Lorenza Tonani racconta la Hop! edizioni

Lorenza Tonani racconta la Hop! edizioni

L'esordio, la linea editoriale, le nuove collane: una panoramica dei primi 5 anni di Hop! Edizioni con la direttrice editoriale, Lorenza Tonani.

Hop! edizioni ci accoglie sul sito presentandosi con queste parole “Hop! pubblica esclusivamente graphic novel, strip, guide illustrate che fanno dell’ironia e della capacità di citarsi addosso la loro caratteristica principale. Nata nel 2012, si è distinta nel panorama dell’editoria a fumetti per la sua caratteristica prettamente “femminile”. Il suo motto è “Be ironic!”
La casa editrice pavese negli anni ha pubblicato titoli divertenti e virali, addentrandosi talvolta in argomenti complessi come la violenza sulle donne e la separazione. In occasione della recente nascita di due nuove collane, Per aspera ad astra e i Cahiers, abbiamo intervistato Lorenza Tonani, direttrice editoriale.

Buongiorno Lorenza, grazie mille di aver accettato questa intervista, partiamo dall’inizio… Quando nasce Hop!edizioni?
Hop! è nata nel 2012 con la pubblicazione di Joséphine di Pénélope Bagieu.

Qual è stata la riflessione che vi ha fatto decidere di immettervi sul mercato editoriale?
È stata un’esigenza di cambiamento professionale. Lavoravo nel mondo dell’arte, curavo mostre e mi occupavo della segreteria organizzativa di eventi artistici, seguendo anche gli aspetti editoriali. Fondando Hop! ho fatto una piccola pazzia.

In che modo volevate lanciare il vostro punto di vista?
Mi sono appassionata alla chick lit 1 a fumetti, scoperta in rete, e ho ritenuto fosse un mercato nuovo, non così esplorato in Italia. Un prodotto editoriale che non era solo legato al fumetto, non era proprio vicino agli illustrati, ma poteva essere una versione diversa, ironica e divertente se vogliamo, dei libri di “costume e società”. La seconda pubblicazione è stata la guida di moda di Fifi Lapin. Anche lei blogger, come Pénélope, ma inglese. Hop! ha attinto moltissimo dalla rete opere ora vezzose, ora sarcastiche, ora raffinate, ora ironiche. Oggi mi piace definire la nostra produzione – coerente e variegata al tempo stesso – come una raccolta di gift book

Hop! dà voce a diverse sfaccettature del femminile, da fiction a picture book, da Joséphine a Callas. Come si potrebbe riassumere la vostra linea editoriale e come si è evoluta negli anni?
Proprio riallacciandomi alla risposta precedente, parlando appunto di gift book, ciò che emerge guardando il nostro catalogo è il fatto che si componga di libri pensati e curati per fare o farsi un regalo. Il catalogo include guide illustrate, un libro game come Lost in Austen, strip divertenti e libri tosti, fino alle recenti biografie illustrate in forma di picture book. Il tutto nel segno della femminilità. Una femminilità che non è rivendicazione di genere a tutti i costi, ma attenzione a tematiche più prettamente femminili. Un femminile vicino ad alcuni concetti espressi nel saggio di Virginia Woolf Una stanza tutta per sé, lontano quindi da ogni forma di protesta tout court, da un’animosità che non è nelle nostre corde. Si tratta piuttosto di una sensibilità di necessità diversa da quella maschile.

Vedendo il catalogo emerge una chiara attenzione all’attualità, che sia essa “frivola” come per le opere di Pénélope Bagieu o più intensa come in 7° Piano o La fine dell’amore. È una scelta consapevole o una conseguenza del vostro modo di fare editoria e di essere lettori?
Sì, è una scelta editoriale che sta andando avanti ma che, con la crescita del catalogo, diventa una parte, per quanto dominante, della produzione. Ora con le biografie illustrate e i “Cahiers”, che partono con Maupassant interpretato da Iacopo Vecchio e che vogliono riprendere in forma di graphic short stories alcuni racconti del passato, stiamo allargando il tiro. Ma fissare in forma grafica temi sociali, idiosincrasie e cliché da abbattere rimane molto importante per noi. Come editori forse più che come lettori.

PER ASPERA AD ASTRA

Una riflessione su Per Aspera ad Astra: pensi che i libri in bibliografia possano arrivare anche a un pubblico maschile?
Senza dubbio. La Callas è stata recentemente consigliata da Salvatore Carrubba su Radio24. Lo ha scelto senza pensare a distinzioni di genere. Madonna è forse più richiesto dagli uomini che dalle donne. Insomma, nessun problema.

Ci sarà una pausa fra queste uscite e le prossime? Puoi anticiparci qualche nome?
Giusto tre mesi, per riaprire poi la serie nel 2018 con Coco Chanel. Sicuramente ci sarà poi Jane Austen e mi piacerebbe molto realizzare la biografia illustrata di Marina Abramović. Comunque altri cinque numeri nel 2018.

Che lavoro c’è dietro allo storytelling: come ti documenti?
Leggo almeno due biografie tradizionali e un terzo volume che scelgo e che di solito racchiude un punto di vista diverso.
Per la Callas, oltre alla biografia scritta da Meneghini, che rispondeva a quella di Arianna Stassinopoulos che ho letto e confrontato tra loro, ho fatto riferimento anche alla biografia romanzata per ragazzi scritta da Paola Capriolo, autrice che apprezzo moltissimo, e che era destinata appunto a un target di giovani.
Per Coco, accanto alle biografie più classiche, sto guardando l’illustrato di Megan Hess uscito lo scorso anno per Mondadori.
I confronti mi servono a ricavare da ogni libro i temi, le citazioni i riferimenti utili alla costruzione della mia narrazione, che voglio sintetica ma completa. Poi cerco sempre film, immagini, foto, interviste e documenti, anche sul web. Per Audrey, ho inserito anche riferimenti al libro scritto dal figlio Luca Dotti, che ce la faceva scoprire in chiave più “domestica” e anche ottima cuoca.

La scelta della personalità da rappresentare è stata dettata da un tuo gusto personale? Come ti senti dopo questi incontri ravvicinati e immersioni nella loro vita?
Più che mossa da un gusto personale, ho lavorato intorno alla tematica che mi premeva affrontare: il #perasperaadastra: ho cercato grandi artiste che avessero qualcosa in comune. Si tratta di donne che sono entrate nella storia per aver rivoluzionato il loro ambito professionale: Madonna è stata la prima vera popstar, la Callas ha cambiato il melodramma con la sua interpretazione drammatica, Audrey Hepburn ha sgominato le pin-up anni Cinquanta nel cinema americano, Virginia Woolf ha cambiato il romanzo sostituendo alla trama le impressioni, Frida Kahlo ha introdotto l’autobiografismo in pittura trattandolo con uno stile unico, Coco Chanel ha cambiato il concetto di eleganza. Queste donne hanno avuto tutte un’infanzia difficile, contraddistinta da fatti che oggi definiremmo tragici, spesso sconosciuti ai più. La grande voglia di riscatto le ha spinte a riversare tutto il loro impegno nella realizzazione personale e professionale. Grazie a una dedizione enorme, coltivando il loro talento, sono diventate veri e propri miti. Leggere di loro, rivederle sullo schermo, riascoltare le loro canzoni mi ha emozionato tantissimo. Mi piacerebbe portare avanti questa collana all’infinito.

Avete mai pensato di aggiungere una sezione di approfondimento citando diverse fonti sul tema?
In realtà no. Mi piace immaginare che, come succede a me, i lettori cerchino in autonomia il modo di approfondire ciò che più li appassiona. Potranno andare su Spotify a sentire un’opera callasiana, guardare su YouTube le performance di Madonna agli MTV Awards, cercare in un catalogo d’arte le opere di Frida, leggere Mrs. Dalloway, sentire in profumeria l’essenza di Chanel n. 5, vedere Colazione da Tiffany. A piacere.

Come hai scelto le illustratrici e come le hai combinate con i soggetti da raccontare?
Questo è l’altro aspetto bellissimo del progetto. Ho cercato le illustratrici che per me erano perfette per quel personaggio, per stile e temperamento. Lucrèce è Virginia, Roberta Zeta è Audrey, Sylvia K è Madonna, Amalia Mora è la Callas. Dico sempre che cambiando i fattori, in questo caso, il risultato sarebbe cambiato.

UNA RIFLESSIONE ALLARGATA

Cinque anni sono abbastanza per fare il punto sulla casa editrice: come è cresciuta, cosa ha funzionato e cosa meno, cosa avete imparato lavorando sul campo?
Siamo ancora “piccole e nere”, come Calimero, ma proviamo a crescere e ci sembra di essere sulla strada giusta. Hop! è cresciuta cercando di creare sempre qualcosa di nuovo, progettando, sempre.
I nostri libri sono “particolari” – questa è la parola ricorrente – croce e delizia, in fondo, perché i nostri libri non sono mainstream, nemmeno quando trattano di Madonna. Le soddisfazioni maggiori sono venute proprio dalla creazione di progetti. I problemi si sono forse verificati quelle pochissime volte in cui ci siamo sedute per un attimo, e abbiamo pubblicato per riempire un buco.
Lavorando sul campo abbiamo capito che funzioniamo in alcuni punti e meno in altri, che possiamo lavorare bene in alcune librerie, più vicine al nostro gusto, e non con tutte.

Come è la vita di un “piccolo” editore nelle fumetterie e nelle librerie di varia?
Noi andiamo molto meglio in libreria, per la caratteristica così “particolare” del nostro prodotto. Siamo sempre ben considerati e abbiamo una buona rassegna stampa. Ci apprezzano proprio per inventiva, originalità e ricerca. Ci piacerebbe essere conosciuti da molta più gente, a questo punto: ci stiamo lavorando.

Si parla spesso, giustamente, delle problematiche economiche di autori ed editori, ma anche dei rapporti tra essi, tra editori che non pagano abbastanza i collaboratori (con conseguente calo della qualità del lavoro) ad altri che si fanno pagare per pubblicare. Com’è la prospettiva dal vostro punto di vista?
Il nostro è un settore problematico, a partire dall’annosa questione dei conti deposito e degli acquisti con resa. Prima di incassare il dovuto passa davvero molto tempo e alla fine editori e autori si dividono quel 20% che rimane dedotti i costi vari.
Il caso di Hop! è – ancora una volta – particolare: non vogliamo pubblicare a tutti i costi per coprire buchi editoriali e non ci interessa fare “i grafici e i distributori”, critica che spesso si sente muovere agli editori. Noi costruiamo progetti che sentiamo e ne parliamo con gli autori, cercando di essere molto onesti sulle reali aspettative. Ci lavoriamo insieme e cerchiamo di far funzionare il progetto, mettendoci tutto quanto possiamo. Proponiamo di solito un minimo garantito e royalties ravvicinate, in modo che gli autori abbiano informazioni frequenti e non debbano aspettare un anno e più per capire come va il loro libro e ricevere il compenso.

Come scegliete un autore o un’opera?
Al 90% lavoriamo su progetti nostri, creati a tavolino perché corrispondano alla nostra idea editoriale, e cerchiamo illustratori che abbraccino il progetto. Fa piacere constatare per esempio che nel caso di Per aspera ad astra le nostre scelte abbiano portato a una risposta entusiasta delle autrici: fiuto, o empatia. Lavorando insieme a loro a un’opera sentita da ambo le parti, si diventa anche amici e si condividono progettualità, dubbi, momenti belli. Pubblichiamo pochissimi manoscritti su proposta degli autori e solo se pertinenti alla nostra linea e alla nostra idea editoriale.

Quanto è importante il contatto con i lettori e l’uso dei social per promuovere e farvi conoscere?
Oggi è importante sempre di più: cerchiamo di rispondere a tutti quanti ci scrivono ormai ovunque (non solo in mail ma anche sui social) e di dedicare risorse e tempo ad internet, creando post accattivanti e spiritosi.

Quali sono le idee per i prossimi 5 anni di Hop!?
Mi chiedi troppo, vedremo di anno in anno. Ci sarà forse un’incursione nel mondo dei più piccoli, ma sarà una cosa molto Hop!: niente di già visto. Continueremo con la linea delle biografie e dei Cahiers. Lavoreremo a un paio di graphic novel. Per ora i progetti sono tutti italiani. Siamo partiti con molto estero e niente di nazionale, ma ora ci piace molto lavorare qui e con autori italiani. Questo apre anche alla possibilità di vendita all’estero dei diritti.

VERSO IL LUCCA COMICS AND GAMES 2017

Siamo nel periodo di Lucca Comics. Come vivete le fiere di settore, come vi preparate e quali sono i risultati?
Le fiere autunnali – dal TCBF a Lucca Comics and Games – sono il momento più importante: si produce di più in vista di questi eventi che aprono poi alla stagione del Natale, altro momento fondamentale quindi si moltiplicano le proposte e si lavora alacremente per preparare gli stand, invitare gli autori insieme a noi, promuovere incontri.

Quanto cambia da una fiera all’altra, valutate a quali partecipare o siete presenti a tutte quelle che potete?
Abbiamo provato alcune fiere poi tralasciate perché poco vicine al nostro prodotto. Vorremmo provarne di nuove, o tornare a partecipare ad alcune che abbiamo frequentato all’inizio, come ad esempio Pisa: una fiera libraria, non di fumetto, ma adatta al nostro prodotto. Insospettabilmente – e naturalmente con le debite proporzioni – va detto che ci sono piccole fiere o festival di provincia che possono dare soddisfazioni. Per esempio il Chiù di Terlizzi, grazie alle amiche di Spine, il festival diffuso Parole a Confine o il PicturebookFest di Lecce, a cui parteciperemo prossimamente. Non sono propriamente mostre mercato, ma sono iniziative molto curate con grande attenzione agli autori.

Quanto è importante in questi casi il rapporto con il lettore, magari occasionale?
La fiera è utile per questo: è sempre molto piacevole ritrovare di anno in anno i lettori fedeli, che arrivano e ti chiedono cosa consigli di nuovo e si fidano della tua proposta. Ed è importantissimo spiegare a voce ai potenziali lettori la linea editoriale e comunicare loro la passione che riversiamo in questo lavoro, così affascinante e complesso.

Grazie mille Lorenza, un grande in bocca al lupo per il futuro e alla prossima!
Grazie! E un saluto ai lettori.

Intervista effettuata per mail a ottobre 2017.


  1. Chick lit è l’espressione inglese con la quale si definisce un genere letterario emerso negli anni Novanta e rappresentato da scrittrici soprattutto britanniche e statunitensi, che si rivolgono prevalentemente a un pubblico di donne giovani, single e in carriera. – Wikipedia 

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