Roberto Manzocco si cimenta in un genere saggistico speciale che, quando riesce a cogliere il segno, genera contributi divertenti e allo stesso tempo di ottimo livello qualitativo che stimolano i neuroni del lettori senza eccessivo sovraffaticamento. Paragone esemplare lo possiamo rinvenire in La fisica dei supereroi di James Kakalios, (ed. italiana Einaudi, 2007), il libro che ci spiega la fisica applicata ai poteri dei supereroi e, assieme, errori e ingenuità degli autori, tutto con leggi fisiche alla mano, divulgate eloquentemente.
Nel nostro caso, l’autore ci dà un’ottima dimostrazione di come si possa parlare di fumetto e di filosofia con armoniche concordanze, senza annoiare, anzi esaltando i messaggi di una certa narrativa popolar-cult, affiancandola alla riflessione elevata dell’uomo sulla propria esistenza.
Avevamo apprezzato Manzocco per il suo saggio Pensare Lost. L’enigma della vita e i segreti dell’isola (Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2010), ma lì l’autore era rimasto in qualche modo avviluppato nei meandri delle trame intricate e mai esplicitate dagli sceneggiatori della lunga serie. Manzocco, in quei meandri, ci si era un po’ perso, risultando dubbioso in alcuni passaggi.
In questo Dylan Dog. Esistenza, orrore, filosofia, invece, Manzocco, che si rivela appassionato lettore dell’indagatore dell’incubo, si muove decisamente a proprio agio, avvalendosi di una ottima competenza del fumetto, dei suoi meccanismi strutturali e linguistici e di una conoscenza profonda del personaggio di Tiziano Sclavi.
Ma si può definire Dylan Dog un personaggio filosofico? Ricordiamo che, proprio attraverso le parole di Groucho, la filosofia viene irrisa come “la scienza con la quale o senza la quale tutto resta tale e quale” (Jekyll, Dylan Dog n. 33, p. 67). E alle domande filosofiche della sua vecchia amica Justine (reincontrata per caso): “Perché esistiamo? Dove andiamo, Dove comincia il tempo?”, Dylan Dog ribatte: “Ah ma allora insisti? Sono problemi da liceali Justine. Poi si cresce e le domande diventano davvero fondamentali tipo: come faccio a pagare il mutuo della casa?” (Dylan Dog, Il signore del silenzio, n. 39, p. 8).
In effetti, a mio avviso, il personaggio Dylan Dog non è più “filosofo” di ciascuno di noi, delle persone comuni che si arrabattano cercando di dare un senso alla propria esistenza (e si ingegnano per pagare il mutuo della prima casa). In quest’ottica il successo del personaggio di Sclavi trova giustificazione nell’esigenza del lettore di trovare, attraverso le vicende dell’eroe, risposta alle domande sul senso della vita.
Dylan Dog esce nelle edicole nel settembre del 1986, in un momento storico in cui in Italia esisteva un profondo disorientamento morale e culturale. Nel personaggio di Sclavi si specchiano, dunque, le incertezze, i dubbi, le angosce, gli orrori interiori del lettore, ma l’eroe non è un “tale e quale” del lettore ma è piuttosto uno scrigno al cui interno è possibile scrutare una palingenesi di valori, di comportamenti, di aspettative.
Il saggio di Manzocco si preoccupa di scavare in questo scrigno di valori e di collegarli alle principali tendenze e linee del pensiero filosofico, facendo emergere, con sapienza esperta, il pensiero degli affascinanti filosofi dell’antichità, assieme alle riflessioni dei contemporanei, anche di quelli poco noti ai profani.
Nelle quasi trecento pagine del suo testo, Manzocco esamina dunque quasi tutte le tematiche che emergono dagli episodi di Dylan Dog e prova a collegarle alle correnti del pensiero filosofico.
Il signore del silenzio, uscito nel dicembre del 1989, a firma di Giuseppe Ferrandino, per i disegni di Giampiero Casertano. Il signore del silenzio, nonostante non sia scritto da Sclavi, creatore del personaggio, è l’episodio che ci consente di avvicinarci più intimamente alla Weltanschaung dylaniata. Che dietro la Verità (con la “V” maiuscola), scoperta da Uskebasi, il signore del silenzio, filosofo ai tempi di Salomone, re d’Israele, si celi null’altro che un atroce scherzo. Che la stessa vita non abbia senso, questo lo avevamo intuito sin dai primi numeri di Dylan Dog. Manzocco ci aiuta, ancora una volta, ad ancorare tale nichilismo esistenziale ai pensatori corretti. La correlazione che ci suggerisce l’autore è quella con il pensiero esistenzialista francese di Albert Camus e Jean-Paul Sartre, di cui Uskebasi diviene una sorta di precorritore, infinitamente più incisivo, dal momento che la lettura del suo tomo, costringe il malcapitato lettore al suicidio (non mi risultano postumi di tal genere dalla lettura de La nausea, ma magari qualcuno ci sarà pur andato vicino).
Manzocco non manca di soffermarsi nell’analisi delle rimarchevoli tematiche che hanno dato spessore al nostro esistenzialista dell’incubo: l’orrore, l’amore e la morte, tematiche su cui si dilungano generosamente gli ultimi tre vasti capitoli del saggio, dando compimento e compiutezza all’opera.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog – Esistenza, orrore, filosofia
Roberto Manzocco
Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2011
294 pagine, brossura, – € 22,00