Premessa
L’ormai classico Texone è giunto al ventiquattresimo appuntamento. Trovare nuovi disegnatori disposti a misurarsi con le 220 tavole dell’albo non è mai stato facile. Sergio Bonelli ha stavolta arruolato un autore internazionale pescando però in casa. Orestes Suarez, infatti, già da alcuni collabora con la Sergio Bonelli Editore disegnando avventure di Mister No (collana chiusa nel 2006). Allo stesso tempo non è facile trovare degli spunti interessanti tali da rendere davvero speciali i Texoni. Dopo una serie di albi a livello narrativo un po’ deboli, con l’avventura Patagonia (2009) Mauro Boselli ha ridato rinnovato slancio alle avventure extralarge di Tex. Anche quest’anno si è scelto un teatro insolito e, da un soggetto di Guido Nolitta, Boselli ha portato Tex Willer nell’isola di Cuba, la Flaca com’è stata ribattezzata dai suoi abitanti.
Tex e Montales: rivoluzione vuol dire giustizia
Il racconto è un intrigo internazionale in cui è coinvolto un grande amico di Montales, Henry Picard. Tex viene invitato in Louisiana per ritrovare il figlio di Picard, rapito per spingere quest’ultimo a consegnare una partita di armi a dei rivoltosi cubani. Ma la rivoluzioni non sono mai del tutto limpide e tra le fazioni in battaglia contro il potere dispotico si nascondono spesso degli spietati criminali. A Cuba, dove si recano poi Tex e Montales sulle tracce del ragazzo rapito, si scontrano da una parte le forze al comando del re di Spagna e dall’altra coloro intenzionati a liberarsi dal giogo dei persecutori. La divisione tra oppressori e oppressi è netta, ma allo stesso tempo tra entrambe le fila si nascondono carogne e persone per bene. Non è un caso che, appena giunti nell’isola, Tex e Montales si scontrino con un arrogante ufficiale degli Ussari e facciano la conoscenza con un ispettore della Guardia Civil di tutt’altra pasta:
“In tutta sincerità, señores, io sono nato a Cuba. A volte mi sento più vicino ai ribelli, che almeno sono cubani come me!”.
Ma anche tra i buoni non mancano figure con sfumature intermedie: ci riferiamo a Don Rafael Serrano, un ricco possidente schierato con i rivoluzionari. L’uomo è dotato di un grande coraggio e di ampie vedute sociali, ma allo stesso tempo non ha ancora liberato i suoi schiavi. Tex per fortuna è una sorta di catalizzatore delle contraddizioni umane e la sua giustizia si dimostra ancora una volta come l’unica rivoluzione possibile. E non è un caso se al fianco dell’eroe ci sia il rivoluzionario Montales, l’uomo con cui ha condiviso tante battaglie libertarie.
Vendetta e giustizia
Per scrivere Tex occorrono disponibilità e coraggio: disponibilità a rispettare la lezione di Gianluigi Bonelli e coraggio nel trovare spunti narrativi insoliti senza andare in contraddizione con la psicologia del personaggio. È un compito difficile e non tutti gli sceneggiatori possiedono l’umiltà e il talento per accettare la sfida. Da cultore dell’opera di Gianluigi Bonelli, Boselli è riuscito a ricreare la mitologia di Tex e, con l’uscita di scena di Claudio Nizzi, è ormai il punto di riferimento della testata. L’albo in questione è un altro tassello da inserisce in questa rinnovata epica texiana. È un Tex la cui forza morale non scricchiola di un millimetro e che mai rimugina sui fatti accaduti. Rispondendo ad alcune lamentele di Montales, dopo uno scontro con un ufficiale, non a caso dichiara:
“Disastrosa per De Zuñida e i suoi Ussari, non per noi! Mi sembra che siamo ancora vivi e liberi come l’aria, amico mio!”.
Tex si muove in un ambiente non conosciuto e di conseguenza si affida ad altri prima di scegliere un piano d’azione. Ma questa necessità permette a Boselli di dare forma ai caratteri che affiancano l’eroe. È il caso, ad esempio, del duello filosofico tra Don Serrano e l’ex schiavo Alonso. Quest’ultimo rimprovera al primo il fatto di non aver liberato i suoi schiavi: un contraddizione stridente per un sostenitore della libertà cubana. Ma Tex, abile nel leggere nell’animo degli uomini, sa riconoscere la dirittura morale di Serrano e invita Alonso alla calma:
“Le sue idee sono sbagliate, ma Don Rafael ha il cuore al posto giusto!”.
Il nucleo centrale del racconto si articola proprio sul contrasto ideologico tra i due uomini sopracitati e l’evoluzione degli eventi conduce entrambi a un profondo cambiamento. Don Rafael aveva già in nuce l’idea di liberare i suoi schiavi e la tragedia che colpisce la sua famiglia è indicativa: la moglie decide di infatti di non abbandonare gli schiavi e muore tra le fiamme fatte appiccare dal colonnello dei Voluntarios Horacio Agreda. Le parole di Serrano rivolte ai suoi ex schiavi sono il punto più alto della narrazione e non soffrono di eccesso di retorica in quanto la forza delle parole gettate nell’impeto dell’emozione sono il più delle volte quelle più autentiche. E le espressioni dei personaggi esprimono bene questo vortice emotivo: potente come un tornado ma benefico come il sole di un’alba d’estate.
I criminali come il colonnello Agreda, avanzando nell’analisi, nella nostra realtà non sempre scontano le proprie colpe. Nella saga di Tex, invece, i cattivi pagano sempre i loro debiti, come in Vendetta indiana. Don Serrano, da gentiluomo qual è, offre al colonnello Agreda la possibilità di difendersi. Ma spinto idealmente dalla forza collettiva dei suoi ex schiavi, Don Serrano non lascia scampo al proprio avversario. Questo è uno dei momenti fondamentali del racconto e, un attimo prima del duello con Serrano, Tex così si rivolge ad Agreda:
“Il mio nome è Willer! Tex Willer! E per quanto avrei desiderato io stesso provvedere a voi, qualcun altro ha più diritto di me!”.
Le parole di Aquila della Notte, in conclusione, sono indicative dell’implacabile giustizia alla base del Tex originario targato Gianluigi Bonelli.
Magia, tremenda magia!
Nella saga texiana la linea di demarcazione tra magia e mistificazione è a volte impalpabile: basti ricordare la figura di Steve Dickart apparso come un illusionista (cfr. L’eroe del Messico) e in seguito riapparso come un mago del male, il cui nome d’arte Mefisto è diventato un simbolo immortale dell’immaginario collettivo.
L’ennesimo pregio di questo racconto corale è l’equilibrio tra narrazione realistica e sconfinamento nel mondo soprannaturale. E a Cuba quel miscuglio di paganesimo e di religione cattolica ha preso il nome di Santería. Guido Nolitta, tra l’altro, in diverse avventure di Mister No ha utilizzato un canovaccio realistico tra le cui pieghe si insinua il magico: uno degli esempi migliori è il primo speciale Magia nera (luglio 1986), dove l’autore esplora il controverso mondo del Candomblé in Brasile, il nome preso dalla Macumba a Bahia. Questo perché nei Paesi dell’America Latina l’inconoscibile e la realtà materiale convivono, e un fedele cronista di storie immaginarie non può prescindere da questo. Come ha fatto, del resto, lo scrittore García Márquez.
Boselli si è trovato a proprio agio con un soggetto sul soprannaturale, come ha già dimostrato sulle pagine di Zagor e in quelle della sua creatura Dampyr. E in Tex le poche storie con venature fantastiche prodotte negli ultimi quindici anni portano quasi tutte la sua firma. In questo Speciale, sin dall’incipit, emerge chiaro come le presenze oscure abbiano un ruolo non accessorio nell’economia del racconto. Il dubbio e la superstizione aleggiano tra i neri, sia nelle paludi della Louisiana sia tra le foreste di Cuba. Lo sceneggiatore gioca con abilità lanciando nell’aria un presagio di sventura e allo stesso tempo insinuando il dubbio di un pericoloso imbroglio. La magia è anche sfruttamento della credulità dei poveracci, come il vecchio Marcel. È un gioco malefico in mano a dei pazzi che si spacciano per patrioti della libertà. E, a Cuba, un uomo si considera la reincarnazione del dio Shangò: è Rayado. Le sue movenze e i suoi deliri sono gli stessi di certi crudeli dittatori di alcune regioni africane: possono apparire grotteschi negli atteggiamenti e nel modo di presentarsi, ma sono di una pericolosità estrema. Rayado conferma la regola. Il suo primo apparire potrebbe ingenerare il dubbio che possa trattarsi di un patetico ciarlatano. In realtà egli è in grado di scatenare degli autentici prodigi, come avranno modo di accorgersi i Nostri.
Queste sue capacità lo rendono un cattivo degno di nota e, come scopre poi lo stesso Tex, in grado di battersi con inusitata forza anche negli scontri fisici. Ci vorrà tutto il sangue freddo dell’eroe per porre fine all’esistenza malefica di Rayado, simbolo dell’anima inafferrabile dei culti nati nei recessi dell’Africa Nera.
Nel mondo di Orestes
Orestes Suarez gioca in casa e, come da pronostico, vince. E vince utilizzando il bel disegno e non cercando mai facili scorciatoie per arrivare al risultato. L’ambientazione cubana permette all’autore di rappresentare quegli scorci in parte ancora presenti nell’isola caraibica. E questi scorci sono il frutto di una conoscenza diretta ma anche di una lunga ricerca effettuata per la realizzazione di lavori precedenti all’esperienza bonelliana, come l’autore stesso ha dichiarato nell’intervista rilasciata a Gianmaria Contro nelle pagine iniziali del volume.
Nelle tavole di Suarez il movimento è continuo e anche nelle sequenze più statiche: vuoi per il muoversi delle fronde spostate dal vento o vuoi per l’impercettibile spostamento di un sopracciglia di qualche personaggio. Pur essendo pagine cariche di segni, la leggibilità non viene mai messa in discussione. In ogni inquadratura l’autore evidenzia il soggetto principale senza trascurare quello secondario. Ne sono un esempio le sequenze ambientate nella Cattedrale: i personaggi sono ripresi da diverse angolature e con una dovizia di intensi primi piani e sembrano uscire dalla pagina, nonostante la suggestiva bellezza degli interni sacri attirino anche l’occhio più distratto. La magia di un grande narratore per immagini è anche questa.
Abbiamo parlato di:
I ribelli di Cuba
Guido Nolitta, Mauro Boselli e Orestes Suarez
Sergio Bonelli Editore, giugno 2010
240 pagine, brossurato, bianco & nero – 5,80€
ISBN: 977112365500200024
Riferimenti:
Sergio Bonelli Editore: www.sergiobonellieditore.it