
1976: La grande odissea nello spazio di Jack Kirby
Dopo aver abbandonato la Marvel nel 1970, Jack Kirby, nel quinquennio compreso tra il 1971 e il 1975, propose ai lettori della DC Comics una nuova mitologia, quella del Quarto Mondo, che ancora oggi ha un’importanza fondamentale all’interno di questo universo narrativo, come in qualche modo testimonia il ruolo di Darkseid nel nuovo progetto editoriale targato DC.
Senza esplorare i motivi che spinsero Kirby a lasciare (ancora una volta, in effetti) la DC Comics, nel 1976 lo ritroviamo nuovamente in Marvel, ma questa volta, almeno all’inizio, alle sue condizioni. Ed è in questo suo ritorno che da vita a uno dei suoi progetti più autorali mai realizzati per la Casa delle Idee.
Tra Kubrick e Clarke
Sebbene fossero passati 8 anni dall’uscita del film, Kirby ebbe la possibilità di realizzare la trasposizione a fumetti di 2001: Odissea nello spazio, capolavoro di Stanley Kubrick su sceneggiatura di Arthur C. Clarke. Pubblicato originariamente in formato tabloid è una trasposizione al tempo stesso fedele e personale dell’opera dei due grandi autori.
Se da un lato, infatti, Kirby segue fedelmente il flusso della vicenda così come presentata nella pellicola, dall’altro utilizza lo stesso approccio narrativo del romanzo, potendosi permettere, grazie alle didascalie, un maggiore approfondimento delle personalità dei personaggi coinvolti. Inoltre, avendo ottenuto la prima bozza della sceneggiatura, ha anche ripescato alcune delle idee del film scartate, come una maggiore loquacità da parte di HAL.
Il risultato finale è, e mi perdonino gli appassionati del film, decisamente molto più efficace della pellicola di Kubrik e paragonabile con il romanzo di Clarke.
Rappresentazioni realistiche
Sono stupefacenti e spettacolari le illustrazioni spaziali realizzate da Kirby, che spiccano per una fedeltà e un dettaglio incredibili. D’altra parte Kirby è stato l’autore della striscia fantascientifica Sky Masters of the Space Force, senza dimenticare alcune particolari splash page realizzate per Fantastic Four con una combinazione tra collage e disegni.
Il risultato finale sono pagine dall’impatto fotografico da un lato e illustrazioni potenti dall’altro che portano a un livello superiore le già spettacolari pagine prodotte da Kirby su serie come la già citata Fantastic Four e quelle realizzate per la DC Comics.
Questa trasposizione, però, era solo l’inizio.
Semi di vita nell’universo
Quello stesso anno, infatti, a dicembre del 1976, la Marvel distribuisce la serie regolare 2001: A Space Odyssey. Sviluppatasi in 10 numeri, ripropone in maniera abbastanza similare alla trasposizione del romanzo una struttura analoga: nella prima parte della storia, infatti, vediamo le vicende di un personaggio della preistoria del pianeta su cui giunge un monolito nero, per poi spostarsi nel futuro e vedere le vicende di un suo discendente. L’interazione di questo personaggio con un nuovo monolito genera un nuovo seme che, così come quello del romanzo originale, inizia a viaggiare nell’universo, in una versione fantascientifica della teoria della panspermia.
Sebbene i primi riferimenti risalgano al quinto secolo prima di Cristo e al filosofo Anassagora, è solo con il chimico Jöns Jacob Berzelius che la panspermia inizia ad assumere un aspetto più prettamente scientifico. A Berzelius si associano anche Hermann Richter, Lord Kelvin, Hermann von Helmholtz e soprattutto Svante Arrhenius che, forte anche della sua preparazione da fisico, propose nel 1903 una sorta di storia evolutiva dell’universo.
La panspermia moderna, però, si basa soprattutto sui contributi di Fred Hoyle e Chandra Wickramasinghe: nel 1974 i due astronomi proposero l’idea che alcune polveri nello spazio interstellare fossero per gran parte composte da molecole di tipo organico. Fu lo stesso Wickramasinghe, in una serie di articoli usciti all’inizio degli anni Ottanta del XX secolo, a fornire le prove della fondatezza di tale affermazione.
Con l’avvento della Stazione Spaziale Internazionale, vennero condotti una serie di esperimenti mirati sulle possibilità delle cellule biologiche di poter sopravvivere e svilupparsi in ambienti a bassa gravità, come appunto la ISS o la superficie delle comete.
In particolare la sonda Stardust ha compiuto un inseguimento della cometa WIld 2 per studiarne la coda: dopo aver percorso qualcosa come 4,6 miliardi di chilometri, la Stardust è riuscita, il 2 gennaio del 2004, a catturare alcuni grani provenienti dalla coda della cometa. Dopo l’esame dei dati raccolti, un gruppo di ricerca internazionale ha annunciato, nel 2006, la presenza tra i grani di alcune molecole organiche, le ammine per la precisione. Tale risultato è stato salutato, non solo dai ricercatori che si sono occupati della faccenda, ma anche dai sostenitori della panspermia, come la prova definitiva a favore della teoria e dal ruolo fondamentale delle comete nel processo di diffusione della vita nell’universo.
Verso una nuova direzione
Le cose, però, subiscono una variazione a partire dal #7 della collana, che inizia in maniera differente rispetto ai numeri precedenti: si inizia, infatti, dalla nascita del Nuovo Seme, che quindi viaggia nello spazio per poi giungere su uno dei tanti pianeti devastati dalla guerra. I suoi tentativi di elevare la razza dominante risultano vani e quindi volge la sua attenzione su un altro pianeta.
Questo chiude in un certo senso i conti con il romanzo originale, a parte per un piccolo dettaglio: il ruolo giocato da uno dei monoliti nella nascita del nuovo supereroe creato da Kirby: Mister Machine, che successivamente diventa Machine Man.
Questa, però, è, come si suol dire, un’altra storia!