2001: Odissea nel Ragnoverso con Jenkins e Buckingham

2001: Odissea nel Ragnoverso con Jenkins e Buckingham

Celebriamo i 60 anni dell’Uomo Ragno, tornando indietro a... 20 anni fa! Cominciamo con la sottovalutata Peter Parker: Spider-Man di Jenkins e Buckingham.

Se oggi, in qualunque luogo del pianeta, si chiedesse a chiunque se conosca la Marvel Comics, credo che non ci sarebbe nessun dubbio su una risposta affermativa. Con l’esplosione dell’MCU, la Casa delle Idee e i suoi personaggi sono diventati fenomeno pop dominante. E penso che nessuno dei fan del nuovo millennio crederebbe possibile che, poco meno di 20 anni fa, la compagnia fosse in acque talmente brutte da rischiare il fallimento: l’esplosione della bolla fumettistica di fine anni ’90, unita ad altre scelte finanziarie azzardate trascinò la Marvel in un vortice di speculazione, tentativi di acquisizione ostili, lotte intestine e altro ancora. Una storia, raccontata perfettamente da Sean Howe in Marvel – Una storia di eroi e supereroi, da far impallidire le migliori saghe supereroistiche della casa editrice. E, mentre ai vertici si combattevano queste battaglie, sul campo dei fumetti la redazione veniva squassata dalle scosse telluriche risultanti, andando incontro al nuovo millennio e a cambiamenti epocali legati principalmente a tre nomi: Joe Quesada, Bill Jemas e Axel Alonso.

Interludio: la Marvel Comics tra fine anni ‘90 e inizio 2000

Il disegnatore Joe Quesada era arrivato a fine anni ‘90 alla corte Marvel insieme a Jimmy Palmiotti, con cui aveva lavorato in Valiant e fondato una piccola casa editrice (la Event Comics, con cui i due pubblicano piccoli cult come Ash e Painkiller Jane) che sapeva come rivolgersi ai grandi nomi di Hollywood. L’allora editore Joe Calamari affidò loro la rinascita di alcuni personaggi minori o che versavano in gravi condizioni: nasce così la fortunatissima linea Marvel Knights, che risolleva le sorti di titoli come Il Punitore (affidato a Garth Ennis), gli Inumani, Pantera Nera (scritta da Cristopher Priest) Daredevil (rivitalizzato prima da Kevin Smith, poi da David Mack e soprattutto poi da Brian Michael Bendis, che su MK fa le sue prime prove sul personaggio) e altri ancora. L’arrivo del duo di autori, se da una parte crea una frattura insanabile tra la dirigenza e la vecchia guardia della redazione (che lamentava un diverso trattamento economico e artistico), dall’altra dà una scossa alla Casa delle idee, facendo che i suoi supereroi siano guardati in maniera diversa non solo dal pubblico, ma soprattutto dai produttori cinematografici.

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Da sinistra: Bill Jemas, Axel Alonso e Joe Quesada


Poco dopo la nascita di Marvel Knights i vertici della società newyorkese cambiarono ulteriormente: Bill Jemas, laureato in legge a Harvard ed ex dirigente dell’NBA, che aveva fatto esperienza col marchio Marvel negli anni ’90, quando aveva lavorato alla Fleer, divenne vicepresidente esecutivo della Marvel. Vulcanico e controverso, Jemas vede nelle storie dell’epoca eccessive complicazioni di trama, troppa continuity e troppi pregressi che impediscono l’arrivo del nuovo pubblico che il cinema prometteva. Non potendo azzerare l’intero universo Marvel, dà vita alla linea Ultimate, un nuovo marchio editoriale ambientato in un nuovo universo narrativo scollegato dalle vecchie logiche: a battezzare questa iniziativa ci pensa lo Spider-Man di Brian Michael Bendis e Mark Bagley, con protagonista un Peter Parker adolescente più vicino alle nuove generazioni e una delle incarnazioni di maggior successo del personaggio. Oltre a questo, l’arrivo di Bendis apre un nuovo capitolo della storia Marvel in cui l’autore diverrà vero e proprio demiurgo dell’intero universo e segnerà il destino di numerosi personaggi. Ma la radicale trasformazione che ha in mente Jemas non finisce qui: pur non spazzando via la continuity dell’epoca, il direttore decide di spazzare via la vecchia guardia di scrittori ed editor, partendo dall’editor-in-chief Bob Harras che viene sostituito proprio da Joe Quesada, il primo disegnatore a ricoprire questo ruolo. Il duo James-Quesada inizia una vera e propria rivoluzione sui team creativi, che vede arrivare autori dal mondo di Hollywood o che hanno scritture molto vicine a quelle delle serie tv: ecco quindi Bendis e Alex Maleev su Daredevil (e più tardi Bendis sui Vendicatori), Bruce Jones e John Romita Junior su Hulk e soprattutto Frank Quitely e Grant Morrison (già autore di Marvel Boy per la linea Marvel Knights) su X-Men.
Per la storia che vogliamo raccontare, però, manca solo un ultimo, importantissimo invitato a questo terremoto creativo: Axel Alonso. Editor di lungo corso per la DC Comics, dove per l’etichetta Vertigo ha curato titoli come Animal Man, Preacher, Black Orchid, Kid Eternity, Hellblazer, Unknown Soldier, 100 Bullets e Human Target, Alonso (futuro EiC Marvel) diventa senior editor del personaggio più famoso e iconico della Casa delle Idee: l’Uomo Ragno.

Benvenuto nel 2000, Uomo Ragno: speriamo che tu sopravviva all’esperienza!

Spider-Man non se l’è vista molto bene nella seconda parte degli anni ‘90, seguendo la parabola della compagnia di cui è il volto più noto: dopo un ottimo inizio di decennio con la rivoluzione McFarlane e la gestione Amazing Spider-Man di Erik Larsen e David Michelinie (creatori di Venom), seguita dall’inizio entusiasmante della Saga del Clone, dal 1994 in poi lo sviluppo cervellotico dell’evento, le cui trame talmente ingarbugliate rendevano via via impossibile capire la storia se non con una enciclopedia Marvel alla mano, mise il personaggio in difficoltà sempre più grosse. A poco serve l’impegno di un veterano come Howard Mackie, che alla guida del rilancio di Amazing Spider-Man con il volume due della serie cerca di tirarlo fuori dal pantano in cui si sta inabissando. Vero è che anche Mackie aveva per primo contribuito a complicare le cose scrivendo vari episodi (come le controverse La Riunione dei Cinque e il Capitolo Finale) di una saga pensata per durare quattro mesi e protrattasi invece per anni, finendo poi in maniera raffazzonata.
La soluzione della triade Jemas-Quesada-Alonso è molto semplice: rilanciare il Ragno con nuovi autori. Nel giugno del 2001, con il numero 30 della seconda serie di Amazing Spider-Man, inizia la lunga run di J. Michael Straczynski (con i disegni, all’inizio, del veterano John Romita Jr), una gestione che avrebbe traghettato il personaggio nel nuovo millennio con idee nuove, controverse ma anche di grande impatto, alcune rimaste (purtroppo non sempre in positivo) nella storia del personaggio.
Poco meno di un anno prima, però, il precedente EiC Bob Harras aveva deciso di alleggerire Howard Mackie dalla scrittura di due serie come Amazing Spider-Man e Peter Parker:Spider-Man: a partire dal numero 20 di quest’ultima la serie venne affidata al duo britannico formato dal disegnatore Mark Buckingham e dallo sceneggiatore Paul Jenkins, reduce dal grande successo della maxiserie Marvel Knights sugli Inumani realizzata con Jae Lee, vincitrice di un Eisner Award. Ed è proprio da qui che vogliamo iniziare il racconto del Ragno del 2000, perché molto di quello che si sarebbe visto negli anni successivi è nato proprio da queste storie.

 

Alla ricerca della leggerezza perduta

cleanPrima di lavorare su Peter Parker: Spider-Man, a cavallo tra ‘90 e 2000 Jenkins aveva già incontrato il Tessiragnatele: nel 1999 aveva unito le forze con Sean Phillips per un dittico su Webspinners: Tales of Spider-Man1 incentrato sul Camaleonte, protagonista di una storia dai contorni tragicomici che ridefiniva il rapporto tra i due personaggi. Terminata questa storia, che si conclude con il drammatico suicidio del criminale, sul numero 13 di Webspinner dal titolo evocativo Forse sognare…2, in un racconto magnificamente disegnato da J.G Jones e inchiostrato da Jimmy Palmiotti, Jenkins aveva ripercorso i traumi e le battaglie di Peter Parker, in una riflessione sulla sua missione e sulle perdite subite, arrivando al confronto finale con l’amata Gwen Stacy, vero e proprio angelo salvifico che riconcilia il personaggio con la sua esistenza.
È importante partire da questa ottima prova per comprendere il feeling particolare dello scrittore britannico con il personaggio e mettere a fuoco molte delle scelte fatte su Peter Parker: Spider-Man. La chiusura scelta per questa storia di Webspinner solleva Peter da molti pesi e lo proietta laddove Jenkins lo vuole, ovvero in un contesto più leggero, che guardi ad alcune storie della fine degli anni ‘60 e inizio dei ‘70, con un protagonista e dei comprimari non ancora segnati da enormi tragedie e dalla fine dell’innocenza, idealmente sancita dalla morte del capitano Stacy ma sopratutto della figlia Gwen. Per fare questo, Jenkins cerca di dividere il suo percorso in varie direzione: dalla creazione di nuovi (spesso assurdi) nemici e nuovi comprimari a un umorismo più viscerale, fisico e burlesco. Una volontà perseguita a volte con eccessivo zelo che risulta in una run ondivaga, con episodi che lasciano il segno e altri grotteschi (al limite dell’imbarazzante), realizzati con un ritmo a corrente alternata, che vede singole storie intervallarsi ad avventure lunghe due o tre episodi. A frammentare il racconto contribuirono anche fattori esterni: la necessità di chiudere alcune trame in sospeso della precedente gestione (per esempio il crossover interno con Amazing Spider-Man che fece tornare Mary Jane nella vita di Peter3), l’ingerenza di un crossover come Maximum Security4 e soprattutto l’arrivo su Amazing di uno scrittore pieno di nuove idee radicali e molto ben definite come J.M. Straczinsky, il cui impatto risultò semplicemente troppo grande per le altre storie di contorno. Nonostante questo, come detto prima, alcune delle storie di Jenkins avrebbero avuto una grande risonanza nel futuro del ragno. E, paradossalmente, sarebbero state proprio le più tragiche a restare impresse nella mente dei lettori.

Il cuore è nella famiglia

UncleBenNel primo episodio della loro run, intitolato La Migliore Medicina5, Jenkins e Buckingham decidono di partire dal mito fondativo stesso del personaggio, e in particolare da una persona fondamentale per la nascita dell’alter ego Uomo Ragno: lo zio Ben. I due autori britannici sono i primi a dare una caratterizzazione più approfondita a Ben Parker, che fino ad allora era stato relegato il più delle volte a motore immobile della trasformazione di Peter, un ricordo sbiadito incentrato solo sulla sua morte e sulle sue ultime, famose, importantissime e al tempo stesso abusatissime parole: “Da un grande potere derivano grandi responsabilita’”. Come dichiarato in una lunga intervista al podcast di Spider-Man Crawspace, per costruire il rapporto tra Ben e Peter, Jenkins prende ispirazione da due figure della propria vita: il nonno, un vero e proprio “prankster” (ovvero un burlone), e la moglie, della quale apprezza l’umorismo basato sui cosiddetti practical jokes (traducibile in burle, scherzi fisici e magari idioti). Ecco quindi che vediamo Ben sotto una nuova luce, quella del giocherellone che con le sue battute – pure quelle brutte – rischiara le giornate storte e anche le tragedie della vita del nipote: tra le righe, inoltre, Jenkins suggerisce che l’origine del tipico umorismo spavaldo dell’Uomo Ragno sia riconducibile proprio a questa caratteristica dello zio, che quindi ora ha una nuova, inedita relazione con la parte più eroica del nipote. Altra lezione e altro momento che dà spessore al personaggio di Ben Parker e alla sua relazione con Peter si ritrovano nel toccante episodio Forse l’anno prossimo6 in cui si scopre la passione di Ben e Peter per le partite di baseball dei NY Mets. In questa storia vengono messe in evidenza la caparbietà e la speranza innate di Ben, che non demorde mai di fronte a una sconfitta della propria squadra e continua a supportarla con forza: questa attitudine, tramandata al nipote, diventa elemento che lo contraddistingue dagli altri eroi. Bastano quindi due episodi a Jenkins e Buckingham, che con il suo tratto morbido e espressivo ben si adatta ai momenti più divertenti della run ma anche a quelli più emotivamente intensi, per dare nuova linfa allo zio Ben.
Restando nella famiglia Parker, un piccolo ma importante spazio viene ritagliato anche per Zia May, la quale però viene dipinta come la classica e fragile vecchietta delle origini, benché più ironica e giocosa, ma comunque molto diversa rispetto al personaggio più moderno, dinamico e giovanile che si ritrova nello stesso periodo nell’ASM di Straczinsky e Romita Jr. Pur comparendo in alcuni episodi della run, come nel divertente Un giorno di neve, il momento più importante per May arriva proprio nell’ultimo numero della gestione Jenkins, in una sorta di chiusura circolare che partendo dallo Zio Ben arriva alla consorte: in Ed è qui che iniziano i miei guai… 7, mentre come Uomo Ragno combatte criminali e malavitosi tra i quali Testa di Martello, nelle sue vesti civili Peter Parker si confronta con la zia percorrendo insieme a lei il viale dei ricordi, tra drammi, rivelazioni (e’ qui che May scopre che Norman Osborn e’ Goblin) e aneddoti grotteschi. Una sorta di controcanto più leggero e divertito rispetto alla famosissima Conversazione di Straczinsky e Romita Jr.8 e un omaggio al più classico rapporto tra i due personaggi, pur reinterpretato attraverso una lente dolce e al contempo comica.
Fuori da questa celebrazione degli affetti familiari resta Mary Jane Watson. Al suo arrivo, Jenkins trova un Peter vedovo, salvo poi dover scrivere insieme a Howard Mackie (e con i disegni di Charlie Adlard) un dittico rocambolesco, assurdo e sconclusionato in cui gli autori si arrabattano per chiudere la storia della morte in incidente aereo e riportare Mary Jane in vita. Nell’episodio Destinazioni, si scopre infatti che la donna è stata rapita da un mutante invidioso della vita dei Parker9, il quale dopo uno scontro psicologico coi due si suicida. Una volta rientrata nella vita di Peter, si decide di far ripartire subito una turbata MJ, che approda a Hollywood nel tentativo di iniziare la carriera di attrice e dove viene poi recuperata da Straczynski, diventando uno degli elementi principali della sua run.
Ma la mancanza di MJ non sembra preoccupare Jenkins, che anzi si sente più a suo agio nel trattare un Peter single e ha un sacco di idee per costruire un nuovo mondo attorno al personaggio. O almeno, per provarci.

La costruzione del mondo di Peter: tra ricerca di continuità e single issues

Peter Parker: Spider-Man 35Come detto sopra, la gestione Jenkins si ritrova fin da subito schiacciata tra le storie precedenti e una grossa e ingombrante run su AMS. Questa situazione da una parte lascia allo scrittore britannico una insperata libertà, dall’altra crea momenti di grande caos. Questo si vede soprattutto nel contrasto tra una ricerca di continuità interna alla serie interrotta da issue singole e slegate tra loro, tutte però volte a definire il mondo di Peter. Una delle parti che divertono di più Jenkins è quella in cui fa vivere al personaggio l’esperienza da single, con pochi soldi e una casa condivisa. Nei primi numeri di Peter Parker: Spider-Man, Peter infatti divide l’appartamento con l’amico Randy Robertsonelemento questo che verrà ripreso 20 anni più tardi da Nick Spencer, giusto per sottolineare ancora alcune delle idee avute da Jenkins che sono poi maturate in seguito. In Un giorno nella vita 10 e in I giorni delle nostre vite11 l’autore britannico, tra uno scontro con vecchi (l’Uomo Sabbia) e nuovi nemici (la grottesca banda dei mimi), con una capatina di vecchi amici (la Torcia Umana), mostra la vita di tutti i giorni di Parker, tra una visita di Gloria Grant, la ricerca di un lavoro, uno sguardo al frigo vuoto di Peter (occupato solo da un formaggio senziente di nome Kevin) e un tentativo mal riuscito da parte del protagonista di fare stand-up comedy. Nel numero 30 della serie12 fanno poi il loro esordio la procace vicina Caryn e il suo cane Barker. Se Barker è l’ennesimo elemento comico, un cane che sembra spiare e conoscere il segreto di Peter, diventandone quindi quasi una nemesi, Caryn rientra nella quota “hot chicks” che Jenkins voleva inserire nel fumetto per creare un altro siparietto pruriginoso, quasi da college comedy: riletto con gli occhi di oggi, questo personaggio appare come uno stanco cliché, non particolarmente riuscito ed eccessivamente sessualizzato, la tipica bambola che serve a stuzzicare (e a volte mettere in ridicolo) il protagonista. In generale, tutta la vena comica che coinvolge vecchi e nuovi comprimari risulta ondeggiare tra un piacevole ritorno al passato, a una leggerezza troppo spesso dimenticata ma propria del personaggio, e delle trovate sopra le righe, puerili, a volte talmente assurde da fare il giro e risultare gradevoli, ma più spesso fiacche, banali, a volte tremendamente imbarazzanti. Inoltre, la frammentazione stessa della run colpisce per primi proprio i nuovi comprimari, che non trovano il giusto spazio per essere approfonditi, per entrare in sintonia con i lettori, restando così solo figurine di cui ci si dimentica tra una apparizione e l’altra, spesso anch’essa dimenticabile. Una sorte, questa, che tocca anche ai nuovi nemici, come avremo modo di vedere in seguito.

Peter Parker:Spider-Man 35Quello che a Jenkins riesce molto meglio è invece rappresentare il mondo che circonda l’Uomo Ragno e l’impatto, pratico ma soprattutto simbolico, che ha questa figura sulle persone che lo guardano volteggiare nei cieli di Manhattan. Queste storie singole, che pur interrompono il flusso della run e sembrano più adatte a Spider-Man’s Tangled Web (l’antologia del Ragno lanciata nel 2001), danno l’idea di quanto Jenkins sappia parlare del personaggio e del suo carattere iconico. In Police Story13 lo scrittore, coadiuvato da un Joe Bennet già molto dettagliato nel tratto sebbene non ai livelli eccelsi di Immortal Hulk, fornisce uno spaccato sul mondo della polizia che si interfaccia con il supereroe, mostrando sia chi è a favore sia chi è contro, ma soprattutto omaggiando le storie noir degli anni ‘80 (La Morte di Jean Dewolff su tutti) e scavando nel senso più profondo non solo della missione dell’Uomo Ragno, ma di tutti coloro che scelgono di “servire e proteggere”. Missione ed esempio che trovano la migliore rappresentazione in Gli Eroi non piangono14: in questa storia, che riecheggia le atmosfere di un classico come Il Bambino che collezionava l’Uomo Ragno, il protagonista è Lafronce, un bambino afroamericano dalla famiglia disastrata che trova la propria forza e serenità nell’amicizia, immaginaria ma per lui verissima, con il supereroe. La rivelazione finale, ovvero che sotto la maschera di Spider-Man Lafronce si immagini un uomo di colore e non bianco, arriva al culmine di una storia drammatica e straziante, piena di dolore ma anche di speranza che dimostra tutta la forza del personaggio: poco prima che Straczinsky si occupasse di tematiche simili con storie ambientate nei sobborghi poveri di New York, tra le comunità di colore ai margini della società, e quasi 10 anni prima che Bendis creasse Miles Morales, Jenkins diventa il primo ad affrontare in maniera non retorica, diretta e profonda temi che sarebbero poi diventati cruciali, quali la potenza simbolica dei supereroi e soprattutto l’importanza della diversità e rappresentazione in questo genere fumettistico. Una storia, quest’ultima, da inserire di diritto tra le migliori mai scritte sul personaggio, anche quando non appare mai nella sua identità più conosciuta.

Tra vecchi nemici e nuove nemesi: cosa funziona e cosa no

PPSM32Oltre che dai comprimari, si sa, un supereroe è definito anche (e forse soprattutto) dai suoi nemici. E Spider-Man è sicuramente uno degli eroi con la galleria di rogues più colorita dell’intero universo Marvel. Negli ultimi anni molti autori si sono concentrati sui nemici classici, con poche nuove introduzioni. Nei primi anni 2000, forse per distaccarsi dagli ultimi anni del decennio precedente, gli autori a lavoro sul Ragno, oltre a recuperare alcuni villain da tempo parcheggiati in luoghi oscuri, vollero crearne di nuovi di zecca. Ma se il Morlun di Straczinsky e Romita, con la sua prima apparizione, divenne fin da subito uno dei più violenti e affascinanti cattivi del nuovo millennio, lo stesso non si può dire delle nuove creazioni di Jenkins. Il principio che guida il britannico in questo processo creativo è lo stesso usato per i comprimari: andare sopra le righe, creare personaggi assurdi e grotteschi, aggiungere in alcuni casi un po’ di dramma, mescolare tutto per dar vita a una commedia d’azione dal grande ritmo e dai toni spensierati. I risultati sono alquanto altalenanti, ma la maggior parte di queste nuove introduzioni a pochi anni di distanza è stata relegata all’oblio o alla morte fuori scena. Il modus operandi che Jenkins adotta con i villain raggiunge qualche piccolo risultato con personaggi come la già menzionata Banda dei Mimi, protagonista di due albi effettivamente divertenti, in chiave puramente slapstick,15 e come Typeface (letteralmente “Carattere tipografico”), un antieroe talmente bislacco e strampalato da diventare quasi paradossalmente divertente e intrigante16. Al contrario, i personaggi dei monaci che ospitano un giovane mutante instabile17, pur essendo pensati come elemento divertente per raccontare la tragica storia del ragazzo (che in effetti sul finale lascia un sapore dolceamaro in bocca), risultano essere semplicemente inutili e insipidi per l’economia della serie e soprattutto per raccontare Spider-Man; lo stesso incomprensibile ruolo, tra l’altro a due issue dalla fine della gestione, è quello de La Domanda18, una antieroina del Bangladesh che combatte una corporazione responsabile di inenarrabili disastri ambientali nel suo paese: un dittico dal sapore vagamente politico che non riesce a smuovere qualche sentimento o riflessione, risultando quindi superficiale e totalmente avulso dagli altri numeri della serie.
FusionÈ nel villain Fusione però che ritroviamo il paradigma stesso della run Jenkins, riassumibile in questa frase: molte buone idee sviluppate in maniera zoppicante, e in alcuni casi semplicemente male. Al personaggio sono dedicati ben sei episodi su 28 e la sua introduzione farebbe anche promettere bene19
: Wayne Markley è un mutante con la capacità di persuadere le persone a credere in ciò che vuole: potere questo che ha usato per creare una piccola fortuna. La morte del figlio durante un tentativo di emulare il volteggio dell’Uomo Ragno cambia per sempre la sua vita, che a quel punto ha come unica missione la vendetta nei confronti del tessiragnatele. Questa storia sembra quasi il contraltare all’episodio Gli eroi non piangono, ovvero il beniamino dei bambini che si trasforma, suo malgrado, nella causa della morte di uno di questi. Malgrado queste premesse interessanti, tutto il resto nel personaggio è sbagliato: a parte il costume che ricorda un Kriminal in negativo (casco giallo e silhoutte nera) e che potrebbe incutere anche un certo timore, la sua abilità di proiezione di poteri altrui, le sue minacce e la sua lotta contro l’Uomo Ragno si rivelano sin da subito banali e ripetitive, con un accenno nemmeno troppo velato, in un passaggio della battaglia, al Bane di Knightfall. Non c’è nessun pathos, non c’è nessuna empatia da parte di Spider-Man, né alcuna vera parte drammatica nella storia che faccia sentire in sintonia con i personaggi: sia l’attentato terroristico di Fusione che porta alla morte di ben 300 persone (tremendamente profetico di quello che sarebbe successo poco tempo dopo nella vita reale, ovvero la tragedia imminente dell’11 settembre), né lo scontro sanguinario con il supereroe e la risoluzione finale suscitano una minima emozione. Anche Peter, di fronte alla follia omicida di Fusione, non si scompone, né mette in dubbio sé stesso per la morte del figlio del villain. Insomma, una storia che avrebbe potuto approfondire la psicologia dei due personaggi e indagare il significato del ruolo del supereroe si riduce a un mero scontro tra persone con poteri, con Fusione nei panni di un novello Super Adattoide per la felicità dei nerd più grezzi. Non contento di questo buco nell’acqua, Fusione ritorna nella parte della macchietta nel trittico Operation Octopus, Codename John Hancock e Mission Uncomfortable20 in coppia con Doctor Octopus. In questa avventura, che ha un sapore vagamente bondiano nella minaccia presentata dai cattivi, volutamente ingenua e retrò, la vera parte del leone la fa il buon Otto Octavius, che si dimostra sadico, violento e risoluto come non mai, facendo fare la figura del pezzente a Fusione. Octopus è uno dei nemici classici che proprio Jenkins rilancia a inizio 2000 per una nuova era del ragno21: oltre a lui tornano in scena l’ Uomo Sabbia in un drammatico episodio in cui si dimostra incapace di mantenere la coesione molecolare (nel già citato I giorni delle nostre vite) e l’Avvoltoio nel classico ruolo di spalla comica nel divertente Giorno di neve22. La bravura dello scrittore britannico con villain classici, anche misconosciuti, si manifesta nel trattamento riservato a Mendel Stromm, AKA Robot Master, nel dittico Andare avanti e Campo dei sogni23: recuperando questo cattivo creato addirittura su Amazing Spider-Man #37 e apparso sporadicamente nel corso della storia editoriale di Spider-Man, Jenkins costruisce una storia che riflette sul rapporto uomo-macchina, uomo-lavoro e uomo-uomo, mettendo in risalto l’umanità dell’Uomo Ragno anche nei confronti dei suoi nemici, sempre pronto a cercare una strada per fare la cosa giusta.

L’Uomo Ragno contro Goblin: la sfida infinita

Peter_Parker_Spider-Man_Vol_2_44_CoveringMa la vera pietra miliare della gestione Jenkins, quella degna di essere ricordata e che ha di fatto segnato la via non solo per le future storie dell’Uomo Ragno ma per quelle dell’intero universo Marvel, è il trattamento riservato alla nemesi di Peter Parker: Norman Osborn. Creduto morto dopo Amazing Spider-Man #173, nello scontro con Spider-Man successivo alla morte di Gwen Stacy, Goblin era tornato al termine della Saga del Clone, su Spider-Man #75, uccidendo Ben Reilly, rapendo la figlia neonata di Peter e MJ e tornando così a essere il nemico numero uno del tessiragnatele. Sebbene la follia sia una caratteristica storica di Osborn e venga messa in rilievo anche nella miniserie di inizio 2000 Spider-Man: Revenge of the Green Goblin dei veterani Roger Stern, Ron Frenz e Pat Olliffe, Jenkins fa fare un salto di qualità alla pazzia del Goblin, inserendo inoltre nuovi elementi nell’interazione tra lui e Peter. “Le storie su Osborn mi sono servite per parlare di Peter, delle sue paure e della differenza che c’è tra eroe e criminale” afferma Jenkins nell’intervista a Spider-Man Craw Space; in effetti lui e Mackie, già nel dittico Il Richiamo delle Tenebre e Giochi di Luce24 creano un legame nuovo tra i due e al tempo stesso approfondiscono il passato di Osborn: il trauma vissuto da ragazzo per mano del padre viene riversato dal cattivo su Peter, che lo vede come suo legittimo erede e per questo vuole metterlo alla prova, sfibrarlo e portarlo dalla sua parte. Proprio questa distorta e perversa dinamica padre-figlio, come affermato dallo stesso Jenkins, piacque talmente tanto che venne introdotta anche da Sam Raimi nel primo Spider-Man. Il rifiuto di Parker rappresenta una sconfitta bruciante per Osborn, che torna alla carica più folle che mai in Una morte in famiglia25: in questa storia Goblin attacca in maniera sistematica il mondo di Peter, facendo ricadere Flash Thompson nell’alcolismo da cui si era ripreso, mettendolo alla guida di un tir della Oscorp e facendolo schiantare, ubriaco, contro la Midtown High School dove il protagonista è nel frattempo diventato un insegnante di scienze. Non contento, il folle folletto verde rilascia in pubblico un video in cui, mistificando la realtà ma anche facendo leva sul senso di colpa dell’Uomo Ragno, riscrive la storia della morte di Gwen Stacy, incolpando il tessiragnatele di questa tragedia. Jenkins usa Norman Osborn non solo per mettere in scena un personaggio che rivaleggia in follia con il Joker, ma soprattutto per portare Peter Parker alle estreme conseguenze: alla fine del terzo capitolo di questa minisaga, lo scrittore britannico fa pronunciare al protagonista parole mai dette, un “Ti uccido” che dimostra quanto il nemico lo abbia colpito nel profondo e fiaccato. PPSM_Ramos

Ma proprio a questo punto, Jenkins ferma la mano del personaggio. ”Peter è un essere umano, volevamo mostrarlo sotto questa luce. Ognuno di noi può avere una cattiva giornata, toccare il fondo. Ma è questa la differenza tra eroe e criminale: un eroe non uccide, non importa cosa stia succedendo, sceglie di fare il bene e di non spingersi mai oltre” afferma lo scrittore in una intervista: in sintesi, tutta l’essenza dell’Uomo Ragno. Lo scontro tra Goblin e Spider-Man è un gioco di specchi che ha molto in comune con un capolavoro del fumetto supereroico, ovvero Batman: The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland: come in quella storia, anche in questa l’eroe e la sua nemesi si trovano faccia a faccia, perdendosi l’uno nell’altro, due facce di una stessa medaglia che sembra preludere a uno scontro infinito che non può che concludersi con la morte di uno dei due. Eppure Peter, che ben se ne rende conto durante lo scontro, decide di fermare il suo pugno finale. A questo punto Jenkins sfodera una sequenza che rimane impressa nel profondo: nelle tavole finali dello scontro del quarto e ultimo capitolo, Peter e Norman si siedono accanto, si confidano, addirittura arrivano a scherzare e ridere per il nome che Norman avrebbe voluto scegliere al posto di Goblin, ovvero Mr. Coffee, uno snodo simile proprio a quanto visto in The Killing Joke. Dopo questa scena straniante, Peter racconta a Norman cosa ha significato per lui perdere Gwen Stacy, il vero amore di una vita, e che per onorare questo ricordo ha scelto di non odiare proprio chi gliel’ha portata via. Jenkins ha definito questa storia come “il racconto definitivo di Goblin e dell’Uomo Ragno” e in effetti questi quattro episodi ne contengono l’essenza, ma soprattutto segnano la definitiva vittoria dell’eroe sul criminale, non fisica ma morale. Lo scrittore avrebbe poi voluto concludere la storia con un velato omaggio all’Ultima Caccia di Kraven, con Norman Osborn che contempla una pistola pensando di farla finita. La Marvel aveva ovviamente piani diversi per il personaggio, tutti affidati a Brian Michael Bendis: nell’ottima miniserie thriller giornalistica The Pulse, lo scrittore di Cleveland rivelerà al mondo, per bocca di Ben Urich, la vera identità di Goblin, dando così inizio alla trasformazione del personaggio in nemesi dell’intero Universo Marvel, prima alla guida dei Thunderbolts e poi dei Dark Avengers nelle saghe Dark Reign e The Siege che seguirono a Civil War, Secret Invasion e la divisione dei supereroi.

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La saga Una Morte in Famiglia, oltre a essere una storia dall’ottima qualità di scrittura, dal ritmo incalzante e dalla drammaticità studiata in ogni dettaglio, vede anche l’esordio nell’universo del Ragno di un disegnatore che segnerà gli anni ‘10 del personaggio: Humberto Ramos. Dopo aver disegnato varie copertine della serie (a partire dal numero #30), l’artista messicano fa il suo esordio in quest’albo. Pur non sembrando adatto a una storia così tragica e tesa per via del suo stile cartoonesco, esagerato ed esuberante, in realtà il disegnatore riesce a dare una grande prova di sé sia nelle sequenze d’azione, estremamente dinamiche e dal ritmo travolgente, che nei momenti di confronto tra Peter e Norman, nelle loro vesti civili così come quando impersonano i loro alter ego. L’esagerazione dei volti e delle espressioni permette infatti a Ramos di rappresentare con estrema intensità la follia di Goblin, il dolore e lo sconforto di Peter, la sua rabbia irrefrenabile, la disfatta finale di Norman: insomma, forse senza Ramos e senza la sua arte, magari ancora acerba ma anche più sanguigna e istintiva, questa saga non sarebbe stata la stessa e non sarebbe ancora oggi così ricordata. Inoltre, questa storia rappresenta un punto di svolta per entrambi gli autori nel mondo del Ragno: se Ramos sarebbe diventato di lì a poco un disegnatore top della Marvel, Jenkins sarebbe stato richiamato su Spectacular Spider-Man per ripetere il “trattamento Goblin” con altri nemici classici (Venom, Doc Ock e Lizard) non riuscendo bissare lo stesso successo, ma diventando comunque uno degli scrittori più incisivi dell’Uomo Ragno del 2000.

Mark Buckingham: il classicismo in punta di matita

È abbastanza peculiare che la storia più ricordata di una run così leggera e per certi versi classicista come quella di Jenkins sia così cruda e drammatica. Ancor più particolare perché è una delle poche a non essere stata disegnata dall’artista regolare della serie, ovvero Mark Buckingham. Artista inglese che aveva esordito con alcune illustrazione satiriche su testi di Neil Gaiman sul magazine britannico The Truth, aveva poi seguito lo scrittore negli States, dove avrebbe lavorato sul rilancio di Miracleman, su alcuni numeri di Sandman e Hellblazer per poi affermarsi definitivamente con la serie Fables, iniziata nel 2002 e diventata uno dei long seller Vertigo. Nel mezzo si segnalano anche alcune esperienze in Marvel, come inchiostratore di Chris Bachalo su Generation X e Ghost Rider: 2099, prima di approdare come regular su Peter Parker: Spider-Man. Lo stile di Buckingham ben si adatta al registro di Jenkins: il tratto è chiaro, pulito, tondeggiante, quasi da ligne claire francese ma più morbido e patinato; la tavola è sempre costruita con regolarità, prediligendo la comprensione narrativa rispetto allo sperimentalismo. Per questo, soprattutto alcune delle tavole più affollate e ricche di azione risultano ingessate e poco coinvolgenti rispetto a quelle, per esempio, di Romita Jr. su AMS o dello stesso Ramos.

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Il Ragno di Buckingham è tanto elegante e tornito nelle sue volumetrie, quanto bloccato nei movimenti, nonostante alcuni episodi più ispirati (come lo scontro con Fusione in Trecento oppure la frenesia di Giorno di Neve). Quello in cui invece Buckingham si dimostra molto più a suo agio sono le espressioni, talvolta caricaturali, dei personaggi nelle loro vesti civili: la recitazione del viso nelle scene più divertenti dona loro una comicità plastica e slapstick molto azzeccata, forse una reminiscenza degli esordi dell’autore su una rivista satirica. Anche nei momenti più drammatici e tesi l’artista dimostra di saperci fare con l’espressione dei volti, sebbene con risultati più altalenanti e che si fanno via via meno convincenti con l’appropinquarsi della fine della serie. Nonostante questo, Buckingham riesce a esaltare con la sua sensibilità e la sua eleganza mai invadente le storie più riuscite della serie, come quelle dedicate allo zio Ben e Gli eroi non piangono, in cui la scelta delle inquadrature e l’attenzione ai dettagli fanno raggiungere momenti molto toccanti. È proprio questa sintonia a rendere la gestione Jenkins-Buckingham forse non memorabile, sicuramente poco coesa, a tratti strampalata e scalcagnata, ma comunque degna di essere ricordata, non solo per le conseguenze a lungo termine e per la presenza di alcuni elementi avanti coi tempi, ma anche nel contenuto intrinseco di alcune storie che rappresentano piccoli gioielli.

La fine di Peter Parker: Spider-Man: da Paul Jenkins a Zeb Wells

Peter_Parker_Spider-Man_Vol_2_51Dopo il numero #50, la serie Peter Parker: Spider-Man, in maniera un po’ inaspettata, non chiuse i battenti: infatti, dopo la dipartita di Jenkins e Buckingham, Zeb Wells prese il posto del britannico ai testi. , proprio quel Zeb Wells che precisamente 20 anni dopo, nel 2022, sarebbe diventato scrittore unico di Amazing Spider-Man (se volete sapere cosa sta succedendo adesso, in attesa di un nostro articolo di approfondimento, potete dare un’occhiata agli articoli di Andrea Fiamma su Fumettologica). Prima di affermarsi come sceneggiatore televisivo, diventando uno dei principali autori del dissacrante cartone animato in stop-motion Robot Chicken, Wells fece il suo esordio nel mondo dei fumetti proprio su Spider-Man nel 2002. Lo sceneggiatore arriva in realtà su PP:SM in maniera inaspettata e poco sensata, nel bel mezzo della run di Jenkins: nel maggio del 2002, oltre a comparire su Spider-Man’s Tangled Web nella storia Voglia di Gracidare26, Wells firma un dittico dal titolo 15 minuti di Infamia su Peter Parker: Spider-Man #42-4327. La storia riporta in scena l’Uomo Sabbia, rimasto incapace di tornare alla propria forma coesa e mescolatosi con la sabbia di Jones Beach, New York. Disegnata da Jim Mahfood, un autore venuto dal fumetto underground e indipendente statunitense28, 15 minuti di infamia sembra molto più una storia che potrebbe ben figurare su Spider-Man’s Tangled Web che non nel bel mezzo della serie di Jenkins: il racconto è una satira del mondo delle pop star dei primi anni 2000 (compaiono le parodie di Justin Timberlake e gli *NSYNC, Britney Spears e Sisqó), quello di MTV e TRL, dei primi reality e delle feste musicali sulla spiaggia, un mondo in cui lo stesso Spider-Man viene inglobato diventando star ma anche prodotto da mettere in bella mostra in televisione, mentre l’Uomo Sabbia viene reinventato come star hip hop dopo aver assorbito star e partecipanti alla festa sulla spiaggia. Una storia che, riletta soprattutto oggi da chi allora guardava quei programmi e quella televisione, strappa più di un sorriso, appare ancora tagliente per chi riesce a capire le citazioni e prelude a quello che avrebbe poi scritto Wells per Robot Chicken, ma risulta anche totalmente avulsa dai temi di PP:SM.Peter_Parker_Spider-Man_Vol_2_57
Il gusto per personaggi e villain più o meno ridicoli, ma anche per una certa satira di alcune dinamiche del mondo contemporaneo sono forse gli elementi che meglio contraddistinguono il primo approccio di Wells al Ragno. In Un altro lunatico lunedì 29, per esempio, viene presentata l’inedita coppia Shocker – Hydro Man alle prese con ricerca di lavoro, rapine e scontri all’ultima scossa (o spruzzo) con l’Uomo Ragno per i disegni di un Francisco Herrera molto simile, in questa fase, al dinamismo dell’amico e collega Ramos; in le Regole del Gioco30, quasi anticipando tematiche che sarebbero state al centro del dibattito culturale degli anni ‘10 e ‘20 del 2000, Wells sfrutta lo scontro tra l’Uomo Ragno e Boomerang (personaggio fondamentale nella run del 2018 di Nick Spencer) per fare una critica dei social, della società dei reality e del capitalismo, in mano a maschi bianchi, che vuole trasformare tutto in profitto. Infine, per chiudere la sua mini gestione, lo scrittore torna nuovamente a parlare dell’Uomo Sabbia con un approccio totalmente diverso rispetto alle storie precedenti: in Rinascita 31 i disegni suggestivi e onirici di Sam Kieth permettono di riflettere con profondità e atmosfere delicate sull’inconscio del villain, la cui psiche si manifesta in forme diverse (il bambino, la donna, il killer, l’uomo buono) che interagiscono in maniera interessante con l’Uomo Ragno e danno profondità a un personaggio in passato bistrattato. In pochi episodi, dunque, Zeb Wells dimostra quella versatilità che lo porterà poi a tornare sul tessiragnatele, con approcci ancora diversi, durante il Brand New Day e poi, dopo quasi 20 anni dall’esordio, sulla serie ammiraglia del personaggio.

Per concludere questa lunga carrellata dedicata a una delle serie di Spider-Man forse più sottovalutata degli anni 2000, si può dire che, nonostante le molte trovate bislacche e sgangherate, un gusto leggero che a volte sconfinava nel nostalgico e a volte nell’eccessivamente grottesco, Peter Parker: Spider-Man di Paul Jenkins e Mark Buckingham, con la coda di Zeb Wells, pur non essendo una serie memorabile, ha regalato ai lettori alcuni piccoli gioielli in termini di profondità, di dramma e di arguzia, e si è dimostrata in alcuni casi avanti con i tempi, introducendo idee che avrebbero attecchito e sarebbero maturate, non solo nei comics, ma anche al cinema, nell’animazione e nei videogiochi.


  1. nei numeri #10-11, in Italia su UR #292-293/#20-21 , ripubblicata recentemente su Spider-Man Collection # 21 – Forse sognare… 

  2. Perhaps dreaming… su Webspinner #13, ristampato in Italia più volte: dopo la prima apparizione su Uomo Ragno (da ora in avanti UR) #294/ 22, si arriva fino alla recente Spider-Man Collection # 21 – Forse sognare…, ma i più nostalgici apprezzeranno Marvel Mix # 42 – Uomo Ragno Speciale Estate 2002 – Le Storie Più Belle del 2002 

  3. Peter Parker: Spider-Man (da ora in avanti PP:SM) #29, in Italia su UR #333/31 NN, mentre Amazing Spider-Man (da ora in avanti ASM) #29 apparve sul numero italiano 332/30 NN 

  4. Il tie-in con l’evento avviene su PP:SM # 24, in Italia su UR # 322/ #50 NN 

  5. The Best Medicine su PP:SM #20, in Italia su UR # 316/44 NN, poi su Io sono Spider-Man # 1 e su Spider-Man – La grande avventura # 13 – Un giorno nella vita 

  6. Maybe Next Year, PP:SM #33, in Italia su UR #339/ #67 

  7. And Here, My Troubles Begin… su PP:SM #50, in Italia su UR #365/#93 

  8. su Amazing Spider-Man #38, in Italia su UR #348/#76 

  9. in Destinations, su PP:SM #29, in Italia su UR #333/61, che fa coppia con ASM 29 scritto da Mackie e disegnato da un sempre elegantissimo Lee Weeks 

  10. A day in the Life, su PP:SM #21 e in Italia su UR #316/#44 

  11. Days of our Lives, PP:SM #22, in Italia su UR #319/#47, entrambe le storie ristampate anche su Spider-Man – La grande avventura # 13 – Un giorno nella vita 

  12. Three Hundred, PP:SM 30 e UR 335/63 

  13. PP:SM #26, in Italia su #326/#54 

  14. Heroes don’t cry, PP:SM #35, in Italia su UR #341/#69 NN 

  15. oltre il già citato Un giorno nella vita, anche il numero muto Mitici Mimi Marvel del mese ‘Nuff Said, Make Mime Marvel! su PP:SM #38, in Italia UR #349/#77 NN 

  16. infatti, oltre che negli episodi Read ‘em And Weep e nel tie in al crossover Maximum Security: Warning Signs in PP:SM #23-24, in Italia su UR #322/#50 e su Oscar Bestsellers # 1331 – L’Uomo Ragno: La sfida di Venom del 2000, Typeface ricompare in Alphabet City, storia realizzata da Ted Mckeever su Spider-Man’s Tangled Web #18 

  17. If thine eyes offended thee, PP:SM #34 e UR #339/#67 

  18. The big question e The big answer su PP:SM # 48/49, in Italia su UR #363/364 / #91/92 e anche su Spider-Man – La grande avventura # 20 – Una morte in famiglia 

  19. il primo trittico dedicato al personaggio, con le storie Three Hundred, One Small Break e Never Forever, appare su PP:SM #30-32, in Italia su UR #335-336/#63 -65 

  20. PP:SM #39-41, in Italia su UR # 349-351/#77-79 e poi su Oscar Bestsellers # 1436 – L’Uomo Ragno: I Tentacoli del Dottor Octopus del 2004 

  21. e sul personaggio ritornerà nei numeri #6-10 di Spectacular Spider-Man nel 2003, rinnovandone look e background sull’onda del successo del film Spider-Man 2 e della miniserie Uomo Ragno/Doctor Octopus: Anno Uno di Zeb Wells e Kaare Andrews 

  22. Snow Day, PP:SM #27, in Italia su UR #342/#70 

  23. Going on e Fields of dream, PP:SM # 27-28, in Italia su UR # 328-329/ #56-57 

  24. rispettivamente su Call of the darkness, AMS #25 e Games of light, PP:SM #25, in Italia su UR #324-325/ #52-53 e poi su Oscar Bestsellers # 1230 – L’Uomo Ragno contro Goblin 

  25. A death in the family, su PP:SM #44-47, in Italia su #353-355/#81-83 ma recuperabile in blocco su Spider-Man – La grande avventura # 20  

  26. I Was a Teenage Frogman, disegni di Duncan Fregedo, Spider-Man’s Tangled Web #12, in Italia su UR #351 / #79 

  27. In Italia pubblicato, in maniera ben più sensata, dopo la fine della gestione Jenkins su UR #366-367 

  28. Mahfood disegnerà anche il numero #19 di Spider-Man’s Tangled Web, dal titolo Call of the Wild, in Italia su UR # 376 / #104 

  29. in originale su PP:SM #42-43 col titolo  Just another Manic Monday, citazione della canzone dei The Bangles, in Italia su UR #371-372 e poi ristampata su Spider-Man – La grande avventura # 6 

  30. The rules of the game, PP:SM #53-55, in Italia su UR #377-379 

  31. Rebirth, PP:SM # 56-57, UR # 380-381 

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