Una nuova vita. Un albo dal titolo fortemente evocativo inaugurava ufficialmente, nel settembre 2013, il rilancio editoriale di Dylan Dog. A tre anni di distanza possiamo tirare le somme sul progetto di rinnovamento guidato da Roberto Recchioni, analizzando i risultati ottenuti in un raffronto con le intenzioni esplicitate dallo stesso Recchioni e dalla casa editrice al momento del lancio dell’operazione.
Se nel primo anno della nuova gestione si è provveduto solamente a limare qua e là storie in cantiere da tempo, è stato a partire da Spazio profondo (Recchioni – Mari – De Felici) che il nuovo corso dylandoghiano ha preso definitivamente il via.
Il numero 337 rappresenta una sorta di unicum, un ideale nuovo punto di partenza della storia del personaggio, in una storia nella quale sono stati utilizzati, esasperandoli, tutti i suoi tratti distintivi. Lo scopo palese di Spazio profondo è stato quello di trasmettere un messaggio attraverso Dylan stesso, un manifesto programmatico travestito da avventura a fumetti, un monito affinché certe routine di scrittura fossero superate.
Il cerchio si è chiuso con l’albo del trentennale, Mater Dolorosa, con il quale Recchioni ha preso alcuni elementi di Morgana, Il lungo addio e soprattutto de La storia di Dylan Dog, pensato da Sclavi come l’ultimo capitolo per il suo personaggio, e li ha incastrati all’interno della linea temporale attuale, raccordando le linee narrative in modo da farle confluire, al di là dei giudizi puramente estetici, in maniera del tutto credibile.
Il puzzle che ne viene fuori pone le basi per un nuovo Dylan Dog, che deve sì fare i conti col passato, ma anche tenere in conto un nuovo, importante antagonista.
Un passo indietro
L’esigenza alla base del processo in esame era quella di rilanciare il personaggio. Visti i volumi di vendita, che evidenziavano un trend discendente pur non essendo tali da considerare la pubblicazione in crisi, alla Bonelli hanno pensato di sollevare dall’incarico di curatore Giovanni Gualdoni, individuando in Recchioni l’uomo capace di invertire la rotta. Il neo-curatore ha individuato, di concerto con Tiziano Sclavi, tutta una serie di elementi su cui intervenire al fine di portare una ventata di freschezza alla serie, che sarebbe entrata di lì a poco nel rettilineo finale per raggiungere il trentennale dall’esordio nelle edicole.
Ricetta per un nuovo Dylan
Dal punto di vista narrativo, nelle intenzioni di Recchioni bisognava cercare di risollevare Dylan prima di tutto realizzando storie che lo riportassero alle origini, quando cioè seppe imporsi come icona della cultura pop italiana attraverso le sue caratteristiche di eroe tormentato e problematico, e prima che queste sue peculiarità venissero estremizzate per consegnarci un Dylan Dog troppo spesso ai limiti del macchiettistico. Perciò, attraverso alcuni espedienti narrativi, gli autori avrebbero dovuto indirizzare le storie verso uno svolgimento slegato da quelli che erano diventati dei cliché quasi insuperabili. Graficamente, il rinnovamento sarebbe passato intanto dal ripensamento delle copertine, e poi dall’introduzione di volti nuovi alle matite a rimpinguare la scuderia dylandoghiana.
Sul lungo periodo, le storie avrebbero dovuto avere una continuity, non troppo invasiva ma comunque percepibile. Questo in modo da non compromettere la fruibilità del singolo albo, come da tradizione, ma racchiudendo interi archi narrativi, accomunati da particolari tematiche, alla maniera di certe serie televisive.
In secondo luogo gli sceneggiatori avrebbero dovuto osare di più con le storie e mettere Dylan di fronte alla sua notoria idiosincrasia per la tecnologia, così da portare il protagonista “di peso” nella società high-tech odierna.
Riguardo i personaggi, il pensionamento di Bloch e la sua sostituzione con qualcuno cui Dylan non andasse troppo a genio avrebbero dovuto rendere le storie in ultima istanza meno scontate.
Infine, si è provveduto a riorganizzare le varie collane satellite, ripensandone periodicità, foliazione e mission, abbandonando definitivamente il formato gigante, rimasto in Bonelli legato solo al nome di Tex.
La sfida della continuity
A livello di trama orizzontale, si può rilevare come gli annunci fatti in sede di presentazione del nuovo progetto siano stati fin troppo ottimistici. E’ vero che certe storie sono apparse legate fra loro, e che alcuni personaggi sono riapparsi a pochi numeri di distanza, ma sicuramente è troppo poco per parlare di continuity vera e propria.
Tenuto conto della tradizione consolidata in trent’anni di vita editoriale, non ci sentiamo di considerare questa come una vera e propria mancanza: una novità del genere introdotta su un prodotto come Dylan Dog, che ovviamente non è stato pensato a stagioni come altre creature di Recchioni (John Doe o Orfani) può essere declinata solamente in maniera blanda, a meno di stravolgerne totalmente i concetti fondanti.
Ad ogni modo, lo stesso curatore ha dichiarato che bisognerà solo aspettare ancora qualche tempo per vedere, nella cosiddetta “Fase tre”, un ciclo di dodici albi fra loro collegati.
Fuga dai cliché
Concentrandoci sui singoli episodi, da Spazio profondo in poi, troviamo luci e ombre.
Il pensionamento di Bloch ha sicuramente evitato agli sceneggiatori il ricorso a quello che era finito per essere un cliché narrativo per la prosecuzione delle indagini dell’indagatore dell’incubo, consentendogli di venire coinvolto o proseguire le indagini sfruttando l’amicizia con l’ispettore. Anzi, il nuovo Bloch rappresenta un personaggio ricco di potenzialità, inserito com’è nella poetica dylandoghiana, ma ora liberatosi dalle limitazioni dell’incarico a Scotland Yard.
Le stesse potenzialità che, pur parzialmente, ha espresso Groucho, non più solo spalla comica come era apparso appiattito negli ultimi anni ma anche personaggio dalla personalità maggiormente sfaccettata che in passato.
E’ però permasa, in qualche occasione, la tendenza a ricadere in certi stereotipi. Ci riferiamo prima di tutto al rapporto con Rania (uno dei pochi elementi legati alla continuity di cui sopra), inserita in un poco convincente tira e molla amoroso, che in qualche occasione ha permesso a Dylan di ottenere il necessario da Scotland Yard senza neanche doversi sorbire i brontolii di Bloch. Lo stesso Carpenter si è dimostrato un osso poco duro per Dylan, che ha dovuto giusto sopportare qualche lavata di capo a giochi ormai fatti.
(Not)Ok computer
Il rapporto di Dylan con la tecnologia è rimasto anch’esso in sospeso: il tramite di Groucho che dal lancio della Bodeo passa all’uso del Ghost 9000 non è proprio convincente. Dylan Dog è in prima istanza un investigatore, ha sempre reperito certe informazioni particolari da vecchie conoscenze o dalla sua libreria e può tranquillamente continuare a farlo.
Se l’obiettivo però è calare il personaggio nel mondo odierno, e fargli utilizzare la tecnologia diventa uno dei punti programmatici per ottenere questo obiettivo, allora bisognerebbe fargli fare uno sforzo in più, certamente non rendendolo un maniaco dei social, ma nemmeno lasciando che sia il suo assistente a intercedere per lui. Inoltre, introdurre la tecnologia non solo per fini strumentali alla trama ma anche in maniera più organica, facendo in modo che sia presente attorno ai personaggi e non solo utilizzata alla bisogna, potrebbe risultare positivo per la definizione di un linguaggio rinnovato rispetto ad essa.
In questo senso, l’uso della chat che Gigi Simeoni ha fatto ne Il fumo della battaglia è esemplificativo e rappresenta un modo intelligente di proporre l’argomento.
L’ombra di Ghost
Su John Ghost, nuovo antagonista, si è creato un interessante hype. Il nuovo villain è stato introdotto con un numero dedicato sul quale è imperniata la nuova continuity. Si tratta di un personaggio affascinante, classico cattivo dai modi raffinati che però, anche grazie al character design di Angelo Stano, riesce a suscitare immediatamente sensazioni contrastanti di attrazione e repulsione.
Con l’apparizione nel numero del trentennale Recchioni gli ha donato da un lato una dimensione più convincente, esplicitando il suo coinvolgimento nelle recenti vicende e legandolo tanto al passato quanto al futuro di Dylan; ma d’altro canto Ghost possiede dei modi eccessivamente pomposi e spesso troppo didascalici, quasi come se Recchioni volesse ricordare in continuazione la sua natura di cattivo.
Per quanto abbia mutuato da Xabaras la sfuggevolezza e la protervia che contraddistingueva la vecchia nemesi dylandoghiana, rimane un personaggio ricco di potenzialità per gli sviluppi futuri.
I tanti Dylan
Di tutto il processo di rinnovamento, il ripensamento delle collane “satellite” rappresenta l’elemento più centrato, anche se nel concreto non scevro da difetti.
Il Color Fest ha proseguito la tradizione di collana sperimentale con i primi tre numeri della gestione Recchioni, segnati dalle copertine di LRNZ, Matteo De Longis e Paolo Barbieri, tutti con la formula classica delle quattro storie da 32 pagine, e tutti numeri piuttosto riusciti nel loro intento, con storie come Il prigioniero (#13), Come si diventa cattivi (#14) e Il mondo negli occhi (#15) a trascinare i rispettivi volumi.
Ma è con Tre passi nel delirio (Color Fest #16), albo d’esordio della nuova incarnazione della collana, ora di periodicità trimestrale, che viene posata una pietra angolare nell’operazione di rinnovamento. L’albo è risultato molto originale, grazie alla sensibilità creativa di Ausonia, Marco Galli e Akab, donando nuova linfa al processo di riflessione su Dylan.
Purtroppo il Color Fest #17 ha invece rappresentato una battuta d’arresto in questo senso, consegnandoci una albo completamente estraneo allo spirito della collana, non tanto per il fatto di contenere un’unica, lunga storia, ma perché Baba Yaga non emerge per i suoi tratti sperimentali, né risulta particolarmente ardita nel soggetto, bensì si configura come un episodio adatto alla serie regolare.
Il Maxi, nella sua nuova forma Old Boy, ha saputo unire la novità delle illustrazioni del nuovo copertinista Gigi Cavenago con un livello di intrattenimento di tutto rispetto. Inizialmente, il Maxi ha presentato un interessante gioco di rimandi, pubblicando storie in linea con l’argomento trattato nella serie regolare.
Ben presto però, immaginiamo per la difficoltà a mantenere questa corrispondenza, il Maxi ha ripreso a essere una collana parallela alla serie regolare, rimanendo coerente con l’obiettivo prefissato di essere un semplice contenitore di storie ambientate prima del pensionamento di Bloch. Ovviamente, più i due universi divergeranno, per gli eventi che si verificheranno nella nuova continuity, più questa collana assumerà una sua connotazione ancora più definita e sensata.
Il Dylan Dog Magazine, che eredita il ruolo degli Almanacchi della paura, dedica uno spazio doppio ai fumetti: i racconti più lunghi sono entrambi ambientati a Wickedford e coinvolgono Bloch, anche se, e suona come un’occasione mancata, non spingono l’esperimento fino a escludere Dylan Dog dalla storia. Insieme ad essi, due racconti in bicromia che, al di là della sperimentazione sul colore, adottano entrambi meccanismi narrativi interessanti.
In Ricordi di un’estate Alberto Ostini e Luca Genovese si collegano, per mezzo di un personaggio comune, al divertente Il mostruoso banchetto, mentre ne Il Saldo Giovanni Gualdoni e Fabrizio De Tommaso immaginano un bancomat senziente, per un’atmosfera che sembra riecheggiare al contrario il tema sociale de La macchina umana.
Lo Speciale annuale, infine, è diventato lo spazio riservato alla saga de Il pianeta dei morti. Creata da Alessandro Bilotta, racconta di un futuro alternativo con un Dylan alle prese con l’apocalisse zombie. Quello di Bilotta rappresenta l’esperimento maggiormente riuscito sulla serie, cominciato prima che Recchioni prendesse il timone e pubblicato prima sul Color Fest e poi sul vecchio Gigante. Entrambi gli speciali pubblicati nella nuova testata hanno offerto storie di qualità e fortemente connesse, tanto nelle atmosfere malinconiche, quasi sommesse, quanto e soprattutto nella trama, che ora ha un corpus tale da comporre la terza branca della linea narrativa dylandoghiana.
L’intuizione del nuovo curatore è stata quella di valorizzare questa linea temporale, dedicandole una testata tutta sua, con una forte identità dovuta anche al logo con lo Union Jack e, come avvenuto per il Maxi e per il Magazine, affidando a un altro disegnatore il ruolo di copertinista, in questo caso Massimo Carnevale.
Fine prima parte
cavalire
9 Novembre 2016 a 19:29
non capisco tutto questo odio per il Recchioni nel web, non fa nulla per essere simpatico, ma basta ignorarlo e non comprare i suoi prodotti.
la redazione
14 Novembre 2016 a 11:26
Un commento profondamente offensivo si era intrufolato tra le maglie dell’antispam. Ci spiace e abbiamo provveduto a cancellarlo, di solito li possiamo “apprezzare” solo noi.
Giacomo
20 Febbraio 2017 a 14:48
Carissimi de Lo Spazio Bianco,
sono un neofita del mondo del fumetto approdato ad esso grazie alle nuove iniziative della Bonelli. Inizialmente con le nuove avventure a colori di Martin Mystere e successivamente con i 30 anni di Dylan Dog. In particolare sono incuriosito dal nuovo corso di quest’ultimo e vorrei mettermi al passo con le prossime uscite mensili. Quindi volevo gentilmente chiedervi quali fossero gli albi indispensabili da recuperare che, a partire da Spazio Profondo, mi permettano di comprendere la continuity o che comunque riteniate fondamentali (per bellezza o importanza) nel nuovo corso di Dylan Dog.
Saluti,
Giacomo
la redazione
20 Febbraio 2017 a 16:29
Cordiale Giacomo,
Sicuramente già questo articolo e il suo seguito offrono molti spunti in tal senso.
Per quanto riguarda le storie più importanti per lo status del personaggio, da citare Mai più, ispettore Bloch, Mater Dolorosa, Al servizio del caos, …E cenere tornerai, Il cuore degli uomini, La morte non dimentica, Dopo un lungo silenzio e gli ultimi due, Cose Perdute e Gli anni selvaggi dove fanno capolino dettagli del passato del personaggio.
A livello di storie consigliamo anche Nel fumo della battaglia, Sul fondo, La macchina umana, Il generale inquisitore, In fondo al male, il ciclo del Pianeta dei Morti sugli Speciali…
Insomma, un bel po’ di roba da leggere! :)
Giacomo
9 Marzo 2017 a 19:13
Grazie mille, gentilissimi!