Zenith #666: omaggio allo Zagor sclaviano

Zenith #666: omaggio allo Zagor sclaviano

Anche Zagor festeggia i trent’anni di vita di Dylan Dog, con un omaggio alle storie dello Spirito con la scure firmate da Tiziano Sclavi.
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© 2016 Sergio Bonelli Editore

Per un gioco di coincidenze di numeri e date può capitare che la collana mensile che ospita le avventure di Zagor arrivi nelle edicole con il numero 666 – numero biblicamente diabolico – proprio quando la SBE festeggia i trent’anni di esistenza editoriale di Dylan Dog, personaggio da sempre vicino a temi sulfurei, demoniaci e orrorifici più in generale.

Restando nelle coincidenze o nei giochi del destino (o chi per lui) capita anche che Zenith Gigante #666 sia il primo albo di Zagor orfano della copertina del suo creatore grafico Gallieno Ferri e sia dunque l’albo che vede l’esordio di colui che del maestro ligure ha raccolto l’eredità, Alessandro Piccinelli.

A quanto appena scritto si aggiunga che Zagor è stato il personaggio sul quale Tiziano Sclavi negli anni ’80 ha fatto le prove generali per molte tematiche e storie che poi avrebbe sviluppato con la serie dell’Indagatore dell’Incubo.

Con premesse del genere è facile capire come Zagor #615, intitolato guarda caso Zenith 666, sia l’omaggio dello Spirito con la scure al suo compagno di scuderia bonelliana Dylan Dog e al suo creatore, con una storia scritta da Luigi Mignacco – autore di sceneggiature sia zagoriane che dylandoghiane – e disegnata da una firma storica di DyD, Luigi Piccatto, qui coadiuvato da Renato Riccio e con i colori di Fabio Piccatto.

Tiziano Sclavi A.D(yD).

Nei dieci anni che Tiziano Sclavi ha passato sulla testata zagoriana (la sua ultima sceneggiatura fu per Horror Cico nel 1990) è indubbio che l’autore abbia lasciato il segno nelle storie ambientate nella foresta di Darkwood, scrivendo avventure dai toni horror e fantastici col suo personale tocco, creando personaggi del calibro di Devil Mask e Lupo Solitario e inventando mondi paralleli come l’universo di Golnor.

A tutto ciò Mignacco si lega nella storia, riportando in scena proprio Lupo Solitario e la fantastica realtà alternativa di Golnor, in una avventura dove a Zagor e Cico si affianca un altro comprimario storico come “Digging” Bill e nella quale l’autore genovese inserisce elementi e personaggi cardine dell’universo dylandoghiano andando a creare una sorta di collegamento tra mondi narrativi diversi.
Fa tutto ciò in primis attraverso una serie di scelte di sceneggiatura, senza disdegnare di suggerire a Piccatto anche alcuni “corto circuiti” visivi che immediatamente rimandano all’iconografia dell’Indagatore dell’incubo.

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Tre storie di Zagor scritte da Tiziano Sclavi – da sinistra: Il tesoro maledetto (#200), Incubi (#275) e Il ritorno di Hellingen (#278)

Ma è una storia zagoriana o dylandoghiana?

Partendo dal già citato presupposto che questa storia è principalmente un omaggio a Tiziano Sclavi e a quanto da lui creato negli anni passati a scrivere Zagor, il merito di Mignacco è di avere creato un racconto che, sviluppandosi sui tipici binari dell’avventura zagoriana, ingloba nella trama una serie di suggestioni che sono tipiche del Dylan Dog sclaviano.
D’altronde e a ben pensare, la poetica nolittiana e quella di Sclavi non sono poi così lontane se, a fronte di stili di scrittura completamente diversi, entrambe hanno alcuni dei loro punti di forza nella rielaborazione di spunti e fonti cinematografici e nella capacità di rappresentazione originale e anticonvenzionale del diverso, del fantastico, di ciò che fa paura, libera da preconcetti e sovrastrutture imposti dalla società.

Mignacco si avvale così di una scrittura semplice e con una impostazione estremamente lineare della trama (richiamando il tipico stile nolittiano) per andare a legare con efficacia alla realtà di Zagor una serie di spunti che sin dall’inizio sono stati i pilastri narrativi pensati da Sclavi per l’indagatore dell’incubo. Personaggi, oggetti e situazioni presenti sin dal primo numero di Dylan Dog e ritornati più volte nella serie (il numero 25, il numero 100) sia per mano di Sclavi che recentemente per mano di chi oggi cura la testata di Craven Road (il numero 360).

Mignacco è stato capace di fondere insieme l’immaginario sclaviano di Zagor con quello di DyD, senza tradire l’essenza narrativa e storica dello Spirito con la scure, anzi ricordando ai lettori come alcune caratteristiche siano proprie anche dell’eroe di Darkwood, fin dai suoi esordi.

Zagor non può essere solo Ferri

Questo Zenith 666 segna alcuni punti importanti anche dal punto di vista grafico, a cominciare dal già citato esordio di Alessandro Piccinelli sulle copertine della testata.

Moreno Burattini e i responsabili di via Buonarroti hanno fatto, a parere di chi scrive, la scelta ideale nell’affidare il testimone di Ferri al disegnatore comasco. Laddove molti lettori zagoriani avrebbero voluto continuare a vedere delle copertine che, in modo forse manieristico e dunque vuoto, fossero realizzate con uno stile di disegno pedissequamente ferriano, si sono ritrovati con un tratto più contemporaneo e realistico che segna una rottura ma che contemporaneamente si inserisce nel solco della tradizione.
Perché Piccinelli, sin da questa prima prova, dimostra di avere capito appieno la lezione di Ferri e la copertina dell’albo cattura completamente lo spirito tipico di quelle dell’artista genovese. La figura di Zagor continua a essere il fulcro dell’intera immagine, con la sua posa dinamica e il simbolo sulla casacca in piena vista: sono questi tre elementi fondamentali che da sempre hanno contraddistinto le copertine di Zagor, fin dagli albi a striscia. E che Piccinelli giustamente mantiene, declinandoli secondo il suo stile: miglior scelta non poteva esserci.

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Prove di Alessandro Piccinelli per la copertina di Zenith 666

Un discorso analogo può essere fatto per le tavole che illustrano le avventure dello Spirito con la scure. È indubbio che nel gruppo di disegnatori che compongono la squadra di Zagor ne esistano alcuni che seguono la scuola di Gallieno Ferri, riproponendo un disegno che nello stile, nel taglio delle vignette e nelle inquadrature si rifà alle tante storie da lui realizzate.
È altrettanto vero che però sulla serie da qualche anno stanno arrivando disegnatori con un tratto diverso, meno classico e più personale: giusto per citarne un paio, Michele Rubini ed Emanuele Barison, autore dei due numeri precedenti a questo.

Ora è la volta di Luigi Piccatto, il cui tratto stilizzato è assolutamente in controtendenza rispetto a quanto si aspettano molti appassionati di Zagor. E questo è sicuramente un bene per la testata.
Il disegnatore piemontese, qui inchiostrato come spesso accade ultimamente da Renato Riccio (disegnatore cresciuto nello Studio Piccatto), ha un segno tagliente giocato sui contrasti tra spazi bianchi e nette campiture nere, tutte caratteristiche che si ritrovano nelle tavole di Zenith 666. Essendo questo il suo esordio con Zagor, va detto che alcuni primi piani evidenziano qualche difficoltà di approccio ai lineamenti del personaggio che mutano e non restano costanti di pagina in pagina. Anche alcune pose restano legnose, a discapito del dinamismo della sequenza che dovrebbero illustrare.
Ma se questi sono i limiti che si riscontrano, è anche giusto segnalare come Piccatto crei tavole con uno storytelling estremamente chiaro ed efficace, appoggiandosi quasi sempre sulla canonica griglia a tre strisce orizzontali, derogando e essa, con vignette verticali o accorpate, per evidenziare passaggi particolarmente significativi della storia.

Anche il contributo ai colori di Fabio Piccatto riveste una certa importanza. Il Piccatto disegnatore alleggerisce il suo classico tratto composto da molti neri per lasciare spazio alle campiture cromatiche che il colorista stende (seppur digitalmente) in tinte quasi piatte e lasciando poco spazio alle sfumature.

Questa colorazione vecchio stile richiama da vicino quella già usata nello Speciale Dragonero #2, dove Zagor viveva un’avventura in team up con il cacciatore di draghi bonelliano, ed è un tipo di colore perfettamente adatto a illustrare le avventure dello Spirito con la scure. Una sorta di richiamo a quella classica innovazione che è stata cifra distintiva fin dagli esordi del personaggio di Nolitta e Ferri e che è necessario continui a esserlo.

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Immagini da Zenith 666 – © 2016 Sergio Bonelli Editore

Alla fine questo Zenith 666 è un omaggio riuscito, più alla figura di Tiziano Sclavi che alla sua creatura più famosa. Gli abituali lettori di Dylan Dog, se leggeranno l’albo, magari non troveranno nelle loro corde la  narrazione semplice e lineare di Mignacco, tipica dei canoni zagoriani, ma non potranno non apprezzare la “fusione” fatta dallo sceneggiatore tra elementi dello storie zagoriane di Sclavi e alcuni altri fondamentali delle storie dell’Indagatore dell’Incubo.

Abbiamo parlato di:
Zenith #666 (Zagor #615) – Zenith 666
Luigi Mignacco, Luigi Piccatto, Renato Riccio
Colori di Fabio Piccatto
Sergio Bonelli Editore, settembre 2016
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 3,20 €
ISSN: 977112253400160666

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