Ci sono storie che sono lo specchio di un autore, contenitori – o exemplum laico – della sua intera cifra stilistica, dei canoni e dei caratteri che ne hanno contraddistinto l’opera. Paperino e le lenticchie di Babilonia – che Panini Comics propone come decima uscita della collana Topolino Gold – è per Romano Scarpa proprio una di queste storie.
Pubblicata per la prima volta in due parti su Topolino nel 1960, il fumetto ha avuto nel corso degli anni varie ristampe – anche con modifiche e rimontaggi – ma in questa incarnazione editoriale più recente torna alla forma originaria pensata dal suo autore.
La trama ruota attorno alla passione culinaria che Paperone ha per lo stufato di lenticchie e questa sorta di golosa mania porta lo zione a compiere un impensabile azzardo finanziario che coinvolge la Banda Bassotti. Da ciò si dipana un’avventura che trascina tutta la famiglia dei Paperi in una sorta di ottovolante di emozioni, tra successi e fallimenti che si susseguono uno dietro l’altro, in giro per il mondo alla ricerca del segreto delle lenticchie di Babilonia fino a un sorprendente finale.
A partire dalla sua costruzione, con una sceneggiatura strutturata in due parti per offrire allo sviluppo il maggior respiro possibile, questa storia è tipicamente scarpiana sotto molti aspetti. Innanzitutto nel ritmo che cadenza elementi di suspense e gag che sdrammatizzano situazioni e stati d’animo tutt’altro che leggeri, ma anche nella capacità dell’autore di inserire all’interno delle proprie trame tematiche a essa contemporanee: in questa occasione, la pubblicità e del suo potere persuasivo. Proprio il linguaggio pubblicitario, infatti, sarebbe diventato una delle componenti mediatiche di rilievo che avrebbe accompagnato il boom economico italiano degli anni ’60 ed è notevole come l’autore veneziano ne avesse già compresa la potenza fin dall’inizio del decennio.
Ci sono poi nella storia anche altri elementi che dimostrano la capacità di “anticipazione” di Scarpa, quali l’emittente televisiva privata posseduta da Paperone (impensabile nell’Italia del tempo) o la tecnologia fantascientifica che hanno a disposizione i Bassotti per rovinare gli spot pubblicitari di Paperone.
Tipicamente scarpiana (almeno, dello Scarpa dei primi dieci/quindici anni della sua carriera) è anche il ruolo da detective riservato a Qui, Quo, Qua, oltre all’efficace afflato epico che l’autore riesce a dare a tutta l’avventura. Le circa settanta pagine nelle quali si sviluppa non soffrono mai né di sfilacciamenti narrativi, né di cadute di ritmo, a dimostrare il talento per l’intreccio e il meccanismo narrativo che connotavano il talento di Scarpa.
Ma ciò che colpisce di più in Paperino e le lenticchie di Babilonia sono i suoi elementi, per così dire, atipici.
Innanzitutto il titolo che sembra suggerire che il personaggio principale della storia sia Paperino, quando invece l’assoluto protagonista è Paperone. Tanto che Casty – autore della copertina per Topolino Gold – in una prima bozza della stessa pubblicata all’interno dell’albo mette proprio lo zione al centro dell’immagine, in una sorta di lapsus freudiano in chiave grafica.
A poco più di un decennio dalla nascita di Uncle Scrooge, Paperino era ancora ritenuto il principale mattatore e “attrattore” di lettori, motivo per cui si tendeva a inserire il suo nome nei titoli anche in soggetti che vedevano in realtà al centro lo Zione e nonostante il successo che l’avaraccio comunque già riscuoteva.
Restando al solo Scarpa gli esempi di questo tipo abbondano: Paperino e l’antidollaròssera, Paperino e la leggenda dello “scozzese volante”, Paperino e la “Fondazione de’ Paperoni”, Paperino e l’uomo di Ula-Ula, Paperino e il colosso del Nilo, tutti fumetti di quegli anni nei quali era Paperone il vero protagonista. Di lì a poco si iniziò gradualmente a inserire anche il suo nome nei titoli delle storie.
Si passa poi al ruolo dei Bassotti, antagonisti della storia e fautori delle azioni illecite della stessa, ma che non hanno come fine quello di recare danni a Paperone o depredarlo della sua ricchezza. Tant’è che entrano in possesso del patrimonio del miliardario in modo del tutto regolare e legale.
Anzi, a ben vedere, è proprio Paperone che all’inizio dell’avventura si comporta in maniera spregiudicata e al limite della legalità in ambito finanziario, in un gioco di compra vendita di azioni e titoli che Scarpa riesce a spiegare ai lettori in modo chiaro e semplice, un meccanismo che spesso è alla base di numerose e controverse operazioni di borsa anche oggi.
Il vero elemento originale resta però il finale della storia. Una chiusura della vicenda aperta, o per meglio dire “tronca”, quanto meno per i personaggi – Zio Paperone in primis – se non per i lettori. Questi ultimi, grazie all’ultima vignetta, possono chiudere il volume con animo sollevato, a differenza del protagonista che Scarpa lascia deliberatamente nell’angoscia, nel dubbio e nel rimpianto. Proprio questo finale così moderno, atipico e per certi versi avanti sui tempi (esattamente come precursore era il fumettista veneziano rispetto ai suoi colleghi coevi) è uno dei motivi che rende questa storia ancora oggi assolutamente godibile per un pubblico contemporaneo, oltre ad averle dato la possibilità nei decenni successivi alla sua uscita di venire ampliata e ulteriormente sviluppata. Ultimo, in ordine di tempo, è stato Fabio Celoni che nella sua prima saga da autore disneyano completo, Il destino di Paperone, usa proprio le pagine finali de Le lenticchie di Babilonia per creare una sorta di what if paperoniano, che proprio delle storie di Scarpa ha il respiro epico.
Altro elemento di modernità di questo racconto è la gestione di Paperone da parte dell’autore. Come ricorda anche il giornalista Marco Travaglini nella ricca postfazione, all’inizio degli anni ’60 quello dello zione era un personaggio editorialmente giovane, ancora da raccontare e da sviluppare. E Scarpa ne sfrutta le potenzialità dandogli forma in modo sorprendente e profondo, grazie alla sua capacità di rappresentare in modo esemplare le varie sfaccettature del carattere del personaggio, regalandogli un ricchissimo campionario di stati d’animo che si muovono tra euforia e depressione, rabbia e voglia di rivincita, orgoglio e rassegnazione assoluta.
Qui il pensiero va immediatamente a Carl Barks, che Scarpa teneva assolutamente presente nel suo modo di scrivere il personaggio. Come tutti gli autori, certo, ma lui di più, anche rispetto a Guido Martina o in maniera più pura e aderente rispetto al pur rispettoso Rodolfo Cimino, giusto per fare due nomi.
Da Barks l’autore veneziano riprende proprio quella moltitudine di emozioni tra le quali Paperone passa nel giro di una vignetta e quella sconsideratezza fanciullesca che nei decenni seguenti si è senz’altro spenta ma che connotava in maniera peculiare il magnate. Il Paperone che immola il suo intero patrimonio per l’affare delle lenticchie può suonarci eccessivo al giorno d’oggi, ma rientrava pienamente nell’ottica barksiana di un vecchio papero disposto a comprare tutte le monetine coniate in un certo anno per poi distruggerle tenendone solo una di modo che diventi la più rara al mondo (Zio Paperone pesca lo skirillione). O capace di investire un certo capitale per dimostrare a Qui Quo Qua di essere uno zio migliore di Paperino sotto Natale (Paperino e la scavatrice).
Il Paperone dei primi anni, nonostante fosse già un tirchio assoluto, veniva bilanciato da un atteggiamento a tratti infantile che lo portava ad essere competitivo, entusiasta e senza freni, al punto da attuare investimenti sballati se credeva veramente in qualcosa. Ed è a questo Paperone che Scarpa ha sempre guardato e che proprio Celoni ha ripreso in maniera riuscita nella sua saga citata più sopra.
Questa maturità e poliedricità del character paperoniano ci permette di legarci a un altro degli aspetti della modernità di Scarpa, quello legato al suo stile grafico. La pulizia del segno – una linea chiara in salsa disneyana – accompagnata a un uso efficace delle linee cinetiche a enfatizzare il dinamismo dei personaggi fanno sì che le tavole del maestro veneziano continuino tutt’oggi a essere attuali.
Altro punto di forza è la recitazione dei personaggi, la gamma espressiva che Scarpa riesce a dipingere sui loro volti e nei loro movimenti, dalla gioia al dramma, sempre con quella capacità di stemperare la tensione emotiva nei toni della commedia, senza perdere di vista il fatto di star comunque realizzando storie brillanti per un giovane pubblico di lettori.
Ma ancor più sorprendentemente contemporanei sono la struttura del racconto scelta da Scarpa e il suo storytelling. L’idea di iniziare il racconto dall’epilogo per poi sviluppare la vicenda dall’inizio – in una sorta di lunghissimo flashback – fino a ricollegarsi proprio all’incipit della storia oltre a essere efficacemente attuale non inficia in alcun modo la chiarezza narrativa dello svolgimento.
Proprio la capacità di risoluzione delle esigenze narrative può essere portata a esempio del talento di Scarpa tanto come sceneggiatore quanto come disegnatore. C’è una sequenza particolare della storia – che anche Casty cita nel suo contributo alla postfazione del volume – che dimostra la bravura dell’autore veneziano, una sequenza che in gergo si definirebbe spiegone, ad alto rischio di didascalismo. Si tratta di quella in cui Paperone scopre che dietro il boicottaggio delle sue pubblicità delle lenticchie ci sono i Bassotti e che, inoltre, la produzione delle suddette lenticchie non può essere aumentata come lo zione desiderava.
Sono le cinque tavole che aprono la seconda parte della storia e si svolgono tutte all’interno di un ufficio, con ben cinque personaggi presenti. Il focus sono i dialoghi di cui Scarpa si serve per spiegare le motivazioni del piano ordito dai Bassotti. Per evitare che i lettori si annoino lungo tante pagine di spiegazioni, l’autore decide di dar vita a una sorta di ping pong emotivo tutto incentrato sullo zione che vive una girandola di stati d’animo opposti, magnificamente resi nelle vignette.
Paperino e le lenticchie di Babilonia è la dimostrazione che una storia scritta oltre sessant’anni fa può ancora essere assolutamente attuale nella costruzione e affascinante nella lettura, oltre a essere lo spunto di nuove storie: di più a un classico non si può davvero chiedere.
Abbiamo parlato di:
Paperino e le lenticchie di Babilonia
Romano Scarpa
Panini Comics, 2023
80 pagine, cartonato, colori – 14,90 €
ISBN: 977249961400630010