Cosa vuoi che sia una recensione: Alberto Brambilla

Cosa vuoi che sia una recensione: Alberto Brambilla

Forme, sfide e senso delle recensioni secondo chi le scrive: oggi è il turno di Alberto Brambilla.

Alberto Brambilla ha coltivato con assiduità la sua passione per il fumetto sbocciata nell’infanzia. Asterix, Topolino, i Peanuts, Bonvi, Dylan Dog sono solo alcuni fra i suoi grandi amori, che frequenta ancora assiduamente dopo decenni di letture. Trasformando la sua passione in professione, ha trovato il modo di restare vicino ai suoi fumetti.

Che senso ha per te scrivere una recensione, quali sono le tue motivazioni e i tuoi obiettivi?
Sai che non ci ho mai pensato? Direi che ci sono varie motivazioni dietro le mie recensioni, in dosi diverse volta per volta.
A volte c’è semplicemente il desiderio di urlare al mondo che un fumetto che ho letto è molto interessante, o al contrario sbattergli in faccia che ha un sacco di difetti, anche se magari nessuno sembra accorgersene. Altre volte è quasi abitudine: ad esempio, ormai mi occupo regolarmente di ogni uscita di Pk o Lucky Luke, quindi mi sento in dovere di portare avanti il discorso quando esce una nuova storia. Altre ancora mi viene semplicemente chiesto dalla redazione di coprire un titolo perché sono, secondo loro, il più adatto a farlo e io da bravo soldatino ubbidisco quasi sempre.
Infine, sicuramente, influisce l’ego. Ci sono casi in cui mi sembra di poter dire qualcosa di estremamente intelligente – che di solito non è, ma mi illudo – e quindi sento il bisogno di scriverlo perché delle mie intuizioni geniali non goda soltanto quella sventurata di mia moglie.

Alberto Brambilla ha scritto molto su Asterix e i suoi creatori; ad esempio: 60 anni di Asterix, tra botte, romani e pozioni magiche.

Dai tuoi riscontri e discussioni, quale è secondo te il maggior fraintendimento intorno alle recensioni?
Sicuramente che dietro le stroncature ci sia rancore, cattiveria o acredine personale, cosa che ovviamente non è. Non ho alcun interesse a danneggiare qualcuno, a farlo arrabbiare, a scrivere che il suo lavoro fa schifo: la mia vita non ne ha particolari benefici. Non sopporto però l’ipocrisia tipica del nostro micromondo per cui se un titolo non è buono è meglio tacere.
Vi confesso un segreto, se stronco un fumetto non è mai per astio nei confronti di qualcuno, ma solo perché fa schifo. Al massimo, se sono particolarmente acido, è per un distorto senso di giustizia: una delle cose che mi fa incattivire è quando qualcosa che non merita viene unanimemente incensato per motivi che non c’entrano con la qualità del prodotto. Ma anche lì, non è mai un attacco a chi l’ha realizzato, piuttosto alle mandrie che non hanno coraggio di ammettere la verità.

Leggi molto altro oltre a ciò di cui scrivi: come scegli che cosa recensire? E il tuo approccio a un fumetto da recensire è diverso da quello che segui quando non pensi di recensirlo? Ovvero, esiste un “leggere per leggere” distinto da un “leggere per recensire”?
Leggo molto di più, ovviamente, ma purtroppo sempre troppo poco rispetto a quello che vorrei. La scelta dei titoli da recensire è semplice, ne ho già accennato sopra: quelli più nelle mie corde, quelli che mi sono piaciuti di più o di meno, i miei feticismi o le opere che mi viene chiesto di recensire dalla redazione.
Ovviamente la lettura per recensione è diversa da quella per piacere. O meglio, è diversa nella rilettura, perché i titoli su cui devo scrivere vengono riletti sempre almeno due volte. Solitamente cerco anche di leggere o rileggere altri titoli “vicini”, come episodi precedenti della serie o altre opere dell’autore, per cercare di individuare riferimenti, segnali di stile, tic, temi che ritornano e tutte quelle cose di cui parlano solitamente i critici più bravi di me.
Infine guardo sempre gli articoli che sono già usciti sull’argomento per farmi un’idea di cosa pensano gli altri: un insegnamento che mi ha passato il mio prof di lettere al liceo e che tengo sempre a mente è che, quando scrivi un articolo, devi sempre metterci dentro almeno un’idea originale, un punto di vista personale, qualcosa che nessuno ha mai scritto, altrimenti il tuo lavoro non ha senso. L’obiettivo di queste letture esterne e riletture del fumetto è proprio la ricerca di questo granello di originalità che fa sì che il mio articolo non siano bit buttati.

Nel tempo, il modo in cui affronti una recensione è cambiato? Se sì, in che cosa e perché?
Non saprei. Forse più che cambiare radicalmente si è affinato. Anche solo scrivere molto di più e leggere molto di più mi hanno dato più fiducia nelle mie opinioni. Ecco, quello che potrebbe essere cambiato è la mia “voce” da recensore: dopo 6 anni di articoli e 25 di letture mi sento sicuramente più sicuro nell’esprimere le mie opinioni. Credo di iniziare ad avere un’esperienza accettabile come lettore e recensore perché quello che scrivo abbia una certa “autorevolezza” (passatemi il termine, non sarò mai Spinazzola) e procedo sicuramente più tranquillo.
Penso che lo si veda scorrendo l’elenco dei miei articoli: le recensioni sono diventate più frequenti, mentre all’inizio preferivo gli approfondimenti storici, perché lasciavano meno spazio per le mie opinioni personali.

È più difficile scrivere di fumetti imperfetti/mal riusciti o di fumetti ben riusciti, senza particolari difetti?
Direi che il livello di difficoltà è simile ma per motivi diversissimi.
Penso che scrivere di un fumetto brutto sia facile se vuoi fermarti alla stroncatura feroce e non approfondita, fare il tiro al piccione, cosa che mi vanto di non aver mai fatto. La difficoltà in questi casi sta nel motivare saldamente la tua tesi, spiegare per filo e per segno perché quel fumetto è brutto senza passarci sopra acriticamente con il bulldozer. A quel punto ti sono concesse tutte le stoccate che vuoi, ma solo se sei davvero inattaccabile.
La difficoltà di scrivere di fumetti senza difetti ma che non sono capolavori, sta invece nel trovare quel granello di originalità di cui scrivevo sopra. Le recensioni riassumibili in un “buon fumetto, ma ho letto di meglio” sono un vero casino, mi domando sempre perché scriverle. Quello che si dovrebbe fare è dare un approfondimento in più o utilizzarle come spunto per una riflessione più ampia, non tanto per nobilitare l’opera in sé, piuttosto per dare un senso a quel che si scrive.

Alberto Brambilla

Nato a Milano nel 1987, laureato in Storia della lingua italiana, inizia a collaborare nel 2008 con la Fondazione Franco Fossati, che tre anni dopo inaugura a Milano WOW Spazio Fumetto, dove Alberto lavora fino al 2019 curando la maggior parte delle mostre e degli eventi. Collabora e ha collaborato con varie testate e case editrici, con Adriano Carnevali, creatore dei Ronfi, e con Fumettologica, per cui dal 2013 a oggi ha firmato oltre 150 articoli.

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