Il martedì e il mercoledì in USA sono i giorni dedicati all’uscita dei nuovi albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questo episodio #93 analizziamo alcune delle novità più interessanti uscite tra il 19 ottobre e il 3 novembre 2021.
Marvel Comics
Di seguito, le copertine delle novità Marvel Comics.
DC Comics
Nubia è un personaggio della DC Comics inventato da Robert Kanigher e Don Heck e reintrodotto dopo Crisi sulle Terre Infinite, con il nome di Nu’Bia, da Doselle Young e Brian Denham. La seconda versione dell’Amazzone, o meglio qualcosa che le si avvicini, sta vivendo un periodo interessante, poiché a partire dai primi mesi del 2021 è stata tra i personaggi coinvolti nell’evento Infinite Frontier e ora è al centro di una miniserie di sei albi già chiacchierata, perché introdurrà Bia, la prima Amazzone transgender della storia di Wonder Woman (senza dimenticare il volume Nubia: real one, per i più giovani).
Nubia & the Amazons è una testata che nasce dal soggetto di Stephanie Williams e Vita Ayala, sceneggiato da Williams stessa, e prende forma grazie alle matite di Alitha Martinez, alle chine di Mark Morales e ai colori di Emilio Lopez.
Il primo capitolo inizia nel passato: Nubia rinasce nel Pozzo delle anime di Themyscira dopo essere morta. Dopo tre pagine, ecco il presente narrativo: la donna è la regina delle Amazzoni e in parallelo una minaccia comincia a svelarsi. Nel mezzo, un inserto in bianco e nero fornisce alcune informazioni sulla società un tempo guidata da Ippolita, la madre di Wonder Woman.
Scritto così, più che di stare fronte a un fumetto, sembra di trovarsi a leggere uno schema e la sensazione, avendo tra le mani questo primo numero, è esattamente la stessa. Ayala e Williams danno vita a un racconto slegato, costituito da frammenti di situazioni piuttosto piatte. L’impressione è che non si arrivi mai al dunque ed effettivamente bisogna attendere la sequenza conclusiva per riscontrare un picco sia “tecnico” che emotivo. È troppo poco persino per un episodio introduttivo.
A dare un minimo di spessore ai personaggi coinvolti deve pensare Martinez che, pur offrendo una prova altalenante principalmente per alcune espressioni solo abbozzate, differenzia le donne-guerriere curandone particolarmente l’abbigliamento e le acconciature. Per esempio, i vestiti delle nuove Amazzoni introdotte nel fumetto mettono in risalto le tradizioni delle vite loro passate, mentre la nuvola di capelli ricci di Nubia colpisce e incanta il pubblico. Anche l’ambientazione gode della stessa attenzione riservata ai dettagli che lasciano trasparire la personalità degli individui, soprattutto quando le stanze dei palazzi di Themyscira possono fare da sfondo pulsante a vignette di grandi dimensioni. L’artista, quindi, spalanca una porta sui luoghi della quotidianità dell’Isola Paradiso, creando un motivo di interesse in più per una storia altrimenti avara di spunti.
Federico Beghin
Catwoman – Lonely City – miniserie in quattro episodi firmata da Cliff Chiang come autore unico per l’etichetta Black Label – ci porta in un futuro senza Batman, morto dieci anni prima nel massacro della cosiddetta Fools’ Night. Responsabile della morte del Cavaliere Oscuro è stata ritenuta Selina Kyle, che ha scontato dieci anni di prigione e che all’inizio della vicenda troviamo all’uscita del carcere. Naturalmente, appena liberata, Selina inizia le proprie indagini alla ricerca del vero responsabile. Nel frattempo, Gotham ha vissuto dieci anni di amministrazione Dent: più nessun super-villain infesta le sue strade e tutto sembra pacificato e sicuro. Lonely City imposta fin da subito un registro da racconto mistery avvolto da un’atmosfera paranoica: i riferimenti usuali sono saltati e, sotto la facciata di ordine, affiora un potere violento.
In questa ambientazione certo non inedita, l’elemento di interesse è il trattamento della protagonista: una Selina invecchiata che tenta di ristabilire la verità. A onor del vero va detto che, dopo dieci anni di detenzione, la signora Kyle dimostra un’agilità ancora più sorprendente di quella giovanile e le sue evoluzioni fra i tetti stridono con la goffaggine di alcuni movimenti ordinari, così che l’età di Selina risulta usata in maniera piuttosto estemporanea, secondo le necessità della scena in corso. Altro luogo tipico, sfruttato anch’esso in maniera funzionale, è la ricerca di alleati in Gotham, che consente di apprezzare lo stato della città: vediamo così la capillarità della presenza di Dent, seguiamo l’accordo per un bizzarro team-up “unstoppable Catwoman and Killer Croc” e, soprattutto, la sfida esplicita fra Selina e il sindaco.
In definitiva, l’elemento più accattivante di questo primo numero è la resa grafica di Selina, lontana da quella tipica di femme fatale e l’uso delle tonalità cromatiche per individuare le singole scene, pur senza caratterizzane l’atmosfera. Il racconto è denso di eventi e scorre inciampando nelle incoerenze di cui sopra e altre, sempre sconcertanti in un mistery, una per tutte: l’appartamento di Selina risulta inviolato in un edificio devastato delle razzie, eppure scopriamo che basta salire sul tetto e aprire la porta con una spilla da balia. Alla fine, i personaggi, le loro relazioni e l’atmosfera delle scene restano all’interno delle caratterizzazioni usuali di genere, con il risultato di una narrazione molto leggibile e un racconto assai ordinario.
Simone Rastelli
Il lavoro di Christopher Chance è molto semplice: se siete personaggi in vista con molti nemici, magari intenzionati a uccidervi, potete pagarlo per prendersi una pallottola al posto vostro. Ma cosa succede quando lo Human Target non riesce a schivare il colpo destinato al proprio bersaglio e si ritrova con solo 12 giorni di vita? Per Tom King e Greg Smallwood la risposta è piuttosto semplice: mettersi alla ricerca di colui che lo ha condannato a morte.
Partendo dalla fine e poi riportandoci rapidamente all’inizio di tutta la storia, King costruisce un primo numero da manuale del genere noir investigativo: un protagonista affascinante e magnetico come quello dei migliori episodi della precedente serie Vertigo di Milligan e Pulido, capace di rispondere colpo su colpo in un fitto dialogo con Lex Luthor (il suo committente e vero obiettivo dell’attacco); un ritmo serrato che promette di non diminuire col procedere della storia; un mistero che si ingarbuglia ulteriormente con la rivelazione del finale (già preannunciata dalla copertina). In poche parole, i grandi cavalli di battaglia di King, qui meno criptico che su Rorschach, ma anche meno interessato, almeno inizialmente, a temi più ampi della storia: diretto, focalizzato, chirurgico nel costruire una trama che cattura e intriga con pochi semplici tocchi.
Questa apparente semplicità, costruita sulla totale consapevolezza e controllo della narrazione, si rispecchia nel disegno e nello storytelling di Greg Smallwood, artista che sembra non porre fine a una costante evoluzione stilistica e narrativa. La linea chiara che definisce i dettagli di volti, oggetti e sfondi non crea contorni netti alle figure, ma sconfina in quelle vicine e viene sfumata da colori pastello, caldi ma nebbiosi: tutto questo ammanta la storia di un’atmosfera retrò, sospesa tra il sogno e il pulp. Ma è soprattutto la regia delle scene che funziona in maniera sorprendente. Presi singolarmente, infatti, i disegni di Smallwood sono statici, bloccati nel tempo e nello spazio, cose se fossero poster di film di un’altra epoca; è la costruzione della tavola, la scomposizione delle vignette secondo un ritmo ben preciso e una struttura complessa che danno dinamismo e movimento all’intera vicenda.
Per comprendere il lavoro di inquadrature dell’artista, basta tornare al confronto menzionato poco sopra, tra Chance e Luthor: si inizia con tre vignette verticali, con lo sguardo che si muove dall’alto, sopra i personaggi, verso il basso, sui dettagli di una bottiglia di scotch che viene versato in un bicchiere; si passa poi alle vignette orizzontali, di dimensione diversa, che scendono a inquadrare ora gli occhi di Luthor, ora la bocca di Chance, ai due lati opposti del foglio, prima di riunire i due in una inquadratura larga, in un confronto diretto; e poi si ripassa agli occhi di Chance, prima di tornare a quattro vignette verticali, con un bicchiere, semivuoto, che cade per terra.
Intensità, mistero, ritmo e grande maestria narrativa: sono questi i biglietti da visita del nuovo Human Target dell’etichetta Black Label.
Emilio Cirri
Di seguito, le copertine delle novità DC Comics.
Image Comics
A due mesi dal debutto di King Spawn, un’altra nuova serie si è aggiunta al mosaico dello Spawn Universe, il nuovo progetto ideato da Todd McFarlane per espandere l’immaginario legato alla sua più famosa creazione. Scritta dallo stesso McFarlane, Gunslinger Spawn si presenta al pubblico con un primo numero incalzante e coinvolgente. Beninteso, la storia qui raccontata è lungi dall’essere innovativa o originale, anzi, gli stilemi narrativi che propone sono quanto di più tradizionalista ci possa essere e lo stile di scrittura sopra le righe trasuda anni ’90 da ogni pagina.
Lo Spawn pistolero originario del XIX secolo si ritrova improvvisamente catapultato nel tempo presente e deve cercare di adattarsi a un mondo che gli appare del tutto alieno. Una sera si imbatte fortuitamente in Taylor, un ragazzo un po’ pelandrone ma abile coi motori e decide di prenderlo come aiutante, mentre angeli e demoni tessono i propri intrighi attorno a loro.
Nonostante la persistente sensazione di già visto che accompagna la lettura dell’albo, a tenere vivo l’interesse è in primo luogo proprio il protagonista. L’espediente del personaggio fuori dal proprio tempo che fatica a comprendere le innovazioni odierne, sebbene sia anch’esso tutt’altro che originale, si dimostra nondimeno efficace nello stemperare l’indole bellicosa e tutta d’un pezzo che caratterizza Gunslinger. Questo, insieme alle tre back-up stories che ne approfondiscono il carattere e le limitazioni, restituisce l’immagine di un personaggio imperfetto, in una certa misura più umano e che di conseguenza riesce a conquistarsi l’interesse e la simpatia dei lettori. Inoltre, benché sia ancora in uno stato embrionale, anche il rapporto che viene a crearsi tra Gunslinger e Taylor risulta convincente, con il primo che finisce per assumere su di sé il ruolo del mentore, e offre buoni spunti per venire sviluppato in maniera interessante.
La narrazione si dipana in modo estremamente prevedibile, come già accennato, ma ha dalla sua un ritmo incalzante che fa risultare la lettura immediata e scorrevole. Nella storia principale, Brett Booth adotta per i suoi disegni un tratto sporco, che colpisce per la quantità impressionante di dettagli che il disegnatore riesce a riversare ogni vignetta. Cosa questa apprezzabile soprattutto nella resa grafica del costume del protagonista e del suo armamentario, oltre che nell’intricato character design degli altri personaggi soprannaturali che fanno la loro comparsa in questo primo numero. Piuttosto d’effetto anche la colorazione, realizzata da Andrew Dalhouse, eterogenea ma virata su tonalità spente.
Marco Marotta
“Nessuno può toccarmi. Questa è la regola. Sono un ispettore ONU che cammina in una zona di guerra”. Una frase a volte può spiegare meglio di qualsiasi cosa un personaggio. In questo caso, Easton Newburn, ex-poliziotto, adesso detective privato che lavora per varie famiglie criminali, ingaggiato per indagare crimini ed evitare che quella “zona di guerra” diventi bollente.
Proprio come il protagonista della loro serie, anche Chip Zdarsky e Jacob Phillips vanno dritti al punto, costruendo un primo numero solido e ben strutturato. Nulla è lasciato alla sperimentazione o all’originalità, tutti gli elementi del thriller crime ambientato nel sottobosco mafioso sono presenti sul tavolo. Ma Zdarsky è un maitre esperto, capace di caratterizzare al meglio un personaggio non positivo, eppure magnetico e affascinante, un anti-eroe intelligente e scaltro che già in questo primo numero risolve un caso di omicidio da cui prende il via una storia potenzialmente ben più interessante.
A dare la giusta ruvidità alla vicenda ci pensa Jacob Phillips. Il figlio di Sean (autore, insieme a Ed Brubaker, del capolavoro noto come Criminal) sembra aver assorbito con voracità la lezione del padre: segno pulito ma tratto ruvido, colori stesi in modo da creare ombre e punti di luce insoliti sui volti dei personaggi e sugli elementi che li circondano, una scansione della tavola precisa per uno storytelling chiaro e ben ritmato. Rispetto al genitore, c’è qualche incertezza di troppo nella realizzazione di alcuni dettagli, soprattutto nelle scene più dense e in quelle più intense, nelle quali i volti non hanno l’espressività richiesta, mentre i colori chiari creano un contrasto peculiare con le atmosfere del racconto.
Un buon primo numero comunque, che mette subito in chiaro gli obiettivi, ma che ha bisogno di introdurre delle variazioni sul tema per creare ancora più interesse nel lettore e per avvicinarsi così ai classici a cui si ispira, Criminal su tutti.
Emilio Cirri
Di seguito, le copertine delle novità Image Comics.
Altri editori
È davvero difficile ormai scrivere qualcosa di nuovo e originale sul supereroico e sta diventando sempre più complicato – e anche raro – trovare toni o punti di vista narrativi inediti che si focalizzino in modi alternativi su temi già trattati.
Gregg Hurwitz è un romanziere e sceneggiatore di fumetti con un passato in Marvel e DC con storie su personaggi del calibro di Wolverine e Batman, risalenti ormai a una decina di anni fa. In questo suo ritorno al supereroistico con Knighted, miniserie in cinque numeri per AWA Studios, prova a mettere insieme due topoi del genere per dare vita a un racconto originale: il protagonista sfigato, politically correct e inviso da tutti (leggi Peter Parker) che, suo malgrado, assume i panni del vigilante grimm & gritty (a metà tra Batman e il Punitore). Il risultato, almeno in questo albo d’esordio, è un qualcosa di altamente derivativo e rimasticato, in alcuni passaggi imbarazzante, che si rialza solo in alcune sequenze, loro malgrado, comiche. Anche l’ambientazione in un presente narrativo che vive i postumi di una tremenda pandemia (ma dai?!) appare al momento un elemento del tutto slegato dal contesto, ma che forse potrebbe rivelarsi una delle note positive nel proseguo dell’operazione. Le caratterizzazioni dei personaggi al momento ricalcano lo stereotipo e il già letto, con il risultato di azzerare l’empatia anche per lo sfortunato protagonista.
Ai disegni troviamo un nome importante, quel Mark Texeira che era stato una delle next big thing del fumetto americano di fine secolo, ma che in queste tavole ritroviamo in uno stile anonimo tanto nella composizione e costruzione quanto nella caratterizzazione anatomica dei personaggi e in cui l’oscurità tipica del suo tratto sembra essersi diluita in un tratteggio poco sicuro. I colori di Brian Reber provano a conferire maggior profondità alle pagine, riuscendo però a metà nel tentativo di rendere più contemporanei dei disegni che nascono “datati”.
A fine lettura di questo primo albo di Knighted la voglia di continuare a seguire la storia è veramente al minimo: forse solo il fatto che si tratti di una miniserie in cinque parti può convincere a proseguire, quanto meno per capire se si possa migliorare o si possa fare ancora peggio.
David Padovani
Di seguito, le copertine delle altre novità.
Per questa puntata è tutto. Vi diamo appuntamento tra due settimane circa con First Issue #94.
Stay tuned!