Nonostante tutto. È questo il titolo del romantico e originale volume di Jordi Lafebre, barcellonese classe ’79 che ci racconta una storia d’amore partendo dal finale. Rovinandolo, in un certo senso, ma nemmeno troppo, perché scoprirne gli antefatti pagina dopo pagina emoziona ancor di più. Ma questo non è lo spazio per una recensione, che potete invece leggere qui; quelle che seguono sono invece alcune domande per conoscere meglio l’autore e indagare più a fondo il lavoro di chi avevamo già conosciuto per i bellissimi disegni su testo di Zidrou in Un’estate fa.
Iniziamo con alcune domande classiche: come hai iniziato? Qual è il tuo percorso artistico?
Ero un bambino che non smetteva mai di disegnare. Tutti i bambini disegnano e la maggior parte di loro a un certo punto smette, ma alcuni non lo fanno mai. Mi interessavano i grandi mae stri, i pittori, ma anche i fumetti e i film d’animazione e cercavo di emularli tutto il tempo. Non ero molto bravo, ma mi piaceva comunque. Da teenager ho iniziato a frequentare qualche corso e al termine del liceo ero piuttosto convinto di diventare un artista. Ho preso due diversi diplomi artistici e iniziato con i primi lavori a 19 anni. Da allora, non ho mai smesso.
E quali sono i tuoi autori di riferimento?
I grandi autori di riferimento cambiano, con il tempo e con l’evolversi del gusto, nei differenti stadi dell’autoapprendimento. Da bambino ero sbalordito dai fumetti francesi – Asterix, Spirou, … – e dall’animazione americana – film Disney, WB… -, finché a un certo punto non è diventata interessante qualsiasi cosa. Manga, supereroi, fumetti, dipinti classici. Mi ricordo che studiavo per ore alcune stampe di Michelangelo che avevo trovato su una rivista. L’arte mi incuriosiva in generale.
Il tuo fumetto, Nonostante tutto, inizia dalla fine. Perché hai scelto di “rovinare” il finale?
Le storie d’amore vertono la maggior parte delle volte sulla fine, sulla domanda “Restano insieme o no?”; ma a me interessava il processo, i come e i perché di questa scelta. La scoperta è meravigliosa, ma la comprensione è molto potente.
Il tuo interesse, ho letto, è per la natura umana: ma quanto c’è di te in Zeno e quanto in Ana? Quanto c’è di te nei tuoi personaggi?
Metto sempre un po’ di me stesso in ogni personaggio, e in questo caso io sono sostanzialmente loro; in generale, fa parte del lavoro. Nello stesso modo in cui pittori e fotografi fanno ritratti e autoritratti per comprendere la natura umana, o gli scrittori raccontano di sé o delle persone introno a loro. Credo che il tema sia sempre l’umanità, è il punto di vista dell’autore che la rende ogni volta diversa.
Dici che la Spagna non è un paese di lettori. Eppure c’è una tradizione bellissima, che peraltro porta il tuo nome: la festa di Sant Jordi, a Barcellona. La festa degli innamorati, in cui questi si regalano un fiore e un libro. Che periodo vive il fumetto, in Spagna?
Mi piacerebbe poterti dare una risposta appropriata, ma non posso, mi dispiace. Ho solo una prospettiva da autore, molto soggettiva. Non sono molto a conoscenza dei numeri o delle statistiche su come stia andando il mercato.
Qual è la cosa più difficile quando si fa un fumetto con un’altra persona (come in Un’estate fa)? E quale la più difficile quando si lavora da soli?
I libri funzionano un po’ come i viaggi. Si hanno problemi con cose diverse, se sei da solo o in compagnia. Quando sei in compagnia, è importante avere una comunicazione costante sugli obiettivi e sul modo di fare le cose, e devi adattarti alla squadra – non solo ai tuoi bisogni o ai tuoi desideri. In compenso puoi contare sull’altra persone e non ti senti mai solo. Quando lavori da solo puoi fare tutto secondo i tuoi desideri e le tue sensazioni, ma qualche volta puoi sentirti insicuro e incerto del risultato; credo che tu percepisca una grossa responsabilità. Mi piacciono entrambi i modi di lavorare; quello che importa è se i progetti sono interessanti ed emozionanti.
L’energia positiva e luminosa che pervade i tuoi fumetti viene dalla tua terra, la Spagna? È un’energia che passa anche dal colore. Ci parli un po’ di come scegli i colori e come li applichi?
La palette di colori di un autore è molto personale; credo che potrei riconoscere la maggior parte dei miei artisti preferiti solo dalle forme e dai colori, a prescindere dall’ambito di lavoro. L’elenco di influenze è sempre lungo e non sempre consapevole; come i movimenti e il linguaggio di un attore, l’essenza risiede nella propria personalità. Io non sono stato conscio del mio uso del colore fino a quando – piuttosto tardi nella mia carriera – non me lo ha fatto notare un editore. Ancora oggi lavoro in modo molto istintivo. Uso regole base, per quanto riguarda i colori – lo facciamo tutti – ma poi, quando si sceglie quel particolare verde o quel particolare rosso, lo si fa con la sottigliezza del gusto personale. Una delle cose più belle legate all’arte e alla creatività è che non funzionano come la scienza, ma sono sempre soggettive e in un certo qualche modo misteriose.
In Nonostante Tutto, c’è qualche scena che hai dovuto tagliare per questioni di composizione?
Sì, c’era qualche scena sulla bozza che non è arrivata al montaggio finale. Alcune fino all’ultimo minuto. Per questo tipo di decisioni la mia cara editor è stata davvero d’aiuto, il suo punto di vista era sempre sul tempo giusto. Gli autori a volte possono perdere un po’ la prospettiva e gli editor la restituiscono. Ovviamente non ti dirò come erano le scene che sono state tagliate, mi piace il libro così com’è! (ride)
C’è una scena bellissima in cui i due protagonisti ballano ai due capi della cornetta. Su cosa ballano? E tu cosa stavi ascoltando in quel momento?
Stanno ballando Minor Swing di Django Reinhardt! Gli spartiti musicali sulla tavola sono proprio di quella canzone. Scelgo e cambio musica per ogni progetto su cui lavoro, sempre per istinto. Mi viene naturale mentre cerco ispirazione. Per Nonostante tutto ero concentrato spartiti per pianoforte un po’ tristi, molto melodici e testi poetici.
Qual è la parte che ti diverte di più del fare fumetti?
Amo fare fumetti, ma lotto con ogni riga, scritta o disegnata, che tiro. Penso che quello che mi piace di più è quando finisco; ma allora poi mi sento vuoto e lentamente ricomincio a pensare alla prossima.
Quando capisci che un personaggio è quello giusto?
Cerco di provare empatia per i miei personaggi. Cerco di trattarli come il più reali possibile e, a un certo punto, diventano concreti nella mia mente. Gli autori dovrebbero cercare di conoscere i propri personaggi il più possibile come i propri amici, o se stessi.
Secondo te le storie allegre sono poco premiate nei festival? Perché?
Tu credi? Non credo ci sia una regola generale per tutti i premi e i festival. Credo che ogni giuria prenda la sua decisione e credo sia sempre molto difficile. Io sono stato molto fortunato nella mia carriera come premi e nomination in generale, e mi sento molto grato ogni volta.
E finiamo con un altro classico: un consiglio per gli esordienti?
Una risposta altrettanto classica: siate curiosi del mondo, appassionati di arte e pazienti con voi stessi.
Intervista via e-mail il 21 settembre 2021
Jordi Lafebre
Jordi Lafebre è nato a Barcellona nel 1979, dove ha studiato fumetti e belle arti. Pubblica per diverse riviste spagnole, in particolare su Mister K, in cui firma El munda de judy con lo sceneggiatore Toni Front. Il suo incontro con lo sceneggiatore Zidrou è decisivo, e segna l’inizio di diverse collaborazioni: nel 2010 esce Lydie, nel 2014 La Mondaine e poi nel 2015 inizia la serie Un’estate fa(Lucca Comics Award 2020, categoria Miglior Fumetto) pubblicata nel 2019 in Italia da BAO Publishing. Nel 2021, sempre per BAO Publishing esce Nonostante tutto che ha appena vinto il XXVI premio Scrivere per amore della città di Verona.