Romano Scarpa è uno dei più importanti fumettisti Disney di sempre. È stato il primo tra gli italiani a raccogliere l’eredità artistica di Carl Barks – che ha delineato la geografia e il cast dei Paperi – e di Floyd Gottfredson – che insieme agli sceneggiatori che lo hanno affiancato ha costruito le basi del Mickey Mouse avventuroso. Fin da quando ha iniziato a sceneggiare oltre che disegnare, riprendendo le fila di quanto da loro realizzato e continuandone la filosofia produttiva in modo coerente, ha spaziato in modo convincente e a tratti fondamentale tanto a Paperopoli quanto a Topolinia.
Il duro dal cuore d’oro
Quando si è trattato di far agire Paperon de’ Paperoni, Romano Scarpa ha quindi guardato attentamente all’epopea barksiana che vedeva il papero più ricco del mondo come figura centrale.
Contrariamente ad altri deve essere rimasto particolarmente colpito da una qualità più nascosta di altre: una certa sensibilità di fondo.
Così, mentre gli autori italiani si concentravano, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, su caratteristiche quali l’avarizia e il lato capitalista/imprenditoriale del personaggio, Scarpa decide di mostrarne di quando in quando anche il lato più “umano”, pur sempre cum grano salis.
Del resto Barks stesso non aveva posto l’accento su questo aspetto, limitandosi a farlo trasparire in alcune storie (tra le quali si ricorda, in particolare, la celebre Zio Paperone e la Stella del Polo), e così anche l’autore veneziano mostra un Paperone inaspettatamente tenero in una manciata di vignette, ma particolarmente significative.
Si ricorda a tal proposito Paperino e la “Fondazione de’ Paperoni”, dove il magnate si rivela un filantropo piuttosto generoso nonostante preferisca non apparire come tale, celandosi sotto la maschera del tirchio insensibile.
Non è da meno anche l’ultima tavola di Paperino e la leggenda dello “Scozzese Volante”, dove una commozione pura e umana emerge nello sguardo e nel pensiero dello Zione nei confronti di un suo antenato, che aiuta ad uscire dai tormenti di una vita da spettro.
Infine anche Paperino e l’uomo di Ula-Ula si distingue per la presenza di un Paperone dal volto umano, sinceramente preoccupato per la sorte di uno strano essere senziente che ha precedentemente trattato male, salvo poi pentirsi e mettersi in gioco per rimediare al proprio comportamento.
Una visione particolarmente in anticipo sui tempi, che avrebbe conosciuto maggior diffusione più di trent’anni dopo grazie a Don Rosa, che di contro calcherà molto la mano su questo aspetto perdendo quindi forse la delicatezza con cui Carl Barks e Romano Scarpa avevano trattato l’argomento.
Avventure e caparbietà
Il Paperone di Scarpa è anche un avventuriero, nel senso più puro e immediato del termine: come da tradizione, non si risparmia e si butta a capofitto in diverse imprese che possano portargli un guadagno, ma tendenzialmente senza che questo travalichi limiti di etica o legalità.
Si impegna, si mette in gioco, coinvolge come sempre suo nipote Paperino e i pronipoti Qui, Quo e Qua, ma si mette anche in prima linea nella gestione di rischi e imprevisti. Caparbio, ostinato e determinato, diventa il protagonista ideale per storie intriganti, aiutate anche dalla sceneggiatura sempre elaborata e curata.
In quest’ottica Paperino e il colosso del Nilo si configura come un esempio tipico: lo Zione decide di organizzare lo spostamento di una gigantesca statua egizia prima che venga sommersa da un allagamento della zona in cui si trova, e questo dà il via a una trama fatta di difficoltà, inciampi, boicottaggi che se da un lato prestano il fianco a gag riuscite e divertenti, dall’altro mostrano l’animo volitivo del protagonista che non si arrende di fronte alle difficoltà.
Vale la pena citare anche Zio Paperone e le lenticchie di Babilonia, nella quale Paperone assume in realtà una sfumatura ancora diversa, arrivando a scommettere l’intera sua fortuna e peccando quindi di eccessiva sicurezza in sé stesso. Gli esiti della vicenda sono catastrofici e rendono questo racconto uno dei più affascinanti dell’intera carriera scarpiana, ma al contempo mostrano uno Scrooge più che mai determinato e ostinato a salvare la situazione, anche quando appare disperata, e fino alla fine rimane saldo, in onore al suo essere “il più duro dei duri”.
Infine anche Zio Paperone e l’acqua quietante ben rappresenta questo animo avventuroso, mostrando inoltre la volontà di imbastire una “storia corale”, tendenza che l’autore seguirà anche negli anni successivi in varie occasioni celebrative. Paperone riunisce a sé infatti amici e avversari per dividere onori e oneri in una missione volta a rintracciare una fonte idrica dalle portentosi proprietà calmanti. Il protagonista ne emerge ancora una volta come un individuo pronto a mettersi in gioco, ma in più viene valorizzato dal cast allargato che gli ruota attorno, che lo connota sotto una luce diversa e ne aumenta la potenzialità.
Il giallo-oro è un colore caldo
Tra questi comprimari figura Brigitta McBridge, bionda spasimante di Paperone creata dallo stesso Scarpa in Zio Paperone e l’ultimo Balabù.
La papera mostra fin da subito un forte interesse nei confronti del magnate e, anche se a volte permane il dubbio che possa essere rivolto più al suo portafogli che al suo cuore, costituisce in ogni caso una delle più felici intuizioni del fumettista veneziano.
Questo perché fornisce un inedito “impiccio” oltre a quelli già presenti nella vita del vecchio papero: dopo i Bassotti, la fattucchiera Amelia, gli agenti delle tasse, il rivale in affari Rockerduck e altre minacce varie, Brigitta rappresenta l’attenzione indesiderata, una persona devota e quindi apparentemente sodale, ma che Paperone non vuole avere attorno. Questo atteggiamento di esclusione porta a storie in cui il personaggio soffre e altre in cui si inventa i più complessi stratagemmi per entrare nelle grazie del suo obiettivo.
Risulta quindi naturale per Scarpa farle prendere la decisione di sfidare spesso Paperone sul suo stesso campo, quello finanziario, alleandosi con il traffichino Filo Sganga per rompere le uova nel paniere allo Zione, contrastandolo negli stessi interessi affaristici.
Il rapporto tra Paperone e Brigitta risulta quindi complesso, battagliero e poco tranquillo, ma è proprio questo che ne ha fatto la fortuna, diventando uno dei leit motiv più usati negli anni successivi dalla scuola italiana, con fortune alterne nell’uso di un personaggio difficile da gestire, proprio per via della sua tridimensionalità.
Romano Scarpa ha portato avanti per tutta la sua carriera la sua peculiare visione di Zio Paperone: un personaggio coraggioso, con la mania del denaro ma anche con una forte passione per l’avventura e con una sensibilità di fondo, custodita silenziosamente ma ben presente. Una persona circondata dall’affetto di diversi amici e parenti, arricchito dal rapporto con loro e dallo scontro con gli avversari, galvanizzato da ogni vicissitudine. Un protagonista completo, ricco e umano: una connotazione che rimane uno dei testamenti artistici migliori lasciatici dall’autore.