Per completezza, pubblichiamo le interviste originali di chi ci ha supportato nella realizzazione del nostro approfondimento sullo stato del fumetto in Italia a fine 2024.
Valentina “lascimmiablu” Lotti
Content creator e divulgatorə di fumetti, ha collaborato con una rubrica a tema fumetti e soprattutto manga su Maremosso di Feltrinelli.
Le indagini AIE degli ultimi anni mostrano un boom dei fumetti in Italia, segno che appare di grande salute. Al tempo stesso, se questi numeri si confrontano con le copie vendute e le entrate medie degli autori e delle autrici italiane – ad esempio guardando le indagini di MeFu – si nota che questo settore è povero e con diritti limitati, ancor più che in altri Paesi. Quali potrebbero essere le soluzioni per rafforzare questo settore, soprattutto per autori e autrici, e arrivare a una maggiore sostenibilità economica?
Riconoscimento e regolamentazione del lavoro di chi fa fumetti, in primis attraverso equi compensi. Vorrei suonasse scontato ma ho paura non sia ancora così.
Sempre guardando a questi dati, la produzione dei fumetti segue quella dell’editoria in generale: moltissimi sono i titoli prodotti ma scarsamente pubblicizzati, sussiste un grande ricambio nelle librerie e sono pubblicati pochissimi longseller. Ci sono rischi della formazione di una bolla produttiva a un certo punto insostenibile?
Le uscite settimanali in campo fumettistico sono davvero tante. Non so quanto di questa bolla sia già in atto, considerando il poco consistente numero di lettori, soprattutto di quelli forti, su cui si può fare affidamento a lungo termine.
In termini di vendite e aumento dei lettori, il manga ha sicuramente fatto da enorme traino, essendo il comparto che è più cresciuto in assoluto. Secondo lei questo boom del manga (che a mio modo di vedere unisce un effettivo aumento di lettori all’emersione di lettori “oscuri”, quando i manga sono scomparsi dalle edicole e apparsi in libreria) fa bene al fumetto italiano, facendo da traino, o rischia di ridurre e schiacciare gli spazi per esporre anche altri tipi di opere?
Ritengo che i manga si siano ritagliati uno spazio proprio senza intaccare significativamente quello dedicato ad altri prodotti fumettistici e che anzi abbiano richiamato l’attenzione di molti nuovi lettori e lettrici. A mio avviso, i manga possono essere un ottimo entry level verso un medium, in senso ampio, che ha un linguaggio tutto suo, non sempre di facile interpretazione e al quale non tutti i lettori sono avvezzi. La larga diffusione di anime su varie piattaforme di streaming invoglia l’acquisto del corrispettivo in cartaceo, reperibile ormai anche nelle librerie generaliste a fianco di altri fumetti; sono opere che, almeno in veste di tankōbon, hanno prezzi moderatamente accessibili anche per un pubblico giovane. In più non mancano autrici e autori italiani nel reparto manga: basti pensare a Kiss It Goodbye di Ticcy o a Oneira della disegnatrice Federica Di Meo, per citarne un paio.
In questi ultimi anni la distribuzione e i formati del fumetto sono molto cambiati, spostandosi dagli albi spillati e brossurati da edicola a volumi più corposi da libreria e fumetteria. Che impatto ha avuto questo sulla diffusione e la lettura del fumetto? Se da una parte è vero che c’è più attenzione verso queste opere negli ambiti librari, è vero anche che i prezzi sono mediamente aumentati di molto e che la distribuzione delle librerie sul territorio italiano è molto varia, con grosse differenze tra Nord e Sud.
I molti formati editoriali seguono esigenze di mercato che non contemplano solo edicole e fumetterie: mettere uno spillato sugli scaffali di una libreria di catena significa perderlo in meandri di carta. Se non sai che c’è non lo troverai mai. Per i grandi bestsellers, rodati dal pubblico e dalla critica, si propongono diverse edizioni, dal pornolusso per collezionisti alla discovery edition, chiamiamole così. Confido soprattutto in queste ultime per invogliare i neofiti, incuriositi dal mondo del fumetto ma scoraggiati da lunghe saghe o da prezzi ritenuti troppo alti per investirli in una lettura che non si sa nemmeno se piacerà.
Dopo i difficili anni della pandemia, stiamo assistendo a un rifiorire di festival, alcuni con al centro proprio il fumetto, altri molto più generalisti e dispersivi, anche se in generale mi sembra che ci siano delle differenze rispetto al passato. Che ruolo hanno e avranno i festival in questo settore?
Se in alcuni festival il fumetto è affiancato, se non surclassato, da altri media, è pur vero che sono nate e/o vengono portate avanti manifestazioni specializzate (tra le più recenti, si pensi ad esempio al festival Ad occhi aperti curato dall’Associazione Culturale Hamelin). Al contempo, si parla sempre più di fumetti anche durante i festival letterari. Inoltre, stanno aumentando mostre ed eventi di settore che raccontano il fumetto a 360 gradi, non solo come prodotto di intrattenimento. Spero che questi approcci possano richiamare l’attenzione di un pubblico sempre più vasto e variegato.
Nonostante alcuni importanti progetti quali Tacotoons e Jundo Comics, oppure la neonata Zipaki, mi sembra che il fumetto digitale, soprattutto a pagamento, in Italia faccia ancor più fatica che negli altri paesi ad affermarsi. Quali sono, secondo lei, motivi?
Siamo ancora molto legati al cartaceo, sia per l’esperienza di lettura in sé sia per motivi collezionistici, componente non secondaria in questo settore. Se anche si decide di leggere in digitale, la pubblicazione fisica resta sempre molto attesa, come dimostrano le vendite di webtoon quali, ad esempio, Tower of God, Solo Leveling e B-J Alex.
Una domanda che riguarda anche la stampa e la critica. Oggi il fumetto ha una grossa diffusione, ma ci sono i canali, i tempi e le modalità per poter parlare delle opere con un occhio critico, magari severo ma attento, oppure i tempi del giornalismo e la comunicazione da social media stanno appiattendo questo tipo di lavoro? Più in generale, ci sono cose che pensa potrebbero e dovrebbero cambiare per comunicare meglio il fumetto?
Giornalismo, critica, divulgazione e influencing hanno spesso un linguaggio e un intento differenti, basta saperlo riconoscere in base alle proprie esigenze. Non credo che restare un mondo elitario, appannaggio di pochi, giovi in alcun modo. Auspico voci diverse, competenti, interessate e interessanti, che spazino, con consapevolezza, per approccio e scopo.
Chiudiamo guardando al futuro: cosa pensa che succederà nei prossimi cinque o dieci anni nel fumetto italiano? Identifica già l’emergere di nuove direzioni, idee e sviluppi?
Penso che l’interesse verso il fumetto continuerà a crescere. Il mio sogno sarebbe vederlo studiato sin dalla scuola dell’obbligo, con analisi, esercitazioni e studi storici e del linguaggio come avviene per la letteratura e la storia dell’arte, dando modo alle nuove generazioni di sperimentare in questo campo: conoscere è il primo passo per far nascere interesse.