Joker: la dolorosa risata di Joaquin Phoenix e Todd Phillips

Joker: la dolorosa risata di Joaquin Phoenix e Todd Phillips

Todd Phillips, regista conosciuto per le sue commedie politically scorrect, reinventa il personaggio di Joker in una pellicola viscerale e cupa, che permette a Joaquin Phoenix di mettere in mostra le sue incredibili doti recitative con una prova che rimarrà impressa nella storia del cinema.

Forse nessuno si aspettava che fosse Todd Philipps, regista famoso più per le sue commedie sopra le righe come la trilogia di Una notte da leoni e Road Trip, a presentarsi negli uffici della Warner Bros con un’idea e una scommessa tutto sommato pericolosa e di difficile realizzazione, ossia quella di creare un film dedicato a supereroi celebri ma con un approccio diverso, lontano dagli attuali canoni imposti dagli spettacolari cinecomics Marvel.

Phillips – che nel 2016 con Trafficanti dimostrava la sua abilità anche in ambiti diversi dalla commedia – propone alla major americana un film piccolo, intimista, lontano dai mega budget delle produzioni per i più noti supereroi americani, incentrato sulla psicologia e la caratterizzazione del protagonista. Protagonista che si rivela essere il Joker, la nemesi di Batman, forse il cattivo più famoso e iconico del fumetto mondiale, noto anche da chi di fumetto non ha mai sentito parlare. Una mossa e una scelta per certi versi sorprendente, cui però altrettanto sorprendentemente la Warner da il suo via libera.

Il regista, con l’aiuto di Scott Silver, scrive una sceneggiatura che si ispira palesemente ad alcuni classici di Martin Scorsese, tanto che perfino il famoso regista ne rimane colpito, diventando produttore della pellicola. La scelta di Joaquin Phoenix come attore principale, in un cast che, oltre a Robert De Niro, comprende altri notevoli caratteristi, rende l’attesa per il film sempre più rovente, i trailer fanno impazzire i fan e infine, nel 2019, Joker viene presentato in concorso al festival di Venezia, dove tra la sorpresa generale vince il Leone d’Oro come miglior pellicola.

Il 3 ottobre 2019 Joker esce finalmente in tutte le sale italiane, dopo un esordio accompagnato da grandi polemiche negli USA dove, al contrario dell’Europa in cui il film ha fatto sobbalzare il cuore di spettatori e critici, si è invece gridato al pericolo che la pellicola potesse lanciare un messaggio d’incitamento alla violenza, o che qualche persona mentalmente sensibile potesse arrivare a emulare quanto messo in scena dal carismatico Joaquin Phoenix. Accuse con un fondo di realtà o un’inutile polemica? Andiamo con ordine e analizziamo il film.

Il film racconta la storia di Arthur Fleck, abitante invisibile della città di Gotham, che sbarca il lunario facendo il clown per manifestazioni e compleanni, occupandosi nel tempo della madre malata. La sua è una vita che gli riserva solo umiliazioni e colpi bassi, soprusi morali e fisici. Vessazioni che spezzano il suo già fragile equilibrio mentale portandolo a ribellarsi, commettendo un crimine che dà inizio alla sua trasformazione in Joker e che nello stesso tempo dà il via, inconsapevolmente, a una ribellione della popolazione di Gotham, o meglio della sua parte più trascurata.

Senza rivelare altro, è questa la esile, a tratti scontata, trama che tiene insieme un film cupo e disperato, violento, ben girato ma sostanzialmente tenuto in piedi dalla perfomance attoriale di Joaquin Phoenix, a volte sin troppo dentro la parte. Una pellicola livida dal forte sapore anni 70, sia nelle scelte registiche e nelle citazioni spudorate: Arthur è un insieme del Travis Bickle di Taxy Driver e del folle attore di Re per una notte, film da cui la pellicola di Phillips trae diversi motivi di ispirazione.

Nella prima parte e in quella centrale, infatti, assistiamo alla vita quotidiana, ai riti che scandiscono la difficile, esasperante, vita di Arthur e gli avvenimenti drammatici che lo conducono alla pazzia finale, mentre l’ultimo l’atto ci mostra il Joker, ormai personalità dominante del corpo del protagonista che si prepara alla sua entrata in scena. Le prime due convincono più che altro per la prova gigantesca di Phoenix, a cui il regista delega praticamente il 90% del peso della pellicola, con un reiterato, massiccio e esagerato utilizzo di primi piani e sulla sua risata di dolore, che risuona nella testa anche dopo la visione del film. Scelta capibile visto che il suo volto, scavato e segnato, il continuo fumare rimuginando, i suoi tic, la vista del suo corpo martoriato e scheletrico che danza in penombra, sinuoso e disturbante, risultano sempre atti magnetici, quasi da non riuscire a staccare gli occhi dallo schermo.

Una prova che a volte risulta fin troppo debordante, sebbene è quello che è lecito aspettarsi da chi interpreta il Joker, in cui l’attore sembra voler pigiare sulla caratterizzazione sopra le righe quasi a voler dimostrare la sua tecnica davvero incredibile, esasperando talmente tanto alcune sue caratterizzazioni da arrivare a mettere in ombra lo stesso Arthur da lui interpretato. Per fare un esempio, la sua prova in The Master del grande Paul Thomas Anderson era ugualmente efficace, ma più misurata, al servizio del personaggio. Stiamo comunque parlando di una grande prova, che costringe lo spettatore a empatizzare per il protagonista e le sue debolezze, viverne le sfortune fino a considerarlo non un criminale, ma vittima di una società che abbandona i suoi membri più deboli a favore di quelli più abbienti, nel film cinici e abbietti, un vendicatore da sostenere, da seguire.

Ed è questo che innesca la parte finale, quella più discussa, ma forse più riuscita del film, contestata in quella America odierna, nazione che si riconosce fin troppo bene nel film e nelle sue accuse, dove un Phoenix finalmente più misurato, porta il suo colpo finale a quella casta che lo ha sempre deriso e respinto diventando messia dei deboli e capo popolo di un esercito di reietti con le maschere da pagliaccio.

Questo è il messaggio che ha dato adito alle polemiche, seppur passato in modo un po’ troppo affrettato e semplicistico dal regista, un moderno “potere al popolo, abbasso il ricco” (per non dire peggio e comunque uno degli slogan più antichi nella storia dell’uomo) funziona, a tratti fin troppo bene, facendo sì che l’anarchia suggerita diventi pensabile e condivisibile, perché chi esce dal cinema dicendo che non ha simpatizzato per il Joker, mente per non ammettere pensieri pericolosi.

Insomma Joker è il nuovo step nella produzione di cinecomics, fallace in alcuni punti, ma di grande potenza autoriale, delineato da una regia magari poco ardita ma solida e funzionale, che dimostra la duttilità di Todd Phillips, ben accompagnato dalla fotografia fredda e livida di Lawrence Sher.
Phillips è riuscito a traslare con successo il cinema senza limiti di correttezza delle sue commedie, in un dramma viscerale, esistenziale e provocatorio sulla natura umana, ricco di quesiti morali a cui non è semplice rispondere, vero e proprio manifesto dei tempi difficili che viviamo

Davvero indovinata la scelta dei pezzi che compongono la colonna sonora e che accompagnano passo passo Arthur nella sua metamorfosi, che passano dalla profetica White Room dei Cream, a Laughing dei The Guess Who, alla bellissima Smile di Jimmy Durante che chiude il film e guida la discesa danzante del clown per un enorme scalinata, in una delle scene più belle e metaforiche della pellicola.

Per finire: sì ho proprio scritto cinecomics. Un gran bel Cinecomics, forse il migliore per gli standard che impone. Con buona pace dei tanti fan che rinnegavano il film senza prima averlo visto, Joker è un cinecomics a tutti gli effetti. Il film rielabora in modo deciso la figura del folle pagliaccio, e nonostante ne riscriva una nuova e convincente genesi, si aggancia pesantemente alla mitologia del Cavaliere Oscuro con ramificazioni che possono far pensare a un futuro incrocio cinematografico tra i due.

 

2 Commenti

2 Comments

  1. Anders Ge

    11 Ottobre 2019 a 14:15

    “Insomma Joker è il nuovo step nella produzione di cinecomics”, ineccepibile se non fosse che Joker non è un cinecomics. E non lo è non per la sua “forma” aurorale, ma perché non ha nulla a che spartire con i comics. Ogni momento di questa incredibile pellicola urla una domanda:”ma non è che è stato usato Joker per vendere di più questo film che, altrimenti, sarebbe stato osannato dalla critica e snobbato dal grande pubblico?”.
    Forse no. Forse.
    Ma il dubbio resta, come la certezza (almeno per il sottoscritto)che non sia un film su di un personaggio dei fumetti.

    • la redazione

      14 Ottobre 2019 a 08:06

      Posizione legittima. Noi crediamo che quello del cinecomic stia diventando un genere maturo capace anche di comprendere pellicole ispirate in maniera meno “rigida” alle controparti cartacee, da operazioni come Joker financo, per essere più “estremi”, a Lo chiamavano Jeeg Robot o Il ragazzo invisibile, per questo a prescindere lo trattiamo come tale. Interpretazione ovviamente discutibile :)

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