Epicuro disse: lì dove c’è la morte, non ci siamo noi, lì dove ci siamo noi, non c’è la morte. Ma questo è un errore, fratelli. Perché la paura è la nostra ombra. La morte è la nostra compagna.
Nel terzo romanzo grafico edito dalla Nuova Editoria Organizzata nulla è come potrebbe apparire a un primo sguardo superficiale, a partire dal protagonista, Gianni. Alla luce del sole un semplice architetto, riveste in realtà il ruolo di estorsore per conto del boss soprannominato O’ Bares e trascorre giornate che si ripetono identiche una dietro l’altra, in una sorta di infinito earworm, una melodia che si reitera nella mente senza dare mai tregua.
In questa fosca ballata crepuscolare, accompagnata da melodie partenopee che impregnano i vicoli di Napoli, Gianni non è mai solo. A non dargli respiro è una figura misteriosa di donna, dalla pelle raggrinzita, che lo perseguita ad ogni passo, sempre nascosta nell’oscurità, anticipata in alcune tavole dall’onomatopea CLING, che indica un suono metallico, di catene, e rimanda agli spettri del Canto di Natale dickensiano. Quest’essere caliginoso è la Malombra, una figura dell’immaginario folcloristico meridionale, dai contorni fumosi, indistinti, che incarna le paure primordiali radicate nell’animo umano. E la più atavica di queste angosce è proprio quella da cui il filosofo Epicuro ci mette in guardia, ovvero la paura della morte, che prende in questo volume le sembianze di una vecchia donna dal volto scavato e dagli occhi spenti, con i capelli lunghi e ispidi simili a rami secchi, che tentano di catturare e trascinare nel mistero più profondo il protagonista.
Durante la lettura, veniamo spesso interrotti da vignette apparentemente a sé stanti ma che in realtà vogliono accompagnarci a svelare un sottotesto più profondo, che sembra attirarci a sé. In un crescendo di incontri e dialoghi si tessono le trame sempre più fitte di questa rete che ci avviluppa in un forte senso di angoscia e ci porta a essere travolti dal carico di inquietudine del nostro protagonista. In questo puzzle di esistenze che puntano a ricomporre un unico mosaico, a farla da padrone sono le ombre, che si insinuano nelle strade e non seguono la fisionomia delle cose, bensì si allungano, le sovrastano, divorandole, come nelle piazze metafisiche dell’artista De Chirico, che portavano lo spettatore a puntare oltre il visibile, a sottolineare l’onnipresente monito di un’alterità metaempirica. Non c’è spazio tra le pagine per sentimenti positivi, anche le notizie più belle vengono accolte con distacco, apatia, poiché la paranoia regna sovrana nella vita del protagonista e non solo nella sua.
Arianna Melone con i suoi acquarelli in tonalità caffè e la sua matita morbida e sinuosa, racconta alla perfezione questa storia nera nata dalla mente di Salvatore Vivenzio. L’artista riesce a sporcare i disegni in maniera tale da restituire l’inquietudine del racconto grazie a un segno scuro, tormentato ma mai incerto. I personaggi prendono vita e si stagliano imponenti nelle vignette, nel tentativo di occupare tutto lo spazio possibile, in continua ricerca di aria. In special modo è affascinante la regia dei movimenti dei personaggi, con la loro gestualità sinuosa e vivace, tanto spontanea da riuscire a raccontare più delle parole, suggerendo la realtà nascoste tra le righe.
Le tavole presentano una composizione molto curata grazie alla disposizione su quattro strisce francese, con vignette più strette e allungate che si incastrano in maniera del tutto funzionale nello spazio della pagina. L’utilizzo della gabbia a nove in alcune pagine, inoltre, riesce a concentrare l’attenzione su dettagli salienti e dona alla storia un ritmo incalzante.
Questi espedienti creano inoltre un accattivante crescendo di tensione che, dopo serrati dialoghi e melodie ricorrenti, culmina in poche pagine finali, (quasi) mute, a sottolineare l’inutilità dei discorsi di fronte al mistero della vita.
Abbiamo parlato di:
Malombra
Salvatore Vivenzio, Arianna Melone
Nuova Editoria Organizzata, 2024
102 pagine, brossurato, colori – 14,00 €