Cinquanta anni fa, sulle pagine di Topolino #706 dell’8 giugno 1969, nelle ultime due pagine de Il diabolico vendicatore, Paperino vestiva per la prima volta la tuta di Paperinik, alter ego destinato a vendicare i torti subiti da Paperino da parte di parenti e amici. Per vedere in azione la nuova identità di Paperino bisogna però aspettare il #707 della settimana successiva datato 15 giugno 1969.
Nel segno di Diabolik e… Leonardo da Vinci!

La storia, in sintesi, vede Paperino appropriarsi, a causa di un errore del postino, di Villa Rosa, la residenza dell’identità civile di Fantomius, noto ladro-gentiluomo che rubava ai suoi colleghi nobili che lo irridevano per la sua scarsa iniziativa. Grazie a questo errore Paperino entra in possesso del costume e soprattutto del diario e dei segreti di Fantomius e di Villa Rosa, inclusi i progetti degli incredibili congegni con cui il ladro gentiluomo era solito compiere le sue imprese criminali.


Il progetto di Leonardo rappresenta un carro armato a forma di testuggine, rinforzato con piastre metalliche, sormontato da una torretta interna di avvistamento e armato di cannoni. Il movimento del carro è garantito da otto uomini che azionavano dall’interno un sistema di ingranaggi collegato alle quattro ruote. ((da it.wiki))
Le origini: nuovi punti di vista
Per festeggiare il 50.mo anniversario di Paperinik, la redazione di Topolino decide di proporre due storie differenti, una di produzione italiana, che apre il Topolino #3316 realizzata da Marco Gervasio, e l’altra di produzione estera, che apre Paperinik (ho perso qual’esima serie) #30, scritta da Andreas Phil per i disegni di Andrea Freccero.
Entrambe le storie sono caratterizzare per un elemento in comune: rinarrano in parte o completamente le origini di Paperinik.
Tutto cominciò così

Una volta scelto di conivolgere il ladro gentiluomo paperopolese, alcune delle scelte di Gervasio sono andate nella direzione di una storia abbastanza differente: da un lato un ingentilimento dei dialoghi rispetto a quelli di Martina, con una caratterizzazione di Paperino un po’ più positiva rispetto alla storia originale; dall’altro ecco arrivare alcuni elementi non presenti ne Il diabolico vendicatore, come la citazione a Copernico Pitagorico, completamente assente nella storia di Martina e Carpi.
L’idea di Gervasio è, ad ogni modo, abbastanza chiara: portare Paperinik nella continuity de Le strabilianti imprese di Fantomius e fornire una spiegazione plausibile del perché la fortuna di Gastone, nel caso specifico di Villa Rosa, ha fatto cilecca. Evidentemente lo stato da rudere di Villa Rosa non era sufficiente come spiegazione, lasciando alla fine assolutamente inspiegato come la fortuna di Gastone non gli abbia impedito di esplodere insieme a tutta la villa nel finale della seconda parte.
Il salto nel passato

Se in quest’ultimo caso la storia di Phil non è molto precisa e limpida, nel complesso risulta molto più gradevole e dinamica della storia di Gervasio, nonostante Tutto cominciò così sia migliore e più precisa per lo sviluppo dell’intreccio. Inoltre, anche grazie ai disegni spettacolari di Freccero e al suo montaggio supereroistico, mostra come sia possibile realizzare storie in stile pikappico utilizzando il Paperinik classico e senza a tutti i costi adottare un punto di vista eccessivamente umoristico, al limite della parodia.
Un altro vantaggio non indifferente della storia di Phil e Freccero è proprio l’assenza di Fantomius: nonostante apprezzi il modo in cui Gervasio sta sviluppando il personaggio su Le strabilianti imprese di Fantomius, ho trovato eccessivo l’uso del ladro gentiluomo in una storia che avrebbe dovuto omaggiare Paperinik, rendendo alla fine Il salto nel passato molto più gradevole e apprezzabile come scrittura.
Un ruolo fondamentale nel confronto lo hanno anche giocato i disegni di Freccero, che si lascia preferire non solo per il tratto, ma anche per la costruzione della tavola. Freccero, infatti, adotta una composizione supereroistica della pagina, che si alterna ad altre dalla classica struttura a tre strisce, mentre Gervasio, per mantenere tale struttura, preferisce piuttosto adottare l’espediente delle frecce, laddove risulta necessario.
Ad ogni buon conto, al di là delle differenze tra le due storie, risultano alla fine due ottimi omaggi a uno degli alter ego più amati di Paperino.