Loki
A ormai pochi giorni dalla conclusione della nuova serie Marvel Studios, Loki ha confermato nuovamente quali siano gli obiettivi iniziali e centrali della major nei confronti della nuova fase del Marvel Cinematic Universe, ovvero costruire delle serie che vanno contro le aspettative del pubblico per focalizzarsi in primis sullo sviluppo dei personaggi.
Come avevamo evidenziato già qualche mese fa, in occasione del finale di WandaVision, le serie Disney+ hanno preso in mano alcuni personaggi, accompagnandoli verso sviluppi ed evoluzioni inaspettati fino a un paio di anni fa, rendendo di fatto le storyline che si muovevano attorno a loro delle trame di contorno. Ma non per via di una decompressione narrativa involontaria, ma perchè è questo quello a cui i Marvel Studios stanno di fatto puntando con questi prodotti, un elemento sottolineato solo pochi giorni fa da Adam B. Vary in un interessante articolo pubblicato su Variety.
“Loki” evita tutto questo, perché è il primo show MCU che capisce fino alle ossa che la migliore televisione riguarda prima i suoi personaggi e poi la sua storia. Il piacere duraturo della narrazione di lunga durata è consentire al pubblico una comprensione molto più profonda di chi è sullo schermo rispetto a un film di due ore. Quella sensibilità è già intessuta nel MCU: guardare Tony Stark, Thor e Steve Rogers crescere e cambiare con più caratteristiche è stato fondamentale per il successo senza precedenti del franchise.
Questo aspetto in Loki è stato nettamente amplificato con la presenza della variante nota come Sylvie (Sophia De Martino), che ha giocato il ruolo di “valvola di sfogo” emotiva del personaggio interpretato da Tom Hiddleston. Attraverso la sua presenza abbiamo visto non solo Loki rivalutare se stesso, come avevamo tra l’altro già anticipato in una recente puntata della rubrica, ma ha anche aiutato lo stesso Hiddleston a ritrovare il personaggio con una forma recitativa più ironica e allo stesso tempo più profonda, certamente meno “gigiona” di quanto fosse negli ultimi tempi.
Con Sylvie gli sceneggiatori della serie hanno giocato in maniera intelligente sulla questione dei doppi, costringendo il protagonista a guardare se stesso diversamente, ma anche aumentato la carica empatica del personaggio di Loki verso tutto ciò che lo circonda, anche se in una misura emozionale diversa rispetto al passato. Se nel Thor di Kenneth Branagh, il Dio asgardiano sfogava la sua frustrazione attraverso un attacco diretto verso il padre Odino, nel serial che lo vede protagonista le emozioni sembrano più levigate e ragionate e meno in profondità, come se la comparsa di Sylvie (ma anche tutto ciò che è accaduto) avesse in qualche modo alleggerito l’animo del personaggio.
L’animazione a Cannes
Con il festival di Cannes ormai avviato in questi giorni, puntiamo nuovamente l’attenzione sulle pellicole di animazione (anche tratte dai fumetti), dopo lo sguardo preliminare di qualche settimana fa.
Tra i paesi che quest’anno cercheranno di attirare l’interesse dei distributori c’è il Cile, che arriva a Cannes con molti progetti il cui sfondo narrativo si basa in gran parte su vicende reali del paese sudamericano. Tra i progetti è da segnalare Underground Stories, prodotto da Catalina Victoria Donoso e della svedese Laika Film & Television. Il film di animazione è basato su un graphic novel e narra la storia di un artista di mezza età di nome Ariel, che crea il proprio fumetto per avvicinarsi al figlio adolescente Franco. L’artista disegna storie della propria vita durante la brutale dittatura di Pinochet, mostrando al ragazzo come tutto nella sua vita è cambiato quando i suoi genitori hanno accettato di dare rifugio a molti degli individui più ricercati dal regime, ospitandoli infine per 10 anni. La pellicola, la cui produzione è attualmente in corso, uscirà nel 2023.
Altro interessante film è Devil’s Vein ambientato al culmine del boom minerario nel deserto di Atacama negli anni ’20 e incentrato su Mercedes, un’umile ragazza di 16 anni che decide di rubare un misterioso pezzo d’oro. Spera di usarlo per negoziare per la vita di suo fratello che si è messo nei guai con il vero proprietario del minerale. Il film è prodotto da Sebastián Ruz di Carburadores, attualmente in trattative con una società peruviana per la co-produzione.
Tratto da un graphic novel è anche Winnipeg, Seeds of Hope, una coproduzione di tre paesi (Francia, Cile e Spagna). La pellicola, realizzata con animazione in 2D, segue il vedovo Victor e sua figlia Julia, due dei circa 2.400 rifugiati spagnoli fuggiti in Cile durante la guerra civile spagnola a bordo del transatlantico SS Winnipeg, noleggiato dallo scrittore cileno Pablo Neruda e i quaccheri a Parigi.
Faust
Sony Pictures Television ha annunciato, nei giorni scorsi, l’acquisizione della serie a fumetti Faust, scritta da David Quinn e disegnata da Tim Vigil, per realizzarne un adattamento sotto forma di serie animata. Il fondatore di HALO-8 Entertainment, Matteo Pizzolo, si occuperà della sceneggiatura.
Faust, pubblicato per la prima volta nel 1987 da Rebel Studios, è incentrato sul tormentato vigilante John Jaspers che vende la sua anima in cambio di super poteri e intraprende una ricerca infernale per sconfiggere Mefistofele e salvare la sua amante, la dottoressa Jade DeCamp, e annullare così il suo patto con il diavolo. Quinn e Vigil parteciperanno nel ruolo di produttori e consulenti per la serie animata. Brian Giberson di Black Mask Entertainment sarà il produttore esecutivo.
Il fumetto era già stato adattato in un live-action che ebbe poca fortuna nel 2000, diretto da Brian Yuzna.