Lo stato del fumetto in Italia: Paola Bristot

Lo stato del fumetto in Italia: Paola Bristot

Intervista a Paola Bristot per il nostro approfondimento sul fumetto in Italia.

Per completezza, pubblichiamo le interviste originali di chi ci ha supportato nella realizzazione del nostro approfondimento sullo stato del fumetto in Italia a fine 2024.

Paola Bristot

Classe 1961, nata ad Aviano, si è laureata in D.A.M.S. (1985) e specializzata si Storia dell’Arte (1991) presso l’Università di Bologna. E’ docente dal 1995 di Storia e Linguaggi dell’Arte Contemporanea, dal 2015 presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e dal 2020 tiene anche i corsi di Lineamenti di Storia dell’Arte presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino. E’ presidente dell’Associazione Viva Comix dal 1998 con cui organizza mostre, eventi, attività editoriali e direttrice artistica dal 2007 del Piccolo Festival dell’Animazione. Ha curato le antologie di cortometraggi italiani “Animazioni”, in 6 DVD (2010-2019, Viva Comix, Ottomani con A.Martignoni).
Ha pubblicato libri e cataloghi legati al fumetto tra cui Ja Comix!, nel 2001, graphicnovel.it, nel 2012, Poema Barocco di Renato Calligaro nel 2015, Pasolini, tabloid (anche in versione inglese) di Davide Toffolo, 2022, Terra, Omini, Bestie, di Altan, 2024, Come art director ha seguito e prodotto il film sperimentale “Re-cycling” (Arte Video, 2014, 2019). E’; curatrice dello spazio espositivo “studiovivacomix” a Pordenone.

Qual è, secondo lei, la tendenza principale del fumetto italiano di questi ultimi cinque anni, dovendone individuare solo una?
La biografia e l’autobiografia, di converso.

Le indagini AIE degli ultimi anni mostrano un boom dei fumetti in Italia, segno che appare di grande salute. Al tempo stesso, se questi numeri si confrontano con le copie vendute e le entrate medie degli autori e delle autrici italiane – ad esempio guardando le indagini di MeFu – si nota che questo settore è povero e con diritti limitati, ancor più che in altri Paesi. Quali potrebbero essere le soluzioni per rafforzare questo settore, soprattutto per autori e autrici, e arrivare a una maggiore sostenibilità economica?
I fumetti ora sono considerati dei libri a tutti gli effetti e li troviamo in vendita nelle librerie. Gli
editori, anche i grandi editori, stampano molti più libri a fumetti rispetto a dieci o quindici anni fa. Con ciò, non essendoci una platea di lettori commisurata per fare di tutti i titoli in vendita dei casi letterari, sono pochi gli autori che riescono a farne un mestiere che si autosostiene e li sostiene. Se si aggiunge a questo la miopia del Ministero della Cultura, che non contribuisce a garantire con mezzi anche finanziari oppure occasioni promozionali una fascia minimamente protetta, il risultato è che a fronte di una grande fatica per realizzare, scrivere, editare, distribuire i fumetti non corrisponde un equo profitto.

Sempre guardando a questi dati, la produzione dei fumetti segue quella dell’editoria in generale: moltissimi sono i titoli prodotti ma scarsamente pubblicizzati, sussiste un grande ricambio nelle librerie e sono pubblicati pochissimi longseller. Ci sono rischi della formazione di una bolla produttiva a un certo punto insostenibile?
Mi sembra sia sotto gli occhi di tutti.

In termini di vendite e aumento dei lettori, il manga ha sicuramente fatto da enorme traino, essendo il comparto che è più cresciuto in assoluto. Secondo lei questo boom del manga (che a mio modo di vedere unisce un effettivo aumento di lettori all’emersione di lettori “oscuri”, quando i manga sono scomparsi dalle edicole e apparsi in libreria) fa bene al fumetto italiano, facendo da traino, o rischia di ridurre e schiacciare gli spazi per esporre anche altri tipi di opere?
Non capisco la domanda. Perché il manga dovrebbe fare male al fumetto “italiano”? La spinta e la fortuna dei manga allarga la platea degli appassionati di fumetti in generale. Sarebbe come dire che la narrativa americana nuoce a quella italiana. Non mi sembra che nella cultura ci sia questo tipo di distinzione, importa solo se la qualità sia alta. Qui si apre il dibattito per tutti, ovvio.

Nel periodo precedente e durante la pandemia in Italia si è affermata una forma di racconto a fumetti incentrata sull’autobiografia, spesso nata sui social e poi trasferitasi su carta. Nel 2023/2024 questa tendenza sembra essersi quantomeno ridimensionata, con un maggiore spazio anche per altri generi e per autori e autrici con background diversi, soprattutto autoprodotti. Vede anche lei un certo cambiamento nelle tendenze di questi ultimissimi anni in questo senso, una maggiore differenziazione in termini di contenuti e voci?
A dire il vero, la tendenza autobiografica era già in atto anche prima della pandemia. Un po’ mi sento responsabile… Nel senso che nei miei corsi di fumetto, che tengo da più di 30 anni, ho fatto riflettere gli studenti sull’attenzione verso la propria stori personale, prima di guardare a modelli esotici.
Chiaramente, tra i modelli di riferimento, a parte Andrea Pazienza – che non partiva da una autobiografia fine a se stessa, ma ha rappresentato nelle sue storie una generazione, e comunque la rappresenta ancora oggi – figura Dino Buzzati, che attingeva a una cultura sedimentata di cui amava reinventare modelli e trame. Insomma, erano correnti che avevano una ragione per essere seguite e poi superate.
Ora si sente il bisogno di scrollarsi di dosso un certo solipsismo che fa analizzare tutto dall’io, da una visione ombelicale, e si cerca l’avventura, la scoperta di orizzonti più ampi tutti da scoprire. Anzi, direi che proprio la pandemia ha fatto scattare questa molla, infatti è stata un incubo la mancanza di relazioni sociali e quello che ne era derivato.

In questi ultimi anni la distribuzione e i formati del fumetto sono molto cambiati, spostandosi dagli albi spillati e brossurati da edicola a volumi più corposi da libreria e fumetteria. Che impatto ha avuto questo sulla diffusione e la lettura del fumetto? Se da una parte è vero che c’è più attenzione verso queste opere negli ambiti librari, è vero anche che i prezzi sono mediamente aumentati di molto e che la distribuzione delle librerie sul territorio italiano è molto varia, con grosse differenze tra Nord e Sud.
Spesso, per quanto riguarda il fumetto, la forma del libro dipende dalla forma del racconto, dalla dimensione delle tavole, dalla foliazione. Quindi molti editori hanno voluto sottolineare questi elementi di grande bellezza. Per gli amanti del cartaceo, fa ancora effetto tenere tra le mani un bel libro, ben stampato, e annegare in mezzo alle pagine, sprofondando nella sua lettura.
Poi è chiaro che questo pone i problemi che mi fai notare. È qui che dovrebbero intervenire Enti e
istituzioni a difesa della qualità e della cultura. Però vogliamo parlare del costo di una serata di aperitivi e stuzzichini? Perché, dai… per quello non mi pare si badi a spese. Io ti farei questa domanda: quando finirà il trend legato a questo tipo di intrattenimento? Parlo del topic“cibo/alcol”, che sta letteralmente stravolgendo anche l’aspetto delle città? Forse potrà arrivare il trend “andiamo in libreria a comprare un libro”?

In questo senso, un settore importante del fumetto è il fumetto per bambini e ragazzi, e questo è vero per tutto il mondo (basta guardare alle vendite dei fumetti di Dav Pilkey negli USA, per esempio). Anche in Italia le classifiche di vendita sono dominate dai fumetti per bambini, siano esse raccolte di vignette umoristiche come Pera Toons che storie più lunghe e articolate come quelle realizzate da alcuni content creator, uno su tutti Lyon. Al tempo stesso, i cambiamenti nella distribuzione di cui abbiamo parlato hanno modificato un po’ la fruizione e l’accesso dei bambini e ragazzi a questi prodotti. Come valutate lo stato di salute del fumetto per ragazzi in Italia, anche al di fuori di quei pochi nomi di cui abbiamo parlato?
Il fumetto per bambini e ragazzi è tradizionalmente un settore forte. Penso alla Pimpa che ancora compro, lo confesso. È una rivista bellissima con delle storie magiche, si trova in edicola, da noi anche nei supermercati. A me sembrano belli questo e questa diffusione.
Così, certo, anche altri fumetti. Il fenomeno di Sio mi interessa: i suoi sono fumetti apparentemente elementari, creano affezione nel loro minimalismo, ma sono intelligenti. Capisco che sia divenuto popolarissimo e lo rispetto. Ma anche i Ronfi di Adriano Carnevali è geniale nel suo concept; non a caso era un mito per i Superamici, Tuono Pettinato, dottor Pira, Ratigher, Maicol&Mirco, LRNZ.
Io farei attenzione a parlare di fumetto per bambini, perché da sempre lì ci sono dei capolavori senza età.

Dopo i difficili anni della pandemia, stiamo assistendo a un rifiorire di festival, alcuni con al centro proprio il fumetto, altri molto più generalisti e dispersivi, anche se in generale mi sembra che ci siano delle differenze rispetto al passato. Che ruolo hanno e avranno i festival in questo settore?
Io ai festival mi diverto, li difendo tutti. Sono occasioni di incontro diretto con gli autori, ma anche tra i lettori. Sono eventi in cui scopri libri, personaggi, storie che non conoscevi e che magari ti appassionano. Poi, chiaro, ci sono diversi tipi di festival: quelli storici come Lucca, il Napoli Comicon, anche il Treviso Comic Book Festival, l’ARF, la nuova forma di BilBOlBul… non ne vorrei dimenticare nessuno. Insomma, ben vengano!
Poi, perché parli di eventi “dispersivi”? Rispetto a cosa? Ben vengano anche se dispersivi. Forse è il loro aspetto originale a renderli tali? Io ho colto momenti anche unici nei festival dispersi in cui mi sono trovata faccia a faccia con autori, senza fare la fila e senza essere schiacciata tra la folla.

Nonostante alcuni importanti progetti quali Tacotoons e Jundo Comics, oppure la neonata Zipaki, mi sembra che il fumetto digitale, soprattutto a pagamento, in Italia faccia ancor più fatica che negli altri paesi ad affermarsi. Quali sono, secondo lei, motivi?
La domanda sul digitale la salterei, perché sono già abbastanza esposta agli schermi e sistemi di comunicazione di digitalizzazione forzata. Vedo che per molti è una possibilità in più che offre la rete. Attraverso la rete si raggiungono, per esempio, storie che non sono pubblicate in Italia e che puoi leggere senza costi. Ci sono forme di attesa di puntate ed episodi, classicamente come succede con quelle stampate su carta. Non mi pare ci sia fatica. Forse non ci sono i numeri, perché il problema del digitale è processare i dati e le informazioni. Non lo fa quasi nessuno. Ti ingolfano di informazioni che non sono state analizzate.

Una domanda che riguarda anche la stampa e la critica. Oggi il fumetto ha una grossa diffusione, ma ci sono i canali, i tempi e le modalità per poter parlare delle opere con un occhio critico, magari severo ma attento, oppure i tempi del giornalismo e la comunicazione da social media stanno appiattendo questo tipo di lavoro? Più in generale, ci sono cose che pensa potrebbero e dovrebbero cambiare per comunicare meglio il fumetto?
Ah, perché, esiste la critica? Certo che i social e tutti i sistemi di comunicazioni tendono a semplificare, rendendo tutto insipido. Io penso che con un lavoro sulle esposizioni e sulle mostre, come quello che sto facendo e in tanti fanno, si dia un senso di lettura, anche critica.

Foto di copertina di Elisa Caldana photography

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