Post Coitum: le vignette-fumetto di Makkox e la vittoria sul nulla

Post Coitum: le vignette-fumetto di Makkox e la vittoria sul nulla

Le vignette di Makkox per ilpost.it diventano un volume che rilegge la fine del coito-amore di Berlusconi col popolo italiano durato un ventennio, popolato dalle macchiette sfigurate e carnevalesche dell’eterna commedia italiana.

Prima di parlare di questo libro c’è un dato di fatto, mio, personale, non posso prescinderne.
Da un anno circa leggo in rete, più o meno quotidianamente, le “vignette” che Makkox pubblica su ilpost.it. Le ho amate, le ho attese, ci ho riso, ho chiamato moglie e amici a leggerle, le ho condivise. In diretta. Live.
E sono la gran parte di quelle “vignette” a far parte di questo volume. Sono “quelle”. E’ così.

E poi c’è l’altro dato di fatto, che riguarda queste “vignette” prima del volume.
Da qualche anno sembrava obbligatorio porsi seriamente davanti a Makkox, i rumors di fondo e i pareri di amici fidati; la facilità di segno era fin troppo evidente, idem la baldanza sincera; pure, qualcosa mi stonava: troppo, troppo poco, caos, pupazzetti, un librino splendido e mezzo, qualcosa non mi accontentava mai.
Poi, loro, le “vignette” de ilpost.it.
Perfette: i personaggi, le pose, le movenze, il ritmo, le idee, la scrittura, i vuoti, i pieni, il testo, il testo in più, il testo segno, il naif, la posizione delle diverse battute nella pagina, le battute scritte, quelle disegnate, il loro dialogare creando effetti pirotecnici, il ruolo dei colori, la capacità di cogliere in tanti momenti meno significanti il sale di verità di quel dato giorno, segmento di quell’era. E il loro esemplare essere non vignette, ma brevissimi e brevi fumetti.

Non c’erano più dubbi, Makkox era uno dei grandi talenti del momento, uno di quelli non facilmente esauribili, non facilmente dirigibili; uno che se non lo capivi sbagliava lui a scartare troppo ma sbagliavi anche tu a guardare solo un possibile gioco, uno che non ti accettava passivo, uno che eccedeva per generosità, uno che, se cade, domani rinasce ed è diverso.
Ho desiderato per un anno un libro che raccogliesse in carta tangibile questo mio godere e questo mio capire, di pancia e di cervello, che lo fissasse e lo regalasse alla storia.
Ecco, questo “Post Coitum”, Bao Edizioni, prima del volume stesso, per me è già tutto questo, la sintesi raccolta e ordinata dall’autore di una delle mie esperienze a fumetti più importanti dell’anno, precedentemente disseminata, diversa e virtuale. E capite che già non è poco.

E poi c’è il volume, e il quando arriva, e la storia e la Storia, e le “vignette” che son brevi fumetti dentro nella storia, un po’ come nel librino mezzo, ma la carta le cambia, e lo spartiacque e tutto il resto.

Il volume, coi suoi 18 x 33,5 cm., che a volte ne capitano così, ma sono coricati, per le strips, mai in altezza. Coi suoi 2,5 cm. di spessore e il suo bel 1,2 kg. di carta spessa. Che sembra un mattoncino più lungo ma elegantemente bianco. E che ti si pone davanti come una cosa che vuole essere da subito diversa, speciale, che non si accontenta.

La storia, perché Makkox sostiene che il libro ha il senso di una storia e non di una semplice raccolta, perché è il resoconto della fine politica di Silvio Berlusconi e della fine del suo coito-amore col popolo italiano durato un ventennio, chiusa tra l’addio al suo partito del cofondatore Gianfranco Fini e l’annuncio di Berlusconi, col cuore che gronda sangue, di manovre che saranno il definitivo risveglio nella crisi più profonda.

Funziona un po’ si e un po’ no, a leggerlo normale, come un libro in sequenza, le vignette riviste tutte insieme. Funziona quando Berlusconi e Bossi e Fini e Tremonti sono le macchiette sfigurate e carnevalesche dell’eterna commedia italiana, con stacchi periodici su Bersani nella casa accanto.
Meno quando il ritmo del racconto viene continuamente interrotto da cose che non c’entrano con quella commedia, dal mondo: da  Bin Laden e da Obama, dalla televisione e dalla realtà, da troppi figuranti minori. La cronaca è impietosa e il racconto si frantuma troppo.
Fatica nel dover riconoscere momenti che, è vero, nel momento in cui accadevano davano il senso del tragico ridicolo in cui si era immersi.
Ma che ora, dopo il risveglio amaro, scopriamo pochezze a cui in fretta abbiamo poi saputo ridare il vero peso che avevano, ovvero quasi nulla.

Eppure di molte di queste pochezze è stata realmente disseminata la costruzione di questo pezzo di Storia con la S maiuscola, e se il racconto farragina la satira, quella vignetta per vignetta, non fa che al meglio il suo mestiere e sarà prezioso per gli storici, per capire un anno altrimenti incomprensibile.

Il caso ha voluto che abbia riletto “Post Coitum” e scritto questa cosa nei giorni immediatamente seguenti le dimissioni definitive di Berlusconi da presidente del consiglio dei ministri della Repubblica Italiana. Ed è incredibile come il chiacchiericcio e le mossette, le astuzie e le polemicucce e i mille figuranti dell’Italia 2010-2011 si evidenzino a Storia conclusa come un racconto fondato sul nulla, postmoderno pop di terz’ordine in salsa Mediaset, senza nemmeno gli eroi finti e i drammi esagerati di una fiction tivù o di una telenovela. Anche qui sta la difficoltà del racconto. Ma la colpa qui non è dell’autore, la colpa è del re, e degli spettatori ipnotizzati dal racconto di quart’ordine che il re aveva costruito su misura per loro.

Poi però c’è la vignetta del 14 dicembre 2010. E tutto cambia verso. Perché ricordo perfettamente, un ricordo amarognolo, la risatella che ci feci quando la vidi in diretta apparirmi sullo schermo del pc. Berlusconi tutto sott’acqua, zavorrato al fondo e con fuori dall’acqua solo il naso e la bocca per faticosamente respirare, che faticosamente ma comunque, ribadisce: “Vittoria!”.
Ma io la rileggo oggi, dopo la fine del regno tenuto per undici mesi così faticosamente in apnea, e oggi questa vignetta (immagine, sequenza) si svela. Aveva vinto Makkox, dodici mesi fa.

“Vignetta”, sequenza, sequenza di brevi fumetti. In realtà il racconto c’è, e fila via liscio. Il problema è che lo leggiamo come un libro, e il ritmo giusto si fatica a vederlo. Bao e Makkox hanno fatto del loro meglio, non c’è dubbio, nell’adattare brevi fumetti, nati per uno sfoglio virtuale scendendo in giù, pagine e ritmi nati ognuna in lunghezze diverse, quel che serviva per quel che doveva essere perché il web consentiva, dentro un contenitore stretto e finito, per quanto ti puoi inventare un formato bizzarro, qual è il libro.
Lo ripeto, non sono vignette, hanno un tempo interno di lettura anche quando hanno solo un disegno, che è dato dalla gabbia di colore, dalla scrittura attorno, a volte anche lontana scendendo giù, perché il breve fumetto non termina mai se non con la firma, o addirittura vicino alla firma. Ed è, questo, un fumetto senza gabbie in cui Makkox è un maestro, ce lo aveva già dimostrato ma mai come qui, in queste “vignette” dilazionate in cui comanda lui. Il fumetto è ritmo!

Così nel volume Bao, sia la raccolta sia il racconto-storia soffrono un po’ la traduzione in carta (come d’altronde inevitabilmente le poesie… la poesia è ritmo!).
Sole, perdono qualcosa.
In fila orizzontale, si ammucchiano, confondono dimensioni colori e lettering, caotizzano primattori e figuranti, perché sembrano un po’ troppo vignette con qualche fumetto piazzato a caso qua e là.
Ma se fai uno sforzo di tuo, e le rileggi a mo’ di catalogo della loro versione originale e virtuale, eccole che tornano appieno brevi fumetti e, negli stacchi tra brevissimi e brevi racconti, la partitura generale si ricompone; come una sinfonia d’altri tempi, Schulz o Kelly nei loro racconti piani e sequenzati in brevi fumetti uguali, strip su strip, che si fa jazz. La trama è una, ma ha toni e colori e assiemi e assoli lunghi o corti alla bisogna, strip virtuale su strip virtuale si può. Jazz italiano, quindi terrone, Jacovitti e Pazienza e Arlecchino e Dario Fo omaggiati ad ogni dove, la commedia dell’arte coi suoi degni protagonisti in salsa secolo XXI. E, certo, il concerto-racconto è una cacofonia ilare e demente, ma questo siamo stati e ancora siamo, Makkox  il cantore dei guitti non poteva scrivere diverso…

(Qui ci vorrebbe una cosa sul librino mezzo prima citato, che è poi “Le [di]visioni imperfette”, Coniglio Editore, dove Makkox mostra la potenza di un fumetto che stacca completamente pagina dopo pagina, fatte solo di tavole intere, e dove lo spazio del racconto tra una tavola-pagina e l’altra si allarga a dismisura, trovando paragoni solo nei fumetti su muro di Giotto o Filippino Lippi, eppure mostrandosi appieno fumetto moderno.
E a seguire un’altra cosa su come un racconto composto da tanti brevi comics brevi-vignette allungate, quale in certo modo è “Post Coitum”, non sia forse un’ulteriore evoluzione di questa sua particolare abilità e peculiarità  di costruire racconti unitari spezzati in brevissime pose lontane tra loro nello spazio e nel tempo eppure sequenziali.
E anche del ruolo del narrato nei suoi fumetti dove il salto non c’è, ma qui esulo davvero…)

E forse ho esagerato, e certo ho quasi finito, e comunque adesso viene il bello, perché ora che Makkox ha vinto, e l’abbiamo riconosciuto che è uno di quegli italiani del fumetto davvero bravi e stop, che stanno sulle dita di una mano, e ha antologizzato questo e gli altri momenti di questa sua consacrazione, e ha vinto persino su Silvio Berlusconi, adesso Makkox ha l’onere e il dovere di confermarsi e ri-sorprenderci, ripartendo da zero e dal podio. Affinando anche. Ma confido e so.

Sappia invece chi non sa o ancora non vuole accettarlo che, quantomeno nella satira, la satira oggi in Italia è Makkox, il resto è passato. Passato in pochi casi splendidamente presente, in tanti polverosamente non più che dignitoso, nella gran parte inutile. Ma passato.
La satira oggi in Italia è Makkox, e “Post Coitum”, Bao Edizioni, è la sua, oggi (2011), fotografia.

Abbiamo parlato di:
Post Coitum
Makkox
Bao Publishing, 2011
256 pagine, cartonato, colori – 24,50€
ISBN: 8841871350

Riferimenti:
Makkox su ilpost.it: www.ilpost.it/makkox

1 Commento

1 Commento

  1. Marco Pellitteri

    16 Gennaio 2012 a 17:04

    Bellissimo articolo. Perché a me le vignette di Makkox piacciono in genere poco. Me le hai spiegate in modo eccelso.

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