Storie autoprodotte, storie pubblicate su riviste e antologie di fumetti, perfino una storia inedita. “Perfino” perché Mabel Morri ci sta abituando a lunghe attese, prima di regalarci qualcosa di nuovo. Quasi tutti i racconti che abbiamo letto su Schizzo presenta abbiamo potuto leggerli su Hai mai notato la forma delle mele?, ormai storica fanzine autoprodotta con etichetta Studio Monkey, fondata dalla stessa Mabel con Elena “Maui” Accenti, sceneggiatrice di Nico & Armando. Rumore è stata pubblicata anche sul numero 0 di Happy Boys; Golden Brown per la prima volta sia su Schizzo presenta che su Alta Fedeltà.
Lo spazio che Mabel Morri si sta conquistando e il metodo dell’autoproduzione le stanno consentendo di ritagliarsi tempi del tutto personali. Nonostante questo muoversi fuori dai circuiti “classici”, l’autrice sta ricevendo importanti riconoscimenti ufficiali, dal premio Scenario vinto al Festival di Lucerna nel 2002 per il racconto 22 e 37, al premio Nuove Strade vinto al Napoli Comicon 2004.
L’universo Mabel è popolato di Airwalk che si parlano, di gocce d’acqua che scorrono verso terra e si salutano con un bacio, di automobili innamorate, ma soprattutto parlano di pensieri, esperienze e persone. Impossibile sapere dove finisce la realtà e dove comincia l’invenzione poetica nelle storie di Mabel Morri: quello che è certo è che, nei suoi fumetti, le persone sono libri aperti e persino le cose hanno un’anima e possono raccontare una storia, un punto di vista, un mondo plausibile e opposto.
I fumetti di Mabel Morri sono racconti di ricordi e di emozioni. Nei suoi personaggi, il ruolo o il contesto sociale viene a mala pena accennato, perché nulla conta di più dell’infinito universo dei sentimenti. Sono personaggi che vivono o convivono, che si dichiarano, che riflettono. Sinceri, autentici, puliti. Ma soprattutto sono persone che amano, che inseguono l’Amore con ogni forza. Quando Mabel crea un personaggio, non vuole sapere cos’ha fatto e cosa fa nella vita, ma soprattutto chi è, chi vorrebbe essere e perché è diventato così.
I dialoghi interiori sono quasi palpabili e, per questo, ogni gesto avvicina le persone: contatto, desiderio, delicatezza e silenzio. Raramente i baloon servono per far dialogare due personaggi, perlopiù hanno la funzione di stare dietro al filo dei pensieri e di accompagnare i protagonisti ovunque vadano, senza diventare didascalie.
Sono persone dolci, che si amano anche in contesti sociali difficili, se non ostili; per questo i sentimenti che provano sono tanto più profondi e sinceri. Anzi, ai personaggi di Mabel Morri non importa (più) nulla del giudizio morale. Il tratto spigoloso di questa autrice è sempre in netto contrasto con la dolcezza delle parole, insistentemente scritte con una calligrafia difficile e non artefatta.
Nelle storie di Mabel Morri non ci sono eroi, non c’é sarcasmo, satira o cinismo. Ci sono momenti catturati e vissuti, folgoranti come la madeleine di Proust (per esempio in 23 e 54) o poetici come alcuni momenti di Amarcord, del suo compaesano Fellini (su tutti, in Quel certo non so che, l’inizio di un ricordo fatto di profumo di primavera e denti di leone). Momenti fugaci, segnati da episodi indelebili. Il presente di Mabel Morri è spesso vissuto con gli occhi annebbiati da un pensiero costante e la testa altrove, in un monologo interiore che porta all’astrazione e all’analisi della propria identità.
È un mondo raccontato da una sensibilità profondamente femminile e da una certa non so quale malinconia. Come dice Elena Accenti, nell’introduzione al volume, l’autrice è una “tigre bianca”, una stella diversa e ancora poco nota che, con molti sacrifici, si sta facendo conoscere grazie ad uno stile del tutto personale, senza scendere a compromessi.
Se dovesse dar retta alle critiche che le sono state fatte (“poco caratterizzati i volti, deve migliorare, non si legge il lettering”), Mabel diventerebbe in breve un’autrice troppo simile agli altri. Sarà interessante e bellissimo scoprire dove la porterà il percorso, complicato e originale, che ha deciso di seguire.