Nell’ultimo numero di Nick Raider, Tito Faraci ci mostra i due lati della stessa medaglia: cosa è il fumetto Nick Raider, e cosa sarebbe potuto essere. Nessun segreto: Nick Raider sta per chiudere, il numero 200 (ultimo previsto per la serie) è a soli tre mesi di distanza. Per questo, risulta un po’ paradossale la bontà delle ultime storie, rispetto anche solo a un anno fa: il “rush finale”, verrebbe da dire. Ma potrebbe trattarsi semplicemente degli autori coinvolti, e, cioé, di aver messo gli autori giusti al posto giusto. Faraci ama il genere giallo, il noir e il poliziesco. Non per niente, una delle sue opere più conosciute, ad oggi, è “Mickey Mouse Mistery Magazine”, riuscita reinterpretazione di Topolino a la Chandler, per capirsi.
Cos’é quindi Nick Raider? Questa serie, nata dalla mente di Claudio Nizzi (ormai storico e stanco sceneggiatore del ben più famoso e venduto Tex) ha da sempre cercato di proporre il police procedurale al pubblico italiano; primo punto di riferimento è Ed McBain, con il suo famosissimo 87 distretto. Con anni di anticipo rispetto alla moda dei telefilm polizieschi, Nizzi e la redazione Bonelli ebbero forse l’idea giusta. Purtroppo, pero’, orfana del creatore e schiacciata dal meccanismo seriale, la serie si è andata via via spegnendo, evidenziando tutti i difetti della sua impostazione di partenza: riproporre mese dopo mese un modello fin troppo scontato, secondo lo schema assassinio-indagine-risoluzione, senza alcun approfondimento della psicologia dei protagonisti.
Faraci, nel numero in uscita questo mese, non si allontana da questo modello; eppure, con intelligenza, suggerisce un paio di interpretazioni che avrebbero potuto risollevare le sorti di Nick Raider. Da un lato una sceneggiatura costruita con la precisione di un orologio, e, dall’altra il racconto delle vicende personali della malcapitata del caso, la bella e triste Linda che si trova malamente invischiata in una spirale di morte. Dalla sua nascita, infatti, Nick Raider si è sempre trovato a metà strada tra le storie “tutta trama” e le storie in cui era più importante il lato umano e lo spessore psicologico dei protagonisti e delle numerose comparse. A dirla tutta, l’orientamento preferito, per chiara scelta editoriale, è stato il primo, ma i risultati più importanti si sono visti quando si è aperta la strada del secondo approccio. Ricordo in particolare la trilogia di storie sul passato del protagonista, della sua famiglia di emigranti in America (ad opera di uno splendido Nizzi, ormai parecchi anni fa), e alcuni tentativi di Gianfranco Manfredi e di Gino D’Antonio, sempre piuttosto interessanti. Erano solo mosche bianche?
Nick Raider non è Julia di Berardi; anzi, forse proprio la presenza di questa serie, più “autoriale”, più attenta agli approfondimenti psicologici, alle incomprensibili perversioni della vita umana, hanno costretto Nick Raider a spostarsi sempre più verso un approccio di pura avventura che ha mostrato prestissimo il fianco. Perché anche storie orientate solo allo svolgimento della trama richiedono una precisione e un’intelligenza che spesso purtroppo sono mancate, cadendo nella fredda ripetitività e nella banalità.
Torniamo alla storia di questo mese. Faraci ribadisce che la forza di Nick Raider sta nella sua essenza di fumetto d’azione, corale e “veloce” nello svolgimento. In questo, ripeto, lo sceneggiatore riesce in modo egregio. La storia è solida, vivace, con tanto di rivelazione finale non dell’assassino (in piena luce sin dall’inizio), ma delle motivazioni all’origine degli omicidi. Con curiosità divertita, si segue la vicenda senza annoiarsi, condotti da un ritmo ben misurato.
Ma il “sale” di questa storia, anche se non certo abbondante, è dato da quelle brevi ed efficaci pieghe della sceneggiatura verso l’irrequietezza e l’insofferenza della malcapitata Linda, del rapporto con un padre violento, delle sue fughe serali nelle discoteche a rimorchiare ogni volta un nuovo ragazzo, della sua lotta (facilmente perdente) per smettere di fumare. Sono solo piccole aperture verso un maggior approfondimento psicologico, che tuttavia arricchiscono la trama rendendola senza dubbio più avvincente, comprensibile, sensata.
Sia chiaro, non è certo intenzione di Faraci né tanto meno della redazione Bonelli trasformare Nick Raider, non oggi a pochi passi dalla chiusura, così come non lo furono i tentativi di Manfredi di qualche anno fa. Si tratta più di un ritorno all’origine, alle prime, riuscite storie di Claudio Nizzi, quando si (e ci) divertì a raccontare storie equilibrate, intelligenti e, per certi versi, nuove.
Merito della riuscita di questo numero va anche allo splendido disegnatore: Fabio Pezzi continua a mostrare una crescita artistica personale che merita attenzione. Inquadrature interessanti, espressività efficace dei personaggi in un ambito prettamente realistico, buon ritmo e grande attenzione ai dettagli. Sta diventando davvero un fuoriclasse.
Chiudo con una domanda: si tratta del canto del cigno, o dell’ultimo, estremo tentativo di risollevare le sorti della serie?