
Nel parcheggio di un supermercato, Dennis e Tâm, fratello e sorella, notano una donna chiusa dentro un furgone. Lei gli chiede se possono venderle il coltello da cucina che hanno appena acquistato, offrendo una certa somma, e Dennis non se lo fa ripetere due volte, ma si accorge troppo tardi che il denaro è straniero. I due perdono le tracce della donna finché Alex, un ragazzino che vive nello stesso quartiere, non trova uno zaino che riconduce proprio a quel misterioso furgone nero e alla compravendita che i ragazzi hanno avuto con la sua passeggera.
Comincia così Il nirvana è qui di Mikael Ross, con ingredienti che fin dalle prime pagine danno vita a una storia tra il thriller, il noir sociale e il romanzo di formazione. Fumettista eclettico, cui piace variare in soggetto, stile narrativo e tecnica di disegno, Mikael Ross in questo caso si avvicina al manga passando al bianco e nero e a una retinatura fitta (cui ha contribuito Inês Ferreira), con un tratto decisamente più netto rispetto ai suoi precedenti Imparare a cadere (Bao 2019) e Goldjunge: Beethovens Jugendjahre (avant-verlag 2020), biografia umoristica del celebre compositore.
In effetti, almeno in apparenza, l’autore tedesco si allontana dai suoi altri lavori, a partire dalle atmosfere cupe del quartiere Lichtenberg, alla periferia di Berlino, raccontato in modo da renderlo un vero e proprio protagonista (e ispirandosi a Dōmu di Katsuhiro Otomo per la resa grafica). Le palazzine popolari accompagnano i personaggi nelle loro ricerche, risultando di volta in volta cariche di vita che ribolle dietro le finestre, rifugi accoglienti in cui ripararsi, oppure presenze statuarie e minacciose che incombono sui protagonisti.
Il nirvana è qui restituisce le molte anime di questo quartiere, prima fra tutte quella multiculturale: una compresenza di storie, vite passate e cicatrici che rendono il fumetto un affresco di forme di convivenza, solidarietà e condivisione che troppo spesso finiscono oscurate dalle violenze che assurgono agli onori della cronaca. Le stesse violenze che vengono raccontate ne Il nirvana è qui, ma che assumono progressivamente un ruolo secondario rispetto alle avventure dei protagonisti, ai rapporti che si stringono e che si allentano, alle scoperta di cosa si raggiunge, ma anche di cosa si perde, quando si cresce.

Visto in prospettiva, il fumetto mantiene in realtà un filo rosso che lo unisce agli altri lavori dell’autore tedesco, raccontando di solitudini che si incontrano (questo soprattutto per quanto riguarda Imparare a cadere): gli abitanti di Lichtenberg, o chi si trova ad attraversare le sue strade grigie, appaiono spesso in balia di una vita che non hanno scelto o che non capiscono fino in fondo. Ma proprio negli interstizi del quartiere, in giardinetti invisibili o sul bordo di una panchina, scoprono di avere in comune proprio questo spaesamento e di poter percorrere insieme un tratto di strada. E non è poco quando ti trovi a dover fare i conti con gangster violenti, padri assenti, rapimenti, e amori che non sono destinati a durare.
Nel suo essere un ottimo bilanciamento tra romanzo di formazione e noir, Il nirvana è qui colpisce per la regia: l’impaginazione è attenta, le inquadrature sempre adatte, il ritmo è capace di alternare sequenze d’azione ad altre più narrative. L’insieme riesce a creare la tensione richiesta dal thriller, ma anche a concedersi pause liriche molto intense. I personaggi sono ben costruiti e permettono di affezionarsi rapidamente al loro microcosmo, che pare immenso e impenetrabile come le facciate dei palazzi, ma anche intimo e accogliente come le stanze in cui si rifugiano i protagonisti. L’opera è quindi scorrevole, con solo due elementi che stonano: uno è l’incipit, in cui vengono date le coordinate di come sono gestiti gli aspetti linguistici del fumetto, vista la presenza di parlanti di lingue diverse (soprattutto il tedesco e il vietnamita). Queste indicazioni, però, non vengono subito rispettate, restituendo così l’impressione che l’autore sia rimasto a metà tra il dare ai lettori delle “istruzioni per l’uso” e la scelta di far capire man mano come viene gestito questo aspetto, con il procedere del racconto1.

Il secondo elemento farraginoso riguarda gli intrecci della trama: se una serie di incroci, ma anche di coincidenze, sono infatti plausibili, quando questi diventano troppi si può avere l’impressione che il mondo intero ruoti intorno ai protagonisti. Il rischio è che la storia risulti inverosimile, una sensazione che comincia a sfiorare il lettore man mano che la trama si dipana. Si tratta di un rischio che rimane tutto sommato contenuto e che intacca solo in parte l’esperienza di lettura nel suo insieme. Il nirvana è qui, infatti, è l’ultima prova di un autore che continua a dimostrarsi eclettico, capace di scegliere con cura le storie che vuole raccontare e (fatto altrettanto, se non più, importante) i modi in cui raccontarle: conoscendo gli stili diversi di cui è capace Mikael Ross, e la varietà delle influenze che li arricchiscono (dalle strisce franco-belghe a fumettisti come Christophe Blain, Joann Sfar, Manu Larcenet, passando per i manga di Taiyo Matsumoto e Katsuhiro Otomo), colpisce la cura estrema e senza sbavature di Il nirvana è qui, perfetta per rendere le sue sfumature che passano dal noir a quelle di un rosso intenso e appassionato.
Abbiamo parlato di:
Il nirvana è qui
Mikael Ross
Bao Publishing 2025
344 pagine, brossurato, bicromia – 25,00 €
ISBN: 9791256211401
- Un’ambiguità cui contribuisce anche la scelta di tradurre in questo incipit “battute in tedesco” con “battute in italiano”, che stona con l’ambientazione dichiaratamente berlinese. Una nota a piè di pagina sulle scelte di traduzione avrebbe reso l’indicazione più discreta e più chiara. ↩︎
