Dopo qualcosa come 11 anni (il primo numero di Gregory Hunter, l’ultima serie regolare bonelliana, è datato Marzo 2001) approda nelle edicole il numero 1 di una nuova serie mensile bonelliana, Saguaro, ideata da Bruno Enna, prolifico autore disneyano (conosciuto soprattutto per il suo lavoro su PK), e autore di alcune delle migliori storie di Dylan Dog degli ultimi anni.
Con Saguaro, la Bonelli ritorna alle serie regolari (altre due sono in cantiere), non senza alcune perplessità da parte dei lettori della casa milanese. Il ritorno al concetto di avventura pura (e semplice) sembra in Saguaro perfettamente raggiunto, forse anche troppo. Questo “Ritorno a Window Rock” non presenta particolari innovazioni (almeno in superficie), semmai è una summa di tutta la decennale produzione bonelliana.
Il genere si può etichettare come “western moderno”, un genere tornato alla ribalta soprattutto dopo il film “Non è un Paese per Vecchi” dei fratelli Coen, e il protagonista è Thorn Kitcheyan, detto “Saguaro”, che, almeno caratterialmente, sembra quasi un parente “alla lontana” niente di meno che dello stesso Tex Willer: oltre ad appartenere alla tribù dei Navajo, è un ragazzone all’apparenza di poche parole, con pugni di ferro e dal grado di infallibilità molto vicino a quello del famoso ranger. Saguaro riunisce anche alcuni elementi che hanno fatto la fortuna di altri due personaggi della SBE: Magico Vento (un protagonista che vive nel mondo dei nativi americani), e Cassidy (gli anni ‘70 come periodo storico).
In precedenza dicevamo che Saguaro non presenta grosse innovazioni, eppure qualcosa c’è: se si aguzza la vista si noterà che Saguaro è il primo protagonista bonelliano che affronta il tema dei nativi americani dall’interno, essendo lui stesso un nativo (sebbene lo si affronti negli anni ‘70, elemento non di poco conto). Lo stesso Gianfranco Manfredi, riguardo Magico Vento, ha dichiarato più volte di aver optato per un occidentale “adottato” dagli indiani, essendo interessato a guardare il mondo “rosso” attraverso gli occhi di un “bianco”. Le ragioni di questa scelta andavano ricercate sia nel profondo rispetto per quell’universo che sia nella difficoltà di affrontare un mondo così sfaccettato e ricco come quello degli Indiani d’America, tramite un nativo stesso, cosa che invece sembra non intimorire Bruno Enna.
“Ritorno a Window Rock” è un numero solido, appagante, con dialoghi molto fluidi (forse l’elemento più riuscito) che assolve il compito che spetta ad un numero 1, ovvero quello di presentare in maniera soddisfacente i personaggi che troveremo nei prossimo mesi. Ha un ritmo sostenuto ed un soggetto che, pur non presentando particolari picchi, risulta coinvolgente e perfettamente strutturato. Nonostante una presenza massiccia di personaggi collaterali, Enna riesce a conferire a Saguaro quell’aspetto da loner che lo mette in risalto rispetto al resto.
Una sceneggiatura attenta ai dettagli, in cui fanno capolino anche alcuni antagonisti che sembrano legati ai cartelli messicani (una tipologia di cattivi molto in voga ultimamente, specialmente nei telefilm di ultima generazione). Particolarmente violenta, almeno per gli attuali canoni bonelliani, la sequenza di pag. 48 in cui si assiste alla morte sanguinosa di un poliziotto corrotto (ucciso, peraltro, dello stesso Saguaro).
Ai pennelli abbiamo il tratto classico e funzionale di Fabio Valdambrini, che svolge il suo compito egregiamente, senza particolari sbavature ma anche senza quell’impatto scenico che dovrebbe esser proprio di un numero uno, specialmente di una serie mensile (gli Stano e i Castellini di due tra i più famosi numeri 1 della SBE sono difficili da dimenticare). Una prova forse anche più convincente delle ultime (ricordiamo i 4 albi su 12 disegnati per Caravan), con una particolare attenzione per i volti dei protagonisti, sempre chiari e riconoscibili.
In definitiva, “Ritorno a Window Rock” è un buonissimo numero, che conferma il talento di Enna e, se ci si sofferma sulle canoniche 94 tavole, convince sotto tutti i punti di vista. Resta però la curiosità di vedere come proseguirà la storia: se c’è un “difetto” in questo numero (un difetto non effettivo, ma potenziale) è l’impressione che la serie non disponga della necessaria “materia prima” per reggere una serie mensile, complice anche un contesto, quello dei nativi americani, calato in una ambientazione sicuramente non usuale come gli anni ‘70. Lo stesso protagonista non sembra ancora ben inquadrato: pur essendo chiare le sue peculiarità principali, abbiamo un personaggio che deve crescere ancora tanto per poter invogliare i lettori ad un appuntamento mensile fisso. D’altra parte questo è solo un numero 1, e il tempo per poter conoscere meglio Thorn Kitcheyan, detto Saguaro, non mancherà.
Galleria di schizzi inediti di Alessandro Poli
Abbiamo parlato di:
Saguaro #1 – Ritorno a Window Rock
Bruno Enna, Fabio Valdambrini
Sergio Bonelli Editore, Giugno 2012
98 pagine, brossurato, bianco e nero, 2,90 €
ISBN: 9772280151000
Debris
14 Giugno 2012 a 15:07
Ho avuto modo di leggermi perdue volte Saguaro e devo dire di esserne rimasto amaramente sorpreso…molti elementi suggestivi, alcuni sono colti nella nota, molti elementi gettati via.. spero che alla Bonelli decidano rapidamente di trasformarla in miniserie che sia un buon episodio di un fumetto classico non c’è dubbio, ma che sia un buon episodio del primo numero di una serie dell’anno 2012 avanzo 1 miliardo di dubbi, tralasciamo la piccola questione del “reduce dal Vietnam” è una guerra vecchia come il cucco, a momenti USA e Vietnam si alleano contro la Cina! L’impostazione retrò è andata benissimo per Brad Baron, ma era un contesto ben divero
Tralasciamo i riferimenti a Magico Vento ( l’articolo li ha ben colti) che andavano bene “Prima” di Magico Vento, oggi con davanti l’opera di Manfredi si dovrebbe ben riflettere prima di utilizzarli, spero che nessuno abbia in mente di fare di Saguaro un “Novello Tex”, non mi sembra il caso un’uomo ( anzi un’indiano Navajo) che cerca se stesso ed il proprio futuro andrebbe anche bene ma di Novelli Tex… lasciam perdere..Sicuramente sarebbe bello un fumetto che ripercorresse la vita della comunità degli indiani d’america dal di dentro, ne seguisse l’evoluzione, e seguisse l’evoluzione degli stati Uniti – e del mondo – in un periodo ben importante della nostra storia, ma allora perchè una serie ?? Non era meglio una Miniserie magari aperta come Brad Baron ?
La redazione
20 Giugno 2012 a 10:33
Ciao e grazie per il commento.
La differenza fra miniserie e serie regolare non è solo nel “respiro” dell’opera e nel fatto che la miniserie ha una struttura chiusa e “consecutiva” (che la serie regolare può non avere”)…
Vi sono anche ragioni commerciali che hanno fatto puntare sulle serie regolari (arriva anche Dragonero a breve…) e su storie singole (“Le Storie” che saranno tutti volumi autoconclusivi) piuttosto che sulle minisierie.