Il Club dell’Orrore (e tutto quel che diventeremo) di Mauro Uzzeo

Il Club dell’Orrore (e tutto quel che diventeremo) di Mauro Uzzeo

Una riflessione personale su cosa abbia significato per un adolescente dei primi anni Novanta scoprire Dylan Dog. Articolo esclusivo di Mauro Uzzeo.

Per lo Speciale dedicato ai trent’anni di vita editoriale di Dylan Dog, abbiamo chiesto ad alcuni autori di scrivere una serie di articoli e approfondimenti dedicati all’Indagatore dell’incubo. Lo sceneggiatore Mauro Uzzeo ha realizzato per noi una riflessione personale su cosa abbia significato per un adolescente dei primi anni Novanta scoprire Dylan Dog (e non smettere più).

Il Club dell’Orrore (e tutto quel che diventeremo)

di Mauro Uzzeo

Tex era il fumetto, o al massimo Topolino.

Ma con Tex ero “…bello di papà, mettiti accanto a me sul divano, vedi? Lui è Kit Karson, quest’altro è Tiger Jack, il pard indiano, e poi c’è lui che è Kit, il figlio.”

E figlio lo ero anch’io dall’alto dei sei anni in cui mio padre mi sembrava proprio Tex, nonostante che palle le storie di frontiera con le vacche che fuggono, le carovane assalite, i comandanti dei fortini che parlano parlano, e l’eroe inossidabile che sconfigge tutti, e che ha sempre ragione lui, come quei genitori che ti guardano dall’alto in basso, e una carezza mai.
Cambiò il destino, la pubblicità di Tutto Zagor, il n.1, con quel tipo con mille dubbi, la tuta da supereroe e la pistola messa al contrario per paura di abusare della sua irreversibilità. La scure e il simbolo, miraggio e soluzione, per star seduto accanto al mio papà e leggere due cose che ci rendevano simili, una per lui, una per me. Uguali.

Non come quando leggevo Topolino, che io ero quello piccolo, no. Lui Tex, e io Zagor.
Uguali.
E così fino all’estate tra la terza media e il liceo.

L’estate del cosa sarà, dei sacchi a pelo e degli amici nuovi, l’estate dopo gli esami, del bacio a Rosalba, e delle mani tra le cosce di chissà come si chiamava quella ragazza conosciuta al lago, l’estate di Pazienza, Tetsuo ed Eraserhead, l’estate di Nevermind, e l’estate di quel fumetto dell’orrore che leggeva mio cugino, che aveva una copertina di Claudio Villa, e un titolo che sembrava lo scherzo spaventoso e geniale di un amico che ti conosce bene: I Conigli Rosa Uccidono.

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Sarebbe riduttivo parlare di colpo di fulmine, perché quelli, per definizione, arrivano e spariscono in un lampo e io, invece, quel singolo albo, non riuscivo mica a smettere di leggerlo.
Dalle “Care escrescenze putrescenti che partite dai piedi e arrivate fin sotto i capelli…” dell’editoriale, anzi, del CLUB DELL’ORRORE, allo splatter surreale che tramite i testi di Sclavi & Mignacco e gli inchiostri di Piccatto si imprimeva sulla carta con un nero che più nero non si può. Dalla folle ironia del sosia di Groucho Marx, agli echi chandleriani del rapporto tra l’Old Boy, le sue amanti e il vecchio ispettore Bloch, fino ad arrivare alla pubblicità in quarta di copertina dello Speciale numero 2 e, soprattutto, alla breve introduzione, in terza, del numero successivo, che così recitava:

“Finalmente! Sclavi e Stano, il disegnatore del numero 1, sono tornati insieme per darvi un albo eccezionale, una pietra miliare nella saga horror di Dylan Dog! Una storia sconvolgente: non vi diciamo altro. Sappiate solo che non dimenticherete mai “Morgana”, subito sotto la vignetta di uno zombi che offriva al lettore una tazza di tè e un Dylan, pensieroso, che diceva:

“Groucho, io… ne sono sicuro, i sintomi sono quelli, mi conosco bene… insomma, io sono innamorato, e non so di chi.”

BOOOOM.

Cazzo, BOOOOOM.

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Ma cosa cazzo stavo facendo ancora a Darkwood, a saltare sulle liane, a gridare Aaaahhhyyyyaaaaaakk contro chi minacciava la pace tra coloni e pellerossa, quando in edicola c’era qualcosa che parlava proprio a me? Che voleva che fossi proprio io a leggerla e a leggerla per me, non per inseguire l’approvazione di un padre, che anzi, avrei dovuto sbrigarmi a uccidere e lasciare più strada possibile tra me e lui, alla ricerca della mia identità, della mia tribù, del mio CLUB.

E così, come sempre succede quando dentro di te qualcosa cambia, è il mondo intorno che t’appare cambiato, prende la tua forma, e improvvisamente Dylan Dog era nelle case dei miei amici, sugli adesivi sui loro zaini, nei loro diari, sui loro quaderni, tra le mani dei ragazzi sugli autobus e bastava quello per riconoscerli affini. Parte di un club che non era destinato a tutti, ma a delle persone speciali che dovevano ogni mese sconfiggere l’orrore per trovare quell’amore di cui non conoscevano ancora il nome.

Persone speciali che sapevano che i mostri siamo noi solo quando smettiamo di combattere contro un sistema che ci rende tali.
Persone speciali che lo sanno che una risata ci seppellirà, e che passavano dall’edicola al letto della propria cameretta, chiusi a leggere e a sentirsi fieri di far parte di quel club dell’orrore che ogni mese li salutava insultandoli e sfidandoli, ma con la piena coscienza di rivolgersi a chi, più di tutti, affrontava quotidianamente il vero orrore della vita: l’adolescenza.

La consapevolezza che, non solo ogni mese Dylan Dog sarebbe tornato a spalancare le porte di una nuova paura, ma che c’erano anche delle preziosissime storie (non troppe e tutte abbastanza facilmente recuperabili) già pubblicate, e quindi da recuperare, ci trasformava in mozzi e marinai, che a bordo di vecchi galeoni a forma di autobus salpavano dalla provincia e solcavano i mari del centro di Roma, dove le fumetterie che iniziavano timidamente a spuntare erano le X sulle mappe che custodivano scrigni di tesori.

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Cagliostro fu il primo che recuperai, leggendolo senza capire assolutamente nulla, e poi ecco Mala de La bellezza del demonio, un colpo al cuore che è ancora sul podio dei miei gusti personali, e di seguito Gli Uccisori, Canale 666, Alfa e Omega, il Ritorno del Mostro, Attraverso lo specchio, Dopo Mezzanotte, Il Signore del Silenzio, Storia di Nessuno (leggendo senza capire, di nuovo, assolutamente nulla) fino ai numeri 1 e 2, che finirono nelle mie mani come ricompensa per aver lavorato per quattro giorni a uno stand di fumetti durante una fiera paesana, e che di lì a poco sarebbero diventati introvabili oggetti di culto e leggende.

Leggere Dylan Dog, per un adolescente dei primissimi anni ’90, significava, soprattutto, appartenenza a una categoria alla ricerca della propria identità, che scopriva da quell’italianissimo e sgangherato fratello maggiore trapiantato a Londra, che una soluzione, per diventare grandi, non c’è. Ma che, storia dopo storia, mese dopo mese, avremmo fatto, con lui, un nuovo passo verso quello che saremmo diventati.
Da quell’estate sono passati venticinque anni, io ne ho compiuti da poco trentasette, Dylan ne compie oggi trenta.
Seduto sul divano a leggere Tex e Zagor, sì, adesso ci sono io, mentre mio figlio ha quasi tre anni e mi corre intorno agitando un aereo giallo, imitandone il suono del motore. Dylan non è da un pezzo il fratello maggiore a cui chiedere consigli e spesso mi sento io, quello che dovrebbe dargli la dritta giusta per non vivere più come uno sbandato e risolvere i suoi problemi, soprattutto con le donne.

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Vorrei scrivere che in questi venticinque anni sono cambiate tante cose, perché il pensiero che invece sia cambiato proprio tutto mi appare troppo più grande di me, ma quello che non è mai cambiato in tutto questo tempo è che faccio ancora parte di quel club.
Perché Il Club dell’Orrore non ci ha mai chiesto tessere e perchè mese dopo mese, incurante degli abbandoni, dei cambiamenti del mondo, dei ritorni, ha proseguito inesorabilmente e a testa alta a ricordarci che siamo quello a cui scegliamo di appartenere. E io, che leggo Dylan Dog oggi, come venticinque anni fa, continuo a scegliere di aprire ogni mese una porta su una mia paura, per affrontarla e fare un nuovo passo verso quello che diventerò.

Tanti auguri Dylan Dog.

A te, e a tutti quelli che in questi trent’anni hanno affrontato le loro paure per non esser più dei mostri.

1 Commento

1 Commento

  1. Fabrizio

    21 Ottobre 2016 a 10:50

    grazie dell’articolo; ho sfiorato la lacrimuccia. è confortante sentirsi ancora parte del club!

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