Cosa vuoi che sia una recensione: Marco “Agzaroth” Fregoso

Cosa vuoi che sia una recensione: Marco “Agzaroth” Fregoso

Scrivere recensioni secondo i migliori recensori: oggi è il turno di Marco "Agzaroth" Fregoso (La Tana dei Goblin).

Personaggio di spicco nel mondo del gioco da tavolo italiano, Marco “Agzaroth” Fregoso è famoso per la sua sensibilità alle meccaniche di gioco, il rigore delle sue analisi e le sue magliette. Si divide fra la cura editoriale del sito della Tana dei Goblin, la serie di interviste ai creatori e studiosi di giochi (The Goblin Show) sul canale youtube della Tana dei Goblin e le partecipazioni al podcast Radio Goblin.
Come hobby ha una famiglia e un lavoro.

Recensire gioielli: Agzaroth, The Great Zimbabwe: il capolavoro.

Che senso ha per te scrivere una recensione, quali sono le tue motivazioni e i tuoi obiettivi?
Più che i propri obiettivi, occorrerebbe chiedersi “per chi” si sta scrivendo. E la mia risposta non può che essere per i giocatori. Il giocatore deve essere il fine ultimo della tua recensione, l’utenza, il fruitore potenziale del gioco che stai recensendo.
Se, mentre scrivi, il tuo pensiero va all’autore che ami o odi, o a quello che è tuo amico e che non vuoi inimicarti, o che ti sta antipatico e vuoi colpire, se va alla casa editrice che non vuoi indispettire, o a quella che ti sta mandando la scatola, o a te stesso e a ciò che potresti perdere o guadagnare da una recensione, in tutti questi casi, stai sbagliando qualcosa.
La recensione la devi scrivere per colui che ha sentito il nome di un gioco e vuole un parere tecnico, vuole sapere “com’è” effettivamente il gioco, per colui che deve decidere se spendere o no i soldi che si è guadagnato, in che cosa spenderli, se è un gioco adatto a lui o no, se in quel preciso segmento è valido o no.

Dai tuoi riscontri e discussioni, quale è secondo te il maggior fraintendimento intorno alle recensioni?
Il non sapere cosa sia una recensione. Una recensione non è un report, quindi non è un racconto di quel che è successo a te e ai tuoi amici al tavolo. Non solo le tue sensazioni, non parla del tuo divertimento o altre cose. Come ha detto un recensore ben più preparato di me, la recensione può essere equiparata a un saggio, non a un racconto. Se pensiamo che molti ancora confondono una recensione con un’anteprima (quindi con qualcosa scritto senza ancora aver giocato) o con un report di una serata, o ancora con una mezza frase buttata su Facebook, si capisce che di strada da fare ce n’è molta.
Una recensione è un’analisi tecnica, prima di tutto. Per fare la quale, devi non solo conoscere la parte tecnica dei giochi in generale, ma anche riconoscerla nel singolo gioco che stai analizzando. Fare una recensione è qualcosa che deriva da almeno tre fattori principali: conoscenza (della teoria); esperienza (quindi aver giocato molto e molti giochi); sensibilità individuale (ovvero la capacità di applicare conoscenza ed esperienza al gioco che stai analizzando).

Gemme impreviste: Agzaroth, The Crew: imprecazioni collaborative.

Giochi a molto altro oltre a ciò di cui scrivi: come scegli dunque che cosa recensire? E il tuo approccio a un gioco di cui scrivere è diverso da quello che segui quando non pensi di recensirlo? Ovvero, esiste un “giocare per giocare” distinto da un “giocare per recensire”?
Giocare per giocare, così come giocare per divertirsi, sono espressioni tautologiche, che a conti fatti hanno poco senso. Nessuno gioca “per non giocare” o “per non divertirsi”. Però sì, giocare per recensire è decisamente diverso dal giocare a mente libera. Il che non significa che uno non si stia impegnando o non si stia divertendo, semplicemente lo fa in un altro modo. Non c’è un modo giusto di giocare, ma devi saper qual è il tuo fine. Se non hai velleità da recensore, nessuno verrà mai a sindacare il tuo approccio più spensierato. I problemi sorgono sempre quando qualcuno con questo approccio pretende poi di fare una recensione o che il suo parere scanzonato e superficiale sia messo sullo stesso piano di una recensione. Capisco che vada molto di modo l’idea che “uno vale uno” e che “i gusti son gusti”, ma se la prima è un’espressione palesemente falsa, la seconda manca proprio il bersaglio, perché una recensione non parla di gusti.
Giocare per recensire significa stare attenti, pensare e analizzare tutta una serie di fattori e aspetti che, necessariamente, vengono trascurati da chi gioca e basta. E per fare questo devi anche avere a monte gli strumenti teorici per coglierli, questi elementi. Esprimere un’opinione informata con una recensione è una cosa diversa dall’esprimere un gusto personale.

Nel tempo, il modo in cui affronti una recensione è cambiato? Se sì, in che cosa e perché?
Lo schema mentale che mi sono fatto all’inizio, bene o male è valido ancora oggi. Però l’ho continuamente aggiornato e modificato in base alle conoscenze che man mano acquisivo e all’esperienza fatta. Soprattutto si è progressivamente adattato ai diversi generi affrontati, perché non puoi aver la pretesa di tenere dei parametri fissi e identici quando giudichi un party game, un family, un gioco narrativo-esperienziale, un german, un american, un wargame, ecc.
Anche la forma esteriore si è modificata nel tempo e se una volta tendevo ad organizzare il testo secondo una suddivisione molto rigida e schematica, ora tendo a dividerlo in macro capitoli ponendo l’accento su quello che più colpisce del gioco e lo caratterizza, nel bene e nel male.

Idee brillanti e implementazioni titubanti: Agzaroth, Rurik: l’idea e la realizzazione.

È più difficile scrivere di giochi imperfetti/mal riusciti o di giochi ben riusciti, senza particolari difetti?
Scrivere di giochi perfetti è comunque difficile, perché rischi di lasciarti trasportare dall’entusiasmo e non identificare il perché siano validi. Rischi insomma di parlare più della tua esperienza col gioco, invece che del gioco stesso.
Per i giochi mal riusciti invece i problemi sono di altra natura. Spesso sento dire che un recensore non recensisce un gioco fatto male perché non è pagato, non vuole perdere il suo tempo a giocare cose che non gli piacciono, ecc. Sono tutte motivazioni capibili e condivisibili. Tuttavia io penso che il recensore abbia una responsabilità e la sua responsabilità è tanto più grande quanto meno apprezza un gioco. Io personalmente lo sento come dovere verso l’utenza (qui mi riallaccio alla prima domanda), l’approfondire un gioco fatto male, capire il perché e scriverlo per farlo sapere a chi legge. Questo è faticoso, sia mentre lo fai, che soprattutto dopo, perché una recensione negativa attira molte più discussioni, contestazioni e hater di una positiva.
E quando parlo di responsabilità, mi riferisco anche al voto, che rende molto meno ambigua una recensione, positiva o negativa che sia. Anche in questo caso, per me una recensione deve avere un voto. Il voto non è solo un’assunzione di precisa responsabilità da parte del recensore, ma anche un atto di onestà verso l’utenza. Ha i suoi risvolti negativi, perché rischia di catalizzare troppo l’attenzione rispetto al testo, ma penso che debba comunque essere fatto.
Quindi, per tornare alla tua domanda, è molto più difficile scrivere di giochi imperfetti e il numero di recensioni sempre positive ed entusiaste che leggi in giro direi che lo prova abbastanza chiaramente.

Marco “Agzaroth” Fregoso

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Recensione in corso? Sullo sfondo, fanno bella mostra di sé Gloomhaven e Dead of Winter.

Nasce ludicamente con HeroQuest, ma nella parentesi adolescenziale abbandona il gioco per dedicarsi ad altra attività ludica con materiale umano.
La scoperta della Tana dei Goblin arriva all’inizio del nuovo millennio e con essa l’immersione in un mondo nuovo e sconosciuto: i giochi da tavolo moderni. Da allora divora di tutto, dai german agli american, dai party games ai wargames, dai family a i filler. Per la Tana scrive articoli e recensioni e ne è attualmente caporedattore; è membro della redazione della rivista ioGioco e collabora saltuariamente con ILSA e i canali youtube TG Goblin e Recensioni Minute.

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