RAT-MAN
Una questione di famiglia
Per il nostro Rat-Man, come musica, metterei Run free di Zimmer, tratta dal film The spirit (quello con il cavallo, non la cosa terrificante di Miller): ho sempre pensato a quella musica per una carrellata di tutta la sua storia, fino al finale epico, con echi della leggenda che si perdono nella notte…
Come film, sceglierei il momento, ne Il ritorno del re, quando i cavalieri devono attaccare e c’è il discorso del Re Theoden. Che il finale è così, come quella carica disperata e al tempo stesso impressionante, contro un nemico più forte e vada come vada, nessuno si tira indietro, nemmeno l’autore.
Leo Ortolani
Spirit Stallion of the Cimmaron Soundtrack (Hans Zimmer, 2002)
Discorso di Re Theoden da Il Ritorno del Re – Return of the King (Peter Jackson, 2003)
Come ogni grande narrazione epica, anche Rat-Man, la saga creata (e scritta, matitata e inkiostrata) da Leo Ortolani, è in fondo una storia sulla famiglia. Ma lo si scopre e lo si capisce solo alla fine, scorrendo le pagine del numero 122, Quando tutto finisce. Ed è proprio in quel momento, quando le vicende evolvono verso la necessaria conclusione che tu, lettore pluriventennale di quest’opera, comprendi che la narrazione umana è corale e che la famiglia ne è l’esempio, la motivazione e la guida.
Famiglie assenti, troppo presenti, distrutte, strane, colorate, preistoriche o fantascientifiche, non importa. Dal Signore degli Anelli ai Flinstones, dai Maestri dell’Orzo ai Buddenbrok a Star Wars, dalla Bibbia alla Bhagavadgītā, è la discendenza, il legame di sangue, che genera la narrazione. Perché da quel legame, da quell’eredità a volte scomoda e pesante, da quella predestinazione, si generano le motivazioni che ci muovono e si manifestano le nostre paure e il nostro coraggio.
Rat-Man è allora una storia fra le più classiche mai viste nei fumetti: la lotta fra la luce e il buio la pervade e la tensione dell’umanità verso il “lato oscuro” è il leit motiv che ci ha accompagnato per quasi tutta la durata del racconto. “Io sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente compie il bene” scriveva Bulgakov in epigrafe al suo Il maestro e Margherita citando il Faust di Gohete e in questa frase, che sembra un ritratto perfetto dell’animo umano (considerandola anche al contrario), possiamo ritrovare tutte le motivazioni di Rat-Man personaggio e del suo contraltare/specchio e padre, Janus Valker.
Una questione umana e dunque di famiglia. Una questione privata fra l’uomo (il topo, la scimmia) e il suo animo. Fra lui e suo padre, lui e la donna di cui è innamorato, lui e sua figlia. Una questione, un tendenzioso, una tribolazione dialettica fra Rat-Man e la sua Ombra (che in questo caso specifico è incarnata da Tòpin, “l’ombra” di Rat-Man anche metaforicamente, essendo apparso nella serie come suo sidekick).
Alla fine non c’è altro (e non che sia poco, intendiamoci). La saga finale raccontata negli ultimi dieci numeri della serie è una grande narrazione corale, tutti hanno un ruolo importante e un trattamento di riguardo, tutta la famiglia che Ortolani e il topo hanno creato in questi anni viene messa in gioco, tutti contribuiscono e fanno la loro parte, proprio come dovrebbe essere in una famiglia. Ortolani, il Dio Dei Suoi Fumetti, la grande mano che muove gomma e matita sul foglio, orchestra alla perfezione e con grande maestria questa tragedia a lieto fine (ma d’altronde, come disse anche Garth Ennis sul suo Preacher: “Come vi sareste aspettati che finisse se non così?”) svelandoci che anche Rat-Man ha un superpotere: lui può sentire le voci della gente, le loro richieste d’aiuto e, a quanto pare, l’unica richiesta che non ha mai sentito in tutti questi anni era proprio quella di sua figlia.
Il conflitto nasce esattamente lì, nel sangue, in un legame indissolubile di colpe, rimorsi, perdono e amore che crea la vita e in questo caso La Storia.
In tutto questo poi, ovviamente, c’è Rat-Man. Il Fantozzi del 2000, l’essere che incarna tutto ciò che di peggiore e stupido siamo noi umani e che ha però, come un eroe d’altri tempi, costanza e tenacia che gli permettono, anche quando non crede in sé stesso, di credere nel mondo e nel forte sentimento che tiene unito ciò che esiste.
Non c’è molto allora altro da dire su Rat-Man in quest’ultimo appuntamento con la colonna sonora della sua fine. Perché Rat-Man è ovviamente descritto in ogni numero della serie che porta il suo nome e ancora di più lo si ritrova e incontra in tutti gli altri comprimari che lo hanno accompagnato lungo la saga. Aima, Brakko, Cinzia, Krik, Padre Angelini, Valker e Arcibaldo, Clara e Brakkino, Tòpin e tutti gli altri, fino ad arrivare alle sue componenti più intime: Ik e Il Rat-Man. Una grande cena di famiglia ci ha accompagnato in questi vent’anni e, come può capitare a queste riunioni forzate tra consanguinei, non ne saremo usciti totalmente illesi forse, ma con più esperienza sì. Brindiamo dunque: la serie è finita, andate in pace.