Lo stato del fumetto in Italia: Mara Famularo

Lo stato del fumetto in Italia: Mara Famularo

Intervista a Mara Famularo per il nostro approfondimento sul fumetto in Italia.

Per completezza, pubblichiamo le interviste originali di chi ci ha supportato nella realizzazione del nostro approfondimento sullo stato del fumetto in Italia a fine 2024.

Mara Famularo

Lucana d’origine, vive e lavora a Roma. Laureata in storia dell’arte con una tesi su Lyonel Feininger, da brava millennial ha collezionato diverse esperienze di lavoro ma ora staziona nel mondo dell’editoria. Per conoscere i fumetti ancora più da vicino, studia alla Scuola Romana dei Fumetti. Scrive di fumetto sull’inserto della Stampa TuttoLibri e collabora con Fumettologica dal 2015. Per Il Mulino ha pubblicato il libro Destinazione manga, un’introduzione al fumetto giapponese.

Qual è, secondo lei, la tendenza principale del fumetto italiano di questi ultimi cinque anni, dovendone individuare solo una?
Negli ultimi anni l’editoria a fumetti è diventata una parte integrante e influente dell’editoria italiana tout court. Grandi, medi e piccoli editori hanno inserito i fumetti nel loro business, rilevando etichette di fumetti o aprendo collane proprie. Nelle fiere editoriali, prima dominate da narrativa e saggistica, sono sempre più frequenti gli stand dove acquistare fumetti. Nelle librerie di catena o indipendenti, il settore dedicato ai fumetti acquista sempre più spazio. Sta sbiadendo sempre di più quella linea di demarcazione che prima si tracciava tra i fumetti e i “libri”.
Per quanto riguarda invece i contenuti, nelle mie letture ho riscontrato una massiccia presenza di opere molto belle nello stile grafico e originali nell’impianto visivo, cosa che denota quanto la qualità tecnica di chi disegna i fumetti sia sempre più alta, anche quando si tratta di esordienti. A questo fa da contraltare una minore cura per le storie e in generale per la costruzione del racconto.
In sintesi, l’impressione che ho è che il fumetto italiano stia diventando sempre più bello da guardare ma un po’ meno interessante da leggere.

Le indagini AIE degli ultimi anni mostrano un boom dei fumetti in Italia, segno che appare di grande salute. Al tempo stesso, se questi numeri si confrontano con le copie vendute e le entrate medie degli autori e delle autrici italiane – ad esempio guardando le indagini di MeFu – si nota che questo settore è povero e con diritti limitati, ancor più che in altri Paesi. Quali potrebbero essere le soluzioni per rafforzare questo settore, soprattutto per autori e autrici, e arrivare a una maggiore sostenibilità economica?
La crescita indicata dai rapporti dell’AIE è legata ad alcuni fenomeni editoriali, dirompenti ma circoscritti, e non riguarda in modo omogeneo tutto il mondo del fumetto. Di fatto è cresciuto il pubblico di alcuni autori che hanno un modo molto personale di fare fumetti, non del fumetto tout court. Il settore non si è quindi davvero arricchito e di questo risentono i compensi e lo status professionale degli autori. Perché le condizioni migliorino penso sia importante che chi lavora nel settore continui e intensifichi le battaglie collettive già aperte per ricordare che certi diritti valgono anche per loro. Associazioni come il MeFu o come l’Egair sono importanti conquiste in questo senso.

Sempre guardando a questi dati, la produzione dei fumetti segue quella dell’editoria in generale: moltissimi sono i titoli prodotti ma scarsamente pubblicizzati, sussiste un grande ricambio nelle librerie e sono pubblicati pochissimi longseller. Ci sono rischi della formazione di una bolla produttiva a un certo punto insostenibile?
Sono anni, anzi forse decenni, che l’editoria italiana denuncia una crisi, innescata soprattutto dal meccanismo di distribuzione dei libri e dai costi che esso impone agli editori. La sovrapproduzione di titoli è una delle conseguenze più evidenti di questa situazione, per molti versi già insostenibile, perché ci sono centinaia di titoli che diventano invisibili già pochi giorni dopo l’uscita. Siamo abituati a pensare che tutto quello che viene stampato in formato libro sia fatto apposta per essere letto con una certa calma, eppure il sistema si regge proprio sul principio opposto. Tanti editori si stanno muovendo per ridurre le uscite annuali e cercare metodi alternativi per arrivare alle librerie e ai lettori. Ma siamo ancora lontani da una soluzione vera.

In termini di vendite e aumento dei lettori, il manga ha sicuramente fatto da enorme traino, essendo il comparto che è più cresciuto in assoluto. Secondo lei questo boom del manga (che a mio modo di vedere unisce un effettivo aumento di lettori all’emersione di lettori “oscuri”, quando i manga sono scomparsi dalle edicole e apparsi [MANCA QUALCOSA?]) fa bene al fumetto italiano, facendo da traino, o rischia di ridurre e schiacciare gli spazi per esporre anche altri tipi di opere?
Il boom del manga ha fatto sì che nelle grandi librerie il fumetto passasse dall’angolo nascosto agli scaffali a essere più in vista. Ha innegabilmente riportato l’attenzione generale, e del mondo della cultura “alta”, sul fumetto. Non penso che i manga abbiano “rubato” il pubblico che prima leggeva altri fumetti; semmai hanno portato verso il fumetto lettori nuovi, soprattutto delle generazioni più giovani. Lettori che magari nel tempo vorranno leggere anche altri tipi di fumetti.

Nel periodo precedente e durante la pandemia in Italia si è affermata una forma di racconto a fumetti incentrata sull’autobiografia, spesso nata sui social e poi trasferitasi su carta. Nel 2023/2024 questa tendenza sembra essersi quantomeno ridimensionata, con un maggiore spazio anche per altri generi e per autori e autrici con background diversi, soprattutto autoprodotti. Vede anche lei un certo cambiamento nelle tendenze di questi ultimissimi anni in questo senso, una maggiore differenziazione in termini di contenuti e voci?
Il mercato del fumetto, come il mercato editoriale in generale, segue inevitabilmente delle tendenze. Quella dell’autobiografia effettivamente sta venendo meno, ma in compenso ce ne sono altre che più o meno rispondono ad alcune trasformazioni della sensibilità: il femminismo, le tematiche LGBTQ+ (spesso associate al romance), il post-apocalittico legato all’emergenza climatica. L’autoproduzione è sicuramente un campo di sperimentazione più libera rispetto alle pubblicazioni editoriali, per quanto anche lì si possono riscontrare alcuni elementi comuni.
Rispetto al passato, oggi ci sono più fumetti in circolazione, magari è naturale che venga dato spazio ad argomenti diversi.

In questi ultimi anni la distribuzione e i formati del fumetto sono molto cambiati, spostandosi dagli albi spillati e brossurati da edicola a volumi più corposi da libreria e fumetteria. Che impatto ha avuto questo sulla diffusione e la lettura del fumetto? Se da una parte è vero che c’è più attenzione verso queste opere negli ambiti librari, è vero anche che i prezzi sono mediamente aumentati di molto e che la distribuzione delle librerie sul territorio italiano è molto varia, con grosse differenze tra Nord e Sud.
La grande battaglia culturale legata all’introduzione del formato graphic novel ha avuto come risultato il fatto che, rispetto a qualche decennio fa, ora appare perfettamente naturale vedere i fumetti in libreria in edizioni cartonate e curate. Certo, l’idea che un fumetto possa essere una lettura complessa e profonda come un romanzo letterario non è ancora del tutto passata. Il divario tra Nord e Sud è un fatto di lunga data, uno scalone che non si può colmare in poco tempo. Un divario che però certi fenomeni editoriali hanno superato: quando un paio d’anni fa alcuni ragazzini del mio paesino lucano (dove salvo Topolino in edicola non ero mai riuscita a reperire fumetti) mi hanno raccontato le loro letture in fatto di manga, ho pensato che il fumetto giapponese fosse davvero arrivato dappertutto.

In questo senso, un settore importante del fumetto è il fumetto per bambini e ragazzi, e questo è vero per tutto il mondo (basta guardare alle vendite dei fumetti di Dav Pilkey negli USA, per esempio). Anche in Italia le classifiche di vendita sono dominate dai fumetti per bambini, siano esse raccolte di vignette umoristiche come Pera Toons che storie più lunghe e articolate come quelle realizzate da alcuni content creator, uno su tutti Lyon. Al tempo stesso, i cambiamenti nella distribuzione di cui abbiamo parlato hanno modificato un po’ la fruizione e l’accesso dei bambini e ragazzi a questi prodotti. Come valutate lo stato di salute del fumetto per ragazzi in Italia, anche al di fuori di quei pochi nomi di cui abbiamo parlato?
L’editoria per bambini e ragazzi gode da decenni di una salute migliore di quella per grandi perché di base moltissimi adulti non leggono ma si preoccupano che il loro figli lo facciano. Un fumetto appare meno impegnativo di un romanzo e per questo è spesso uno strumento importante per gli insegnanti che vogliono avvicinare alla lettura anche chi ha difficoltà nell’approcciarsi ai libri. Gli stessi lettori e lettrici giovanissimi individuano nei fumetti una lettura non scolastica. Tutto questo ha fatto sì che negli ultimi anni la proposta di fumetti per bambini crescesse e diventasse più variegata. Che bambini e ragazzi si sentano più incuriositi verso opere di autori che fanno anche contenuti online è un sintomo del fatto che per le giovani generazioni la fruizione dei fumetti può prescindere dal formato cartaceo di libro o rivista.

Dopo i difficili anni della pandemia, stiamo assistendo a un rifiorire di festival, alcuni con al centro proprio il fumetto, altri molto più generalisti e dispersivi, anche se in generale mi sembra che ci siano delle differenze rispetto al passato. Che ruolo hanno e avranno i festival in questo settore?
Il moltiplicarsi di occasioni, come festival e fiere, che hanno al centro il fumetto è sicuramente positivo, perché alimenta l’interesse e magari contribuisce ad ampliare il pubblico di lettori. Inoltre, il fiorire di festival in molte località distanti dai consueti poli della cultura fumettistica serve ad aggregare e a coltivare un pubblico laddove in passato c’era una difficoltà oggettiva nel reperire fumetti. Mi auguro che nel tempo questo moltiplicarsi di manifestazioni non sia solo un fatto quantitativo, ma sia un modo per creare occasioni di incontro rilevanti e ben caratterizzate, che si eviti l’effetto bancarelle tutte uguali insomma.

Nonostante alcuni importanti progetti quali Tacotoons e Jundo Comics, oppure la neonata Zipaki, mi sembra che il fumetto digitale, soprattutto a pagamento, in Italia faccia ancor più fatica che negli altri paesi ad affermarsi. Quali sono, secondo lei, motivi?
Per il pubblico italiano adulto il fumetto resta principalmente un contenuto cartaceo. Le generazioni più giovani sono più abituate a vedere nello smartphone uno strumento utile a fruire e realizzare diversi tipi di contenuti e sono infatti il pubblico d’elezione dei webtoon, i fumetti digitali per antonomasia nati in Corea del Sud. Lo scoglio principale alla loro fruizione resta quello linguistico, ossia il fatto che la maggior parte dei webtoon non è disponibile in lingua italiana. Penso sia essenzialmente questo il nodo.

Una domanda che riguarda anche la stampa e la critica. Oggi il fumetto ha una grossa diffusione, ma ci sono i canali, i tempi e le modalità per poter parlare delle opere con un occhio critico, magari severo ma attento, oppure i tempi del giornalismo e la comunicazione da social media stanno appiattendo questo tipo di lavoro? Più in generale, ci sono cose che pensa potrebbero e dovrebbero cambiare per comunicare meglio il fumetto?
Sono tante, sempre di più, le persone che si occupano di fumetto e che ne scrivono su riviste o ne parlano online. Mi auguro che con il tempo cresca anche il livello di profondità con cui si condivide questo tipo di lettura e che quindi si continui a parlare di fumetto con meno improvvisazione e più preparazione.

Chiudiamo guardando al futuro: cosa pensa che succederà nei prossimi cinque o dieci anni nel fumetto italiano? Identifica già l’emergere di nuove direzioni, idee e sviluppi?
Le scuole di fumetto hanno attualmente le classi di manga piene di studenti e studentesse che vogliono imparare a disegnare come i loro mangaka preferiti. Penso quindi che in futuro ci saranno molti più manga realizzati in Italia e che saranno sempre meno ibridi e meglio fusi con altri stilemi del racconto a fumetti nostrani, americani ed europei. E mi auguro che verrà piano piano meno anche la diffidenza del pubblico verso questo tipo di prodotto. Sono sicura che ci aspettano bellissime sorprese e bellissime letture.

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