Massimo Bonfatti, nel momento in cui ha accettato con entusiasmo di partecipare al nostro speciale, ha da subito avuto ben chiaro in mente che cosa gli sarebbe piaciuto disegnare per il suo omaggio a The Spirit: rifare l’immagine nella quale Danny Colt sculacciava Ellen, declinando il tutto alla maniera di Leo Pulp.
C’è un significato particolare dietro la tua scelta di reinterpretare la splash page nella quale Spirit sculacciava Ellen?
Non in particolare. Mi piaceva l’immagine di per sé, come pin-up.
Ma a pensarci mi sembra che quell’immagine potesse essere dirompente per i lettori dei quotidiani su cui era pubblicato Spirit. Era l’epoca delle donnine sexy dipinte da grandi artisti, delle fotomodelle glamour, l’America era invasa da quelle immaginette piccanti e la figura femminile, anche nel cinema, era spesso relegata a ruoli romantici o usata come condimento nelle avventure di personaggi maschili. Spesso una presenza obbligata e scomoda imposta per dovere di mainstream. Raramente le compagne degli eroi erano personaggi ben riusciti ed Ellen Dolan non faceva eccezione nonostante l’abilità di Eisner riuscisse a farla protagonista di situazioni molto interessanti. Tutto sommato era un personaggio molto stereotipato. Ecco, in quel senso penso che Eisner abbia voluto rompere uno schema e sorprendere il lettore, facendo sculacciare da Spirit il modello femminile della perfetta “fidanzata d’America” anni ’40.
Qual è il tuo rapporto con The Spirit e Will Eisner, tanto da lettore quanto da eventuale fonte di ispirazione nel tuo lavoro professionistico?
Amo Spirit da quando sono ragazzino, lo leggevo su Eureka e tempo fa ho preso in prestito da amici tutte le annate e ho fotocopiato le storie per farmi un’edizione rilegata personale per poter le leggere con calma e godere della perizia del suo disegno, le ardite inquadrature, la capacità di spaziare dal più netto realismo alla deformazione caricaturale come anche le strutture narrative e gli elementi semantici.
Per lui tutto era da inventare, reinventare e assemblare in modo personale. Eisner era anche un grande e umile artigiano, conoscitore delle tecniche di stampa. Dalle sue pubblicazioni ho dedotto un procedimento per fare le mezzetinte a retino nelle storie di Cattivik. Ho poi suggerito il trucco a Silver, che lo usa tuttora. Nella mia presunzione avrei voluto chiedere a Eisner un’introduzione a Leo Pulp e insieme ad Andrea Plazzi (nella nostra megalomania) s’ipotizzava di portarlo, prima o poi, sull’Appenino emiliano e fargli assaggiare i Borlenghi, una specialità locale. Da qui la strana dedica che ho messo nel disegno.
Il lascito di Eisner al mondo del fumetto a tuo parere qual è stato?
Un autore, un artista, un artigiano, ma chiunque lascia soprattutto un esempio di vita. Sta in chi ne è capace riconoscere il valore di questi esempi. Ogni tanto mi viene in mente una frase di Eisner: “Io passo metà del mio tempo con le gambe sotto il tavolo da disegno e l’altra metà sotto la scrivania”. Si riferiva al fatto di essere sia un creativo, un artista che un affarista, un organizzatore. Ecco, questa è una consapevolezza (e una capacità) che pochi fumettari hanno.
Ecco a voi The Spirit… aehem, Leo Pulp!