Walter Venturi e il fumetto bonelliano

Walter Venturi e il fumetto bonelliano

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Walter Venturi, fumettista che negli ultimi anni si è concentrato principalmente su vari personaggi della Sergio Bonelli Editore.

walter-venturiWalter Venturi è un autore romano che avevamo ospitato nel 2009 con una bella intervista e più recentemente in un breve dialogo in occasione del Napoli Comicon 2016. In quell’occasione, Venturi aveva parlato dei suoi esordi, della creazione del suo personaggio Capitan Italia e dei suoi lavori per la Eura Editoriale insieme a Lorenzo Bartoli e a Roberto Recchioni.
Negli ultimi anni Venturi si è però dedicato quasi in esclusiva al fumetto bonelliano e proprio su questo tema verte questa nuova intervista all’autore.

Ciao Walter, ben ritrovato su Lo Spazio Bianco.
Partiamo dal tuo esordio in Bonelli che avviene con Brad Barron, serie che omaggiava la fantascienza anni ’50, ideata da Tito Faraci.
In precedenza avevi “assaggiato” il formato tipico degli albi bonelliani collaborando a due bonellidi come John Doe e Detective Dante dell’Eura Editoriale. Stesso formato ma linguaggio narrativo diverso: come è stato il primo impatto con il modo di raccontare le storie tipico della casa editrice di via Buonarroti?
Non ho trovato difficoltà se non quelle dettate dall’inesperienza, poi con Tito c’era una sintonia oltre il rapporto di lavoro che ci ha permesso di lavorare in scioltezza su circa 800 pagine totali!

Lavori su Demian di Pasquale Ruju e poi vieni scelto per inaugurare con i tuoi disegni il Color Zagor. Approdi, cioè, sul personaggio più “supereroistico” della scuderia Bonelli, quello Spirito con la scure che fin dal suo abbigliamento rimanda a un certo immaginario supereroistico statunitense.
E tu, di supereroi Marvel sei stato (e forse ancora sei) un grande appassionato…

In realtà sono più appassionato di Zagor che dei supereroi, in quanto di quest’ultimi seguo ormai solo il Punitore – che mi piacerebbe tantissimo disegnare, ho provato a propormi, ma nisba!
La continuity e le innumerevoli iniziative editoriali hanno allontanato il mio interesse per il genere, tranne quando mi trovo di fronte a ottimi disegnatori.

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Speciale Zagor #27

Il tuo connubio con Zagor e con Moreno Burattini diviene sempre più forte. Nel 2015 disegni lo Speciale Zagor #27, una storia difficile, con protagonista un bambino su una sceneggiatura postuma di Lorenzo Bartoli (su soggetto di Burattini) che tu conoscevi bene: hai avuto la possibilità di confrontarti con lui durante la lavorazione dell’albo?
Purtroppo non quanto avrei voluto. In quel momento Lorenzo attraversava un periodo particolare che ci ha allontanati un po’, ma lo ritrovavo nella sua sceneggiatura, nelle sue parole, che mi facevano sentire meno distante.

Sempre nel 2015 illustri il secondo speciale di Dragonero, dove il personaggio fantasy bonelliano si esibisce in un team up – guarda caso – con Zagor. Come ti sei trovato a far interagire tra loro sulle tavole due personaggi sulla carta molto distanti?
Fondendoli con il mio tratto, che ho leggermente ripulito in funzione del colore, e cercando di soddisfare entrambe le fazioni di lettori. Inoltre mi piace disegnare il fantasy e quindi ho lavorato divertendomi, grazie anche alla sceneggiatura dinamica e piena di battaglie.

Parliamo de Il grande Belzoni, ultimo dei Grandi romanzi a fumetti Bonelli e a cui hai dedicato molti anni in studi e ricerche sul personaggio. Per raccontare la storia hai scelto una aderenza praticamente totale alle tre strisce della canonica griglia bonelliana: una scelta precisa e motivata da parte tua.
Volevo solo realizzare una storia classica con la classica gabbia, essere più vicino possibile alla tradizionale impostazione del fumetto  made in Bonelli.

Rimanendo in tema di linguaggi narrativi, parlando della importanza della ricerca di innovazione e della poca utilità della novità fine  a se stessa, una volta hai paragonato la “roboante”-  ma caotica quanto a chiarezza narrativa – novità che fu lo Spider-Man di Todd MacFarlane per il fumetto americano, alla cristallina linearità presente nelle tavole di Jack Kirby che furono comunque una innovazione straordinaria per il fumetto dell’epoca. Questo per dire come talvolta si ricerchi la novità a ogni costo e non ci si soffermi invece sulle potenzialità ancora inespresse di determinati linguaggi?
Esatto, lo hai appena riportato. Parlavo del naturale cambiamento del linguaggio visivo nel tempo e di quanto bisogna anche essere allenati a un certo tipo di impostazione grafica. Mio padre, ad esempio, mi fa notare la difficoltà che ha nel leggere il disegno in un albo di supereroi, a differenza di uno stile classico.

Il tuo Capitan Italia nasceva come autoproduzione: oggi dal tuo punto di vista le possibilità per questo tipo di iniziative sono aumentate? Cosa consiglieresti ai giovani autori?
Con tutti i social a disposizione hanno molta possibilità di farsi notare, e magari i più capaci possono anche balzare ad una major senza sbattersi troppo con l’autoproduzione, che resta per me un’esperienza formativa essenziale. I costi per la stampa poi, sono molto più bassi oggi, quindi produrre un albo non è così proibitivo e può essere un buon biglietto da visita.

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Color Tex #10

Sul Color Tex #10 c’è il tuo esordio alle matite del personaggio principe della SBE in una storia scritta da Luca Barbieri. È forse il racconto più sperimentale tra i 5 presenti nell’albo, con una narrazione che si avvale di molte vignette mute e che richiama da vicino il passo di un certo fumetto supereroistico statunitense. Ci parli di questo tuo debutto texiano e come hai lavorato alla storia insieme a Barbieri?
In redazione mi hanno proposto questa breve storia di 16 pagine dove c’è l’essenza di Tex, dove Tex è giudice e giustiziere. L’ho visto subito come un Punitore western e l’ho accolto quindi a braccia aperte, come dire di no al Ranger? Recentemente, con tempi abbastanza contingentati, ho anche realizzato un’altra storia di Tex in bianco e nero, che preferisco al colore e che andrà su un prossimo Magazine, dove ho avuto modo di studiarlo ulteriormente cercando di non tradirlo.

Hai da poco illustrato il gioco da tavolo di Zagor e la storia di 16 pagine che è presente sull’album di figurine dedicato al personaggio e sei stato tra i “papabili” per ereditare la realizzazione delle copertine da Gallieno Ferri. Zagor, da un punto di vista sia grafico che narrativo, sta andando incontro a un processo innovativo che Moreno Burattini sta giustamente portando avanti e difendendo a spada tratta dalle critiche mosse da una parte di appassionati “conservatori”. Come giudichi, dal di dentro, questo processo in atto?
I tempi cambiano, le esigenze editoriali mutano, alcuni lettori preferiscono conservare, altri sono più aperti alle novità. Se si vuole però vedere ancora in giro il nostro eroe, bisogna renderlo sempre più stimolante anche graficamente e visto il fervore che c’è ancora intorno a Zagor dopo tutti questi anni, vuol dire che si va per il verso giusto, in fondo lo stesso Guido Nolitta stupiva il lettore passando da storie western, al fantasy, all’horror e a tutte le contaminazioni che hanno fatto amare così il personaggio.

Il tuo stile negli anni si è evoluto: oggi abbracci una linea chiara che ha fatto sua le lezioni di autori come Magnus e Vittorio Giardino. Sei arrivato a una sorta di sintesi che mescola il realismo di autori come Claudio Villa e una certa vena cartoonesca e caricaturale che riecheggia un artista come Andrea Pazienza, una delle tue ispirazioni fin dagli esordi. Quali sono oggi altri autori ai quali guardi e soprattutto pensi di avere raggiunto un equilibrio stilistico per te appagante o la voglia di sperimentare è sempre tanta?
Non sono mai soddisfatto, si cercano sempre soluzioni diverse, bisogna cercarle, guardarsi intorno e riproporle sotto la propria luce, che deve essere costante in quanto ci vuole tempo e studio per acquisire risultati , almeno per me.  Poi guardo Bernet, Mandrafina, Gomez, Zaffino, Fenzo, Carnevale, Parlov e tanti altri che ammiro e che mi stimolano ad andare avanti, sapendo però che non arriverò mai ai loro livelli, sigh!

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Tavola tratta da una storia di Zagor a firma Burattini-Venturi contenuta nel catalogo della mostra Bonelliana tenutasi a Rapalloonia 2016

Approfondiamo un po’ il tuo metodo di lavoro: come si scandisce una tua giornata lavorativa e che cosa c’è sul tavolo da disegno di Walter Venturi? Utilizzi il digitale per qualche fase del disegno?
Sveglia alle 5 di mattina, pranzo, siesta, dritti fino a cena , mezzo film e crollo a dormire! Quando non lavoro, mi piace viaggiare con la famiglia e andarmene a pesca. I miei strumenti sono old style, matite e pennelli, quindi niente digitale (a quello ci pensa mia moglie che mi aiuta anche colorando, quando serve), sono un vecchio analogico.

Leggi ancora fumetti e quali? Se dovessi consigliare uno o più titoli ai nostri lettori quali sarebbero?
Oltre alla riscoperta di alcuni classici, leggo principalmente Bonelli e BD, preferisco le storie di avventura classica a quelle intimiste e poetiche, a un sospiro meglio un bang! Oggi il lettore ha un’ampia scelta di temi da scegliere, bisogna solo lasciarsi guidare dal gusto e a me sono piaciuti, ultimamente, L’uomo che uccise Lucky Luke, Undertaker, Starlight e Green Manor.

Ci puoi dire a che cosa stai lavorando in questo momento e quali progetti ti riserva il futuro prossimo?
Sto concludendo La vendetta di Smirnoff,  su testi di Luigi Mignacco, che vede il mio esordio in tre episodi sulla serie regolare di Zagor, in uscita per il prossimo autunno. Subito dopo un’altra storia, breve, di Zagor  su sceneggiatura di un grande amico Topo- secret!
E come al solito, un paio di progetti nel cassetto, che parlano di trappers e imperatori matti…

 Ciao Walter e grazie per la tua disponibilità.
… Ah, un’ultima cosa: ma Capitan Italia tornerà mai?
Il Capitano è imprevedibile, quindi chissà?
Ciao e grazie a voi e ai lettori che sono arrivati a leggere fino a qui!

Intervista realizzata via mail a novembre 2016

 

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