Come nacque il contatto con Morvan?
J.D. Morvan vide fotocopie di miei lavori pubblicati negli USA e in Giappone sulla scrivania di Jean-Claude Camano alla Glenat e chiese di potermi contattare. Mi scrisse una lettera molto simpatica, dove mi chiese di collaborare con lui e io sono stato molto felice di accettare. Molto semplice: qualche telefonata, un primo incontro a Parigi con Guy Delcourt e le cose hanno cominciato a filare!
Come nacque il progetto de La Mandiguerre? Che cosa, in esso, ti convinse?
Dopo avermi contattato, Morvan mi propose due serie ipotetiche: una in stile smaccatamente Nausicaa della valle del vento, che ho subito scartato, e l’altra dal sapore steampunk. Una sorta di prima guerra mondiale spaziale. Ho immediatamente optato per questa, anche perché, poi, in giro non c’era molto del genere. Mi sembrava una buona occasione per realizzare una vicenda che mescolasse eccezionalmente bene sentimenti e scenografie poderose.
Confessiamo che la proposta di Morvan non stupisce, visto il tuo stile: già il tuo Sogno di una notte di mezza estate [1] dichiarava il tuo amore per Miyazaki! Scartasti quella ipotesi proprio per non rimanere inchiodato a quell’immagine?
Semplicemente non mi sembrava il caso di fare una brutta copia di un fumetto che ammiravo. Una cosa è riconoscere un maestro e un’altra è brutalizzare la sua opera spacciandosi per suo discepolo.
L’ambientazione steampunk ha offerto stimoli particolari, rispetto ad una di tipo futuribile (à l’Incal, per intendersi)?
Lo steampunk è un terreno decisamente fertile, per chi ama progettare e giocare con il design di città, astronavi, divise ecc., perché è duttile e si può adattare allo stile di chiunque… o quasi. Concede una notevole libertà d’azione.
Quale è stata la tua preparazione al lavoro? Come hai definito l’universo de La Mandiguerre dal punto divista iconografico? Avete subito individuato l’obiettivo? Una volta scelto l’universo, hai eseguito ricerche particolari (abbigliamento, costumi, mecha, ecc.)?
Abbiamo cominciato a buttare giù un soggetto di base, mentre ero in Francia, visitando musei e fortini con al culmine la visita al santuario di Verdun.
All’inizio, individuato il soggetto, il tema di cui parlare, c’é una delle parti più interessanti del lavoro del fumettaro: la documentazione. Libri, fotografie, film, art book, siti internet, biblioteche e quant’altro abbia a che fare con ciò che ci interessa. Le cose non sono ancora chiare e si cerca una chiave di lettura grafica; si cerca, insomma, di dare un carattere, una forma al soggetto: per quel che mi riguarda, ribadisco, è una delle parti più interessanti del lavoro. Oltre al fatto che posso liberamente scrivere le mie idee e spedirle al mio socio (che è ben lieto di utilizzarle).
Quale è il rapporto fra la sceneggiatura su cui lavori e la costruzione della tavola? Ovvero: come pensi/progetti la tavola? Di più: pensi per tavole o per scene?
Penso decisamente per scene, non sottovalutando l’armonia della tavola, che ha sicuramente una sua bellezza estetica. Lo storyboard e quindi il montaggio delle vignette con la qualità delle inquadrature è per me la parte più importante del lavoro. Una volta realizzato lo storyboard lo spedisco via e-mail al mio socio Morvan; ne discutiamo e, se ce n’é bisogno, si fanno dei cambiamenti. Poi ovviamente si passa alla china!
Il volume n. 2 de La Mandiguerre uscì ad ottobre 2003; il volume n. 3 arriva nelle fumetterie a luglio 2005. Parlandone a Lucca 2003, dichiaravi di aver già preparato una ventina di tavole: che cosa è successo in questi venti mesi?
In realtà ho finito il terzo volume esattamente a fine maggio dell’anno scorso! Il cambiamento del colorista, l’attuale è Christophe Araldi, ha comportato dei ritardi, dovuti a sue questioni personali, e il volume è stato rimandato addirittura fino all’anno dopo… sigh…
La storia de La Mandiguerre è già definita? Puoi anticiparci il numero dei volumi che la comporranno?
La serie è composta da quattro volumi.
Il primo volume de La Mandiguerre si concentrava sulla guerra e sullo scenario; il secondo volume aveva al centro i rapporti fra i tre giovani protagonisti (Tillois, Dosnon e Cousance). Quale è il centro narrativo del terzo episodio?
Esplode la guerra e i protagonisti vengono travolti dalla violenza, ognuno a modo suo, separatamente. La vita cambia, il passaggio dall’adolescenza alla maturità è cominciato e non è certo una passeggiata di piacere.
Graficamente è come disegnare un’altra serie e sono molti i cambiamenti apportati. Nuovo e stabile colorista, un equilibrio della pagina decisamente meglio gestito, persino il lettering è stato studiato ad hoc da Patrizia Cozzo, (di gran lunga la migliore letterista italiana) sia per la versione italiana che francese.
Nel secondo volume, avevi partecipato maggiormente alla sceneggiatura, pur mantenendo la supervisione di Morvan: questa tendenza prosegue?
Io mi occupo di scrivere le mie idee, che propongo sotto forma di scaletta, e lascio a Jean-David totale libertà di farci quello che gli pare. In genere, ciò che scrivo gli piace e lo risistema, a onor del vero, migliorandolo sempre. I dialoghi sono pane esclusivamente suo.
Iniziamo con una sciocchezzuola: i cittadini di Espoir non sono un po’ troppo paffuti, per vivere durante una guerra?
I disegnatori hanno due possibilità: espandersi verticalmente o orizzontalmente. Io appartengo a quest’ultima: tendo ad arrotondare il segno. O, più banalmente, il Sindaco di Espoir garantisce un alto tenore di vita ai suoi cittadini; inoltre, su Espoir fa molto freddo, quindi i cittadini, avendone i mezzi, tendono ad imbacuccarsi; e io sono solo un fedele reporter a fumetti!
La definizione dei personaggi è avvenuta per fasi successive, magari con modifiche durante la stesura della storia o sono nati già definiti? Se ci sono stati cambiamenti puoi raccontarcene almeno uno significativo?
No, sul carattere dei personaggi siamo stati abbastanza granitici da subito, anche se io avrei preferito un carattere un po’ più potente per Tillois: ogni tanto mi dà l’idea di un piagnone (ma è giovane e senza una vera esperienza di vita). Compromessi se ne fanno ogni giorno con amici, mogli, figli; figurati con gli sceneggiatori.
Esistono particolari o eventi delle vite di alcuni personaggi che avete definito, in fase di creazione della storia, ma non raccontato?
Beh, il passato è stato costruito, ma decisamente in modo sommario. Intendo dire che abbiamo lavorato a grandi linee sul carattere di base: sono tre amici, uno differente dall’altro, con uno status sociale, una cultura e un modo di vedere le cose diverso. Infatti, nella narrazione di una storia, è importante creare personaggi che attraverso i loro contrasti e le vicende che li coinvolgono portino avanti un’idea, che è poi il soggetto del fumetto. Nella vita reale, la si può pensare anche allo stesso modo, ma in una storia di fantasia, se i personaggi la pensassero alla stessa maniera, sarebbe un fallimento, oltre che una noia!
Io a dirla tutta avrei preferito non usare alieni, bensì umani, in contrasto con altri umani. E mi sarebbe piaciuto usare mezzi più terrestri, e quindi meno spazio siderale e classiche astronavi di conseguenza! È stata comunque una bella palestra tutto questo design retro’.
Quale è il passato di Dosnon?
é un morto di fame, che ha, come tutti i morti di fame, un desiderio di rivalsa sulla vita e, a un certo punto, non si cura più dei mezzi per arrivare a stare meglio socialmente. Approfitta della guerra e delle opportunità che questa gli offre. Perché per alcuni (pochissimi) la guerra è un gran bell’affare! E così anche Cousance, che vuole diventare famosa coi suoi reportage di guerra (reportage un po’ falsi)?
Mi piace l’idea di far vedere come il vero carattere delle persone esca fuori e la guerra è proprio quel tipo di evento traumatico, che può tirare fuori il meglio e il peggio da ognuno. è uno sfondo perfetto. Ed è quello che succede ai nostri protagonisti. Col terzo volume, si entra nella vita vera dove i sogni di gloria sono fatti di carne e sangue, ben lontani dalla “noia” di Espoir!
Che cosa fa Tillois, a parte scorazzare con gli amici? Non sembra né studiare né lavorare, né averne bisogno! Alla fine del secondo volume, Tillois si arruola: delusione amorosa, certo; ma quanto conta il desiderio di fuggire da Espoir?
Tillois è decisamente uno che se la passa bene, non ci sono dubbi. Suo nonno è il sindaco del pianeta ed è un uomo dal carattere molto forte e deciso; un’istituzione per tutti i cittadini, un punto di riferimento per la comunità. è una presenza importante e ingombrante allo stesso tempo, per un ragazzo che fa sogni di gloria pensando anche al padre, scomparso in guerra, e di cui non ha più notizie da 4 anni. La voglia di fuggire è quasi fisiologica, direi; una voglia di fuggire, che pero’ si scontrerà con l’arroganza e la prepotenza di una violenza a cui non è in alcun modo preparato.
Espoir è un posto sorprendente: ha un Sindaco illuminato, ma la violenza è diffusa; pensiamo all’organizzazione dell’orfanotrofio dove è segregato Dosnon (che fa parte di un sistema di educazione pubblico, immaginiamo)! Perché l’orfanotrofio è gestito come una prigione (uno scenario quasi dickensiano)?
Espoir è un pianeta abitato da persone, e non da santi! Ogni società ha la sua dose di prevaricatori. Di sicuro, pero’, pur essendo un uomo severo e di vecchio stampo Vauclerc Ravassant, sindaco di Espoir, nonché nonno di Tillois, non permetterebbe certi soprusi se ne fosse al corrente! L’orfanotrofio di matrice dickensiana è uno degli ingredienti che fa sì che Dosnon abbia voglia di cambiare la propria vita… a qualsiasi costo; addirittura a scapito dell’amicizia fraterna con Tillois!
La guerra, per quanto tenuta lontana, ha stravolto le regole di convivenza su Espoir?
Di sicuro la guerra stravolge l’esistenza dei tre protagonisti. Sono giovani e devono fare un percorso per diventare adulti. Spesso, nella vita si parte da un punto, per poi tornare, dopo molte peripezie, a quello stesso punto di partenza, ma con un bagaglio di esperienze tale da farti vedere le cose in maniera differente. C’é solo da augurarsi che questo succeda anche ai protagonisti de La Mandiguerre. Anche se, con Morvan, non si sa mai: sarebbe capace di farli morire tutti! Visto cosa è successo al povero Mandis alla fine del secondo volume?
Avremo mai un’edizione in b/n de “La Mandiguerre”? Noi, infatti, manteniamo l’opinione che questa scelta aumenterebbe l’efficacia grafica della storia.
Credo, a meno di stravolgimenti editoriali delle Edizioni BD, che un’edizione integrale in b/n de La Mandiguerre sia decisamente nei piani. Magari con qualche ritocco.
Potresti rivelare qualcosa sui ritocchi (progettati o desiderati)?
Essendo nata come serie a colori, La Mandiguerre è stata concepita in un modo differente da una serie in bianco e nero, e quindi sarà necessario sistemare qualche particolare, anche se non ho ancora in mente esattamente cosa, a dire il vero… Al momento opportuno ci pensero’! Comunque sia si tratta di piccoli particolari, niente di eclatante o che snaturi il lavoro originale.
Progetti futuri? Se ben ricordiamo, ti proponevi di pubblicare una raccolta di tue storie brevi.
Finito il quarto volume de La Mandiguerre disegnero’ un episodio de Le cronache di Sillage, sempre su testi di J. D. Morvan.
Poi, giusto per soffrire una serie tutta mia, da solista.
Note
[1] Sogno di una notte di mezza… fuga è il racconto con cui Stefano Tamiazzo vinse l’edizione 1994 del Premio Pierlambicchi a Prato. Edizioni BD la ripropose come inserto del suo catalogo 2002/2003.
Riferimenti:
Intervista a Tamiazzo per l’uscita del secondo volume
Edizioni BD – www.edizionibd.it
Edizioni Delcourt – www.editions-delcourt.fr