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Paolo Bacilieri a Lo Spazio Audace di Lucca Comics 2025

A Lucca comics abbiamo intervistato Paolo Bacilieri per "Traditori di tutti", edito da Oblomov.
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Paolo Bacilieri è intervenuto a Lo Spazio Audace – Vignette e caffè a Lucca Comics & Games 2025 per parlare del suo nuovo libro per OblomovTraditori di tuttiil secondo adattamento a fumetti di uno dei romanzi di Giorgio Scerbanenco.

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Benvenuto, Paolo! A questa Lucca presenti Traditori di tutti, la tua seconda incursione nel mondo delle indagini di Duca Lamberti e quindi nei territori letterari di Giorgio Scerbanenco. Per prima cosa vorremmo chiederti che cosa ti ha spinto a ritornare in questi luoghi narrativi?
Da quando tre anni fa, nel 2022, è uscito Venere Privata – o meglio ancora prima, da quando mi misi al lavoro su quel fumetto – il progetto è stato fin dall’inizio di lavorare su tutti i romanzi di Scerbanenco che hanno Duca Lamberti come protagonista. Di fronte a un’impresa come questa, parlando con Igort e Oblomov ho detto va bene, però uno alla volta. E infatti questo è il secondo adattamento che ho portato a termine, intervallandolo però con altri progetti come per esempio il libro su Piero Manzoni per Coconino. Questo Traditori di tutti in realtà è il mio primo Scerbanenco, cioè il primo romanzo che ho letto forse più di vent’anni fa. Io lo chiamo Traditutti, crasando il titolo, e lo considero ancora oggi il mio libro preferito di Scerbanenco. Quindi probabilmente in questo caso sono andato un po’ sul personale.

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L’attenzione all’ambientazione e al dettaglio architettonico è sempre stato uno dei tuoi elementi peculiari. In questo libro chiaramente c’è anche Milano che è un altro elemento fondamentale delle tue narrazioni: come si ricostruisce la Milano di Scerbanenco, anche da un punto di vista architettonico, dato che è una Milano che non c’è più in tanti dei suoi elementi?
Sì, è una Milano che non c’è più. C’è una frase in questo libro in cui Duca Lamberti – o Scerbanenco stesso – dice: “Milano non è mai stata così bella”. Forse questo potrebbe essere il titolo alternativo di questo libro: Milano effettivamente non è mai stata così bella come lo è nei romanzi di Scerbanenco. Non perché è idealizzata, anzi al contrario, l’autore mostra una Milano molto realistica e la ritrae e la descrive in tutte le sue caratteristiche, in tutte le sue rughe, in tutti i suoi aspetti anche esteticamente brutti. Ma proprio per questo, perché è una Milano vera, non idealizzata, probabilmente non raggiunge un grado di bellezza assoluto e quindi è vero, condivido pienamente quello che Scerbanenco fa dire al suo protagonista: Milano non è mai stata così bella.
Io faccio un sacco di ricerche – viva internet in questo senso, perché c’è un’infinita possibilità di raccogliere materiale visivo. Se devi cercare come era una cascina nella periferia di Milano nel 1960, scavando un po’ in profondità, la rete ti offre molte sorprese. Io mi concentro specialmente su quello che non c’è più, quello che c’era allora e che inevitabilmente si è trasformato, è stato cancellato, è stato rimpiazzato. Parlo di dettagli come cartellonistica stradale, pubblicità, bar, ristoranti, insomma tutta quella architettura e quell’arredo urbano che normalmente non ha dignità. L’unica cosa che rimane invariata nel mio libro e anche nella Milano in cui vivo è la bellissima Torre Velasca e probabilmente prima o poi mi denunceranno per averla disegnata in troppi miei fumetti.

Accennavi ai dettagli: in questo libro ce ne sono anche di piccoli o di passaggio che raccontano uno spaccato di una vita sociale che non c’è più, come per esempio l’insegna della Motta, il posacenere Cinzano, una schedina del Totocalcio e anche un manifesto con la scritta “pena di morte per i disertori e i renitenti alla leva”.
Come dicevo prima mi piace sottolineare e far rivivere aspetti specialmente visivi che sono effimeri, che però rappresentano meglio di qualsiasi altra cosa l’epoca in cui la storia si svolge. Qui è dove un fumettista feticista, come sono io, funziona bene, nel senso che ho proprio questa specie di feticismo per oggetti d’epoca. Ogni tanto faccio anche qualche piccolissimo scherzetto, l’ho fatto anche in Venere Privata, inserendo delle incongruità volute: lo chiamo l’orologio di Bakshi in onore di Hollywood Party in cui Peter Sellers, all’inizio del film, strangola un tipo e l’inquadratura mostra un orologio che non dovrebbe esserci. Metto dei piccoli orologi di Bakshi qua e là in modo che il lettore più attento possa dire: “Questo non poteva esserci nel 1966!”. E anche in questo fumetto ho messo qualche piccolo orologio qua e là; è proprio questo feticismo attivo che mi spinge a lavorare su questi dettagli.

Questo libro si chiama Traditori di tutti: tu cosa hai voluto tradire di Scerbanenco?
Penso che sia inevitabile un certo tradimento quando si adatta un’opera letteraria in un altro medium: qualcosa rimane necessariamente fuori, qualcosa viene falsato, penso che sia totalmente inevitabile, soprattutto applicare il proprio sguardo a quello di Scerbanenco. Ritengo però che la grandezza di questo scrittore non solo esca fuori ma venga esaltata dall’interpretazione di un altro artista, proprio perché la scrittura di Scerbanenco è talmente densa e talmente tosta che può sopportare qualunque maltrattamento. In questo senso ho piena fiducia in lui, so che poggio i piedi su qualcosa di molto solido e che mi permette quindi anche di rischiare, di inventare cose. Specialmente sotto l’aspetto visivo. Ma è un tradimento affettuoso che cerca di mantenere vivo Scerbanenco anche nel 2025, perché secondo me lo merita.

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Sicuramente c’è anche una componente affettiva di lettore in questo tuo libro.
Assolutamente, c’è una componente direi proprio emotiva, che personalmente riguarda anche una sorta di mitizzazione di questa epoca degli anni Sessanta. Scerbanenco racconta quello che è il suo presente, ma per me è un’epoca mitica così come lo era il periodo storico dei primi del Novecento per autori come Hugo Pratt e Attilio Micheluzzi. Loro vedevano in quel lasso temporale che va tra l’inizio del XX secolo e la prima guerra mondiale una specie di golden age mitologica fatta di eroi, personaggi storici, vicende, ma anche di dettagli come divise, armi, aeroplani. Tutta un’estetica che per me è la stessa, solo applicata agli anni Sessanta, il dopoguerra, la seconda metà del Novecento.

Anche a livello fumettistico e culturale hai proprio dei riferimenti legati agli anni Sessanta.
Sì, è questa la differenza tra me e gli autori di cui parlavo prima. Nella mia golden age personale degli anni Sessanta ci sono anche i fumetti con i quali sono cresciuto, che uscivano in quegli anni, e che in questo libro metto in mano ai personaggi. Anche nel modo di lavorare che ho usato nei due adattamenti di Scerbanenco c’è un rimando a quell’epoca fumettistica ed è la presenza del retino, vera e propria citazione del fumetto noir italiano di quel periodo, da Diabolik in poi. La differenza dal punto di vista fumettistico tra il periodo che stiamo vivendo oggi e quello in cui vivono i personaggi del libro, è che l’ambiente dei fumetti è completamente diverso, come si vede bene qua a Lucca. Forse la generazione dei grandi fumettisti con cui sono cresciuto non aveva la possibilità di fare quello che posso fare io oggi, come un adattamento di Scerbanenco o una biografia affettuosa di Emilio Salgari; potevano disegnare i personaggi salgariani ma fare una storia a fumetti sulla sua vita era un’altra faccenda, perché non potevi andare da un editore e proporgli una storia sulla triste vita di Salgari.

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Ovviamente hai pensato entrambi questi adattamenti di Scerbanenco nel loro complesso: vederli serializzati mensilmente su una rivista come linus che sensazioni, che pensieri, che riflessioni ti ha stimolato?
Anche in questo caso c’è una componente feticistica, nel senso che sono stato io il primo complice di questa operazione di serializzare le storie mensilmente per poi farle uscire in volume. linus è forse l’unica rivista sopravvissuta, la prima rivista di fumetti italiana, quella che ha veramente cambiato il fumetto italiano e non solo: linus ce l’hanno copiato ovunque, in Francia, letteralmente, nelle varie incarnazioni di quella che è oggi Charlie Hebdo, perché è stato anche un esempio di approccio al fumetto nuovo, diverso, quindi è una rivista veramente storica con cui io ho un rapporto anche super affettuoso. Sono cresciuto con linus quindi è stata un’operazione feticistica anche serializzarlo mensilmente per ricreare quella logica delle riviste a fumetti degli anni Settanta e Ottanta in cui i fumetti venivano prima pubblicati a puntate per poi essere raccolti in volume. Che era, e secondo me è tuttora, innanzitutto un modo per lavorare sulla storia con un ritmo più accelerato, più serrato: c’è questa scadenza mensile che ti obbliga ad avere una certa regolarità e quindi ti porta anche a non mollare mai, a essere addosso alla storia dall’inizio alla fine. Poi c’è il rapporto con i lettori, che secondo me è altrettanto importante, questo scambio mensile in cui anche il loro riscontro fa crescere la storia un po’ alla volta e ti porta al risultato finale. E lo fa attraversando la contemporaneità, restando attaccato al presente, quindi per me è un doppio vantaggio: c’è l’aspetto feticistico di tornare a quella logica dei fumetti pubblicati a puntate sulle riviste che è un’operazione da zombie, ma io approvo totalmente gli zombie, e c’è anche l’aspetto logistico e produttivo di avere un feedback mese per mese sulla storia su cui stai lavorando.

Per questa idea di serializzazione avete ragionato anche su come funzionava la divisione in capitoli della storia, pensando a una sorta di “chiusura” per ogni singolo episodio?
No, sarebbe stato impossibile riuscire a coordinare una pubblicazione a episodi che rispettasse anche la suddivisione in capitoli del libro, perché ci sono tantissime altre esigenze da tenere in considerazione in una rivista. Però capita che la chiusura di una “puntata” coincida con la fine di un capitolo e quando succede non è male.

Paolo, grazie per il tuo tempo!
Grazie a voi ragazzi!

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Intervista realizzata il 31 ottobre 2025 a Lucca Comics & Games.

Paolo Bacilieri

Paolo Bacilieri (Verona, 1965) è uno dei più importanti fumettisti italiani contemporanei, tradotto in tutto il mondo. Disegna e racconta dagli anni ’80, da quando, appena diciasettenne e diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, fa il suo apprendistato sotto la guida di Milo Manara. Le storie di Zeno Porno, il suo personaggio più noto, gli sono valse nel 2006 il Premio Gran Guinigi come migliore autore unico al Lucca Comics & Games. Dal 1999 collabora con la Sergio Bonelli Editore, (Napoleone, Jan Dix, Dylan Dog). Nel 2012 firma Sweet Salgari (Coconino Press), una biografia a fumetti di Emilio Salgari, frutto di oltre dieci anni di studi e letture, vincitrice di molti premi. Tra il 2014 e il 2019 escono Fun (Premio Eisner Award 2018 per l’edizione americana) e More Fun, che rivisitano la genesi e il mito del cruciverba ed Ettore e Fernanda (Coconino Press). Nessuna penna è più sensibile nel raccontare il paesaggio urbano, in particolare, quello milanese: lo si vede in Tramezzino (Canicola 2018), una storia d’amore tra due giovani all’ombra della Torre Velasca, vincitrice del Premio Micheluzzi per il Miglior Disegno 2019. Nel 2023 esce per Coconino Piero Manzoni BACGLSP, fumetto dedicato alla vita dell’artista milanese creatore, tra l’altro, della Merda d’artista. La sua opera più recente è Traditori di tutti (Oblomov), secondo adattamento dei romanzi di Giorgio Scerbanenco con protagonista Luca Lamberti dopo Venere privata (Oblomov, 2022).

Giovanni Dacò

Giovanni Dacò

Da molti anni legge fumetti. Per pagarseli ha fatto anche il giornalista, il giardiniere, l’addetto stampa, il muratore, il direttore di riviste, l’agricoltore, lo scrittore.

Giuseppe Lamola

Giuseppe Lamola

Nato a Martina Franca nel 1984, Legge fumetti praticamente da sempre. Con il tempo si appassiona alla Nona arte come mezzo espressivo. Insieme ad altri amici fonda a inizio 2012 il blog de Gli Audaci.
Collabora con Lo Spazio Bianco dal 2011, ne è redattore dal 2015 e ha contribuito all'ideazione e al coordinamento degli Speciali tematici dedicati a Martin MystèreMarvel Now!, BatmanOrfani: da Ringo al Nuovo Mondo, Nathan Never e Dylan Dog.
Continua ad accatastare pile di fumetti.

David Padovani

David Padovani

Fiorentino, classe 1972, svolge la professione di architetto. Grazie a un nonno amante della fantascienza e dei fumetti, scopre la letteratura fantastica e il mondo degli albi Corno della seconda metà degli anni '70.
Tex e Topolino sono sempre stati presenti nella sua casa da che si ricordi, e nella seconda metà degli anni '80 arrivano Dylan Dog e Martin Mystere e la riscoperta del mondo dei supereroi USA.
Negli anni dell’università frequenta assiduamente le fumetterie, punti d’incontro di appassionati, che lo portano a creare assieme ad altri l’X-Men Fan Club e la sua fanzine ciclostilata, in un tempo in cui di web poco si parlava ancora.
Con l’avvento del digitale, continua a collezionare i suoi amati fumetti diminuendo la mole di volumi cartacei acquistati, con somma gioia della compagna, della figlia e della libreria di casa!

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