Quando le Parodie tornano a far mostra di sé sulle pagine del settimanale, il modello prevalente è quello dell’Inferno di Topolino di Guido Martina e Angelo Bioletto (che a sua volta si ispira a Topolino contro Robin Hood di Ted Osborne e Floyd Gottfredson), nel quale Topolino e Pippo sono quelli che conosciamo ma, a causa della suggestione ipnotica, si ritrovano contemporaneamente a impersonare Dante e Virgilio. Similmente, in Paperino Don Chisciotte (pubblicata nel 1956) è uno scudo lanciato dal Paradiso a causare una particolare amnesia al protagonista che si ritrova quindi a rivivere le gesta del cavaliere della Mancia; in Paperin Meschino (1958) il protagonista viene spedito nel passato da una pozione, mentre in Paperino di Münchhausen (1958) si ritrova a rivivere meta-narrativamente le avventure del celebre Barone. La formula, evidentemente, convince i lettori. Da questo momento in poi le Parodie verranno prodotte a un ritmo piuttosto serrato crescendo fino a oltrepassare le dieci all’anno. Dal punto di vista della tecnica umoristica, il meccanismo preferito sarà sempre l’espediente classico del contrario di cui parlò Luigi Pirandello nel suo saggio seminale del 1908, L’umorismo:
Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario.
Ecco che Paperino, personaggio ridicolo e contraddittorio per eccellenza, assurge a protagonista assoluto delle Parodie di questa prima fase. Per sue caratteristiche strutturali, Topolino funziona meglio come personaggio “serio” mentre il contesto farsesco e teatrale pare fatto apposta per accogliere la rumorosa banda dei Paperi.
Le tre storie che abbiamo citato poc’anzi condividono alcune caratteristiche generali: anzitutto sono tutte realizzate da Guido Martina per i disegni di Pier Lorenzo De Vita; in tutte abbiamo l’elemento caratteristico di questo sottogenere, il Viaggio Spirituale (o Parodia Con Cornice secondo la classificazione di Andrea Cannas), vale a dire l’esistenza di un escamotage che introduce il lettore a ciò che sta per vedere e motiva il cambio di scenario. La iniziale predominanza del Viaggio Spirituale rispetto ad altre varianti è dovuta forse al fatto che non si era ancora del tutto affermata la visione attuale, che vede i personaggi come dei versatili attori adatti ad ogni contesto: si temeva un loro snaturamento nel farli calare in ruoli diversi dai propri.
Le cornici di cui parla Cannas possono essere le più variegate, ma gli espedienti più comuni sono il racconto-sogno e l’incanto-invenzione. Prendiamo a esempio due storie di Luciano Bottaro.
Nella stroboscopica Paperin Furioso di Luciano Bottaro, edita nel 1966, la traslazione di Paperino in un medioevo fantastico è di natura magica ed è opera della strega Nocciola, che agisce come un dio vendicatore creando e disfacendo a piacere un isekai o “mondo alternativo” nel quale far impazzire il pigro Paperino. La sovrapposizione incubale fra Paperino e l’Orlando Furioso di ariostana memoria è in realtà un raffinatissimo gioco letterario, giacché l’Orlando è già parodia del genere cavalleresco, e il Paperin Furioso è dunque la Parodia di una parodia – nella quale abbiamo una delle più divertenti manifestazioni dell’iracondia, tratto caratteriale tipico del Paperino delle origini. Questa sovrapposizione rappresenta il principale meccanismo umoristico, assieme ai numerosi cortocircuiti narrativi, come i frequentissimi e destabilizzanti anacronismi che caratterizzano tutta questa prima fase.
Un altro esempio illustre di Parodia Con Cornice è Paperino e la nipote del Corsaro Nero di Bottaro, nella quale il Viaggio Spirituale avviene per mezzo di una combinazione di sogno (nella parte iniziale della storia, Paperino sull’amaca sogna di essere il Corsaro Nero e di duellare con il nemico Van Gold) e invenzione (in questo caso una macchina del tempo ideata da Archimede che trasporta Paperino proprio nell’epoca da lui poco prima sognata).
Alla tipologia del Viaggio Spirituale per mezzo di racconto è possibile ascrivere la meravigliosa Il dottor Paperus del 1958, la quale si sostanzia in una storia narrata da Paperino ai nipotini in merito a un illustre antenato, l’alchimista Paperus, evidente paperizzazione del dottor Faust. Questa è la Parodia in cui possiamo assistere a un primo importante cambio di tono rispetto all’egemonia dell’umorismo farsesco di stampo martiniano: si tratta di una Parodia “low humour”, antenato delle attuali.
Per tutti gli anni ’50 era stato Guido Martina ad alimentare il genere (se ne allontanerà nel decennio successivo); in questo periodo, l’unico autore a spezzarne il monopolio fu proprio Bottaro, da poco approdato in Mondadori come disegnatore ma che si dimostrò presto validissimo sceneggiatore. Le loro scritture non potrebbero essere più diverse.
Il Martina degli anni d’oro ha una scrittura vulcanica, travolgente, a tratti surreale. È a tutti gli effetti una scheggia impazzita, capace di seguire con accettabile grado di fedeltà le vicende originarie (come in Paperino e il conte di Montecristo), di reinterpretarle argutamente (Paperiade e Paperodissea, che vedremo tra poco) e di partire per viaggi lisergici cui si fa fatica a star dietro, in cui si stenta a riconoscere i legami fra la Parodia e l’oggetto parodiato (Paperino e l’anello dei Nani Lunghi, El Kid Pampeador).
La evidente differenza di sensibilità fa sì che Il dottor Paperus spicchi fra gli altri prodotti dell’epoca fino a diventare una delle storie Disney più celebri in assoluto. È la prima tragedia classica adattata in chiave disneyana ed è anche la prima, violenta dimostrazione della duttilità dei suoi protagonisti, di base umoristici ma capaci di calarsi con naturalezza in ruoli drammatici, apparentemente lontani dalla loro natura.
Come nel dramma di Goethe, anche qui il dottore è una figura di rilievo, uomo apprezzato dai propri concittadini ma al tempo stesso roso da un rovello che lo tormenta:
- nel testo originario, l’ossessiva ricerca della conoscenza e la delusione per la mortalità dell’esistenza;
- in Bottaro, la ricerca di un filtro della pace e, ugualmente, il problema della finitudine dell’esistenza che potrebbe non consentirgli di arrivare all’agognato traguardo.
Altri elementi presi “di peso” dal testo in versi di Goethe sono ad esempio la preparazione del filtro (in questo caso, realizzato dalla strega Nocciola), che richiama molto da vicino quanto narrato nella famosa scena della Cucina della Strega con i due finali praticamente identici, sebbene quello del fumetto, incredibile a dirsi, sia ancora più tragico e malinconico. Nel dramma, il patto con Mefistofele sarà valido finché Faust non pronuncerà la frase “fermati, sei bello”, segno del raggiungimento della piena soddisfazione su questa terra e il diavolo potrà prendere la sua anima. Non riuscirà però a reclamarla e dovrà lasciarla salire in cielo perché il dottore si è sempre impegnato ad aiutare gli altri. Similmente Paperus viene trascinato all’Inferno appena dichiara che la pace nelle sue terre rappresenta il giorno più bello, ma subito rispedito sulla terra perché essendo lui troppo buono, guasterebbe tutti i dannati. Ciò che rende unica questa Parodia è il suo splendido equilibrio tra tragedia e umorismo, grazie alla quale l’opera riesca a toccare temi come l’amore, la vecchiaia, la morte, ma mantenendo comunque la leggerezza di fondo che si richiede a una storia dei Paperi.
Storicamente parlando, le Parodie del tipo Viaggio Spirituale sono andate facendosi via via più rare sulle pagine di Topolino. Tuttavia, anche in tempi non troppo remoti abbiamo avuto illustri esponenti del sottogenere come Sandopaper e la perla di Labuan (1976) e Il mistero dei candelabri (1989): in entrambi i casi abbiamo i magistrali disegni di Giovan Battista Carpi (nel primo coadiuvato ai testi da Michele Gazzarri), in entrambi i casi un personaggio che racconta, con la struttura a scatole cinesi o, appunto, a cornice. In Sandopaper l’umorismo incontenibile e il calembour si mescolano con sapienza alla malinconia legata alla figura di uno Yanez anziano e solitario. Del Mistero dei candelabri parleremo invece prossimamente.
Oltre al Viaggio Spirituale si afferma un secondo tipo di Parodia, la Parodia “in Tempo Reale” che abbiamo già visto in America negli anni ’30. Uno degli esempi migliori che possiamo fare di Tempo Reale è la già citata Paperiade di Martina e Bottaro (stavolta solo ai disegni), evidente riscrittura dell’Iliade che viene però ambientata e per certi versi aggiornata al tempo presente.
Ci troviamo nel 1959, dieci anni dopo L’Inferno di Topolino e un anno dopo la pubblicazione de Il dottor Paperus. Il motore dell’“epica” vicenda è il ratto di una “dama” che risulterà essere una scacchiera magica in grado di moltiplicare il riso. Il riferimento è colto e rimanda alla famosissima leggenda di Nissa Sassir e re Krusraw; in effetti, questa Parodia più di molte altre utilizza l’alternanza dei registri per evocare il riso in maniera simile a quanto avveniva ne L’Inferno. Testi in alfabeto greco antico, poemetti in sestina narrativa, calembour, riferimenti colti, equivoci linguistici e una epicità destinata ad essere perennemente disinnescata dalle avversità del Fato sono gli ingredienti di questa storia, divertente e scatenatissima.
Come già per i modelli originari, anche questo “poema” troverà il proprio seguito in una Paperodissea (Martina – De Vita) che insieme appartiene e non appartiene al sub-genere Tempo Reale, poiché le vicende dei Paperi richiamanti le vicissitudini del prode Ulisse sono ambientate non nel presente bensì in un ipotetico “far west”, risultando essere una Parodia dal doppio (se non triplo) registro temporale.
In queste storie i personaggi Disney sono quelli che conosciamo, con le loro caratteristiche: la rete di relazioni e le vicende prendono corpo nel loro Tempo di appartenenza (o in uno molto vicino). Esse ricalcano o si ispirano pesantemente alle vicende dell’opera parodiata ma possono essere viste – e di fatto lo sono – anche come delle normali avventure degli abitanti di Paperopoli e Topolinia.
Anche il Tempo Reale, come il Viaggio Spirituale, va incontro a un lento declino, negli anni l’approccio basato sui personaggi “contemporanei” diverrà sempre più raro. Ultimi esponenti di questo sub-genere risalgono agli anni ‘60 e ‘70.
Nel 1967 abbiamo una tripletta di storie di altissima qualità: Paperopoli liberata di Martina e Carpi, che sposta la vicenda narrata nel poema Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso in un presente nel quale la città del Calisota viene “conquistata” dai Bassotti e Gambadilegno; dello stesso anno è Paperin Fracassa di Martina e Romano Scarpa, che omaggia il celebre romanzo d’appendice francese Il Capitan Fracassa di Théophile Gautier; e per finire la delirante La giovinezza di Paperone: Il romanzo di un papero povero, sempre di Martina e Carpi, magnifica ma oggi irricevibile per molte ragioni, che riscrive Il romanzo di un giovane povero di Octave Feuillet. Del 1972 è invece Paperino Otello, di Gian Giacomo Dalmasso e Giorgio Bordini.
L’ultima storia “unica” è Tre paperi in barca (per tacer del gatto) di Martina e Giancarlo Gatti del 1976, in cui viene parodiato il bellissimo romanzo umoristico di Jerome K. Jerome, mentre nel 1978 prenderà l’avvio la lisergica serie di Paperin-Tarzan, sempre di Martina coadiuvato ai disegni da vari artisti, tra cui Carpi e Giorgio Cavazzano. Il ciclo, comprendente ben otto avventure, si conclude con una certa stanchezza nel 1981. Il filo delle Parodie in Tempo Reale andrà decadendo sempre più, concedendosi qualche sporadico ritorno in auge come nella serie della Famiglia Paperaddams di Nino Russo, Corrado Mastantuono e Enrico Faccini (1993-1996), in cui l’elemento umoristico è tutto giocato sul contrasto fra i caratteri dei protagonisti Disney e quello delle loro controparti televisive (gustosissimi e stranianti i siparietti amorosi fra il sosia di Zio Paperone e Brigitta-Morticia).
È interessante notare come, nel corso di questi pochi decenni, mutando la considerazione che il grande pubblico aveva dei personaggi Disney sia andata mutando anche la struttura portante di queste Parodie: come se, man mano che questi divenivano via via più popolari, superando in fama i propri modelli letterari, dovessero essere le opere parodiate a “parassitare”, ad appoggiarsi al parodiante, e non viceversa. Il mondo Disney si stava trasformando in mitologia di primo livello: non era più necessario offrire una spiegazione o una giustificazione dietro la rappresentazione di vicende ambientate nel passato o in un altrove di ispirazione letteraria o cinematografica. Si afferma, e per molto tempo sarà il tipo dominante, un terzo tipo di Parodia, la Storia in Costume.
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