Ora di domani lo spazio aereo sopra il Mill sarà sigillato peggio del forziere di Zio Paperone.
Questa citazione, tratta da The Dome di Stephen King, dà l’idea di quanto non solo Paperon de’ Paperoni sia entrato nell’immaginario collettivo, ma anche il suo deposito, costruito in cima alla Collina Ammazzamotori. Da questo punto sopraelevato la “cassaforte” di Paperone domina l’area cittadina, ne è il simbolo e diventa oggetto del desiderio per colleghi, ladri e maliarde fattucchiere nelle storie ideate dall’Uomo dei Paperi, Carl Barks.
Il palazzo de’ Paperoni
Di Paperon de’ Paperoni si conoscono all’inizio solo pochi dettagli: è incredibilmente ricco, possiede una baita in montagna (sulla cima di Monte Orso, per la precisione) e una villa, la cui locazione cittadina viene messa in dubbio ne Il sentiero dell’unicorno (1950), quando Paperino e nipotini di dirigono fuori città rispondendo a una chiamata del ricco zio, che ancora non li accompagna nei loro viaggi intorno al mondo.
Già in questa storia si stabilisce che Paperone è il più ricco del mondo, così diventa necessario mostrare tale ricchezza e non semplicemente attraverso un serraglio di animali incredibili all’interno dello zoo della villa. Così ne Il pappagallo contante (1950) ecco che Carl Barks mostra l’ufficio di Paperone strapieno di monete: siamo ancora agli inizi e Barks sperimenta i primi elementi della narrazione paperoniana, incluso il tema del confronto con i ladri. In questa storia, infatti, Paperone e nipoti si mettono a caccia di una coppia di rapinatori visualizzati da Barks con cappellino, mascherina e maglia rossa, quasi dei proto-Bassotti.
Altri elementi vengono aggiunti ne La clessidra magica (1950) dove vengono mostrati l’interno della casa e dell’ufficio di Paperone, e ne I doni inattesi (1950), dove Paperone spala le monete all’interno di un certo numero di casseforti. Si riesce, in effetti, a leggere su una di esse “cassaforte n° 739“, mentre su una colonna di metallo compare l’indicazione “Deposito a due piani. Capacità 100 tonn.” Inoltre la stanza che Barks mostra in questa serie di vignette presenta anche i classici sacchi di denaro: su uno di essi si legge anche la quantità contenuta, 1000000 di dollari1.
Paperone viene così rappresentato da Barks come un eccentrico miliardario dal carattere scontroso e con una innumerabile quantità di denaro, che conserva all’interno del suo palazzo in città. Unica eccezione in questa prima fase dell’evoluzione del personaggio è La pioggia d’oro (1951), storia per certi versi bucolica dove Barks mostra un immenso silos all’interno della fattoria di Paperone dove questi conserva il denaro accumulato. Questo verrà disperso da una tempesta nel circondario, ma finirà per tornare nelle tasche di Paperone, l’unico ad aver lavorato mentre gli altri, improvvisamente arricchitisi con le sue monete, hanno pensato bene di darsi all’ozio, costretti alla fine ad acquistare i prodotti agricoli di Paperone ai suoi prezzi2.
Altra curiosità, che verrà successivamente utilizzata da Don Rosa in Life and times of Scrooge McDuck si trova ne Il pezzo da venti (1951), che sembra ancora ambientata nel Palazzo de’ Paperoni: in un angolo in fondo alle montagne di monete di Paperone ecco spuntare i barili con il primo miliardo guadagnato dal miliardario, che giace lì in fondo, come afferma lo stesso personaggio, da ben settanta anni.
Arrivano i Bassotti
In questa trasformazione estetica (e contenutistica) del deposito hanno un ruolo fondamentale i famigerati Bassotti, che esordiscono ne La banda dei segugi (1951): Paperone, alla notizia che la Banda è in giro per la città a tramare contro le sue ricchezze, entra nel panico e si rivolge al nipote Paperino per un aiuto a difendere il proprio denaro. Alla fine sarà proprio Paperino a propiziare la prima rapina di successo ai danni di Paperone. Questo esordio, insieme con la successiva Ghiacciata dei dollari (1951), consente di mostrare un Paperone decisamente vulnerabile e una banda di irriducibili avversari che, come mostrato già da questo inizio al fulmicotone, porterà diversi grattacapi a Paperone nel corso degli anni.
Inoltre, è in queste due storie che Barks pone le basi per i classici inseguimenti tra Paperone e Paperino che chiudono molte delle prime storie barksiane e, successivamente, dei suoi colleghi ed è proprio con La ghiacciata dei dollari che esordisce per la prima volta il deposito delle monete.
Un cubo di metallo posto sulla cima della Collina Ammazzamotori, lì dove sorgeva un forte dei pionieri, il meglio noto Forte Paperopoli: questo elemento, insieme con l’esistenza di una galleria sotto il deposito, viene stabilito ne Il pozzo dei dollari (1958).
Ad ogni modo, il deposito all’inizio era una sorta di castello medioevale: circondato da un campo minato e da un fossato di acido solforico, dava accesso ai visitatori attraverso un ponte levatoio, mentre il cancello, in legno, era costituito da una serie di assi appuntite pronte a calare sul malintenzionato riuscito a giungere fortunosamente fino a lì. E, nell’ipotesi in cui un qualche visitatore indesiderato fosse riuscito a superare anche il cancello, ecco trovarsi accolto all’ingresso da puntine, tagliole, spingarde e cannoni.
Sempre legato ai Bassotti, uno dei depositi più curiosi tra quelli proposti da Barks: è un silos di forma sferica, leggermente schiacciato ai “poli”, apparso in Zio Paperone e la Banda Bassotti (1953): non solo Paperone per la prima volta converte tutte le sue sostanze in banconote, in modo da stiparle meglio, ma appare per la prima volta la Numero Uno, che sarà fondamentale per consentire a Paperone di sconfiggere i Bassotti.
Di questo deposito sferico Barks realizza un paio di variazioni, la prima ne La sferarmata (1962), dove Paperone controlla il suo deposito attraverso un telecomando, la seconda ne La cassa (troppo) forte (1958), dove Archimede costruisce un deposito con il metallo più resistente che si possa realizzare con gli elementi noti sulla Terra.
Nel frattempo, in Paperino esattore (1951) la stanza del denaro diventa sempre più ampia, e compare al suo interno anche il trattore utilizzato spesso da Paperone per sistemare le sue monete. Tra l’altro è qui che si rende manifesta una particolare caratteristica del rapporto tra Paperone e il suo denaro. Infatti, per la prima volta, egli afferma:
Io amo il denaro! Amo il suo contatto e il suo profumo! Mi piace tuffarmici dentro come un pesce baleno! E scavarci sotto gallerie come una talpa!
Sempre in Paperino esattore si trovano le origini del rapporto conflittuale tra Paperone e il nipote, background legato alla lista dei debiti e utilizzato soprattutto dagli autori non barksiani.
Dove lo metto?
A parte alcune variazioni, la forma del deposito di Paperone è abbastanza stabile a partire dal 1952, anno del Ventino fatale, ma anche della sfida con il Maragià del Verdestan. Una variazione a sua volta cubica sulla forma di base è rappresentata ne Il ratto del ratto (1955), dove il deposito delle monete è una gigantesca struttura cubica posta dietro il più piccolo cubo del deposito classico.
Ciò che ancora non è ben precisata è la posizione del deposito: mentre nel Ventino fatale il gigantesco cubo di Paperone è presumibilmente posto sulla cima della Collina Ammazzamotori, ne La disfida dei dollari, sempre del 1952, il deposito3 è sito in città, confinante con un terreno acquistato dai Bassotti per portare a compimento un nuovo tentativo di rapina ai danni del ricco paperopolese.
In un certo senso lo stesso Barks non ha mai posto il deposito sulla Collina in via definitiva e lo stesso fumettista dell’Oregon ha estremizzato questa idea ne I guai del progresso (1956), dove Paperone è costretto a traslocare in varie riprese il suo deposito. Prima lo sposta dalla città a una graziosa vallata a causa della costruzione di un’autostrada. Quindi si sposta sulla cima di una inaccessibile montagna a causa del progetto di una diga che avrebbe allagato l’intera vallata. L’ultimo trasloco, dovuto a una rampa di lancio per razzi postali posta di fronte alla montagna, spinge Paperone all’estrema decisione: costruire un deposito dotato di giganteschi cingoli che permettono di spostarlo laddove necessario.
D’altra parte il deposito ha spesso avuto problemi con il bucherellato sottosuolo della Collina, come visto nella già citata Ventino fatale o ne I terremotari (1956). In queste storie, così come ne La lattuga mimetica (1964) e ne La reggia delle sirene (1967), il denaro di Paperone si perde nelle caverne sotto Paperopoli o è il deposito stesso a sprofondare, anche solo parzialmente.
Il deposito, però, è stato anche sballottato, come ne La meraviglia scientifica (1965) da alcuni giganteschi robot ideati dal professor Domewise e rubati dai Bassotti, e incerato ne L’impervi-cera (1954). In questo caso Paperino, per aiutare lo zio a difendere il denaro dall’attacco di tarme, topi e ladri, propone ad Archimede di inventare una cera “più forte dell’acciaio e più resistente al fuoco della pietra!“. Ottenuta dall’inventore l’impervi-cera, Paperino fodera il deposito con il fantastico materiale, ma una volta concluso il lavoro, si rende conto insieme con lo zio che il materiale è inattaccabile, proprio come il deposito della già citata Cassa (troppo) forte.
Tecnologia contro magia
Il deposito, però, non ha sopportato solo gli attacchi dei Bassotti o di altri elementi esterni; un altro suo acerrimo nemico è la strega napoletana Amelia, che esordì nel 1962 in Zio Paperone e la fattucchiera.
Uno dei primi attacchi della strega al deposito è La cassaforte di cristallo (1962). Gli scienziati di Paperone sono riusciti a inventare un vetro resistentissimo e indistruttibile che il miliardario utilizza per costruirsi un paio di occhiali nuovi. Dopo un nuovo attacco dei Bassotti, quasi riuscito, Paperone decide di ricostruire il deposito utilizzando questo nuovissimo vetro.
Così il ricco magnate può concedersi insieme con i nipoti Paperino e Qui, Quo, Qua una lunga vacanza intorno al mondo, mentre a Paperopoli i Bassotti e Amelia provano a entrare inutilmente nel deposito. Purtroppo per Paperone esiste in una sperduta foresta una particolare specie di uccello, l’urlatore del Tanganika, il cui urlo produce vibrazioni in grado di rompere il vetro di Paperone. Inizia allora una corsa tra Paperone e Amelia per raggiungere Paperopoli. L’iniziale vittoria di Amelia, viene però vanificata da un piccolissimo dettaglio: le batterie del suo ipnoraggio si scaricano, impedendole di bloccare i paperi che avevano recuperato la Numero Uno.
Più diretta la sfida tra Amelia e il deposito ne L’inespugnabile deposito (1963). La strega partenopea, più letale che mai, grazie d alcune tavolette dell’Antica Grecia e alla sua bacchetta magica, lancia contro il deposito una serie di eventi catastrofici: una tempesta di fulmini, un ciclone, una cometa, un meteorite. Ancora una volta è la tecnologia che permette a Paperone e nipoti di rispondere agli attacchi di Amelia e resistere all’assedio magico, costringendo la strega ad affrontare di persona l’attacco contro il deposito e mostrare ancora una volta le sue capacità trasformistiche, già viste nella storia d’esordio e successivamente enfatizzate in Amelia maga del cangiante (1964).
Interessante osservare come nell’edizione italiana ristampata nell’omnia barksiana, mentre le etichette e i messaggi risultano tradotti, il numero viene indicato nella notazione anglosassone, che prevede la virgola per separare le migliaia e il punto per separare le cifre decimali ↩
In effetti la storia ha anche un tenore favolistico, enfatizzato dal titolo originale, A financial fable ↩
In effetti più simile al Palazzo de’ Paperoni, ma con i colori del deposito ↩