Tra gli ospiti internazionali presenti alla seconda edizione del festival di fumetto e illustrazione A occhi aperti, svoltosi a Bologna nel novembre 2024, abbiamo incontrato Joe Kessler, autore inglese tra i più attivi sulla scena del fumetto indipendente e underground. In Italia, Sigaretten ha pubblicato il suo Windowpane nel 2023, un’antologia di fumetti brevi che è valsa all’autore il premio rivelazione al festival di Angoulême del 2020. Joe Kessler è anche co-fondatore e direttore artistico della casa editrice indipendente Breakdown Press, una delle realtà più interessanti nel panorama del fumetto inglese, che ha pubblicato autrici e autori come Lale Westvind, Michael DeForge, Conor Stechschulte, Anna Haifisch, Connor Willumsen e Antoine Cossé.
Durante gli incontri del festival, l’autore ha parlato della sua ultima opera, The Gull Yettin, pubblicata in Francia nientemeno che da L’Associacion e in inglese da New York Review Comics. A differenza del precedente Windowpane, questo è un fumetto senza parole, che propone un’unica narrazione di ampio respiro: protagonista è un bambino che, a seguito della traumatica perdita dei genitori, intraprende un viaggio di formazione insieme a uno strano personaggio, un gabbiano antropomorfo in grado di cambiare aspetto, una figura ambigua che assume di volta in volta i tratti del salvatore o del carnefice. Joe Kessler, d’altra parte, mantiene il tratto espressivo e materico dei suoi lavori precedenti, utilizzando una palette di colori limitata al giallo, verde, rosso e blu.
Con The Gull Yettin, l’autore approfondisce la propria ricerca su un fumetto che lavora soprattutto sul registro emotivo, con figure umane stilizzate e paesaggi a volte appena abbozzati, nel tentativo di restituire, in un continuo dialogo tra i due, le emozioni, i sentimenti e le tensioni che animano la scena. Il risultato è un’opera criptica e misteriosa sul piano narrativo, ma incredibilmente efficace su quello emotivo, un fumetto in cui è impossibile distinguere tra protagonisti e ambiente, tra contesto e soggettiva, che plasma un’unica materia sempre a metà tra il racconto e la pittura espressionista. Si può facilmente intuire, allora, il contributo di Joe Kessler al festival A occhi aperti, che quest’anno voleva proporre una serie di riflessioni sul rapporto tra corpo e paesaggio all’interno del fumetto e dell’illustrazione.
Abbiamo colto l’occasione per intervistare l’autore, facendogli alcune domande sul suo ultimo lavoro e, più in generale, sul suo processo creativo.
Buongiorno, Joe, grazie per il tuo tempo. Per cominciare, vorremmo chiederti come nasce The Gull Yettin. Qual è stato il processo dietro la realizzazione della storia e come sei arrivato a raccontarla in questo modo?
È una domanda abbastanza ampia. Il processo di elaborazione della storia, e delle mie storie in generale, è piuttosto misterioso, almeno per me. Ma in questo caso so come è iniziato, ovvero da alcune immagini: l’immagine di una casa in fiamme, l’immagine di due persone in una barca in un mare di nulla, o in un mare di emozioni. E poi c’era un’altra idea, quella di un ragazzo che si vergognava di fronte ai suoi compagni di classe e poi guidava nella notte con uno sconosciuto per andare da qualche parte e fare una bella e abbondante colazione. Se vi sembra stupido, probabilmente lo è, ma all’epoca non sapevo nulla più di questo in merito alla storia. Alla fine, ha funzionato: mentre elaboravo entrambe le idee ho capito che erano la stessa cosa, erano gli stessi personaggi e le stesse idee. E poi è stato un lungo processo in cui ho realizzato molte immagini, spingendo questi personaggi attraverso molti scenari per capire come si collegavano.
È difficile riassumere in una frase un processo che dura tre anni, ma il vero modo in cui funziona è disegnare tanti brutti disegni, tanti disegni veloci, metterli uno contro l’altro e guardarli a lungo per capire cosa possono diventare. E poi ricominciare, pensare ai colori, realizzare disegni guida, in un processo iterativo. Credo che la parte importante e difficile sia riconoscere quando una tua opera ti piace, quando sembra che funzioni, anche se non riesci ad articolare il perché. È così complicato che diventa misterioso.
Certamente c’è un tentativo di raccontare qualcosa di complesso e forse non verbalizzabile, dell’infanzia. Il personaggio del gabbiano, ma anche il tipo di disegni che usi, fanno pensare a una storia vista con gli occhi del bambino protagonista. Cosa hai cercato di raccontare con queste scelte di stile e di racconto?
Per dirla in modo semplice, la rappresentazione del mondo, ma anche la sua realtà effettiva, è una risposta allo stato emotivo del personaggio. Quindi i personaggi sono spesso piuttosto semplici nella loro rappresentazione, ma il modo in cui vivono è determinante, ciò che vivono definisce il paesaggio, definisce il mondo che li circonda: a volte è molto intenso, come fatto di carta strappata; a volte è più calmo, definito da colori tenui. Il fatto che ci siano più personaggi con esperienze soggettive che si scontrano l’una con l’altra nei disegni crea armonie e dissonanze.
Un altro aspetto centrale della tua ricerca è l’utilizzo dei colori, mai mimetico e anzi, spesso straniante. Eppure, si intuisce un lavoro molto profondo sul registro emotivo che si può dare a una sequenza o a una scena attraverso il colore. In altre parole, spesso quello che racconti passa per le emozioni che suscitano i tuoi disegni, piuttosto che attraverso quello mostrano. Che lavoro svolgi sul colore per realizzare questo effetto?
In termini di rappresentazione delle emozioni, l’approccio è davvero elementare. Le esperienze intense sono rosse, i momenti di calma sono verdi. Forse non è molto interessante da raccontare in questo modo, ma sono sempre sorpreso da quanto funzioni bene. Ci sono anche altri modi in cui il colore funziona, soprattutto come rappresentazione dello spazio. Anche se non è mimetico, è comunque descrittivo dello spazio, del carattere degli oggetti e del mondo. Funziona anche come guida attraverso le pagine per renderle rapidamente comprensibili. Il fatto di avere tutti questi colori diversi mi permette di introdurre molte informazioni attraverso di essi, ma sono aneddotiche rispetto all’andamento della storia, possono essere presenti, ma non disturbano così tanto il flusso della lettura. O perlomeno, ambisco a questo tipo di narrazione. Lavoro soprattutto con quattro colori, giallo, rosso, verde e blu, e spesso penso solo in termini di tonalità. In questo senso, lavoro sempre prima con il giallo, poi i due toni medi e infine il blu. È così che ho lavorato su The Gull Yettin, per esempio. Quando faccio così, i colori si distaccano dal loro significato reale. Alla fine, ci sono molti modi diversi di pensare ai colori.
Parlando di colori ed emozioni, anche le linee e i gesti che usi per disegnare possono definire questi stati d’animo, essendo più calmi o tranquilli, o più veloci e “violenti”, come in The Gull Yettin.
Esattamente, la risposta emotiva al gesto è molto semplice. Tutti i disegni sono gestuali. Quindi, il fatto che i miei nascano spesso da gesti piuttosto evidenti e forti è solo una parte del mio lavoro; a volte sono un po’ più fermi e calmi o occasionalmente più precisi, e anche questo ha un impatto gestuale tonale. A volte penso che il mio lavoro nasca da una certa irritazione per il modo in cui molti fumetti vengono realizzati. Ho la sensazione che molte opere abbiano un tono per così dire morto, mentre il fumetto, come medium, permetterebbe di essere molto più potente. Ci sono alcuni valori codificati nei fumetti contemporanei che tendono a spingere le persone verso certi tipi di disegno, e l’innaturalità del processo spinge verso immagini che non posso che definire morte. Quindi spesso penso che i miei lavori gestuali siano una reazione a questo.
Questo però non significa che la narrazione passi in secondo piano. C’è un equilibrio molto sottile nei tuoi fumetti che riguarda sia i classici “show and tell” (mostrare e raccontare), ma anche un “show and how it is shown” (mostrare e come mostrare). In che modo il fumetto, più di altre arti, ti permette di lavorare a un equilibrio tra racconto, disegno e sperimentazione? E come trovi un equilibrio fra queste tre operazioni?
Forse è un po’ banale, ma credo che con i fumetti ognuno crei il proprio linguaggio, quindi è sempre sperimentale. Devi risolvere le cose da solo e ognuno trova soluzioni personali. Per quanto riguarda la narrazione, per me è essenzialmente basata sulle immagini, è il modo migliore che ho di raccontare una storia: mi piace raccontare, mi piace realizzare immagini; quindi, le due cose vanno di pari passo e alla fine mi piace mettere disegni uno accanto all’altro. Anche come lettore mi piace trovare le connessioni tra le immagini. Tornando a quello che dicevo prima, spesso ho queste immagini chiave in testa, le collego con un processo visivo, è impossibile quindi per me dividere la storia e le immagini. A un certo punto, il libro a cui sto lavorando può assumere una scala in cui forse ho idee molto più complicate di un’immagine, magari voglio rappresentare l’arco narrativo di un personaggio nel mondo che ho creato, e spero che le immagini possano legare il tutto. A volte si deve poi creare un finale in cui si forzano le cose insieme, mettere un nastro che impacchetti tutto e sperare che sia soddisfacente.
Vorrei chiederti della tua rappresentazione dei corpi e dei personaggi. Da un lato, questi sono molto stilizzati, anche quando sono al centro di una sequenza o di una singola inquadratura. Tuttavia, anche il tuo disegno, in qualche modo molto espressionista, rimane essenziale rispetto ai personaggi, alla loro caratterizzazione e alle loro espressioni. Qual è la tua ricerca dietro il segno che usi in questo senso?
Penso che i personaggi siano una sorta di blob che si scontrano l’uno con l’altro e prendono forma nel loro rapporto reciproco e con il mondo che li circonda. Non sono un tipo da grandi personaggi, non inizio le mie storie pensando a loro. Ma alla fine delle storie ho un’idea precisa di chi siano, e spesso questa idea emerge durante la lavorazione. Questo è successo con storie lunghe, come The Gull Yettin e qualche episodio di Windowpane. Sento parlare altri scrittori e parlo con altri narratori che partono dai personaggi. Li ammiro molto, vorrei essere in grado di farlo, ma non è così che funziona per me.
Forse è qualcosa di più naturale per la letteratura, più naturale per la recitazione. Sarebbe interessante parlare con chi fa film e pensare a quale sia il loro atteggiamento nei confronti del personaggio, quanto pensino a lui nel creare una sceneggiatura. Forse, se tutti noi, io per primo, pensassimo di più ai personaggi, ne trarremmo un enorme beneficio.
Una curiosità che abbiamo rispetto a The Gull Yettin riguarda il formato. Le tue tavole originali (esposte in una personale al festival) sono molto grandi, lavori su fogli di formato A3. Il formato in cui è pubblicato The Gull Yettin invece è molto piccolo, anche più piccolo di un cartonato che ci si aspetterebbe per un’opera del genere, forse quello più tipico per una graphic novel. Perché questa scelta?
I grandi disegni della mostra non sono realmente presenti nel libro. Sono tutti disegni che hanno portato al libro o ne sono usciti. Per The Gull Yettin la maggior parte di essi sono al 200% rispetto al prodotto finale, e alcuni invece sono davvero minuscoli. Le diverse sezioni sono disegnate in dimensioni diverse a seconda del tono emotivo che si cerca di ottenere. Di solito penso molto a questo tipo di cose. Ho fatto delle prove ed è stato un compromesso tra la mia dimensione naturale di disegno e una scala abbastanza grande da permettermi di inserire tutte le informazioni che volevo, oltre a creare qualcosa che potesse essere ben riprodotto. Per quanto riguarda la scala del libro vero e proprio, ho sempre puntato a quel tipo di dimensione perché voglio che la gente lo legga comodamente.
Penso che sarebbe meraviglioso fare un libro molto grande e dare spazio alle opere d’arte. Ma questo inquadrerebbe anche il modo in cui il libro viene letto, quanto costa e lo renderebbe forse un oggetto inaccessibile per molte persone. Significherebbe anche che le persone avrebbero forse un’interazione meno intima con esso. Invece, con questa scala e questo livello di riduzione dei disegni, mi è sembrato che la mano fosse ancora ben visibile e che si potesse sperimentare l’illusione di guardare nel mio taccuino privato o qualcosa di simile, che è un buon modo per entrare nella testa di qualcuno, anche se il processo è l’opposto della creazione di un taccuino privato. Ma è una bella illusione, una bella esperienza per un lettore.
Sei uno dei fondatori della casa editrice indipendente Breakdown Press, di Londra. Vuoi parlarci di questo aspetto del tuo lavoro? Che opere vi interessano? Come selezionate i fumetti da pubblicare?
Abbiamo iniziato nel 2012, in parte per l’entusiasmo e le idee positive su ciò che pensavamo fossero i fumetti e, in parte, per la frustrazione di ciò che vedevamo pubblicato, di ciò che non veniva pubblicato, soprattutto nel Regno Unito: pensavamo che questo lavoro dovesse essere valorizzato. La prima opera che abbiamo pubblicato è stata il mio Windowpane, ma da allora abbiamo lavorato con molti artisti e con una vasta gamma di prodotti. Il panorama della piccola editoria nel 2012 era davvero molto diverso da quello attuale, non c’erano molte risografie o microstampe. C’era un piccolo gruppo di giovani artisti, che conoscevamo da internet o di persona, che credo che, se stessero facendo quel tipo di lavoro adesso, pubblicherebbero con diverse piccole case editrici. Ma all’epoca nessuno di loro pubblicava, quindi ognuna di queste persone a cui abbiamo chiesto di lavorare con noi ci ha detto di sì, e ha pubblicato un libro con noi. Pian piano siamo riusciti a vendere alcuni libri, a guadagnare un po’ di soldi, a ottenere una distribuzione e a stampare a livello industriale con standard abbastanza elevati avendo un maggiore controllo. Tutto è diventato più serio e meno divertente, forse. Per quanto riguarda il tipo di lavori che pubblichiamo, non abbiamo principi in termini di selezione, siamo semplicemente alla ricerca di visioni personali. Forse per qualcuno che viene da fuori potrebbe risultare ridicolo, ma a me sembra che la gamma di lavori pubblicati da Breakdown sia molto varia. E continuiamo ad andare avanti e a produrre libri ogni anno. E in qualche modo siamo ancora quasi tutti amici. Più o meno (ride).
Un’ultima curiosità su The Gull Yettin: in una delle edizioni c’è un’introduzione ambientata nel Medioevo che non è presente in tutte le versioni. Perché?
Oh sì, è l’edizione svedese. Ho aggiunto questa parte, non ero sicuro se aggiungesse o togliesse qualcosa all’opera. Ne ho parlato con il mio editore svedese, Fredrik Jonsson, che possiede Lystring Forlag ed è una persona molto entusiasta e lui ha pensato che fosse bello. E io ho pensato che sarebbe stato bello per questa piccola edizione avere una cosa diversa. Ad esempio, ogni edizione ha un disegno diverso, un altro piccolo fumetto al suo interno. Inoltre, dato che si trattava dell’edizione più piccola, aveva senso che ci fosse, perché non ero sicuro che facesse davvero parte dell’intero progetto o meno. È una striscia piccola e molto breve su un’epoca del passato. Una ragazza che sgattaiola via e incontra una strana creatura che le regala un uovo, che lei porta a casa e per il quale viene picchiata. Sul finale, l’uovo sta per schiudersi e il suggerimento è che si tratti del gabbiano. Nella mia mente è abbastanza chiaro, non so cosa aggiunga alla storia principale, ma ho pensato che fosse divertente. E mi è piaciuto disegnarlo. È anche collegato al mio prossimo libro, che riprende quel tipo di mondo, anche se i disegni sono molto diversi.
Intervista realizzata dal vivo al festival A occhi aperti, Bologna, 17 novembre 2024.
Joe Kessler
Joe Kessler vive e lavora a Londra. Fumettista e illustratore, i suoi ultimi fumetti sono Windowpane e The Gull Yettin, entrambi tradotti in diversi Paesi. Le sue tavole sono state esposte in varie mostre a livello internazionale.
Ha fondato Breakdown Press, una casa editrice di fumetti con sede a Londra, di cui è anche art director. Insegna al Camberwell College of Art and Design.