Patience, l’eroina senza virtù di Daniel Clowes

Patience, l’eroina senza virtù di Daniel Clowes

Si può criticare un'icona del fumetto contemporaneo? "Patience" è il lavoro più lungo e complesso di Daniel Clowes, ma non il più riuscito.

  Something Happened To Me Yesterday

Patience e Jack sono una giovane coppia dei nostri giorni tempi, costretta ad affrontare i problemi comuni alla propria generazione – difficoltà lavorative e incertezza per il futuro – che si mischiano a insicurezze personali. Il tutto esasperato dalla notizia dell’arrivo di un figlio.
È nel mezzo di questo trambusto emotivo che un evento drammatico, ovvero l’omicidio di Patience, fa deflagrare il precario equilibrio di Jack, che precipita in un abisso dal quale non sembra esserci via di fuga, a meno di non poter riscrivere il passato e prevenire così la morte dell’amata.
Opportunità che, in maniera del tutto inaspettata, qualche anno dopo il caso offre al ragazzo, nel frattempo divenuto un uomo sopraffatto dalla sofferenza e alla deriva.
Jack scopre infatti in maniera bizzarra e del tutto fortuita che la macchina del tempo esiste: è quindi possibile modificare il corso degli eventi, salvare Patience e il bambino.
L’uomo inizia così una disperata crociata nella quale si trova a rimbalzare tra periodi temporali diversi, carnefice e allo stesso tempo vittima di una situazione che non riesce a padroneggiare completamente e che affronta con una determinazione tanto risoluta quanto cieca.

We’re Wastin’ Time

Patience arriva dopo ben 6 anni dal precedente lavoro di Daniel Clowes, una gestazione lunga che ha inevitabilmente alimentato le aspettative degli ammiratori dell’autore di Chicago.
L’idea per il libro nasce dalla selezione fatta da Clowes dei propri lavori in occasione della mostra inaugurata in California nel 2012 dal titolo Modern Cartoonist: The Art of Daniel Clowes.

Per l’autore riprendere in mano la produzione precedente ha significato non solo intraprendere un percorso a ritroso nel tempo, quanto prendere atto, attraverso i suoi lavori, di quanto fosse cambiato come artista e come persona, da giovane fumettista di nemmeno trent’anni ad affermato autore cinquantenne padre di un bambino. Premesse importanti quindi, che portano ad affrontare la lettura convinti di avere tra le mani il lavoro della maturità di Clowes, che pure di opere importanti ne ha sfornate e non ha certo bisogno di una consacrazione che pubblico e critica gli hanno riconosciuto già da tempo, e che l’apparizione in un episodio dei Simpson, assieme a pilastri del fumetto USA come Alan Moore e Art Spiegelman, ha sancito definitivamente.

Oltretutto Patience è il libro più lungo mai disegnato/scritto da Clowes. Un’opera che nasce quindi da uno sguardo retrospettivo, con la conseguenza, forse ineludibile, che uno dei temi centrali del libro sia lo scorrere irreversibile del tempo – assieme a quello della paternità, su cui torneremo più avanti -, tema che emerge con tutta la sua gravità e si impone in maniera angosciante in quasi tutte le pagine.

Time waits for no one

Quello dei viaggi nel tempo è un soggetto caro ai lettori di fantascienza e nella tradizione del genere ha prodotto racconti che di volta in volta hanno ipotizzato esiti differenti, spesso proponendo variazioni su temi ricorrenti.
Tra questi spiccano due questioni principali: cosa succede se incontro me stesso? Possono le mie azioni modificare il presente da cui provengo?

Anche il fumetto ha ovviamente trattato l’argomento, in decine e decine di racconti apparsi ad esempio su Weird Science o Weird Fantasy, pubblicati anche in Italia dalla 001 Edizioni.
Si tratta di veri e propri classici che Clowes, autore colto e raffinatamente retrò, conosce perfettamente e spesso cita, prendendone però le distanze con il suo solito sarcasmo. A pagina 63 fa dire al suo protagonista che“tutte queste stronzate fantascientifiche sono troppe per il mio cervello ritardato”, specchio della visione dell’autore che in un’intervista pubblicata su wired.com ha dichiarato di non sopportare quei fumetti in cui gli eroi sanno sempre cosa fare e come affrontare qualsiasi situazione, anche quelle più assurde. E infatti il suo di protagonista procede a tentoni, collezionando sopratutto insuccessi e agendo in maniera ben poco etica.

Quello che invece Clowes recupera dai fumetti degli 50 è la semplicità dell’intreccio, che consiste di fatto nelle reiterate manovre di Jack per evitare la morte di Patience, tutte finalizzate a neutralizzare il suo potenziale assassino. Un canovaccio semplice e minimalista che si articola in sequenze che si avvicendano, prive però di un’orchestrazione generale che le metta in relazione.
E anche quando la narrazione alterna passato e presente, mostrando l’eterogenesi dei fini innescata da Jack, tutto questo resta comunque marginalizzato da una narrazione talmente anticonformista da evitare qualsiasi forma di climax e drammatizzazione, a favore di un minimalismo naif e di una compostezza formale fortemente antiquata. Ma se i racconti della EC Comics erano di otto tavole, il lavoro di Clowes di tavole ne conta ben 180, e si sentono tutte.

You can’t always get what you want

Finora l’autore aveva pubblicato principalmente delle storie brevi o a episodi, utilizzando una parcellizzazione del racconto che non abbandona nemmeno in Wilson, uscito nel 2010 nel formato graphic novel, ma di fatto strutturato in singole tavole autoconclusive.
Per questo libro Clowes cambia metodo di lavoro: decide di non “chiudere” la sceneggiatura ma di procedere di pari passo con scrittura e disegno, lasciando più spazio all’improvvisazione.
Ne esce, come detto, il suo libro più corposo e sicuramente uno dei più interessanti e ricchi a livello tematico, ma anche una lettura a tratti noiosa e pedante. Colpa di una gestione del ritmo che spesso non convince, con una narrazione che incalza e imprigiona il lettore (alla stregua del protagonista) in una modularità claustrofobica carica di tensione ma eccessivamente ripetitiva.

Una delle peculiarità stilistiche di Clowes è la capacità di creare brevi sequenze efficaci nel descrivere gli stati d’animo dei propri personaggi, ricorrendo a una sintesi narrativa quasi perfetta nel suo bilanciamento tra testo e immagine. In Patience queste qualità paiono annacquate, le sequenze si allungano, si accavallano senza soluzione di continuità o perdono di vigore appesantite dall’uso massiccio di didascalie. Non è un caso che una di quelle che più restano impresse è quella breve e perlopiù muta in cui Jack incontra se stesso da bambino e la propria madre.
Clowes riesce a trasmettete in poche vignette e attraverso pochissimi ballon tutta la nostalgia e l’emozione che un incontro del genere può suscitare. Ma si tratta di un episodio quasi isolato all’interno di una narrazione in cui gli avvenimenti si rincorrono senza lasciare il tempo di tirare il fiato, pervasa da una forte carica drammatica che si allenta solo di rado e alla quale avrebbe sicuramente giovato quella vena comica che ha contraddistinto i lavori precedenti dell’autore, ma che qui appare quasi del tutto assente, nonostante una cover mai così solare.

She’s a rainbow

Al personaggio di Patience spetta infatti non solo l’onore di dare il titolo al libro ma anche quello di dominare la copertina, che strizza l’occhio nella colorazione e nella composizione ai comics del passato, con un chiaro intento comico da parte dell’autore: la cover enfatizza infatti sia la figura dell’eroina che l’appartenenza della storia al genere fantascientifico, quando si tratta in realtà di promesse mancate.

È questo uno dei codici comici tipici dell’autore: la contrapposizione tra ciò che appare e quello che invece è, il gioco (che chiama in causa la competenza del lettore) di rimandi tra l’immagine e il suo livello iconico, tra quello che questa mostra e ciò a cui invece rimanda. Già a pagina 1 l’autore utilizza questo escamotage, spacciando il primissimo piano di un’eiaculazione per quello che potrebbe apparire uno sgorgo di spumante.

Patience è tutto fuorché un’eroina, sia nei fatti – a lei spetta il ruolo di vittima inconsapevole e tocca dividere la scena col ben più presente e attivo Jack – che nella sostanza, dal momento che quella che Clowes mette in scena è una normalissima e anche un po’ banale, ragazzotta della provincia americana.
Ciò nonostante è, seppur per contrasto, il personaggio più interessante del libro, anche per la mancanza di spessore del coprotagonista Jack che si impone per buona parte della narrazione ma in maniera ripetitiva e meccanica, senza riuscire a suscitare mai una vera partecipazione emotiva nel lettore.

La storia personale della ragazza, che si costruisce per gradi attraverso le incursioni nel passato del fidanzato, compone un personaggio riuscito che cresce (ed è l’unico) nel corso della narrazione. Dal racconto della sua difficile adolescenza di ragazza ingenua circondata da “piselli totali“, fino a quello di un presente difficile, il personaggio non perde mai di coerenza e consistenza, e testimonia, assieme alle poche altre figure femminili del libro, ancora una volta l’inclinazione di Clowes a connotare positivamente sopratutto i personaggi femminili, riuscendo a raccontarne debolezze e aspirazioni, con un’ironia beffarda, ma a tratti anche affettuosa e indulgente.

Out of time

Clowes è uno di quegli autori che affrontano una ristretta cerchia di temi: i suoi personaggi, spesso bizzarri se non caricaturali (Caricature è il titolo di uno dei suoi libri), sono perennemente in conflitto con il mondo che li circonda, siano le adolescenti della provincia raccontate in Ghost World, o gli adulti inetti e meschini visti in Mr. Wonderful e Wilson.
La loro ricerca di una posto nella società si scontra con l’impossibilità di affrancarsi dai propri limiti e la conseguente incapacità di omologarsi al mondo (conformista) che li circonda. Vi sono dicotomie ricorrenti: provincia contro città, individuo contro società, passato contro futuro.

Jack e Patience non fanno eccezione: la ragazza è vittima di un’adolescenza che ne ha minato l’autostima e cerca nella relazione con Jack l’affermazione, anche sentimentale, che finora la vita le ha negato. La prospettiva di una famiglia equivale alla promessa di un futuro finalmente migliore.
Jack invece si sente un fallito, insoddisfatto del proprio lavoro si angoscia all’idea di non essere in grado di poter provvedere adeguatamente alla futura famiglia. Quando Patience viene uccisa la possibilità di tornare nel passato – luogo in cui alberga l’unica possibilità di felicità residua, quella data dai ricordi – restituisce uno scopo alla sua esistenza.

Ma questo non cambia la condanna di Jack, ovvero l’incapacità di vivere il proprio tempo: il ragazzo, divenuto uomo, è comunque destinato a essere sempre altrove. Nonostante gli venga data una seconda possibilità, Jack non riesce ad alzare la testa per osservare il quadro generale, e procede per tentativi, perlopiù inefficaci quando non disastrosi. Non importa in quale epoca si trovi, il suo limite sta nel rifiuto di confrontarsi con il mondo che lo circonda, qualunque esso sia. I vari stratagemmi che escogita per cercare di evitare l’uccisione della fidanzata, sono maldestri e raffazzonati, anche perché insidiati – ci dice Clowes – dall’imprevedibilità del caso.

Paint it black

Definito spesso un autore pessimista, se non addirittura nichilista, l’autore originario di Chicago non pare amare molto le storie di riscatti morali: i suoi personaggi di solito hanno ben poco di edificante, e anche quello che li circonda di rado vale più di loro. E difficilmente questa opinione può essere smentita leggendo Patience, che ricorda nel soggetto un suo lavoro precedente: The Death ray.

In quel caso il protagonista Andy acquisiva dei super poteri, impiegati in maniera molto poco nobile per risolvere problemi di ordine strettamente personale. Come ben spiega anche Marco D’Angelo nella sua recensione (che potete leggere qui) questa posizione di vantaggio veniva sfruttata senza alcuna remora morale e l’eventualità di impiegare questi poteri per il bene comune veniva accantonata in base a questa semplice considerazione: “Cerchi di rendere il mondo un posto migliore e cosa ci guadagni?… Come diavolo può farcela un solo uomo contro quattro miliardi di stronzi?”

In questo ultimo lavoro le creature di Clowes sembrano aver fatto un passo avanti (o indietro) nella gestione dei dilemmi etici, eliminando il problema alla radice. Infatti Jack una volta entrato in possesso dalla macchina del tempo è convinto fin da subito che l’unico modo per salvare Patience sia eliminare i suoi ipotetici assassini, anche a costo di giustiziare un bambino se questo potesse salvare il proprio nascituro.

Responsabilità e paternità sono due dei grandi temi del libro che Clowes affronta con il consueto cinismo e un disincanto forse mai così lapidario. E il fatto che questo sia frutto di riflessioni in primo luogo personali rende il tutto ancora più vivido. Il protagonista è un individuo intimorito dalla necessità di assumere su di sé il ruolo di compagno/marito, che cerca attraverso la violenza di ripristinare le condizioni che gli consentiranno di essere padre, immaginando idilliaci quadretti familiari mentre escogita agguati e piani omicidi.
Il modo in cui interpreta la responsabilità dell’essere genitore (seppur in potenza) si concretizza unicamente in una determinazione violenta e assoluta a salvaguardare la propria famiglia a ogni costo e contro tutto e tutti, secondo una logica piccolo borghese portata all’estremo e che è inevitabile leggere anche come una critica all’individualismo di parte della società americana che spesso coincide con quella che identifica nel possesso (e di conseguenza nell’utilizzo) delle armi, una manifestazione fondamentale della propria libertà.

2000 Light Years From Home

L’amore, se non addirittura il culto, per i fumetti del passato è evidente in tutta la produzione di Clowes, che fin dagli esordi ha sempre contaminato il suo stile grafico con elementi del fumetto passato, recuperando la stilizzazione e lo stile caricaturale tipico delle strip, o la colorazione con abbondante uso di forti contrasti cromatici e colori pastello tipica dei comic book anni 60, che da sola ha richiesto sette mesi di lavoro.

Tutti elementi che ritroviamo in Patience che dal punto di vista grafico conferma per l’ennesima volta la maestria di Clowes nel confezionare tavole curate sotto ogni profilo. Sono numerose le citazioni, più o meno esplicite, che l’autore inserisce nelle vignette del libro, come i caratteristici “Kirby krackels” ovvero i tondi neri che Jack Kirby adoperava per illustrare esplosioni o emanazioni di energia, o la vignetta in cui Clowes cita se stesso da Death Ray.

Sul sito di The Comics Journal Ken Parille ha scritto un lungo articolo in cui analizza il lavoro di Clowes e mostra come questo sia ricco di collegamenti (alle volte davvero sottili) alla produzione precedente dell’autore. Una dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, della cura persino maniacale che Clowes dedica ai propri lavori e che fanno di Patience uno di quei fumetti per i quali una seconda lettura è consigliabile non per solo diletto ma quasi per necessità, dal momento che è molto difficile se non impossibile cogliere tutti gli elementi, grafici, narrativi, tematici, che l’autore dissemina in pagine realizzate in maniera accurata e meticolosa.

La regia è così precisa e rigorosa che l’occhio del lettore è irretito e spesso sorvola su dettagli ironici che restano in secondo piano. Come il primo piano di un pene, che in una vignetta si confonde in mezzo agli altri elementi. Se in Death Ray l’autore decideva di non mostrare le uccisioni che il protagonista compiva con la sua pistola, in Patience il processo di sottrazione si evolve in vignette in cui delle zoomate tagliano le didascalie, mostrando soltanto parte del testo, che resta di difficile interpretazione. Ed è una finezza la scelta di arrotondare i bordi delle vignette e dare a queste un allineamento in diagonale. Un richiamo ai fumetti della Silver Age, un espediente spesso usato per dare l’idea che il protagonista si trovi in un sogno o in un’altra dimensione, che Clowes però usa per nella parte ambientata nel 2029, uno dei (pochi) periodi in cui Jack arriva senza l’aiuto della macchina del tempo, trattandosi del suo presente.

Un gioco che da un lato recupera stilemi del fumetto classico ovviamente in chiave ironica visto che il futuro che Clowes ci mostra ha ben poco di avveniristico e di evoluto. Dall’altra parte una scelta che rimarca la volontà dell’autore, nonostante il tema fantascientifico raccontato con stile retrò, di volersi sopratutto occupare del presente.

Un presente che, come detto, è fatto di incertezze lavorative, tensioni personali e derive sociali. Problematiche ancora più gravose se si è donna in una società maschilista e rozza, che ascolta e conferisce credibilità a politici come Willy, un misogino volgare e populista la cui storia si intreccia con quella di Patience. E se state pensando che il libro di Clowes in qualche modo anticipasse il successo di Donald Trump alle elezioni del 2017, può essere interessante sapere che Patience raggiunse i negozi il 3 gennaio, esattamente il giorno in cui iniziarono le primarie presidenziali in buona parte degli USA.

Mixed emotions

Un lavoro ampio, complesso e stratificato come Patience merita sicuramente più letture, data la quantità e qualità di idee, soluzioni narrative e temi che lo contraddistingue: elementi che abbiamo provato a trattare attraverso prospettive differenti per cogliere tutti i vari spunti che li attraversano.

I pregi maggiori dell’opera stanno sicuramente nella qualità altissima della parte grafica, vero e propria miniera di citazioni, rimandi e finezze stilistiche, e nella cinica riflessione sulla contemporaneità e il tema della paternità.

I limiti albergano in una narrazione mai così distaccata e nella ripetitività di un intreccio che regala pochi sussulti e poco concede in maniera assai snob, all’intrattenimento del lettore, a cui viene concesso molto, a patto che si accontenti di un esemplare sfoggio di tecnica, una testimonianza di grande fumetto fatta più per scaldare il cervello (magari dello studioso) che non il cuore.

Abbiamo parlato di:
Patience
Daniel Clowes
Traduzione di Michele Foschini
BAO Publishing, marzo 2016
180 pagine, cartonato, colori – 25,00€
ISBN: 9788865436127

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