Al giorno d’oggi i confini tra generi “letterari” in senso lato sono diventati sempre più imprecisi. Le commistioni sono numerose e, a mio avviso, spesso stimolanti. Gianfranco Manfredi, con la sua serie a fumetti Magico Vento, pubblicata in edicola dalla Sergio Bonelli Editore e giunta quasi al suo settimo anno di vita, sembra voler seguire questa strada come una piccola sfida, dove il genere western si mescola a quello storico, all’avventura più classica, al giallo ed all’horror. E lo fa mantenendo da un lato una coerenza stilistica costante e, dall’altro, sorprendendo costantemente il lettore numero dopo numero. Certo, dopo più di 80 numeri, i meccanismi narrativi dell’autore si conosco quasi a memoria, ma diventa ancora più facile (e stimolante) ricercare dietro di essi i suoi sforzi creativi. In effetti, la serie si è trasformata nel tempo, e ancora non sembra dare segni di stanchezza.
Nelle edicole, ha visto la luce nel mese di aprile il numero 83 della serie, dal titolo Gli angeli sterminatori, seconda ed ultima parte di una storia doppia (la prima parte, il numero 82, aveva per titolo Spettri di sabbia).
Numeri consigliatissimi a chi non si è mai avvicinato a questa serie, che, a detta dello stesso Manfredi, sono un esempio riuscito del variegato mondo di Magico Vento, per ambientazione, complessità dell’intreccio e figure dei comprimari.
La vicenda è tanto intricata quanto avvincente, e viene sviluppata contemporaneamente su due livelli paralleli: uno che coinvolge direttamente Magico Vento, alla ricerca di un indiano Apache che aveva collaborato con il generale Crook; e l’altro che vede per protagonista la “spalla” di Magico Vento, il giornalista Willy Richards detto Poe (per la somiglianza con il famoso scrittore), che si trova invischiato suo malgrado in un mistero e un omicidio.
Manfredi è abile nel portare avanti la vicenda senza perdere mai il ritmo e la chiarezza, e soprattutto continuando a sviluppare quella che è diventata la caratteristica più importante della serie: delineare con precisione e passione una serie di personaggi comprimari a tutto tondo, a volte presenti per poche pagine (come la povera Maria). Sono persone reali, con le loro idiosincrasie, che si confrontano con un contesto storico e culturale difficile, senza punti di riferimenti, tumultuoso e in continua trasformazione come quello della frontiera americana alla fine del XIX secolo.
Viene da pensare che i due protagonisti principali altri non siano che dei catalizzatori delle vicende, dei pretesti conosciuti e riconoscibili per il lettore, che permettono a Manfredi di parlare delle vicende di altri. Le vite di queste persone diventano testimonianze di un’epoca, e dell’epoca stessa ne sono la chiave di accesso per noi lettori del nuovo millennio.
L’autore evolve con una sensibilità personale e moderna un’intuizione narrativa già utilizzata in due serie western precedenti, delle quali Magico Vento è un po’ l’erede ideale, ovvero La Storia del West di D’Antonio, e Ken Parker di Berardi e Milazzo (tra l’altro entrambe attualmente reperibili in edicola, grazie a meritevoli e curatissime ristampe).
Grande merito della riuscita della storia va dato anche ai disegnatori dei due numeri, Frisenda per l’82 e Ramella per l’83. Se il secondo ha mostrato come sempre una precisa scansione delle inquadratura, un bianco nero realistico ed efficace e un’ottima espressività dei volti dei personaggi, quello che continua a sorprendere è Pasquale Frisenda. Con la storia Spettri di sabbia l’artista ci mostra il suo lato più visionario ed espressionistico, pur rimanendo ancorato ad un realismo chiaro e rassicurante. Lascia da parte le architetture minuziose dei precedenti numeri ambientati in città, e gioca con la ferocia e la magia del deserto. Le prospettive si distendono, come piegate dal sole, la sabbia si muove e prende vita, i volti dei personaggi si tagliano per il sole e la siccità. Eccezionali sono le pagine che mostrano la comparsa degli spiriti maligni nelle pagine da 39 a 43.
Frisenda dimostra anche di saper cambiare ritmo ed atmosfera in pochissime pagine: tutta la sequenza iniziale è un esempio perfetto di come si racconta per immagini, di come si possa giocare con la luce e le inquadrature per introdurci al dramma di una ragazza disperata (pag. 5-11); subito dopo (pag. 12 e 13), l’arrivo di Poe nel paese di Pueblo Laguna è al contempo ironico e grottesco (Poe con l’ombrellino, il sorriso del fotografo Lionel che contrasta con i tre cadaveri adagiati nelle bare ancora aperte); più avanti ancora ci mostra la durezza del deserto (pag. 24-26 e 36-37); e così via. Di esempi ce ne sarebbero veramente tanti.
L’armonia con cui la sceneggiatura di Manfredi e i pennelli di Frisenda si sono fusi, fanno senza dubbio della storia Spettri di sabbia uno dei vertici assoluti dell’intera serie, dove il confine tra fumetto seriale e fumetto cosiddetto “d’autore” si riduce fino a scomparire.
L’unico aspetto che non convince appieno nella riuscita della storia nel suo complesso, è la risoluzione della vicenda. Si avverte, infatti, un certo squilibrio tra la precisione e la cura con cui tutta la vicenda è stata costruita, e la velocità con la quale si conclude.
Nel complesso l’avventura di Magico Vento nel deserto rappresenta sicuramente uno dei picchi narrativi della serie, un’ottima occasione per nuovi lettori per avvicinarsi alle storie di questo strano sciamano “viso pallido”, al suo mondo variegato, alla sintesi tra generi (western, horror, giallo, storico, avventura, ecc.) che Manfredi sta portando avanti con successo ormai da 83 numeri.