Perché un pezzo si guadagni la pubblicazione sul sito de lospaziobianco, prima si confronta con l'intera redazione sul forum e poi viene messo nelle mani dei revisori, che lo leggono armati di matitone rosso e blu e bianchetto. Angela Pansini in tempi non sospetti dichiarò che revisionare pezzi è una delle attività con le quali si trova più a proprio agio, quindi le abbiamo chiesto come funziona questo famigerato passo di editing.
In che cosa consiste una revisione stilistico/formale? Quali sono i suoi obiettivi e perché pensi sia importante?
Il mio primo obiettivo, quando revisiono un pezzo, rimane quello di non alterare in alcun modo il suo contenuto e rimanere fedele allo stile della sua autrice o del suo autore. Le mie correzioni sono minime, solitamente sul piano formale e sintattico e, in caso di dubbi, mi consulto con chi lo ha redatto per giungere alla soluzione ottimale. Tranne rare eccezioni, ho sempre trovato il mio lavoro piuttosto semplice – almeno ne Lo Spazio Bianco – perché tutte le recensioni, gli approfondimenti, le interviste vengono prima letti e discussi all'interno della redazione; quindi quello che ritrovo sullo schermo del mio computer è di solito già un buon prodotto che necessita solo di qualche miglioria o della correzione di alcuni refusi.Il mio motto è “le parole sono importanti”; credo quindi che un contenuto – si spera buono o quanto meno nella media – se esposto nel miglior modo possibile sia un gesto di riguardo anche nei confronti del lettore che ne fruisce… oltre che della lingua italiana!
Le revisioni di forma non sono una formalità. Tenuto conto che ogni pezzo si confronta prima con un editing dei contenuti, non c'è il rischio di omogeneizzare gli stili di scrittura, sacrificando l'individualità dei recensori?Ho sempre pensato che ogni bravo autore abbia uno stile peculiare e, nel caso delle recensioni, delle idee precise che vuol portare avanti e questo è ciò che emerge sempre in ciascun contenuto che mi trovo a revisionare (sempre al netto di poche eccezioni). D'altro canto, il lavoro di un bravo revisore consiste proprio nel non omologare al proprio stile quello delle autrici e degli autori sui cui testi si trova a lavorare. In fin dei conti, quello fra autori e revisori dovrebbe essere un lavoro sinergico, nel quale entrambi si impegnano a dare il meglio: gli autori a scrivere nel miglior modo possibile, sul piano formale e dei contenuti, facendo sempre emergere con forza stile e idee, e ad avere rispetto per il lavoro successivo di proofreading, evitando sciatteria e noncuranza. I revisori dovrebbero, dal canto loro, rispettare il prodotto degli autori ma senza lasciarsi contagiare da una sorta di timore reverenziale nei riguardi dell'altro e facendo sentire chiaramente la propria voce là dove ritengono che un lavoro di correzione magari più energico debba essere apportato per il bene del prodotto finale.
Quali sono le tue maggiori soddisfazioni e frustrazioni nel revisionare un pezzo?
Il lavoro di correzione mi dà soddisfazione in quanto tale. È una cosa che ho iniziato a fare nel 2003 presso un giornale della mia città con cui collaboravo e ho capito sin da subito che era il modo migliore per me di mettere a frutto il mio amore per la lingua italiana e la mia innata puntigliosità, che – direi purtroppo – viene fuori anche in ben altri ambiti della vita.Le frustrazioni maggiori me le hanno sempre date pezzi presentati in modo formalmente sciatto, totalmente sgrammaticato e l'incapacità degli autori di accettare un suggerimento o una correzione. Mi sono capitati anche autori che finivano per pubblicare un articolo non tenendo conto delle correzioni, evidentemente ritenendosi dei novelli Umberto Eco. E pensare che perfino Eco aveva chi gli revisionava i libri…
Fra le tue tante attività, tu sei animatrice anche del Club del Libro di Bari: che differenza trovi fra proporre narrativa scritta e proporre narrativa a fumetti? C'è qualche differenza importante nel modo nel quale i lettori partecipano nei due casi?
In realtà, oltre a coordinare un Club del Libro partecipo anche a un gruppo di lettura sul fumetto: il primo è nato nove anni fa, il secondo solo due; uno è ancora oggi un bel successo di fruitori, il secondo è stata un'esperienza fallimentare. I libri sono qualcosa di più generalista, di più facilmente reperibile, economicamente più accessibile e che si presta meglio alla discussione. Per i fumetti il discorso cambia. Il gruppo di lettura del fumetto è stato proposto in un contesto che potenzialmente avrebbe dovuto attrarre gente interessata e invece abbiamo avuto una scarsissima partecipazione di pubblico e perfino incontri andati deserti. Probabilmente il motivo è che i fumetti – e parlo non di fumetti seriali, ma di quelle che chiamiamo per comodità graphic novel – hanno spesso costi elevati e difficilmente un volume a fumetti, magari un cartonato, dopo una lettura non risultata di proprio gusto finisce al mercatino dell'usato come magari succederebbe a un libro; costi, stili di disegno, capacità e impegno che la lettura di un fumetto richiedono sono forse le ragioni che fanno desistere da un acquisto a scatola chiusa solo per il gusto di partecipare a un gruppo di lettura. O magari il problema è solo che a Bari c'è un sacco di gente molto pigra!
Angela Pansini
Nata a Molfetta, classe 1981. È laureata in Editoria e Giornalismo con una tesi sulla Storia del fumetto italiano e in Scienze dello Spettacolo con un elaborato sulle colonne sonore di Ennio Morricone nel cinema di Elio Petri e Sergio Leone. A partire dal 2003 ha militato per 10 anni come giornalista pubblicista nella stampa locale, prima di approdare alla critica fumettistica con Temperamente (2011), Lo Spazio Bianco (2014), Fumo di China (2018). Dal 2008 lavora nell'ambito dell'assistenza clienti per una società operante nel settore delle telecomunicazioni. Ha lavorato anche come editor freelance e come organizzatrice di eventi legati al mondo dell'editoria libraria. Nel 2011 ha fondato e tuttora coordina il Club del Libro di Bari.