
BOB (Hollow Press, 2024), disegnato da David Genchi per la sceneggiatura di Michele Marchetti, mostra delle caratteristiche insolite già dall’esterno: il formato è lungo e stretto (sembra una versione ingigantita dei romanzi Iperborea), mentre il taglio è di un verde acido, così come i dettagli dell’inquietante copertina (che fanno pensare invece alla collana Piccoli Brividi di Mondadori). D’altra parte, già da tempo David Genchi ha fatto della stranezza, dell’horror e del weird elementi chiave della sua poetica, perfettamente in linea con l’editore Hollow Press, declinati qui in un racconto che incontra anche la fantascienza.
La trama di Michele Marchetti si pone a metà tra il romanzo di sopravvivenza, concentrato su pochi protagonisti, e il racconto delle reazioni dell’umanità alla minaccia della fine. Una gigantesca creatura aliena compare nei cieli del pianeta e le prime risposte dell’umanità sono grottesche almeno quanto verosimili: i media riportano notizie contraddittorie, i politici sfruttano la situazione per fare propaganda, mentre sui social impazzano meme e reel su questo nuovo ospite, soprannominato BOB. In altre parole, nessuno è in grado di affrontare la situazione, o anche solo di prenderla sul serio, in un torrente di informazioni che invece di far sentire la questione vicina, la allontana irrimediabilmente.
Quasi a sfregio di questa distanza data dagli schermi, il primo atto di BOB non potrebbe essere più fisico, carnale: l’alieno, emettendo uno strano verso, richiama a sé tutti gli organi genitali dell’umanità, strappandoli dai loro possessori. È solo l’inizio di un incubo, che vede coinvolti sia i tentativi degli esseri umani di sopravvivere, sia ciò che la creatura cerca di fare con la materia organica sottratta.
Il tutto viene raccontato con didascalie impersonali e fredde, rifacendosi appunto ai classici della fantascienza. Da autori consapevoli, tuttavia, Michele Marchetti e David Genchi alternano a questa prospettiva ampia, che si avvicina al racconto illustrato, un focus su tre personaggi, due ragazzi e una ragazza sulla trentina, vittime come gli altri della terribile sorte toccata all’umanità. Le loro vicende private si mescolano a quelle globali, i loro ricordi di momenti passati insieme danno un peso maggiore alla perdita che stanno subendo, così come le loro prospettive rendono più acuto il dolore per il futuro che gli viene negato.
Sarebbe un peccato spingersi oltre nel riassunto della trama, che riserva diverse sorprese. Tanti elementi di BOB, del resto, sono già presenti tra le righe dell’incipit. In queste prime pagine seguiamo i protagonisti mentre passeggiano in un cimitero e discutono le (tante) necessità di cambiamento della società e le (poche) possibilità che vedono per realizzarle. Uno dei maggiori ostacoli sarebbe l’incapacità di vedere al di là di principi che si credono immutabili: bisognerebbe riuscire a guardarli da una certa distanza per riconoscere che altro non sono se non creazioni umane con un preciso contesto storico e culturale. E che, in quanto tali, ammettono delle alternative. Parte del racconto di BOB, in effetti, sviluppa una di queste possibilità, con un cambiamento radicale dei modi di rapportarsi tra esseri umani e l’abbandono di quei principi di progresso, profitto e competizione che regolano il presente, oggetto di una critica stanca da parte dei personaggi. D’altra parte, questa direzione non è priva di ombre, nella misura in cui l’umanità ritratta dai due autori sembra non voler rinunciare al ruolo che è convinta di avere nel mondo, un’arroganza a tratti indifferente verso il resto dei viventi e che nasconde a fatica un radicato senso di superiorità difficile da abbandonare.
Del resto, “nell’uomo c’è molto”, un grande potenziale, come scopre proprio la creatura aliena, intenta a trovare un modo per rappresentarsi, forse capirsi – o, magari, solo celebrare se stessa (e non è che le cose si escludano).

I testi di Michele Marchetti si adattano bene al registro della storia, con una freddezza che lascia il giusto spazio ai terribili eventi narrati e ai disegni di David Genchi. Risultano meno efficaci, d’altra parte, alcuni dialoghi dei personaggi, dove questi sembrano esprimersi per slogan, in una retorica propria di tanti movimenti politici “dal basso”. Intendiamoci, il messaggio e il posizionamento sono condivisibili, e invitano a un pensiero critico anche chi non è d’accordo, ma in certi passaggi i protagonisti sembrano leggere frasi sentite troppe volte. Si sente il desiderio di condensare un pensiero politico complesso e urgente in poche pagine, ma questo, inserito in una storia, richiede una delicata elaborazione per rendere i dialoghi verosimili, pena il rischio di cadere nella retorica del manifesto.

Sul versante visivo, David Genchi sviluppa un’ulteriore sintesi rispetto ai suoi precedenti lavori, in grado di reggere una narrazione di ampio respiro senza rinunciare a picchi di virtuosismo in cui esprime tutta la potenza del suo immaginario body-horror. Alcune tavole sono di una bellezza terribile, capaci di suscitare a un tempo ammirazione e disgusto. In BOB il suo tratto vira verso il manga più ancora che in altri suoi fumetti, come Lo fallo perduto o La Gameti, con disegni più morbidi e meno dettagliati: si tratta di nuovo di un’esigenza dettata dalla storia, che altrimenti sarebbe risultata troppo densa graficamente per essere sviluppata nelle oltre duecento pagine che compongono il fumetto. D’altra parte, si nota una forte attenzione alla composizione della tavola, con quadri di grande impatto e un equilibrio sempre ben calibrato, un risultato per nulla scontato considerando la costante alternanza tra dialoghi e didascalie. I due autori, in questo modo, danno vita a un ritmo costante e inesorabile, guidato dai testi precisi di Marchetti per le didascalie e dalle composizioni di Genchi nelle tavole, risultando in una sorta di spaventosa cronistoria di un incubo.
Una volta chiuso, BOB mantiene un’ambivalenza strana, che non si risolve nemmeno con la postfazione di Maicol & Mirco (anzi, semmai questa ha il pregio di acuirne i punti oscuri). Lo si può leggere come uno di quei Piccoli Brividi che abbiamo citato, un fumetto horror d’evasione, eppure, come accade spesso per la letteratura sommariamente definita “popolare”, BOB è anche una terribile e affilata metafora del nostro tempo, che non si limita alla caricatura dei politici, ma si spinge a una critica profonda dei modi di fare e di pensare che stanno spingendo il pianeta al collasso. In questo, il fumetto sembra risuonare tanti discorsi attuali attorno alla crisi climatica e all’ecologica, e alle alternative che si possono trovare nel mondo che ci circonda1.
D’altra parte, la figura dell’alieno sembra deviare l’attenzione verso qualcosa su cui l’umanità non ha alcun potere, questo almeno finché l’agire di BOB non inizia a mostrare dei tratti che possiamo capire e interpretare. E se questo può suscitare una certa delusione – l’alieno è una figura più potente quando rimane imperscrutabile, completamente altro – è vero anche che in questo modo BOB somiglia a qualcosa che conosciamo e quindi ci pone delle domande. Il silenzio che sostituisce qualsiasi risposta è il vero baratro in cui ci getta il fumetto di David Genchi e Michele Marchetti, un fondo buio in cui ogni ambiguità e ogni storia, ogni mostruosità e ogni paura, trovano il loro posto, insieme a una scoperta spaventosa ed esaltante: che nell’annullamento totale non c’è solitudine, ma, finalmente, comunione.
Abbiamo parlato di:
BOB
David Genchi, Michele Marchetti
Hollow Press, 2024
240 pagine, bianco e nero – 19,00 €

- Quattro testi cui gli autori potrebbero essersi ispirati sono:
– Sheldrake M., L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi, Marsilio, 2022;
– Lowenhaupt Tsing A., Il fungo alla fine del mondo. La possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo, Keller, 2021;
– Danowski D., De Castro E.V., Esiste un mondo a venire? Saggio sulle paure della fine, Nottetempo, 2017 (c’è anche la nuova edizione del 2024);
– Kohn E., Come pensano le foreste. Per un’antropologia oltre l’umano, Nottetempo, 2021. ↩︎
