Supreme, Alan Moore rende omaggio alla Silver Age con il suo Superman

Supreme, Alan Moore rende omaggio alla Silver Age con il suo Superman

“Supreme: the story of the year", il rilancio di Alan Moore della serie ideata da Rob Liefeld, si trasforma in uno splendido tributo alla Silver Age del fumetto statunitense.

supreme_coverVenti anni fa, dopo aver rivoluzionato il mondo dei fumetti, Alan Moore si dichiarava ufficialmente mago e iniziava la sua avventura nell’universo Image. Dopo aver scritto qualche storia per Spawn e aver raffinato il suo caratteristico dispositivo metaletterario con la serie 1963, elegia dell’opera di Jack Kirby, nel 1996 gli viene affidata la revisione della serie creata da Rob Liefeld, Supreme.
Fondamentalmente si tratta delle gesta di un clone di Superman, una versione priva della buona educazione e della “sana” morale del Midwest statunitense che contraddistinguono l’originale; una specie di superuomo ariano, frutto degli anni ’90, quando spesso bastava essere provocatori ed eccessivi per riscuotere successo.
Lo scrittore di Northampton accetta il progetto a patto di poter riscrivere completamente tutta la storia, abbandonando gli sproloqui reazionari che l’avevano contraddistinta fino a quel momento.

Nascono così le serie Supreme The story of the year (numeri 41 – 56) e Supreme The return (miniserie di sei numeri) che vedranno alle matite un nutrito numero di disegnatori, tra i quali vanno ricordati Rick Veitch e Chris Sprouse. L’operazione di riscrittura è stata in parte tradotta in italiano: la Renoir ha infatti recentemente pubblicato una versione ridotta della prima serie (numeri 41 -52).
La revisione mooriana di Supreme, premio Eisner nel 1997 per la migliore sceneggiatura, è un tributo alla figura di Superman e soprattutto alla Silver Age del fumetto statunitense.

04 Fondamentale per la riuscita di questo dispositivo di rilancio diventano i flashback, che assumono la forma di storie nella storia, disegnate dal grandioso Veitch, vecchio collaboratore di Moore, che dà il meglio di sé nel ricreare graficamente le atmosfere degli anni ‘60. 

Ne scaturisce un lavoro che, pur non aggiungendo nulla di particolarmente innovativo al fumetto, riesce a far funzionare insieme le tematiche e lo stile grafico caratteristiche della produzione di massa anni ’90,00 incentrato sull’azione, su impossibili fisici da culturista e sull’ultraviolenza, con quelle tipiche della Silver Age, dove predominavano l’ingenuità, i buoni sentimenti e la speranza. Ne scaturisce una visione sincretica di fine millennio.

L’operazione del mago inglese non si limita però a questo, le chiavi di lettura non si fermano qui, perché Supreme è anche una critica ai cliché della narrativa supereroistica, forse più smussata e meno oscura di quella portata avanti da Swamp Thing, Watchmen e altra produzione mooriana (ricordiamo che si sta parodiando il genere attraverso la Silver Age), ma di certo non meno dura o decisa nella sua lucidità e profondità.
Dietro ai buoni sentimenti, anche quelli anni ’60, sembra dirci Moore, si celano sempre le paure e le brutture dell’uomo; ne è esempio lampante la storia di Veitch, intitolata L’ultimo caso degli Alleati (numero 44) e dedicata al passaggio tra Golden Age e Silver Age, dove i Tre Ectoplasmi del Caos, una sorta di Zio Tibia ante litteram, costringono il supergruppo degli Alleati a confrontarsi con i loro timori più grandi e reconditi e dove assistiamo alla scena molto forte di una “pera” di eroina.

Il tutto si fa ancora più interessante se si pensa che quello di Moore sia sì un atto d’amore, ma anche, e allo stesso tempo, un atto di creazione (magico?) quindi “esatto”.
La Silver Age è stata scelta come “periodo di riferimento” anche perché fu in gran parte basata sul rilancio e la revisione dei personaggi della Golden Age.
Per concludere, l’ovvia notazione che tutta la serie è zeppa di citazioni da fumetti, canzoni, opere letterarie e artistiche in genere, come da stile Alan Moore, fattore che la rende un vero paradiso per i cultori del medium.

Alcune perplessità le solleva l’edizione italiana che per ragioni editoriali e tipografiche, non comprende tutto l’arco narrativo coperto dall’autore inglese, offre pochi materiali inediti per il prezzo, forse un po’ elevato e, cosa ben grave, è priva di alcune delle perle della serie, ovvero alcune delle storie nella storia, una fra tutte quella di Squeak the Supremouse inserita nel numero 52a e disegnata da colui che sarà lo Straordinario Gentleman Kevin O’Neill.

Abbiamo parlato di:
Supreme The story of the year
Alan Moore, AAVV
Traduzione di Marco Farinelli
Renoir Comics, 2012
320 pagine, brossurato, colori – 24,90€
ISBN: 886567069X

2 Commenti

1 Commento

  1. Antonio

    8 Agosto 2013 a 12:08

    quindi conviene comprare la versione in lingua originale?

    • Riccardo

      20 Agosto 2013 a 16:43

      Ciao Antonio,
      scusa il ritardo nella risposta, ma ero in vacanza. Non è esattamente come dici, ci sono alcuni “se”. Se si riesce a trovare l’edizione americana originale, in volumetti, e se, ovviamente, si conosce la lingua, la risposta potrebbe essere sì, ma la cosa non è così semplice e bisogna stare attenti a non incappare nell’edizione raccolta statunitense da cui è stata tratta quella italiana, altrimenti si incorre nelle stesse mancanze. Diciamo che vista la mia maniacalità, cerco sempre di leggere l’opera in edizione originale, ma valutate le problematiche di reperibilità, questo potrebbe essere il caso di anticipare l’acquisto dell’originale con la versione italiana. Spero di esserti stato d’aiuto.

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