Un compromesso abbagliante
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Un compromesso abbagliante

In Un pensiero abbagliante Jim Ottaviani e Leland Purvis intrecciano un confronto al tempo stesso toccante e difficile tra Niels Bohr e il suo allievo Werner Heisenberg avvenuto nel 1941. Siamo nel bel mezzo della seconda guerra mondiale e i due si trovano letteralmente dall’altro lato della barricata: Bohr è ostaggio dei nazisti, guardato a vista nella sua Copenaghen, mentre Heisenberg è a capo del programma nucleare della Germania. Quell’incontro segnò la fine del rapporto di amicizia che era intercorso tra i due, anche per via dell’appoggio dell’allievo tedesco al programma nucleare nazista. Egli giustificò tale partecipazione con la questione se i fisici hanno il diritto morale di lavorare a un utilizzo pratico dell’energia atomica, cosa che non era sufficiente per Bohr, visto che tale utilizzo pratico era a scopi evidentemente bellici.
Heisenberg, però, fino al 1937 era stato attaccato a più riprese dalla stampa di regime, quindi non era esattamente un sostenitore della politica del suo paese. Ad esempio un funzionario nazista affermava:

Il campo di concentramento è ovviamente il luogo più opportuno per il Signor Heisenberg!

Proprio il 1937 fu, in qualche modo, anno fondamentale per questo cambio di direzione a causa di un attacco particolarmente violento con un articolo dal titolo “Giudei bianchi nella scienza” (o qualcosa del genere) che giunse subito dopo il ritiro di Arnold Sommerfeld, lasciando al suo pupillo Heisenberg la responsabilità della successione come guida della fisica teorica tedesca. A quel punto Heisenberg, che alcuni mesi prima aveva sposato Elisabeth Schumacher, forse il movemnte principale per le sue azioni successive, riuscì attraverso conoscenze familiari a contattare il capo delle SS, Heinrich Himmler, per chiedere un esonero. Dopo una dura indagine di un anno, fu lo stesso Himmler a garantire per Heisneberg, aprendogli così la strada per arrivare a capo del programma atomico tedesco a partire dall’1 settembre del 1939.
Il programma, nonostante contasse Heisenberg e fisici del calibro di Otto Hahn e Carl Friedrich von Weizsäcker, non ottenne alcun risultato a causa di alcuni fondamentali errori nei calcoli, a differenza di quanto fece il progetto Manhattan guidato da Robert Oppenheimer. Questo insuccesso, insieme con il cambio di posizione di Heisenberg, diede il via a una serie di ipotesi (la più gettonata delle quali era il sabotaggio consapevole del progetto) che lo stesso fisico, evidentemente per convenienza, non smentì né confermò mai.
In un articolo di alcuni anni fa, Peppe Liberti chiude così:

Non era esattamente un nazista Heisenberg, durante la guerra fu accusato dagli stessi nazisti di sostenere Einstein e difendere la Teoria della Relatività, di ospitare ebrei nel suo istituto di Lipsia, persino di preferire assistenti di origini ebraiche ai tedeschi ma fu salvato da Himmler in persona, costretto a dichiarare il suo patriottismo, la fedeltà al regime. Il suo era un compromesso continuo, altro che giusto etico.

Non è qualcosa di molto diverso da quello che scrive Edith Sheffer nella citazione tratta da I bambini di Asperger che chiude La memoria prima del buio, articolo di Marco D’Angelo, Emiliano Albano e Francesco Moriconi su quanto fosse difficile per i cittadini comuni vivere sotto il regime di Adolf Hitler.
Eppure, nonostante l’istinto di conservazione sia probabilmente ciò che mosse Heisenberg nelle sue scelte, continua a colpire come un macigno la differenza di vedute e di posizione che la guerra creò con Bohr, un uomo che ebbe il coraggio di non fare alcun compromesso: eppure, in qualche modo, Heisenberg era molto più prigioniero di Bohr già nel 1941. Basti leggere cosa disse mentre era prigioniero degli inglesi:

The point is that the whole structure of the relationship between the scientist and the state in Germany was such that although we were not 100% anxious to do it, on the other hand we were so little trusted by the state that even if we had wanted to do it, it would not have been easy to get it through. (1)


  1. Il punto è che l’intera struttura delle relazioni tra scienziati e stato tedesco era tale che, sebbene non fossimo al 100% ansiosi di farlo [costruire una bomba atomica, ndG], dall’altro lato avevamo così poca fiduca dallo stato che anche se avessimo voluto farlo, non sarebbe stato facile ottenerlo. 

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