Lo stato del fumetto in Italia: Luca Valtorta

Lo stato del fumetto in Italia: Luca Valtorta

Intervista a Luca Valtorta per il nostro approfondimento sul fumetto in Italia.

Per completezza, pubblichiamo le interviste originali di chi ci ha supportato nella realizzazione del nostro approfondimento sullo stato del fumetto in Italia a fine 2024.

Luca Valtorta

Ha studiato Lingue e Letterature Orientali all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha diretto il settimanale Musica! Rock e Altro e il mensile Repubblica XL. Attualmente lavora a Robinson, l’inserto culturale di Repubblica. Ha lavorato molti anni come giornalista freelance scrivendo tra gli altri per Focus, Sette del Corriere della Sera e Tutto Musica, di cui è stato caporedattore.
Insieme ad Alessandro Gomarasca ha scritto il libro Sol Mutante (Costa & Nolan, 1999; 2008).

Qual è, secondo lei, la tendenza principale del fumetto italiano di questi ultimi cinque anni, dovendone individuare solo una?
Ovviamente il boom dei manga che comunque non costituisce una novità in assoluto dal momento che in passato i manga sono già stati protagonisti in diverse occasioni.

Negli ultimi anni le indagini AIE hanno mostrato un vero e proprio boom dei fumetti in Italia, un segno che appare di grande salute. Al tempo stesso, se questi numeri si confrontano con il numero di copie vendute e le entrate medie degli autori e delle autrici italiane, ad esempio guardando le indagini di MeFu, si vede che questo settore è molto povero e con diritti limitati, ancor più che in altri paesi. Quali potrebbero essere le soluzioni per rafforzare questo settore, soprattutto per autori e autrici, ed arrivare a una maggiore sostenibilità economica?
Credo le stesse che in altri settori: la costituzione di un sindacato che possa rappresentare in maniera degna i diritti degli autori.

Sempre guardando a questi dati, la produzione dei fumetti segue quella dell’editoria in generale: moltissimi titoli prodotti ma scarsamente pubblicizzati, un grande ricambio nelle librerie e pochissimi longseller. Ci sono rischi della formazione di una bolla produttiva a un certo punto insostenibile?
Purtroppo sì, come per tutta l’editoria. Stiamo già vedendo in effetti da un paio d’anni numeri in discesa che al momento direi fisiologici rispetto al boom della pandemia.

In termini di vendite e aumento dei lettori, il manga ha sicuramente fatto da enorme traino, essendo il comparto che è più cresciuto in assoluto. Secondo lei questo boom del manga (che a mio modo di vedere unisce un effettivo aumento di lettori all’emersione di lettori “oscuri”, quando i manga sono scomparsi dalle edicole e apparsi in libreria) fa bene al fumetto italiano, facendo appunto da traino, o rischia di ridurre e schiacciare gli spazi per esporre anche altri tipi di opere?
Se i manga funzionano, soprattutto presso le nuove generazioni, significa che riescono a veicolare tematiche in cui queste si riconoscono. Questo non significa che bisogna accettare tutto indiscriminatamente: da questo punto di vista i media possono avere un ruolo per indirizzare verso prodotti di qualità. Questo vale anche per nuovi soggetti come gli influencer qualora privi di conflitto d’interesse. Questo è purtroppo un tema importante: come fidarsi dei giudizi se non si è indipendenti? I più giovani non hanno i mezzi etico culturali per comprendere appieno questo tema perché ci crescono in mezzo: coloro che “influenzano” dovrebbero farlo perché pensano davvero una cosa non perché vengono pagati dall’azienda che la produce.

Nel periodo precedente e durante la pandemia in Italia si è affermata una forma di racconto a fumetti incentrata sull’autobiografia, spesso nata sui social e poi trasferitasi su carta. Nel 2023-2024 questa tendenza mi sembra essersi quantomeno ridimensionata, con un maggiore spazio anche per altri generi e per autori e autrici con background diversi, soprattutto autoprodotti. Vede anche lei un certo cambiamento nelle tendenze di questi ultimissimi anni in questo senso, una maggiore differenziazione in termini di contenuti e voci?
Un po’ meno in effetti, per fortuna. In questi anni in effetti c’è stato un boom di prodotti che cercavano di monetizzare soprattutto all’interno del filone adolescenziale ma alla fine dopo la grande abbuffata ci sarà un fisiologico ridimensionamento si spera.

In questi ultimi anni la distribuzione e i formati del fumetto sono molto cambiati, spostandosi dagli albi spillati e brossurati da edicola a volumi più corposi da libreria e fumetteria. Che impatto ha avuto questo sulla diffusione e la lettura del fumetto? Se da una parte è vero che c’è più attenzione verso queste opere negli ambiti librari, è vero anche che i prezzi sono aumentati di molto in media e che la distribuzione delle librerie sul territorio italiano è molto varia, con grosse differenze tra nord e sud.
Anche in questo caso ci sarà inevitabilmente maggior selezione e si spera che sopravvivano i migliori. Ci sono poi interessanti tentativi come quelli di Gigaciao che cercano di riattualizzare la proposta da edicola.

In questo senso, un settore importante del fumetto è il fumetto per bambini e ragazzi, e questo è vero per tutto il mondo (basta guardare alle vendite dei fumetti di Dav Pilkey negli USA, per esempio). Anche in Italia le classifiche di vendita sono dominate dai fumetti per bambini, siano esse raccolte di vignette umoristiche come Pera Toons che storie più lunghe e articolate come quelle realizzate da alcuni content creator, uno su tutti Lyon. Al tempo stesso, i cambiamenti nella distribuzione di cui abbiamo parlato hanno cambiato un po’ la fruizione e l’accesso dei bambini e ragazzi a questi prodotti. Come valutate lo stato di salute del fumetto per ragazzi in Italia, anche al di fuori di quei pochi nomi di cui abbiamo parlato?
Considerando la devastante concorrenza degli smartphone per fortuna abbiamo personaggi come Pera Toons o Sio che riescono ancora a far leggere i ragazzi. Solo il fatto che abbiano in mano un libro di carta è importantissimo: una speranza che domani possano diventare lettori a tutti tondo e non solo giocatori.

Dopo i difficili anni della pandemia, stiamo assistendo a un rifiorire di festival, alcuni con al centro proprio il fumetto, altri molto più generalisti e dispersivi, anche se in generale mi sembra che ci siano delle differenze rispetto al passato. Che ruolo hanno e avranno i festival in questo settore?
Il ruolo che hanno sempre avuto i festival: una comunità che si raduna intono ai propri interessi. Se poi alcuni sono diventati un fenomeno gigantesco è solo un’attestazione di interesse. La stessa Lucca, per esempio, fa un festival più piccolo per i cultori del fumetto storico che è Lucca Collezionando, oppure esistano festival più piccoli e indirizzati a un pubblico meno mainstream. Insomma, ognuno oggi può scegliersi il suo festival e, se non esiste, può cercare di organizzarlo. Se c’è una cosa di cui abbiamo disperato bisogno è proprio la socialità.

Nonostante alcuni importanti progetti quali Tacotoons e Jundo Comics, oppure la neonata Zipaki, mi sembra che il fumetto digitale, soprattutto a pagamento, in Italia faccia ancor più fatica che negli altri paesi ad affermarsi. Quali sono, secondo lei, i motivi?
In Italia si sa, nessuno vuole pagare su Internet: si tratta di un tema che coinvolge qualsiasi servizio, compresi i giornali quotidiani.

Una domanda che riguarda anche la stampa e la critica. Oggi il fumetto ha una grossa diffusione, ma ci sono i canali, i tempi e le modalità per poter parlare delle opere con un occhio critico, magari severo ma attento, oppure i tempi del giornalismo e la comunicazione da social media stanno appiattendo questo tipo di lavoro?
Più in generale, ci sono cose che pensa potrebbero e dovrebbero cambiare per comunicare meglio il fumetto?

Ho accennato in una risposta precedente quello che, secondo me, è il problema più grave. Oggi i soggetti più ascoltati dai giovani, ovvero gli influencer, hanno un grosso problema di conflitto d’interessi. Non è colpa loro perché in qualche modo devono trovare una fonte di guadagno, ma il problema rimane: se si viene pagati da un editore per “influenzare” la critica non esiste e andrebbe anche segnalato che si tratta una forma di pubblicità. Ma è chiaro che questo non succederà perché si pensa che invece il quasi coetaneo che parla del gioco, del fumetto, del film, del libro etc. sia una voce sincera e funziona proprio per questo.

Chiudiamo guardando al futuro: cosa pensa che succederà nei prossimi cinque o dieci anni nel fumetto italiano? Identifica già l’emergere di nuove direzioni, idee e sviluppi?
Spero che il segnale tracciato da artisti come Zerocalcare lasci il segno: fumetti di qualità capaci di intrattenere il lettore e nel contempo di generare attenzione a temi importante. Ma anche naturalmente esempi come quello di Mattotti, Gipi, Igort, Fior, Bacilieri e molti altri capaci di raccontare storie e visioni con grande qualità o visionari come Filosa, feroci nel raccontare sé stessi e il mondo.

Foto di copertina a opera di Diego Figone per il Festival Internazionale del Giornalismo (fonte: https://www.festivaldelgiornalismo.com/speaker/luca-valtorta)

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