Spider-Man: 60 stupefacenti anni è il volume realizzato da Marco Rizzo e Fabio Licari – già autori di Marvel: 80 meravigliosi anni e Capitan America: I primi 80 anni – per Panini Comics che ripercorre i sessant’anni del personaggio attraverso la sua storia editoriale: dalle prime storie create da Stan Lee e Steve Ditko, da John Romita Sr. a John Romita Jr., da L’ultima caccia di Kraven a Spider-Verse, da Gwen Stacy a Miles Morales. Interviste, retroscena e curiosità e un ricco apparato formato da infografiche e immagini rare.
Presentiamo di seguito uno dei capitoli del volume, dedicato all’analisi di una delle saghe che hanno segnato gli anni ’90 del XX secolo del Ragno, quella del clone.
Il ritorno del clone
di Marco Rizzo
L’editor Danny Fingeroth (che a inizio 1991 aveva sostituito Jim Salicrup) era solito convocare delle riunioni con tutti gli sceneggiatori impegnati a scrivere storie di Peter, sui mensili Amazing, Spectacular, Web of Spider-Man e sulla nuova serie quadrimestrale Spider-Man Unlimited. Fu in uno di questi incontri, dove gli autori si scambiavano idee e spunti, che lo sceneggiatore di Web of Spider-Man, Terry Kavanagh, ebbe un’idea che animò la discussione per ore.
I presenti raccontano che qualcuno venne a bussare dalla sala accanto: gli Spider-sceneggiatori stavano facendo troppo baccano! Kavanagh aveva ragionato sul fatto che Peter fosse ormai adulto, viveva in un bell’appartamento a Manhattan, era sposato con una donna splendida e adesso aveva anche una figlia in arrivo. Difficile per un lettore adolescente immedesimarsi nel personaggio! Anche qualcuno ai piani alti della Marvel condivideva le preoccupazioni. Ma come risolvere il dilemma? Come rendere Peter Parker in modo che fosse più facile identificarcisi, senza cancellare decenni di storie o compiere stragi di familiari?
Kavanagh ripensò a quel breve ciclo di storie in cui lo Sciacallo aveva creato dei cloni di Peter e Gwen. Cloni e manipolazioni genetiche erano tornati nel dibattito pubblico e scientifico. Quanto a Spidey, credevamo che il suo clone fosse morto al termine di Amazing 149. Ma se non fosse stato così? E se il Peter Parker di cui i lettori avevano seguito le avventure dal 1975 e fino a quel momento fosse stato in realtà una sua copia? E se il vero Peter fosse quello creduto morto?
Fingeroth, inizialmente, non era convinto, ma presto si fece coinvolgere dall’entusiasmo degli sceneggiatori, autori esperti e stimati come DeMatteis, Howard Mackie e lo stesso Kavanagh. La saga venne delineata in gruppo: il vero Peter era sopravvissuto e aveva vissuto nell’ombra, con una nuova identità, quella di Ben Reilly, un nome che omaggiava zio Ben e May Reilly Parker. Il Peter sposato con MJ era in realtà il clone.
“Ben” avrebbe preso il posto di Peter, che nei piani iniziali sarebbe morto eroicamente. Nel giro di tre o quattro mesi, i lettori si sarebbero trovati davanti a un nuovo status quo. Presto anche Tom DeFalco, nuovo Editor in Chief della casa editrice e veterano delle Spider-collane si convinse. Anzi, una volta lasciata la sua posizione dirigenziale, scrisse alcuni dei capitoli più intensi della saga.
Gli autori ebbero il via libera e le testate si intrecciarono sempre di più, raccontando un’unica e lunga storia. Su Web of Spider-Man 117 Ben, tornato dal suo esilio, aveva affrontato il suo alter ego. Inizialmente, Peter credeva di essere impazzito. Qualche spiegazione e un po’ di tensione dopo, Peter accettò Ben, convinto fosse il clone. Ben indossò il costume di Ragno Rosso, progettato dal disegnatore Tom Lyle, per continuare a fare l’eroe. Su Spectacular Spider-Man 226, nei cupi disegni di Sal Buscema inchiostrati da Bill Sienkiewicz, venne data l’incredibile notizia: Ben è l’originale e Peter è il clone.
«Quando gli autori delle serie di Spider-Man mi hanno proposto la trama, erano tutti molto appassionati e coinvolti. Ho pensato che lo sarebbero stati anche i lettori. Avevo ragione.» (TomDeFalco)
Per approfondire il personaggio, non mancarono le uscite speciali. DeMatteis, per esempio, raccontò cosa era accaduto nel frattempo a Ben nella malinconica miniserie The Lost Years (agosto-ottobre 1995) disegnata da John Romita Jr. Negli ultimi due mesi del ’95, i classici titoli vennero temporaneamente sostituiti: i lettori trovarono sugli scaffali Amazing Scarlet Spider, Spectacular Scarlet Spider, Web of Scarlet Spider e Scarlet Spider, tutti incentrati su Ben.
Sebbene nei piani iniziali dovesse durare solo tre o quattro mesi, la Saga del clone divenne una delle storie più lunghe mai pubblicate dalla Marvel, coinvolgendo le testate di Spidey per ben tre anni. Gli autori ne ritardavano la conclusione, arricchendo le trame di nuove idee e colpi di scena, alcuni dei quali mai risolti o rivelatisi red herring (piste false). Gli sceneggiatori si avvicendarono e anche i principali promotori della saga, Kavanagh e DeMatteis, lasciarono le serie e vennero sostituiti, rispettivamente da Todd DeZago e Tom DeFalco. Ma in tutto ciò, il successo commerciale confortava l’editore. I lettori continuavano a seguire la Clone Saga, intrigati. Nelle storie, fioccavano nuovi personaggi come il misterioso Judas Traveller oppure Kaine, clone perduto e corrotto. Altri tornavano in scena, come un redivivo Sciacallo, ricomparso nell’evento Maximum Clonage. E nel caos del periodo, Peter e Ben assistettero inermi alla morte di zia May. La copertina di Amazing Spider-Man 400 (aprile 1995), un toccante numero firmato da DeMatteis e Mark Bagley, rappresentava una lapide e aveva un effetto al tatto che ricordava una pietra.
Ringraziamo Panini Comics e gli autori per la gentile concessione.