da spavaldo, da vero condottiero, ma finisce per farsi maledire da un compagno morente che lo implorava di mettere fine alle sue sofferenze con una pallottola nel cervello. Il temerario si trasforma in codardo e le parole di un disperato hanno il sapore di una sentenza d’eterna condanna. Tavole senza colore, come per evidenziare un passato da cancellare del tutto.
La guerra non ha vincitori: Ennis lo ribadisce in una vignetta posta nella decima pagina dell’albo d’esordio. Un Travis ferito, portato via dal campo di battaglia da un misterioso salvatore, chiede: “Devo… devo saperlo. Com’è andata alla fine?”
La risposta è tutta nel silenzio dei porci che si fanno spazio, nutrendosi, tra i cadaveri anonimi ancora caldi. In tutto questo manca qualcuno. Chi si aspetta un’entrata fiammeggiante di Ghost Rider potrà rimanere deluso. Dimenticatevi anche un Ennis in versione “botte da orbi”.
In Trail of Tears conosciamo una scontata evoluzione artistica dell’irlandese, che con timidezza si dedica all’introspezione dell’umanità ed esplora la vera essenza del personaggio Marvel.
Dal campo di battaglia all’Inferno la distanza è breve. Il Virgilio della situazione, traghettatore di mestiere, è il sopracitato “salvatore” Caleb, uomo di colore, portatore fiero di un superpotere chiamato libertà: “Non c’è nessuno a cui dare ordini qui. E nessuno che ti obbedirà”.
Quest’uomo premuroso è fiero di essersi riscattato dalla schiavitù ben dieci anni prima, dell’esser riuscito a trascinare nella sua condizione eccezionale anche la sua famiglia: un caso raro di rinascita totale all’interno di una società dove la democrazia era solo un’utopia. L’essere libero non è una caratteristica da sbandierare ai quattro venti girando con un ritratto di Abramo Lincon.
La libertà è l’essenza stessa dell’umanità; solo attraverso la presa di coscienza di ciò chiunque può intraprendere un cammino slegato da qualsiasi catena d’ignoranza e intolleranza. “Perché mi hai salvato?” chiede Parham. “Sei un umano”, risponde Caleb senza aggiungere altro e concentrando la forza di tutto il suo pensiero sull’ultima parola.
Dal concetto di Uomo e Libertà, Ennis si sposta su quello di Guerra, come per mostrarne forzosamente il contrasto.
Il tenente è consapevole che “la guerra è una trappola per quelli come noi. Ci entriamo volontariamente. E le fauci si chiudono e il risultato è una cosa da far vergognare Dio”.
L’autore si avvale di un’immagine dura e cruda per illustrare tale passaggio: uomini spezzati e trucidati urlano e muoiono mentre le loro membra finiscono per toccare il cielo. Anche questa guerra è da ritenersi un passo falso, una distrazione messa in moto solo per il profitto (inteso come risorsa di guadagno anche per chi la evita), e così dicendo lo sceneggiatore si fa portavoce del lettore medio.
Il momento è dunque maturo per provocare il primo e vero contatto con Ghost Rider. Parham sfiora con le dita uno dei tre teschi posati su un piccolo altare (Caleb venera così i suoi antenati, poiché i padri proteggono i figli anche dopo la morte) e ciò gli crea una visione senza precedenti: ecco l’Inferno e al suo interno lo Spirito della Vendetta! Tra un commento satirico sul modo d’agire barbaro dei cristiani e un rapido saluto fatto di raccomandazioni premurose, il tenente è pronto per un nuovo viaggio solitario verso un turbolento West.
È qui che inizia l’orrore. Perché, mentre Cowboy incappucciati dall’aria tetra sono sono pronti per entrare in azione, razzismo e vendetta sono gli argomenti discussi nel secondo numero della miniserie: una conferma della profondità che Ennis ha voluto dare alla sua opera. Non c’è traccia di sentimentalismo; ci troviamo al cospetto di una forte denuncia contro l’intolleranza e l’odio che si può instaurare tra uomo e uomo. Simbolo di tale oscenità è l’atroce e mai superato confronto tra bianco e nero per il possesso del territorio, che si risolve nel sangue e nel disprezzo reciproco.
Nella vicenda Ghost Rider viene inserito attraverso una chiave di lettura tutta nuova.
Non è più l’allegro personaggio dal sorriso scheletrico che si diverte a infiammare le vite dei peccatori. Qui è una presenza che toglie il respiro, è un vero fantasma, una maledizione che perseguita le sue vittime, diventando la loro ossessione. Gli viene donato l’aspetto di un Nazgul 7 tenebroso e la stessa aurea di Sadako Yamamura, la ragazza demone del romanzo Ringu 8 di Kôji Suzuki.
Il gruppo di Reagan si trova questo incubo vivente alle costole e diventa del tutto inutile consultare sciamani o stregoni per trovare una soluzione alla sua ira. Questo Spirito della Vendetta è atroce come pochi e grande è la sua fantasia: il guercio scagnozzo chiamato Billy viene dilaniato dopo esser stato legato con le catene a quattro cavalli imbizzarriti. Viene risparmiata al lettore la ferocia di questa scena, che si consuma in una grossa X ammirata in campo lungo dall’alto e tracciata dalle diverse traiettorie percorse dagli animali mentre trascinano le membra spezzate del malcapitato.
A metà della miniserie Ghost Rider ha quasi portato a termine la sua missione ed è pronto per un faccia a faccia con Travis Parham. In un dialogo notturno il tenente interroga il mostro, dopo aver riconosciuto in lui la figura dell’amico Caleb. Il tema della discussione verte sulla sottile differenza tra giustizia e vendetta.
Il Teschio ricorda all’uomo: “Hai sparato a due uomini in queste due nere notti. Il tuo cuore ha gioito quando hai sentito il rinculo del fucile sulla spalla”.
Quando tutto sembra finito, l’autore ha pronto il colpo di scena. Reagan compie un rituale indiano disumano: consuma il cuore di uno dei suoi uomini ancora vivo per trattare con i demoni al fine di ottenere un potere incommensurabile. Una nebbia rossa come il sangue investe Pike’s Reace: il Male è all’improvviso più forte che mai.
Nei capitoli finali ritornano in campo tutte le pedine del duello già proposto, acceso dagli attesi effetti speciali: nuovi poteri satanici, nuovi massacri, ambientazione infernale. All’interno di questo frullato di sangue, ci si rende subito conto quanto è sbagliato rimanere concentrati sul proseguire di una trama che scema verso una scontata conclusione.
Tra le righe, infatti, è nascosto il profondo pensiero dell’autore sull’irrisolto dualismo tra Dio e il Diavolo, tra il Bene e il Male.
Pista di lacrime si apre con una guerra sulla Terra e termina con una battaglia all’Inferno. L’amore è nascosto nel mezzo, ogni atto di benevolenza produce una tragedia e il profumo di pessimismo cronico si amalgama con quello dello zolfo. Parham, che è il simbolo dell’uomo comune, si interroga, fino alla nausea, sul ruolo che la vendetta ha all’interno di questa storia: è una prerogativa del Demonio, e se non fosse così Dio ci chiederebbe di sopportare i tormenti della vita senza la promessa di vendicarci dei torti subiti?
Forse l’Inferno è solo la fogna del Paradiso, dove si scaricano le anime marce, quelle che non vedranno mai il Creatore. Probabilmente chi lavora all’Inferno ha scelto di sua spontanea volontà di servire il Cielo da lontano, sacrificando la pace dell’anima per saziarsi nell’immediato dei benefici del Male. Solo così vendetta e giustizia possono coincidere.
E per questo il sapore della vendetta è dolce e allettante.
Personaggio Marvel Comics, ideato nel 1972 da Roy Thomas, Gary Friedrich e Mike Ploog. ↩
Linea dai temi maturi, lanciata da Marvel Comics negli usa nel 2006. Comprende serie come Daredevil e The Inhumans. ↩
Neil Gaiman, autore di romanzi (tra i più noti: Coraline, Stardust e American Gods) e serie a fumetti (tra tutte la celebre Sandman). Nella maggior parte delle sue opere sono presenti tematiche mistiche e richiami religiosi. ↩
Epico manga dark-fantasy tutt’ora in corso, pubblicato in Giappone dal lontano 1989 da Hakusensha e in Italia da Panini Comics dal 1996. Si legga il nostro approfondimento: Il passato e il presente di Berserk di Kentaro Miura ↩
Una curiosità: Gone to Texas (tradotto in Italia con Texas o Morte) è il titolo del primo volume di Preacher, il capolavoro di Ennis. ↩
Combattuta tra il 1861 e il 1865. ↩
Figure spettrali, noti come Cavalieri Neri. Sono frutto dell’immaginazione di J.R.R. Tolkien, apparsi nel romanzo Il Signore degli Anelli. ↩
Romanzo horror che ha ispirato diverse produzioni cinematografiche in oriente, Ringu di Hideo Nakata, e relativi seguiti, e in occidente, come il remake The Ring di Gore Verbinski con Naomi Watts. ↩