La Londra del prossimo futuro è popolata in gran parte da morti viventi, a causa di un morbo che si è diffuso rapidamente in tutto il mondo, trasformando i defunti in zombie, chiamati Ritornanti.
È il terribile scenario che si è già potuto osservare nelle tre storie scritte da Alessandro Bilotta per i Dylan Dog Color Fest #2 e #10 e per Dylan Dog Albo Gigante #22, raccolte lo scorso anno nell’elegante volume edito da BAO Publishing Cronache dal pianeta dei morti. La saga prosegue ora con questo nuovo capitolo, La casa delle memorie, ospite di Dylan Dog Speciale #29, testata annuale deputata dal 2015 proprio alla continuazione di questo ipotetico futuro immaginato da Bilotta.
La cifra stilistica delle avventure precedenti era quella di una forte malinconia, mista ad un senso di rassegnazione che non lasciava spiraglio a speranze di alcun tipo. Complice un andamento narrativo “a ritroso” rispetto all’ordine di pubblicazione, che permetteva di vedere fin dal principio l’epilogo di questa “seconda esistenza” dell’Indagatore dell’Incubo, l’atmosfera di quelle storie era fosca, forgiata da pensieri nichilisti e dialoghi senza traccia di positività alcuna.
La casa delle memorie mantiene questi elementi ma, complice anche una foliazione maggiore rispetto agli episodi precedenti, risulta meno efficace perché, per comunicare al lettore l’atmosfera cupa e decadente di questo scenario, e soprattutto la caratterizzazione disillusa di Dylan Dog, Alessandro Bilotta non perde occasione nel corso della storia per calcare la mano su questa dimensione disperata, eccedendo nella costruzione di questo contesto.
La personalità di questo Dylan, così descritta, risulta essere il centro nevralgico dell’opera, una figura scritta con quell’empatia che l’autore ha già saputo dimostrare in alcune delle sue opere precedenti.
Un Dylan Dog non più giovane, minato nello spirito, che vive in un cimitero abbandonato perseguitato dai sensi di colpa e con uno sguardo allucinato e stanco, rappresenta un elemento che colpisce l’attenzione del lettore, anche se forse il tutto viene un po’ troppo “urlato”, quando bastavano meno dettagli per delineare la psiche del protagonista, che rimane ad ogni modo interessante per la sua connotazione smarrita.
Alessandro Bilotta però non si ferma al titolare della testata e, per indagare l’animo umano, la sua sconfitta e le sue miserie, assume una visione multiprospettica, dedicando in diversi punti della storia alcune tavole a delle persone comuni, attraverso monologhi interiori, spesso ultimi pensieri di persone che stanno per essere morse da un Ritornante.
Lo sceneggiatore mette in campo quella sensibilità verso l’uomo comune che tanto bene aveva saputo sviluppare nei vari albi di Valter Buio, dove il “caso del numero” era sempre l’occasione per seguire le vicende di qualche anima in pena, afflitta da situazioni complicate e a cui era difficile restare indifferenti. Analogamente, gli “intermezzi” dedicati a questi personaggi secondari, che lambiscono quasi casualmente le vicende di Dylan, permettono un approfondimento inusuale e interessante, in grado di rendere tridimensionali quelle comparse solitamente funzionali solo all’incedere della trama, e di arricchire lo spessore della sceneggiatura.
Non solo: la sceneggiatura di Bilotta riesce sapientemente anche a creare diversi paralleli tra le esperienze dei singoli e quanto sta accadendo nella macrotrama dell’albo, in un gioco di simmetrie davvero intrigante.
Interessante è anche l’incubo ricorrente di Dylan di essere morto, presentato più volte e in maniera tale da farci quasi dubitare di quale sia la realtà e quale il sogno.
Questa struttura, per quanto utile all’empatia verso gli “ultimi”, comporta però anche un’infelice frammentazione della trama, dove a farne le spese è il caso sul quale Dylan decide di indagare e incentrato sugli Immemori, individui fuggiti di casa per recarsi in centri che si occupano di cancellare la memoria: alcuni di essi sono tornati alle proprie case dopo anni di assenza e bisogna capirne i motivi.
È qui infatti che si trova la parte più debole dell’albo, quasi come se Bilotta avesse preferito dare spazio ai sentimenti piuttosto che allo sviluppo dell’indagine, trasmettendo così però un senso di squilibrio del volume nel suo complesso.
Pur avanzando per gran parte della storia, infatti, il caso rimane sempre sottotraccia, inframmezzato dalle finestre sui personaggi di sfondo e dall’incontro con Skye, affascinante ragazza che aspira a diventare una Immemore e a cui Dylan si affeziona, un personaggio che non riesce però a ritagliarsi uno spazio veramente importante all’interno della trama.
In questo modo, quando si arriva alla risoluzione, la realtà dei fatti appare esposta in modo frettoloso e poco appagante, rendendo meno convincente la fine della storia. Il responsabile dei luoghi di rifugio degli Immemori risulta inoltre poco incisivo, anche per via dello scarso spazio in scena, e il drammatico attacco mostrato nelle ultime tavole viene ridotto ad uno scontro fin troppo rapido, dove il dramma della sua conclusione non riesce a colpire come avrebbe potuto.
I disegni di Giampiero Casertano accompagnano con risultati altalenanti la sceneggiatura di Alessandro Bilotta.
Grande attenzione viene riservata al volto e all’aspetto del protagonista, che si richiama a quanto visualizzato da Daniela Vetro, Carmine di Giandomenico e Paolo Martinello per lo stesso contesto ma con un tocco più personale dell’artista, che accentua la rughe sul viso e l’espressione torva.
Non in tutte le tavole però il risultato è soddisfacente, con vignette in cui questi elementi vengono accentuati a tal punto da rendere troppo “carico” il personaggio, con un risultato forse voluto per evidenziare l’età di questa versione di Dylan, ma anche straniante. Meglio per quanto riguarda i personaggi secondari, per i quali l’artista dimostra una buona dose di ricercatezza nella diversificazione nell’aspetto fisico, e con un certo gusto nella scansione delle vignette per pagina, si veda la scena della trasformazione in morto vivente o quelle costruite come flussi di coscienza dei Ritornanti su cui ci si focalizza di volta in volta.
Buono l’utilizzo dei chiaro-scuri, anche se a volte ottengono un effetto forse eccessivo. Gli sfondi appaiono sostanzialmente curati, mentre si configura come convenzionale, ma debitamente inquietante, il modo in cui vengono ritratti gli zombie.
In generale il tratto appare meno pulito rispetto alle ultime prove dell’artista (un esempio su tutti, Dylan Dog #347), per quanto nel complesso apprezzabile.
La casa delle memorie non è quindi un albo perfetto, e accusa il colpo del passaggio ad una foliazione maggiore rispetto alle precedenti storie del “pianeta dei morti” dando l’impressione di non gestire perfettamente il ritmo e l’equilibrio narrativi.
Le tematiche messe sul piatto da Alessandro Bilotta sono però assolutamente ricche di interesse ed esposte in maniera piacevolmente crepuscolare: la solitudine dell’essere umano nella sua follia personale, il bisogno di non farsi imprigionare nella memoria del proprio passato e al contempo la codardia di chi fugge dai ricordi sono tutti concetti di grande spessore, capaci di generare una riflessione post-lettura non certo banale.
Abbiamo parlato di:
Speciale Dylan Dog #29 – Il pianeta dei morti: La casa delle memorie
Alessandro Bilotta, Giampiero Casertano
Sergio Bonelli Editore, settembre 2015
160 pagine, brossurato, bianco e nero – 5,50 €
ISSN: 9 771123 65900 50029