“Dylan Dog e Dellamorte Dellamore” di Alda Teodorani

“Dylan Dog e Dellamorte Dellamore” di Alda Teodorani

Alda Teodorani ci parla del suo amore per Dellamorte Dellamore, il film di culto diretto da Michele Soavi e ispirato all'omonimo romanzo di Tiziano Sclavi.

Per lo Speciale dedicato ai trent’anni di vita editoriale di , abbiamo chiesto ad alcuni autori di scrivere una serie di articoli e approfondimenti dedicati all’Indagatore dell’incubo. La scrittrice e poetessa Alda Teodorani ci propone un’interessante riflessione sulla figura di Francesco Dellamorte, il “vero” Dylan Dog di Tiziano Sclavi.

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Il blog di Alda Teodorani: aldateodorani.blogspot.it

“Dylan Dog e Dellamorte Dellamore”

La mia storia con Dylan Dog comincia da lontano, sono infatti tra quei fortunati che lo hanno visto nascere e hanno letto il fumetto inedito fresco fresco di edicola, appena stampato, firmato da Tiziano Sclavi. Come la maggior parte della gente in quel fosco (almeno per me) pomeriggio di fine settembre 1986 non avevo internet e di quel personaggio sapevo ben poco.
Non sapevo nemmeno che sarebbe stato complice della mia ricerca di realizzazione in una nuova vita. La mia vita di scrittrice.
Restai talmente impressionata dalla lettura che inviai una lettera in redazione coi miei complimenti, accludendo anche una mia foto. Io coi capelli cortissimi, come li portavo allora. Non era esibizionismo, era solo una delle mie caratteristiche principali e cioè che non voglio ci si dimentichi di me.

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In seguito, avrei cominciato a scrivere, avrei lavorato nei fumetti, avrei pubblicato con una casa editrice (Granata Press) che basava la sua fortuna sui fumetti, avrei conosciuto molti disegnatori e sceneggiatori, avrei incontrato Sergio Bonelli e avrei partecipato a una cena a Bologna con lui e molti altri suoi amici e collaboratori, avrei persino ispirato un episodio di Dylan Dog. Insomma, anche grazie a lui (DyD) la mia vita sarebbe cambiata radicalmente.
È in questo quadro che si va a inserire la mia affezione per il personaggio Dylan Dog, anche se, non essendo – come chi mi conosce sa – una presenzialista a tutti i costi, non ho mai pubblicato sull’albo, eppure nel tempo gli sono rimasta legata e ho avuto il piacere e l’onore di vedere recensite le mie opere sulle pagine del suo Almanacco.

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Sarebbero passati alcuni anni dal nostro incontro prima che il cinema omaggiasse quel Dylan Dog primordiale e oscuro che ho tanto amato, con il nome che il suo creatore Tiziano Sclavi voleva dare al fumetto, cosa non possibile per ragioni commerciali – detto per inciso, Sclavi è uno degli autori italiani che ho letto di più, fin da quando pubblicava con Camunia. Quel nome era Dellamorte Dellamore, il regista era l’amico Michele Soavi, che fino ad allora aveva firmato una manciata di film culto imperdibili, Deliria (1987): produzione di Joe D’Amato e due produzioni di Dario Argento, La Chiesa (1989) e La setta (1991).

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Dellamorte Dellamore è un film precursore di molte tematiche che si sarebbero affacciate nelle pellicole fantastico-horror degli anni successivi, secondo me il capolavoro di Soavi. Il protagonista è un becchino, interpretato (e come poteva essere altrimenti?) da Rupert Everett, il cui volto ha ispirato i tratti di Dylan Dog, che vive nella soffocante realtà di un piccolo paese, Buffalora. Ma Francesco Dellamorte ha ben poco tempo per dedicarsi alle attività sociali. Trascorre la maggior parte delle sue giornate al cimitero, insieme al fido aiutante Gnaghi (Francois Hadji-Lazaro) a ricacciare nelle tombe a suon di proiettili i morti – non zombi, ma “ritornanti” – che ne escono, consapevoli di sé e della loro esistenza precedente in modo quasi straziante, assetati di vita e di sangue umano.

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Segnato da umorismo macabro e raggelante, una fotografia vellutata, gli effetti speciali mai splatter ma, piuttosto, sorprendenti al punto da far restare con il fiato sospeso, una scenografia notturna e angosciosa, goticheggiante, il film cala lo spettatore in un’atmosfera di piombo dove anche l’amore si piega all’allure della storia e ne viene devastato. Dove anche la vita più che vita è non-morte. Si tratta di una pellicola in cui tutto è congegnato alla perfezione: l’amore, la morte, il tao che pare unire e far rispecchiare Dellamorte e Gnaghi, uniti da un destino di immobilità dal quale non è possibile sfuggire. Una scatola a sorpresa degna della migliore tradizione del nostro Dylan Dog preferito.

0-dellamorte-dellamore-poster-recensioneDellamorte Dellamore (1994)
Coproduzione Italia – Francia
Regia: Michele Soavi
Sceneggiatura: Michele Soavi e Giovanni Romoli
Interpreti: Rupert Everett, Anna Falchi, Francois Hadji-Lazaro, Barbara Cupisti, Stefano Masciarelli

 

 

 

 

 

 

 

IL TRAILER

2 Commenti

1 Commento

  1. Marco Foti

    15 Ottobre 2016 a 00:02

    L’orrore di Dellamorte Dellamorte era l’orrore della provincia. Quel sapore di isolamento, personaggi tanto veri come la vecchina del cimitero che sgranano gli occhi fino a sembrare surreali… e poi c’era quella rabbia confusa tra morti viventi e vivi morenti. Il ricordo della mia adolescenza è racchiusa in un colpo di pistola verso tutto ciò che sembrava vuoto, ineluttabile, senza significato,

    C’è anche da dire che il libro è molto più crudo, qui Everett abbellisce un po’ il personaggio che nel libro si lascia andare ad azioni sempre meno romantiche e sempre più estreme, perché Dellamorte a differenza di Dylan è uno di quei “mostri siamo noi” che Sclavi ha sempre cantato, nella sua dicotomia tra ferocia e è questa la sottile ma determinante differenza tra due personaggi che sembrano così uguali.

  2. leo paneo

    24 Giugno 2018 a 11:44

    bello ma lo scivolone sul fatto che la maggior parte della gente non aveva internet nel 1986 lo potevi evitare… visto che internet com’è oggi è stata inventata/o nel 1989 e la prima pagina è apparsa nel 1991.

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