Gea: la fine della guerra

Gea: la fine della guerra

In occasione della conclusione di Gea abbiamo fatto una chiacchierata con Luca Enoch, autore di uno delle serie Bonelli piu' sui generis rispetto alla tradizionale produzione dell'editore milanese. Sono emersi aspetti interessanti della sua creazione, nonche' alcune considerazioni e anticipazioni sull'opera passata e futura di uno dei piu' talentuosi autori...

GeaGea è un vero esperimento in casa Bonelli. Meno pubblicizzato di altre iniziative più recenti (come i Romanzi a Fumetti o le varie miniserie) è stato tuttavia qualcosa di davvero nuovo e (almeno attualmente) singolare per l’editore milanese. Una serie d’autore, affidata in toto a un singolo autore, seppur sottoposto al rigido controllo editoriale che caratterizza tutte le collane Bonelli. Un esperimento sicuramente riuscito in termini artistici, con la creazione di un mondo, un universo fantasy “realistico”, quasi palpabile nella sua concretezza, e al tempo stesso riccamente fantasioso con personaggi fecondi di sfaccettature e personalità.

In Gea Enoch profonde la sua consueta abilità di raccontare storie esprimendo anche una visione del mondo precisa e critica, con una posizione netta. In più, rispetto a sue opere precedenti, fa un abbondante uso di riferimenti culturali e bibliografici che riesce a miscelare con sapienza nel plot per caratterizzare ambientazione e protagonisti.

Ma, oltre che narratore di razza, Enoch è anche un signor disegnatore e in tutta la serie si è assistita alla sua continua evoluzione di artista, con una ricerca dell’accuratezza e della semplicità insieme che rendono il suo tratto, sempre in bilico tra la lezione europea della ligne claire e il dinamismo dei manga (con una spruzzata di ipertrofia made in USA), più unico che raro. Il tutto riuscendo a rispettare la rigida struttura della “gabbia” bonelliana.

Gea rimarrà probabilmente come uno dei migliori fumetti italiani di questo periodo, sebbene intorno ad esso non abbia mai avuto il clamore che avrebbe meritato un’opera di questa levatura.

Intervista a Luca Enoch

Luca EnochTermina con il diciottesimo numero la saga di Gea: nove anni di pubblicazione. Cosa ti ha lasciato questa lunga esperienza?
Un decennio di studi, approfondimenti e anche condizionamenti creativi; tutta roba che poi non si può cancellare con un colpo di spugna. Mi sto prendendo un due/tre mesi di pausa in cui scrivero’ solamente e non tocchero’ foglio se non per fare degli studi dei personaggi, proprio per spurgarmi del personaggio precedente e fare spazio al prossimo.

Cosa è cambiato in questo arco di tempo rispetto alle tue idee iniziali? Gea è ancora un personaggio che senti tuo o è nato un po’ di “distacco”?
Il percorso narrativo di Gea l’avevo in mente sin dall’inizio; varie cose sono cambiate in corso d’opera, personaggi comprimari sono diventati ricorrenti, alcuni hanno acquistato importanza e altri l’hanno perduta ma tutto in funzione dell’evoluzione del personaggio principale. Personaggio che ho sentito mio fino alla fine, devo dire.

In seguito alle richieste di Sergio Bonelli, la serie è terminata con due numeri d’anticipo rispetto ai 20 annunciati. Cosa hai tagliato e quanto hai cambiato rispetto al progetto inziale?
Mi è stato chiesto di chiudere la serie con due numeri di anticipo e questo non ha influito su quello che volevo raccontare. Semplicemente ho accantonato due episodi autoconclusivi della “prima parte” della saga: una storia con i folletti scatenati in città e un’altra con una sirena/vampiro musa ispiratrice di un maturo musicista rock (l’avrei disegnato uguale a Keith Richards!). Ma il mega episodio finale (dal 13 albo in poi) l’ho realizzato in maniera completa

Il finale mostra una risposta “pacifica” alla guerra, perfetto corollario del messaggio di tutta la serie: la soluzione non sta nell’annientamento quanto nel riconoscersi come comunità al di là delle proprie origini e differenze. Il messaggio è attualissimo, le metafore molto chiare. Pensi di esser riuscito a rendere con Gea tutto quello che avevi intenzione di dire?
Oh, beh… io lo spero. Il rischio quando vuoi veicolare un messaggio è quello di lasciarti prendere la mano e di risultare pedante o didascalico. Io cerco di non cadere in queste trappole ma non sempre ci riesco.

Nei tuoi fumetti emerge con chiarezza il tuo punto di vista sulla società, la politica, la religione. Questa caratteristica ti distingue da molti altri autori “ad ampia diffusione”: perché credi che spesso manchi questo mettersi in prima fila con le proprie opinioni?
Non credo ci sia una regola assoluta. Alcuni dicono che il fumetto debba essere letteratura d’evasione ma io lo trovo molto riduttivo, senza nulla togliere alla narrativa d’evasione, che può essere ottima e di alto livello. Semplicemente il fumetto è un linguaggio narrativo come la prosa o il cinema e con un linguaggio ci puoi fare di tutto. È quindi scelta dell’autore – e dell’editore per cui egli lavora – decidere se rendere palesi le proprie idee politiche e la propria visione del mondo e della Storia.

Come viene accolto questo tuo stile dai lettori?
Le reazioni sono ovviamente contrastanti; chi rifiuta un certo tipo di orientamento socio-politico avrà una reazione negativa anche verso la storia che legge e quindi verso il personaggio e il suo autore. Io non avrei mai potuto proporre a Bonelli un personaggio come Sprayliz – che so lui apprezzava – perché le prese di posizione della ragazza (nei confronti della sessualità, le droghe leggere o i centri sociali…) avrebbero fatto imbufalire una buona metà del pubblico bonelliano. In Gea la posizione è la stessa ma più sfumata.

Da Sprayliz a Morgana e Gea: sembra che come scrittore ti trovi più a tuo agio con protagonisti femminili, forti e indipendenti.
é così. Il cromosoma XX è tiranno. Lo dimostrano le mie due bimbe, Elena e Isabella, che in quanto a forza e indipendenza mi fanno tremare per il futuro prossimo…

Le avventure di Sprayliz stanno godendo di una ristampa integrale. Trovi le sue storie “invecchiate” rispetto alla situazione sociale attuale, o credi che il loro messaggio sia ancora valido?
La situazione socio-politica non sembra essere tanto cambiata. O meglio, sono cambiati molti degli agenti sociali (all’epoca NoGlobal e Disobbedienti ancora non avevano fatto capolino sulla scena) ma i fronti contrapposti sono gli stessi e sembrano anzi essersi ulteriormente radicalizzati. I writer sono entrati nei musei di arte moderna anche qui in Italia (finalmente) ma si leggono ancora notizie di amministratori comunali che vogliono criminalizzare chi dipinge sui muri. Quindi anche oggi ci potrebbe essere un Kinnock che da una caccia spietata a Sprayliz e realtà sociali “illegali” come il Macondo sembrano ancora essere il solo spazio dove certa creatività giovanile può trovare libero sfogo.

La prima trilogia di Morgana è giunta a compimento, e il quarto volume ha già visto la luce; in tutto i volumi saranno dieci come annunciato?
Sì, sempre che gli Umanoidi non abbiano un’altra crisi finanziaria come quelle di quest’anno che ci ha fatto temere per il proseguimento della serie. Loro sono intenzionati a proseguire e sappiamo che la buona volontà non gli manca. Vediamo come risponde il mercato.

Dalle storie brevi iniziali, al formato pocket, al bonelliano fino al francese di Morgana. Come ti trovi con formati e stili tanto differenti?
Trovo molto stimolante variare formati narrativi in questo modo. Una ricaduta positiva trovo sia il fatto che anche la “gabbia bonelliana” col tempo subisce, per forza di cose, una modifica e non rimane rigidamente fissa e sempre uguale a se stessa. Questo è positivo per l’autore, che non si sclerotizza in un formato unico, ma anche per il lettore, che impara ad affrontare tipologie narrative diverse.

Dopo Gea è prevista una nuova miniserie in Bonelli, in fase di definizione. C’é già qualcosa che puoi anticipare?
Ti passo la risposta ufficiale del momento: a parte i vari progetti nazionali ed esteri che mi vedono solo in veste di scrittore, per Bonelli ho già in preparazione un’altra serie semestrale, stesso formato e stessa foliazione di Gea, con un altro personaggio femminile. Ancora non ha un nome – per lo meno non ufficialmente, perché io so benissimo come vorrei chiamarla – e non ha un’ambientazione fissa e neppure personaggi comprimari ricorrenti. Viaggia nel tempo e uccide la gente. Un bel tipino.

(Originariamente pubblicato su Anteprima #12/2007)

Riferimenti:
Blog di Enoch: lucaenoch.ilcannocchiale.it
Sito Bonelli: www.sergiobonellieditore.it

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *