La cover riporta agosto 1962, ma l’albo viene rilasciato il 5 giugno di quello stesso anno, come da tradizione nei comics americani. Ma Amazing Fantasy #15 non è il solito fumetto contenitore di varie storie brevi, è un numero che passerà alla storia: su quelle pagine compare per la prima volta lo stupefacente Uomo Ragno (colui che tutti oggi, anche in Italia, chiamano Spider-Man), il più famoso supereroe della Marvel Comics, nato dalla penna di Stan Lee e soprattutto dalla matita nervosa, agile e stilizzata di Steve Ditko.
Sessant’anni dopo, per celebrare questo albo, la Casa delle Idee ha pubblicato l’antologico Amazing Fantasy 1000 che ora Panini Comics presenta al pubblico italiano, ripetendo l’operazione fatta per festeggiare gli 80 anni della casa editrice con Marvel Comics 1000. Otto storie dedicate a diversi aspetti del personaggio realizzate da otto differenti team creativi, alcuni dei quali al primo lavoro sul ragno. È forse questa una delle caratteristiche più interessanti e al tempo stesso più dubbie dell’operazione: la Marvel decide infatti di coinvolgere alcuni dei disegnatori ragneschi più importanti degli ultimi quindici anni ma di non celebrare storici sceneggiatori che hanno reso grande il personaggio, perdendo così l’occasione di tributare loro un giusto omaggio; al tempo stesso sceglie di non sguazzare nella nostalgia per dare a voci diverse il compito di offrire una prospettiva diversa sul personaggio. E questo si traduce in un albo dalle tonalità e tematiche variegate, con storie non sempre riuscite a cui si affiancano piccoli gioielli.
Partendo dagli episodi meno convincenti, forse il meno riuscito, o quantomeno il più criptico, è quello dell’autore indipendente Ho Chi Anderson: In the flash è una storia dalle forti atmosfere horror ambientata in un ospedale psichiatrico, che ha per protagonista Arnulfa Gonzalez, una donna che non ha nessun legame con Spider-Man, ma i cui traumi l’hanno portata ad avere il terrore dei ragni. Un terrore che è ben reso dalla superstar del Ragno del ventunesimo secolo Giuseppe Camuncoli che si diverte, insieme a Klaus Janson e Jordie Bellaire, a mischiare uno stile più sporco del solito a uno retro fatto di retini e colori accesi, financo acidi, in omaggio forse alla grande epoca del fumetto horror statunitense della fine anni ’40 fino alla metà dei ’50.
Per due terzi della storia, l’episodio, pur intrigante e disturbante nella sua costruzione, resta totalmente scollegato dalle atmosfere e dal focus dell’antologia, omaggiando solo tangenzialmente il periodo più cupo (e a volte vagamente horror) del ragno di fine ’70 e ‘80. Solo climax dell’episodio, che arriva con l’incontro carico di simboli tra Arnulfa e l’Uomo Ragno, lo fa riallacciare all’intento dell’antologia, presentando il protagonista come figura salvifica: ambientando la storia poco dopo la morte di Gwen Stacy, l’incontro tra i dolori di Arnulfa e Peter si risolve in un attimo di comprensione e di quiete, forse addirittura di liberazione per la donna.
In Spider-Man vs Conspiration il comico e sceneggiatore Armando Iannucci, pluripremiato autore britannico per varie serie tv comedy, unisce le forze con Ryan Stegman per raccontare una storia di fake news e cospirazioni che ha come fulcro il Daily Bugle e una battaglia contro un supercriminale che diffonde false informazioni grazie a un cocktail di allucinogeni.
La storia, esasperando e prendendo in giro il giornalismo sensazionalistico di J. Jonah Jameson, fa una satira della nostra contemporaneità, con alcune battute gustose che strappano un sorriso, anche grazie allo stile deformed, esagerato e dinamico di Stegman e i colori caldi e accesi di Matthew Wilson. Nel complesso però l’episodio non riesce veramente a dire qualcosa sul valore del supereroe o del suo mondo, né a risultare veramente spassoso o dissacrante, assestandosi quindi su una mediocrità che non riesce veramente a trasmettere qualcosa e rimanendo così avulso dal resto dell’antologico.
Sempre restando nel Daily Bugle, è di ben altra profondità e delicatezza la storia di Rainbow Rowell, che nella sua brevità riesce a dare una fotografia accurata, divertente e toccante della redazione del Bugle, della sensibilità e della leggerezza di un giovane Peter Parker, della positività e energia di Betty Brant, della bonaria aura paterna di Joe Robertson. Il tutto magnificamente disegnato da un Oliver Coipel lontano dalla potenza di certe sue opere del passato, più delicato e leggero, elegante e agile come il suo Ragno, grazie a una inchiostrazione leggera, che lascia intravedere il segno sottostante.
L’ambientazione urbana, il crimine di strada e il legame con New York, elementi che hanno fatto la fortuna l’Uomo Ragno negli anni ‘80 e che sono un altro motivo dell’empatia che le sue storie suscitano del lettore, sono i protagonisti di Just Some Guy, scritta da Anthony Falcone e Michael Cho per i disegni e i colori dello stesso Cho. Il tratto geometrico ma dolce, la costruzione chiara delle tavole e i colori caldi pastello danno alla storia un gusto classico e moderno al tempo stesso, così come la trama, che vede Spider-Man alle prese con un criminale qualunque, Frankie, e con Fancy Dan, Bue e Montana Bale, ovvero i duri. La vena quasi nostalgica con cui è narrata questa avventura semplice, fatta di crimini molto umani e poco super, permette a Falcone e Cho di distillare alcuni elementi del personaggio: la sua attenzione a ogni singola persona, il suo essere vicino alle vicende umane, anche quelle di un criminale, la sua missione guidata dall’insegnamento dello zio Ben.
Slaves of the Witch-Queen è la storia dal carattere più filologico dell’intero numero, e non a caso è affidata a Kurt Busiek, vera e propria enciclopedia del fumetto statunitense. Lo scrittore infatti sfrutta questo numero non solo per omaggiare Spider-Man – parte che risulta non proprio riuscita – ma anche e soprattutto per celebrare Amazing Fantasy #15, riprendendo una delle storie contenute in quel numero oltre alle origini dell’Uomo Ragno, ovvero The man in the mummy case, e dandole una conclusione ufficiale con un crossover con il supereroe. Benché la storia langua nel ritmo e risulti non proprio avvincente, l’idea di base resta divertente e stuzzicante. Alle matite, inchiostri e colori, i coniugi Terry e Rachel Dodson tornano a disegnare Spider-Man a quasi vent’anni dal Marvel Knight: Spider-Man realizzato con Mark Millar: una prova abbastanza buona anche se lontana dai fasti della coppia, che in questo caso non sempre riesce a essere dettagliata o dinamica come la situazione lo richiederebbe, ma capace di realizzare alcune sequenze muscolari e plastiche.
Infine arriviamo alle storie più convincenti del volume, ovvero quelle che catturano al meglio l’essenza e il fascino del personaggio, nonché l’amore e la passione che suscita nei suoi fan.
In Sinister 60th il veterano Dan Slott, deus ex machina del Ragno negli anni ’10 del XXI secolo e lo sceneggiatore con l’attivo più storie scritte per il personaggio, immagina le avventure di uno Spider-Man sessantenne, più lento, più fragile, ma non per questo meno caparbio e desideroso di fare del bene. Il sessantesimo compleanno viene interrotto da una scazzottata con il nuovo Avvoltoio e da una sparatoria che spedisce l’ormai anziano Peter Parker in ospedale. Una lunga processione di newyorkesi visita il capezzale del supereroe per dimostrare la propria gratitudine, prima che il “Nonno Ragno” scappi per raggiungere Mary Jane Watson e festeggiare con lei. Nelle poche pagine di una storia improntata su sentimenti positivi, ironia e tanto cuore, Slott definisce gli elementi fondamentali del personaggio: senso di sacrificio ed abnegazione, legame con la propria città e la propria comunità, l’amore per la sua Mary Jane. Allo stesso tempo, rappresenta al meglio tutte le relazioni che ha costruito nel corso degli anni: con la gente comune, con i dottori, con sua moglie. Il tratto cristallino di Jim Cheung e i colori accesi di Ramos ben si adattano al tono della storia, soprattutto nei momenti in cui si indugia sulle espressioni dei personaggi, sul movimento delle loro labbra, sulla mimica del corpo.
Jonathan Hickman sceglie di avventurarsi in uno Spiderverso di sua invenzione, recuperando (anche scherzosamente) l’idea del Consiglio dei Reed escogitata nei primi numeri della sua run sui Fantastici Quattro. In una storia fatta solo di dialoghi tra il Peter di Terra 616 e i suoi omologhi di altri universi, tra una battuta scherzosa e l’altra, Hickman eleva il personaggio a eroe tragico del quotidiano, “the hardest working down-on-our-luck hero of the universe”, colui che è sempre disposto a lottare, che se cade si rialza. Quasi un paradosso, che la storia più fantascientifica del volume sia quella che parla di eroismo dal volto più umano, affermando che proprio la resistenza umana di Peter, il suo bisogno di far bene e il suo non tirarsi mai indietro sono le vere qualità che lo rendono un supereroe.
Ad aggiungere potenza simbolica al racconto ci pensa Marco Checchetto (colorato da uno splendido Frank Martin): l’artista italiano studia ogni passaggio di vignetta, ogni inquadratura, ogni posizione per sottolineare le sfumature degli scambi tra i personaggi, i loro sentimenti nascosti sotto la maschera, le loro espressioni. La presenza fisica degli Spider-Man in mezzo al vuoto siderale di una regione ignota dello spazio pone i personaggi al centro dell’attenzione, creando uno spazio intimo e epico al tempo stesso. Epicità che esplode con il ritorno a casa del Peter che conosciamo, nel salto fuori dalla pagina mentre tutta New York lo osserva a bocca aperta.
Infine, la storia di Neil Gaiman e di uno Steve McNiven sempre piu’ “quitelyzzato” parla di un bambino, della sua fame di storie, di come un eroe come l’Uomo Ragno gli abbia insegnato la potenza delle narrazioni. Non è importante che quel bambino sia Neil Gaiman stesso, perché quel bambino è in verità tutti noi: come lui, ognuno di noi è stato ispirato in un modo o nell’altro da questo eroe così familiare, così vicino alla nostra esperienza quotidiana. Ed essendo un vero esperto di Sogni, attraverso la storia la Gaiman realizza (e ci fa realizzare) un desiderio recondito e fortissimo: incontrare il proprio eroe e rimettersi a giocare come un bambino.
E non è un caso che questa sia la storia di chiusura più adatta per una antologia fatta di sentimenti positivi, solare e piena di umanità e speranza, quella che sopravvive anche nei momenti più bui e difficili. Perché in fondo sono questi i motivi per cui noi amiamo così tanto Peter Parker, l’Uomo Ragno.
Abbiamo parlato di:
Amazing Fantasy #1000
AA.VV.
Traduzione di Pier Paolo Ronchetti
Panini Comics, gennaio 2023
96 pagine, brossurato, colori – 13,00 €
ISBN: 9788828728214