Se oggi, in qualunque luogo del pianeta, si chiedesse a chiunque se conosca la Marvel Comics, credo che non ci sarebbe nessun dubbio su una risposta affermativa. Con l’esplosione dell’MCU, la Casa delle Idee e i suoi personaggi sono diventati fenomeno pop dominante. E penso che nessuno dei fan del nuovo millennio crederebbe possibile che, poco meno di 20 anni fa, la compagnia fosse in acque talmente brutte da rischiare il fallimento: l’esplosione della bolla fumettistica di fine anni ’90, unita ad altre scelte finanziarie azzardate trascinò la Marvel in un vortice di speculazione, tentativi di acquisizione ostili, lotte intestine e altro ancora. Una storia, raccontata perfettamente da Sean Howe in Marvel – Una storia di eroi e supereroi, da far impallidire le migliori saghe supereroistiche della casa editrice. E, mentre ai vertici si combattevano queste battaglie, sul campo dei fumetti la redazione veniva squassata dalle scosse telluriche risultanti, andando incontro al nuovo millennio e a cambiamenti epocali legati principalmente a tre nomi: Joe Quesada, Bill Jemas e Axel Alonso.
Interludio: la Marvel Comics tra fine anni ‘90 e inizio 2000
Il disegnatore Joe Quesada era arrivato a fine anni ‘90 alla corte Marvel insieme a Jimmy Palmiotti, con cui aveva lavorato in Valiant e fondato una piccola casa editrice (la Event Comics, con cui i due pubblicano piccoli cult come Ash e Painkiller Jane) che sapeva come rivolgersi ai grandi nomi di Hollywood. L’allora editore Joe Calamari affidò loro la rinascita di alcuni personaggi minori o che versavano in gravi condizioni: nasce così la fortunatissima linea Marvel Knights, che risolleva le sorti di titoli come Il Punitore (affidato a Garth Ennis), gli Inumani, Pantera Nera (scritta da Cristopher Priest) Daredevil (rivitalizzato prima da Kevin Smith, poi da David Mack e soprattutto poi da Brian Michael Bendis, che su MK fa le sue prime prove sul personaggio) e altri ancora. L’arrivo del duo di autori, se da una parte crea una frattura insanabile tra la dirigenza e la vecchia guardia della redazione (che lamentava un diverso trattamento economico e artistico), dall’altra dà una scossa alla Casa delle idee, facendo sì che i suoi supereroi siano guardati in maniera diversa non solo dal pubblico, ma soprattutto dai produttori cinematografici.

Poco dopo la nascita di Marvel Knights i vertici della società newyorkese cambiarono ulteriormente: Bill Jemas, laureato in legge a Harvard ed ex dirigente dell’NBA, che aveva fatto esperienza col marchio Marvel negli anni ’90, quando aveva lavorato alla Fleer, divenne vicepresidente esecutivo della Marvel. Vulcanico e controverso, Jemas vede nelle storie dell’epoca eccessive complicazioni di trama, troppa continuity e troppi pregressi che impediscono l’arrivo del nuovo pubblico che il cinema prometteva. Non potendo azzerare l’intero universo Marvel, dà vita alla linea Ultimate, un nuovo marchio editoriale ambientato in un nuovo universo narrativo scollegato dalle vecchie logiche: a battezzare questa iniziativa ci pensa lo Spider-Man di Brian Michael Bendis e Mark Bagley, con protagonista un Peter Parker adolescente più vicino alle nuove generazioni e una delle incarnazioni di maggior successo del personaggio. Oltre a questo, l’arrivo di Bendis apre un nuovo capitolo della storia Marvel in cui l’autore diverrà vero e proprio demiurgo dell’intero universo e segnerà il destino di numerosi personaggi. Ma la radicale trasformazione che ha in mente Jemas non finisce qui: pur non spazzando via la continuity dell’epoca, il direttore decide di spazzare via la vecchia guardia di scrittori ed editor, partendo dall’editor-in-chief Bob Harras che viene sostituito proprio da Joe Quesada, il primo disegnatore a ricoprire questo ruolo. Il duo James-Quesada inizia una vera e propria rivoluzione sui team creativi, che vede arrivare autori dal mondo di Hollywood o che hanno scritture molto vicine a quelle delle serie tv: ecco quindi Bendis e Alex Maleev su Daredevil (e più tardi Bendis sui Vendicatori), Bruce Jones e John Romita Junior su Hulk e soprattutto Frank Quitely e Grant Morrison (già autore di Marvel Boy per la linea Marvel Knights) su X-Men.
Per la storia che vogliamo raccontare, però, manca solo un ultimo, importantissimo invitato a questo terremoto creativo: Axel Alonso. Editor di lungo corso per la DC Comics, dove per l’etichetta Vertigo ha curato titoli come Animal Man, Preacher, Black Orchid, Kid Eternity, Hellblazer, Unknown Soldier, 100 Bullets e Human Target, Alonso (futuro EiC Marvel) diventa senior editor del personaggio più famoso e iconico della Casa delle Idee: l’Uomo Ragno.
Benvenuto nel 2000, Uomo Ragno: speriamo che tu sopravviva all’esperienza!
Spider-Man non se l’è vista molto bene nella seconda parte degli anni ‘90, seguendo la parabola della compagnia di cui è il volto più noto: dopo un ottimo inizio di decennio con la rivoluzione McFarlane e la gestione Amazing Spider-Man di Erik Larsen e David Michelinie (creatori di Venom), seguita dall’inizio entusiasmante della Saga del Clone, dal 1994 in poi lo sviluppo cervellotico dell’evento, le cui trame talmente ingarbugliate rendevano via via impossibile capire la storia se non con una enciclopedia Marvel alla mano, mise il personaggio in difficoltà sempre più grosse. A poco serve l’impegno di un veterano come Howard Mackie, che alla guida del rilancio di Amazing Spider-Man con il volume due della serie cerca di tirarlo fuori dal pantano in cui si sta inabissando. Vero è che anche Mackie aveva per primo contribuito a complicare le cose scrivendo vari episodi (come le controverse La Riunione dei Cinque e il Capitolo Finale) di una saga pensata per durare quattro mesi e protrattasi invece per anni, finendo poi in maniera raffazzonata.
La soluzione della triade Jemas-Quesada-Alonso è molto semplice: rilanciare il Ragno con nuovi autori. Nel giugno del 2001, con il numero 30 della seconda serie di Amazing Spider-Man, inizia la lunga run di J. Michael Straczynski (con i disegni, all’inizio, del veterano John Romita Jr), una gestione che avrebbe traghettato il personaggio nel nuovo millennio con idee nuove, controverse ma anche di grande impatto, alcune rimaste (purtroppo non sempre in positivo) nella storia del personaggio.
Poco meno di un anno prima, però, il precedente EiC Bob Harras aveva deciso di alleggerire Howard Mackie dalla scrittura di due serie come Amazing Spider-Man e Peter Parker:Spider-Man: a partire dal numero 20 di quest’ultima la serie venne affidata al duo britannico formato dal disegnatore Mark Buckingham e dallo sceneggiatore Paul Jenkins, reduce dal grande successo della maxiserie Marvel Knights sugli Inumani realizzata con Jae Lee, vincitrice di un Eisner Award. Ed è proprio da qui che vogliamo iniziare il racconto del Ragno del 2000, perché molto di quello che si sarebbe visto negli anni successivi è nato proprio da queste storie.
Alla ricerca della leggerezza perduta

È importante partire da questa ottima prova per comprendere il feeling particolare dello scrittore britannico con il personaggio e mettere a fuoco molte delle scelte fatte su Peter Parker: Spider-Man. La chiusura scelta per questa storia di Webspinner solleva Peter da molti pesi e lo proietta laddove Jenkins lo vuole, ovvero in un contesto più leggero, che guardi ad alcune storie della fine degli anni ‘60 e inizio dei ‘70, con un protagonista e dei comprimari non ancora segnati da enormi tragedie e dalla fine dell’innocenza, idealmente sancita dalla morte del capitano Stacy ma sopratutto della figlia Gwen. Per fare questo, Jenkins cerca di dividere il suo percorso in varie direzione: dalla creazione di nuovi (spesso assurdi) nemici e nuovi comprimari a un umorismo più viscerale, fisico e burlesco. Una volontà perseguita a volte con eccessivo zelo che risulta in una run ondivaga, con episodi che lasciano il segno e altri grotteschi (al limite dell’imbarazzante), realizzati con un ritmo a corrente alternata, che vede singole storie intervallarsi ad avventure lunghe due o tre episodi. A frammentare il racconto contribuirono anche fattori esterni: la necessità di chiudere alcune trame in sospeso della precedente gestione (per esempio il crossover interno con Amazing Spider-Man che fece tornare Mary Jane nella vita di Peter 3), l’ingerenza di un crossover come Maximum Security 4 e soprattutto l’arrivo su Amazing di uno scrittore pieno di nuove idee radicali e molto ben definite come J.M. Straczinsky, il cui impatto risultò semplicemente troppo grande per le altre storie di contorno. Nonostante questo, come detto prima, alcune delle storie di Jenkins avrebbero avuto una grande risonanza nel futuro del ragno. E, paradossalmente, sarebbero state proprio le più tragiche a restare impresse nella mente dei lettori.
Il cuore è nella famiglia

Restando nella famiglia Parker, un piccolo ma importante spazio viene ritagliato anche per Zia May, la quale però viene dipinta come la classica e fragile vecchietta delle origini, benché più ironica e giocosa, ma comunque molto diversa rispetto al personaggio più moderno, dinamico e giovanile che si ritrova nello stesso periodo nell’ASM di Straczinsky e Romita Jr. Pur comparendo in alcuni episodi della run, come nel divertente Un giorno di neve, il momento più importante per May arriva proprio nell’ultimo numero della gestione Jenkins, in una sorta di chiusura circolare che partendo dallo Zio Ben arriva alla consorte: in Ed è qui che iniziano i miei guai… 7, mentre come Uomo Ragno combatte criminali e malavitosi tra i quali Testa di Martello, nelle sue vesti civili Peter Parker si confronta con la zia percorrendo insieme a lei il viale dei ricordi, tra drammi, rivelazioni (e’ qui che May scopre che Norman Osborn e’ Goblin) e aneddoti grotteschi. Una sorta di controcanto più leggero e divertito rispetto alla famosissima Conversazione di Straczinsky e Romita Jr. 8 e un omaggio al più classico rapporto tra i due personaggi, pur reinterpretato attraverso una lente dolce e al contempo comica.
Fuori da questa celebrazione degli affetti familiari resta Mary Jane Watson. Al suo arrivo, Jenkins trova un Peter vedovo, salvo poi dover scrivere insieme a Howard Mackie (e con i disegni di Charlie Adlard) un dittico rocambolesco, assurdo e sconclusionato in cui gli autori si arrabattano per chiudere la storia della morte in incidente aereo e riportare Mary Jane in vita. Nell’episodio Destinazioni, si scopre infatti che la donna è stata rapita da un mutante invidioso della vita dei Parker 9, il quale dopo uno scontro psicologico coi due si suicida. Una volta rientrata nella vita di Peter, si decide di far ripartire subito una turbata MJ, che approda a Hollywood nel tentativo di iniziare la carriera di attrice e dove viene poi recuperata da Straczynski, diventando uno degli elementi principali della sua run.
Ma la mancanza di MJ non sembra preoccupare Jenkins, che anzi si sente più a suo agio nel trattare un Peter single e ha un sacco di idee per costruire un nuovo mondo attorno al personaggio. O almeno, per provarci.
La costruzione del mondo di Peter: tra ricerca di continuità e single issues


Tra vecchi nemici e nuove nemesi: cosa funziona e cosa no


L’Uomo Ragno contro Goblin: la sfida infinita

Ma proprio a questo punto, Jenkins ferma la mano del personaggio. ”Peter è un essere umano, volevamo mostrarlo sotto questa luce. Ognuno di noi può avere una cattiva giornata, toccare il fondo. Ma è questa la differenza tra eroe e criminale: un eroe non uccide, non importa cosa stia succedendo, sceglie di fare il bene e di non spingersi mai oltre” afferma lo scrittore in una intervista: in sintesi, tutta l’essenza dell’Uomo Ragno. Lo scontro tra Goblin e Spider-Man è un gioco di specchi che ha molto in comune con un capolavoro del fumetto supereroico, ovvero Batman: The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland: come in quella storia, anche in questa l’eroe e la sua nemesi si trovano faccia a faccia, perdendosi l’uno nell’altro, due facce di una stessa medaglia che sembra preludere a uno scontro infinito che non può che concludersi con la morte di uno dei due. Eppure Peter, che ben se ne rende conto durante lo scontro, decide di fermare il suo pugno finale. A questo punto Jenkins sfodera una sequenza che rimane impressa nel profondo: nelle tavole finali dello scontro del quarto e ultimo capitolo, Peter e Norman si siedono accanto, si confidano, addirittura arrivano a scherzare e ridere per il nome che Norman avrebbe voluto scegliere al posto di Goblin, ovvero Mr. Coffee, uno snodo simile proprio a quanto visto in The Killing Joke. Dopo questa scena straniante, Peter racconta a Norman cosa ha significato per lui perdere Gwen Stacy, il vero amore di una vita, e che per onorare questo ricordo ha scelto di non odiare proprio chi gliel’ha portata via. Jenkins ha definito questa storia come “il racconto definitivo di Goblin e dell’Uomo Ragno” e in effetti questi quattro episodi ne contengono l’essenza, ma soprattutto segnano la definitiva vittoria dell’eroe sul criminale, non fisica ma morale. Lo scrittore avrebbe poi voluto concludere la storia con un velato omaggio all’Ultima Caccia di Kraven, con Norman Osborn che contempla una pistola pensando di farla finita. La Marvel aveva ovviamente piani diversi per il personaggio, tutti affidati a Brian Michael Bendis: nell’ottima miniserie thriller giornalistica The Pulse, lo scrittore di Cleveland rivelerà al mondo, per bocca di Ben Urich, la vera identità di Goblin, dando così inizio alla trasformazione del personaggio in nemesi dell’intero Universo Marvel, prima alla guida dei Thunderbolts e poi dei Dark Avengers nelle saghe Dark Reign e The Siege che seguirono a Civil War, Secret Invasion e la divisione dei supereroi.
La saga Una Morte in Famiglia, oltre a essere una storia dall’ottima qualità di scrittura, dal ritmo incalzante e dalla drammaticità studiata in ogni dettaglio, vede anche l’esordio nell’universo del Ragno di un disegnatore che segnerà gli anni ‘10 del personaggio: Humberto Ramos. Dopo aver disegnato varie copertine della serie (a partire dal numero #30), l’artista messicano fa il suo esordio in quest’albo. Pur non sembrando adatto a una storia così tragica e tesa per via del suo stile cartoonesco, esagerato ed esuberante, in realtà il disegnatore riesce a dare una grande prova di sé sia nelle sequenze d’azione, estremamente dinamiche e dal ritmo travolgente, che nei momenti di confronto tra Peter e Norman, nelle loro vesti civili così come quando impersonano i loro alter ego. L’esagerazione dei volti e delle espressioni permette infatti a Ramos di rappresentare con estrema intensità la follia di Goblin, il dolore e lo sconforto di Peter, la sua rabbia irrefrenabile, la disfatta finale di Norman: insomma, forse senza Ramos e senza la sua arte, magari ancora acerba ma anche più sanguigna e istintiva, questa saga non sarebbe stata la stessa e non sarebbe ancora oggi così ricordata. Inoltre, questa storia rappresenta un punto di svolta per entrambi gli autori nel mondo del Ragno: se Ramos sarebbe diventato di lì a poco un disegnatore top della Marvel, Jenkins sarebbe stato richiamato su Spectacular Spider-Man per ripetere il “trattamento Goblin” con altri nemici classici (Venom, Doc Ock e Lizard) non riuscendo bissare lo stesso successo, ma diventando comunque uno degli scrittori più incisivi dell’Uomo Ragno del 2000.
Mark Buckingham: il classicismo in punta di matita
È abbastanza peculiare che la storia più ricordata di una run così leggera e per certi versi classicista come quella di Jenkins sia così cruda e drammatica. Ancor più particolare perché è una delle poche a non essere stata disegnata dall’artista regolare della serie, ovvero Mark Buckingham. Artista inglese che aveva esordito con alcune illustrazione satiriche su testi di Neil Gaiman sul magazine britannico The Truth, aveva poi seguito lo scrittore negli States, dove avrebbe lavorato sul rilancio di Miracleman, su alcuni numeri di Sandman e Hellblazer per poi affermarsi definitivamente con la serie Fables, iniziata nel 2002 e diventata uno dei long seller Vertigo. Nel mezzo si segnalano anche alcune esperienze in Marvel, come inchiostratore di Chris Bachalo su Generation X e Ghost Rider: 2099, prima di approdare come regular su Peter Parker: Spider-Man. Lo stile di Buckingham ben si adatta al registro di Jenkins: il tratto è chiaro, pulito, tondeggiante, quasi da ligne claire francese ma più morbido e patinato; la tavola è sempre costruita con regolarità, prediligendo la comprensione narrativa rispetto allo sperimentalismo. Per questo, soprattutto alcune delle tavole più affollate e ricche di azione risultano ingessate e poco coinvolgenti rispetto a quelle, per esempio, di Romita Jr. su AMS o dello stesso Ramos.
Il Ragno di Buckingham è tanto elegante e tornito nelle sue volumetrie, quanto bloccato nei movimenti, nonostante alcuni episodi più ispirati (come lo scontro con Fusione in Trecento oppure la frenesia di Giorno di Neve). Quello in cui invece Buckingham si dimostra molto più a suo agio sono le espressioni, talvolta caricaturali, dei personaggi nelle loro vesti civili: la recitazione del viso nelle scene più divertenti dona loro una comicità plastica e slapstick molto azzeccata, forse una reminiscenza degli esordi dell’autore su una rivista satirica. Anche nei momenti più drammatici e tesi l’artista dimostra di saperci fare con l’espressione dei volti, sebbene con risultati più altalenanti e che si fanno via via meno convincenti con l’appropinquarsi della fine della serie. Nonostante questo, Buckingham riesce a esaltare con la sua sensibilità e la sua eleganza mai invadente le storie più riuscite della serie, come quelle dedicate allo zio Ben e Gli eroi non piangono, in cui la scelta delle inquadrature e l’attenzione ai dettagli fanno raggiungere momenti molto toccanti. È proprio questa sintonia a rendere la gestione Jenkins-Buckingham forse non memorabile, sicuramente poco coesa, a tratti strampalata e scalcagnata, ma comunque degna di essere ricordata, non solo per le conseguenze a lungo termine e per la presenza di alcuni elementi avanti coi tempi, ma anche nel contenuto intrinseco di alcune storie che rappresentano piccoli gioielli.
La fine di Peter Parker: Spider-Man: da Paul Jenkins a Zeb Wells

Il gusto per personaggi e villain più o meno ridicoli, ma anche per una certa satira di alcune dinamiche del mondo contemporaneo sono forse gli elementi che meglio contraddistinguono il primo approccio di Wells al Ragno. In Un altro lunatico lunedì 29, per esempio, viene presentata l’inedita coppia Shocker – Hydro Man alle prese con ricerca di lavoro, rapine e scontri all’ultima scossa (o spruzzo) con l’Uomo Ragno per i disegni di un Francisco Herrera molto simile, in questa fase, al dinamismo dell’amico e collega Ramos; in le Regole del Gioco 30, quasi anticipando tematiche che sarebbero state al centro del dibattito culturale degli anni ‘10 e ‘20 del 2000, Wells sfrutta lo scontro tra l’Uomo Ragno e Boomerang (personaggio fondamentale nella run del 2018 di Nick Spencer) per fare una critica dei social, della società dei reality e del capitalismo, in mano a maschi bianchi, che vuole trasformare tutto in profitto. Infine, per chiudere la sua mini gestione, lo scrittore torna nuovamente a parlare dell’Uomo Sabbia con un approccio totalmente diverso rispetto alle storie precedenti: in Rinascita 31 i disegni suggestivi e onirici di Sam Kieth permettono di riflettere con profondità e atmosfere delicate sull’inconscio del villain, la cui psiche si manifesta in forme diverse (il bambino, la donna, il killer, l’uomo buono) che interagiscono in maniera interessante con l’Uomo Ragno e danno profondità a un personaggio in passato bistrattato. In pochi episodi, dunque, Zeb Wells dimostra quella versatilità che lo porterà poi a tornare sul tessiragnatele, con approcci ancora diversi, durante il Brand New Day e poi, dopo quasi 20 anni dall’esordio, sulla serie ammiraglia del personaggio.
Per concludere questa lunga carrellata dedicata a una delle serie di Spider-Man forse più sottovalutata degli anni 2000, si può dire che, nonostante le molte trovate bislacche e sgangherate, un gusto leggero che a volte sconfinava nel nostalgico e a volte nell’eccessivamente grottesco, Peter Parker: Spider-Man di Paul Jenkins e Mark Buckingham, con la coda di Zeb Wells, pur non essendo una serie memorabile, ha regalato ai lettori alcuni piccoli gioielli in termini di profondità, di dramma e di arguzia, e si è dimostrata in alcuni casi avanti con i tempi, introducendo idee che avrebbero attecchito e sarebbero maturate, non solo nei comics, ma anche al cinema, nell’animazione e nei videogiochi.
nei numeri #10-11, in Italia su UR #292-293/#20-21 , ripubblicata recentemente su Spider-Man Collection # 21 – Forse sognare… ↩
Perhaps dreaming… su Webspinner #13, ristampato in Italia più volte: dopo la prima apparizione su Uomo Ragno (da ora in avanti UR) #294/ 22, si arriva fino alla recente Spider-Man Collection # 21 – Forse sognare…, ma i più nostalgici apprezzeranno Marvel Mix # 42 – Uomo Ragno Speciale Estate 2002 – Le Storie Più Belle del 2002 ↩
Peter Parker: Spider-Man (da ora in avanti PP:SM) #29, in Italia su UR #333/31 NN, mentre Amazing Spider-Man (da ora in avanti ASM) #29 apparve sul numero italiano 332/30 NN ↩
Il tie-in con l’evento avviene su PP:SM # 24, in Italia su UR # 322/ #50 NN ↩
The Best Medicine su PP:SM #20, in Italia su UR # 316/44 NN, poi su Io sono Spider-Man # 1 e su Spider-Man – La grande avventura # 13 – Un giorno nella vita ↩
Maybe Next Year, PP:SM #33, in Italia su UR #339/ #67 ↩
And Here, My Troubles Begin… su PP:SM #50, in Italia su UR #365/#93 ↩
su Amazing Spider-Man #38, in Italia su UR #348/#76 ↩
in Destinations, su PP:SM #29, in Italia su UR #333/61, che fa coppia con ASM 29 scritto da Mackie e disegnato da un sempre elegantissimo Lee Weeks ↩
A day in the Life, su PP:SM #21 e in Italia su UR #316/#44 ↩
Days of our Lives, PP:SM #22, in Italia su UR #319/#47, entrambe le storie ristampate anche su Spider-Man – La grande avventura # 13 – Un giorno nella vita ↩
Three Hundred, PP:SM 30 e UR 335/63 ↩
PP:SM #26, in Italia su #326/#54 ↩
Heroes don’t cry, PP:SM #35, in Italia su UR #341/#69 NN ↩
oltre il già citato Un giorno nella vita, anche il numero muto Mitici Mimi Marvel del mese ‘Nuff Said, Make Mime Marvel! su PP:SM #38, in Italia UR #349/#77 NN ↩
infatti, oltre che negli episodi Read ‘em And Weep e nel tie in al crossover Maximum Security: Warning Signs in PP:SM #23-24, in Italia su UR #322/#50 e su Oscar Bestsellers # 1331 – L’Uomo Ragno: La sfida di Venom del 2000, Typeface ricompare in Alphabet City, storia realizzata da Ted Mckeever su Spider-Man’s Tangled Web #18 ↩
If thine eyes offended thee, PP:SM #34 e UR #339/#67 ↩
The big question e The big answer su PP:SM # 48/49, in Italia su UR #363/364 / #91/92 e anche su Spider-Man – La grande avventura # 20 – Una morte in famiglia ↩
il primo trittico dedicato al personaggio, con le storie Three Hundred, One Small Break e Never Forever, appare su PP:SM #30-32, in Italia su UR #335-336/#63 -65 ↩
PP:SM #39-41, in Italia su UR # 349-351/#77-79 e poi su Oscar Bestsellers # 1436 – L’Uomo Ragno: I Tentacoli del Dottor Octopus del 2004 ↩
e sul personaggio ritornerà nei numeri #6-10 di Spectacular Spider-Man nel 2003, rinnovandone look e background sull’onda del successo del film Spider-Man 2 e della miniserie Uomo Ragno/Doctor Octopus: Anno Uno di Zeb Wells e Kaare Andrews ↩
Snow Day, PP:SM #27, in Italia su UR #342/#70 ↩
Going on e Fields of dream, PP:SM # 27-28, in Italia su UR # 328-329/ #56-57 ↩
rispettivamente su Call of the darkness, AMS #25 e Games of light, PP:SM #25, in Italia su UR #324-325/ #52-53 e poi su Oscar Bestsellers # 1230 – L’Uomo Ragno contro Goblin ↩
A death in the family, su PP:SM #44-47, in Italia su #353-355/#81-83 ma recuperabile in blocco su Spider-Man – La grande avventura # 20 ↩
I Was a Teenage Frogman, disegni di Duncan Fregedo, Spider-Man’s Tangled Web #12, in Italia su UR #351 / #79 ↩
In Italia pubblicato, in maniera ben più sensata, dopo la fine della gestione Jenkins su UR #366-367 ↩
Mahfood disegnerà anche il numero #19 di Spider-Man’s Tangled Web, dal titolo Call of the Wild, in Italia su UR # 376 / #104 ↩
in originale su PP:SM #42-43 col titolo Just another Manic Monday, citazione della canzone dei The Bangles, in Italia su UR #371-372 e poi ristampata su Spider-Man – La grande avventura # 6 ↩
The rules of the game, PP:SM #53-55, in Italia su UR #377-379 ↩
Rebirth, PP:SM # 56-57, UR # 380-381 ↩




