Complice forse la serata fredda e piovosa, che sembra aver indotto più di un barese a rimanere in casa, la prima presentazione del calendario fitto di appuntamenti dello SPINE Temporary Small Press Bookstore – aperto nel capoluogo pugliese fino al 5 gennaio – non ha registrato un alto numero di partecipanti, ma quella dello scorso 10 dicembre è sicuramente stata un'occasione per conoscere meglio Alessandro Martorelli, in arte Martoz, autore di Remi Tot in Stunt, ultimo fumetto pubblicato dell'editore bresciano MalEdizioni.
La breve introduzione di Sara Mastrodomenico, padrona di casa dello SPINE, che ha definito Remi Tot in Stunt “un graphic novel”, è stata lo spunto per la prima domanda rivolta al giovanissimo fumettista: quello pubblicato da MalEdizioni è un graphic novel o un fumetto?
«È un fumetto. Nel senso che è una sequenza di disegni, una sequenza narrativa.», ha risposto Martoz. «È fatto di disegni che hanno come protagonisti Remi Tot e il suo dado, e accanto a loro il terzo protagonista è il disegno stesso, che scandisce il ritmo narrativo e dà un senso a tutto il fumetto. Insomma, è un fumetto che mette al centro il disegno, una sequenza di disegni nel senso eisneriano del termine.»
Prima di passare a Remi Tot in Stunt Alessandro Martorelli ha parlato un po' di sé e del suo lavoro principale, quello di street artist. Ha raccontato alcune curiosità sul suo nome d'arte, per cominciare: «Il mio cognome è Martorelli, come tutti sapete, ma mi firmo Martoz perché la mia famiglia ha probabili origini spagnole e da ragazzo i miei amici mi chiamavano “El Martoz”. Poi l'articolo è scomparso e, un po' per affezione verso gli amici un po' verso la mia famiglia, ho deciso di continuare a farmi chiamare Martoz. Ora, anche se volessi cambiare pseudonimo, credo non potrei più farlo!»
Quanto al passaggio dalla street art al fumetto, ha raccontato che quest'ultimo è il modo in cui la sua passione per il disegno ha trovato uno sbocco naturale.
«Questo fumetto nasce dalla scoperta che un disegno così istintivo come il mio può diventare un fumetto. Prima di farlo mi dedicavo più all'illustrazione o ad altre forme artistiche in cui di solito si è un po' più liberi, mentre quando si fa fumetto inevitabilmente si hanno dei vincoli legati al mezzo e alla sua lettura: bisogna riuscire a trasmettere quello che succede in modo comprensibile, bisogna avere una griglia e un formato che in un certo senso incatena un autore. Invece io ho sempre avuto un disegno un po' incontrollato quanto a dimensioni e forme, e pensavo che il fumetto non potesse permettermi di esprimermi come di solito facevo e faccio, vedendolo quasi inaccessibile per me. Ho anche incontrato qualcuno che mi ha detto che non avrei potuto fare fumetto perché sostanzialmente di quello che disegnavo non si capiva un bel niente!», ha scherzato. «Invece trovo che il fumetto sia una forma d‘arte che paradossalmente dà molte più libertà di altre. Nel fumetto è possibile esprimere un potenziale comunicativo del tutto inedito per altre forme d'arte e riesce a raggiungere livelli altissimi.»
Ha poi concluso che «Il fumetto non va visto come un blocco, una gabbia o un vincolo, ma come un mezzo fantastico, un motore per esprimersi in modi inesplorati. Imparando a gestire questo mezzo ho capito che anche io potevo fare determinate cose.»
Ha però anche spiegato che il passaggio dalla totale libertà concessa dal lavoro come illustratore all'incasellamento negli schemi del fumetto non è stato facile: «Avevo realizzato i primi due capitoli di Remi Tot per poi rendermi conto che non andavano bene, li ho cassati quasi completamente, sono entrato in crisi al punto da rifugiarmi in Umbria, lasciando per un paio di mesi il Lab.Aquattro di Roma, e ho ricominciato tutto daccapo.»
È poi stato chiesto a Martoz come sia entrato in contatto con MalEdizioni e se Remi Tot sia stato realizzato appositamente per la casa editrice bresciana, o fosse un progetto già in cantiere da tempo. «Ho conosciuto Nadia Bordonali e Luigi Filippelli al Treviso Comic Book Festival del 2013. All'epoca MalEdizioni era quello che si definisce un micro editore, mentre io avevo fatto una micro mostra al TCBF, che loro hanno visto, interessandosi al mio lavoro. In fiera c'era un loro autore portoghese che gli ha suggerito di pubblicarmi e così mi hanno contattato», ha spiegato.
Ma il progetto per Remi Tot in Stunt è stato pensato appositamente per questo editore: «Io sono dell'idea che ogni mio progetto abbia un suo posto. Per esempio ho in mente dieci storie che sono già tutte collocate… solo che la metà degli editori presso cui le ho collocate ancora non lo sa!», ha ironizzato Martoz. «Quando Luigi mi ha contattato non avevo in mente una storia per loro, quindi Remi Tot è nato per l'occasione.»
A questo punto, presentato l'autore e il contesto in cui il suo fumetto è nato, è giunto il momento di conoscerne il protagonista, le cui sembianze e il cui nome sono molto vicine a quelle dell'attore Tim Roth.
«Questa è una questione interessante, che spiega il perché io creda in un certo senso nel destino. Ci sono cose che sembrano accadere per caso, e che invece poi si scopre hanno una spiegazione molto più profonda. Ho scelto Tim Roth perché prima di iniziare a disegnare questo fumetto ho visto per la seconda volta La leggenda del pianista sull'oceano e mi sono completamente innamorato della sua interpretazione, decidendo così che sarebbe stato lui il mio protagonista. Certo, non è ritratto alla perfezione, ci sono scene in cui è palesemente lui e altre in cui è appena riconoscibile, un po' come Rupert Everett con Dylan Dog… Insomma, Roth aveva l'aspetto giusto per rappresentare l'ambiguità del personaggio di Remi Tot, che è sì uno stuntman, ma anche uno scienziato cerebrale e mingherlino nell'aspetto. Lo stesso character design chiarisce questa sua doppiezza: Remi ha gli occhiali da studioso, che però sono scheggiati, ma ha anche una cicatrice, indossa un giubbotto di pelle da duro ma ha un fisico esile. Ecco perché Roth era perfetto per il ruolo.»
Da quella scelta sono emerse una serie di coincidenze che creano uno schema apparentemente voluto, ma che si è formato del tutto inconsapevolmente per l'autore: «Il nome di Remi Tot ha diversi anagrammi e diversi significati. Non è solo il semi anagramma del nome dell'attore, ma anche l'anagramma perfetto di Imre Toth, un matematico di età preclassica la cui reale esistenza non è stata del tutto accertata. Questo era anche il nome di un filosofo e storico della matematica rumeno, e Thot è il dio della Geometria gli Egizi. Inoltre “tot” è la parola che tutti utilizziamo per definire una quantità, dicendo “un tot di questo o di quello”, e le cifre in questo fumetto sono infatti fondamentali quando il mio protagonista fa la conta dei danni causati dalle catastrofi che lui stesso aveva predetto.»
Insomma, quello di Remi Toth è un nome parlante a tutti gli effetti, ma Martoz ha ammesso che tutti questi collegamenti sono sorti nella sua mente solo dopo aver pensato al nome per il protagonista del suo fumetto, anche se la combinazione di suggestioni che li lega li fa sembrare concepiti ad arte.
È stato poi fatto notare come apparentemente Remi Tot sfugga dalla quotidianità e dall'ordinarietà del suo lavoro attraverso imprese al limite della follia che lo caricano di adrenalina, facendo di lui uno “stuntman della realtà”.
«Remi è un matematico raffinatissimo, è il più grande matematico mai esistito, e usa questa capacità per decifrare le geometrie della realtà e sostanzialmente anticipare il futuro. Lui sa come avverranno le cose attraverso i calcoli complicatissimi che compie ed è questo che rende il fumetto verosimile: Remi Tot non è un supereroe perché non ha superpoteri, è solo un matematico. Effettivamente Remi porta avanti una sfida contro l'ordinarietà e le barriere del possibile, spingendosi oltre con queste imprese incredibili. L'ho definito uno “stuntman della realtà” perché usa le sue doti per salvare delle persone, inserendosi nelle catastrofi e sostituendosi, come farebbe uno stuntman con il protagonista di un film, a una persona. Da qui sorge la domanda che dà il titolo al quarto capitolo del libro, come domande sono i titoli di tutti gli altri capitoli: perché salvare solo una persona se Remi sa esattamente quello che accadrà e potrebbe scongiurare una catastrofe? Ecco, il mio fumetto segue Remi Tot nelle sue imprese, passo dopo passo.»
Il discorso si è poi spostato sull'utilizzo della matematica e delle formule matematiche nel fumetto, non solo come una componente importante per la trama, ma anche sul piano puramente estetico. In Remi Tot in Stunt, infatti, emerge una certa poesia della matematica che l'autore è riuscito a trasformare in arte, come di arte e riferimenti e citazioni artistiche è pieno l'intero corposo volume.
«Le formule matematiche sono diventate decorazioni, sfondi e pattern perché le trovo esteticamente bellissime e hanno un certo loro protagonismo nel fumetto, riempiendo talvolta anche intere doppie pagine», ha spiegato Martoz. «Ma non bisogna spaventarsi credendo che Remi Tot sia un fumetto che parla di matematica. È anzi accessibile a tutti, perché quando le formule e i calcoli sono realmente funzionali alla trama ne viene spiegato il motivo e il significato.»
Il volume è però anche intriso di una certa componente cabalistica e misterica, non solo per il modo in cui gli stessi disastri concepiti dall'autore sono stati architettati, ma per i molti interrogativi irrisolti e i punti oscuri della trama.
«Sul piano esoterico in Remi Tot non c'è volutamente nulla, perché il mio protagonista come dicevamo è uno scienziato e non ha alcun potere sovrannaturale. Nel fumetto sono però presenti delle fughe narrative che sono in realtà degli abbellimenti nati su pezzi di carta e inseriti tra le tavole, ma che hanno un vero significato solo per me e che sono parte del mistero di questa storia. Remi Tot in Stunt è un fumetto sì verosimile, ma è anche pieno di punti oscuri della trama e di domande senza risposta che sono voluti. Non a caso ci sono passaggi della narrazione che sfiorano il surreale, e in due o tre occasioni viene fatta una scelta che acuisce il mistero ma che poi diventa pura componente estetica, e in altre diventa dimensione narrativa parallela.»
L'ideazione delle catastrofi, si diceva, ha dei risvolti interessanti e quasi comici: «A partire da questo lavoro ho stabilito che la mia poetica dovrà rispettare d'ora in poi – o per lo meno per il prossimo o i prossimi due fumetti che realizzerò – l'elemento dell'assurdo. Questo darà realismo ai miei fumetti, perché trovo che una cosa più è assurda più risulta essere realistica», ha detto Martoz. E poi ha spiegato: «Quando ho dovuto ideare le catastrofi di Remi Tot mi sono domandato quale fosse il modo migliore per non farle apparire finte e stereotipate, e ho capito che una cosa è tanto realistica quanto apparentemente assurda, perché contiene elementi improbabili e si allontana da uno stereotipo e ci offre variabili che potremmo davvero incontrare nella realtà. Parlo dell'imprevedibilità delle cose. E per introdurre l'imprevedibilità ho deciso di affidarmi al caso e creare tre gruppi di elementi da mettere insieme: cose, luoghi e mezzi di locomozione. Tirando i dadi ho unito questi tre elementi e son venute fuori cose assurde a un primo sguardo, ma che nella storia trovano una loro collocazione perfettamente razionale. Un'altra cosa che mi spinge a credere che esista un ordine segreto nelle cose!»
Non sono poi mancate anche le domande da parte del pubblico.
Martoz ha raccontato che i suoi punti di riferimento sul piano artistico sono per lo più costituiti da pittori, ma che tra i fumettisti di cui ammira particolarmente il lavoro ci sono Robert Valley, Sergio Toppi e Kent Williams.
«Non mi sono mai seduto al tavolo da disegno con la voglia o la consapevolezza di imitare qualcun altro, perché ho un disegno piuttosto istintuale che crea una sorta di calderone di idee e forme da cui poi affiora quello che è il mio lavoro. Quando per la prima volta ho visto i disegni di Robert Valley mi sono reso conto che anche un tratto come il suo, così originale e distorto, poteva essere fumetto e lui è diventato il mio riferimento principale. Sergio Toppi non posso non citarlo, a chi non piace la sua arte? E poi Kent Williams mi ha colpito soprattutto per un suo lavoro con Jodorowsky, della cui storia si capisce pochissimo per quanto è oscura e contorta, ma che grazie alle sua sequenzialità di immagini diventa perfettamente lineare e chiara. Williams è un altro esempio lampante di passaggio da un disegno complesso a fumetto, tramite una trasformazione di (apparente) incredibile semplicità.»
Un paio le domande sulla tecnica utilizzata nella realizzazione delle tavole e sulla colorazione. «Non uso bozzetti preparativi, le mie tavole sono tutte disegnate a mano e vengono fuori dal nulla. Per questo emerge una doppiezza fra la ricerca razionale di una narrazione e lo sfondo irrazionale del disegno istintivo», ha spiegato. «Disegno generalmente in formato A4, perché detesto che nelle riduzioni si perda lo spessore del tratto, e solo in alcuni casi in A3, per le tavole più complesse. Poi scansiono e coloro in digitate tutto ciò che invece non coloro a mano.»
«Anche la scelta dei colori in Remi Tot è stata molto veloce, come per i disegni, perché non volevo negare al risultato finale quel certo aspetto di voracità, quell'aria di fatto sul momento e senza filtri. Anche la copertina è stata realizzata in un'ora, su un pezzo di carta. Ma c'è cura anche nella follia e in ciò che è istintivo. I colori sono stati scelti con un certo criterio: ho scelto colori strani e contrastanti perché quel contrasto mi serviva per dividere i piani. Queste tavole matitate molto spesso non avevano grande profondità e quindi potevo spezzare i piani solo attraverso il colore. Anche se ho scelto un coppia di colori portante per ciascun capitolo, in alcuni casi l'accostamento è molto banale, in altri assai più particolare.»
Alessandro Martorelli ha anche raccontato che per realizzare Remi Tot, dalla proposta di Filippelli sin dalla presentazione al BilBOlBul, ci è voluto circa un anno. Ha infatti spiegato di averci lavorato sì quasi quotidianamente, ma solo nei ritagli di tempo da altri lavori, alternando periodi di lavoro più intenso ad altri meno impegnativi. Il quinto capitolo è per esempio stato disegnato a Londra, dove è andato per far visita alla sorella, e nelle sue settimane di permanenza lì ha visitato decine di mostre e vissuto esperienze che lo hanno stimolato fortemente e che ha poi riversato nel suo lavoro. Il secondo e il sesto capitolo sono invece stati realizzati nell'arco di un mese.
A conclusione della serata è avanzato il tempo per una curiosa domanda un po' più personale. Martoz ha tatuata sull'avambraccio sinistro una K, di cui gli è stato domandato il senso: «Ha un significato che riguarda la matematica, naturalmente. La K è una delle costanti fisiche, quindi per me ha sempre avuto una grande valore simbolico e sta a rappresentare quello che nella nostra vita rimane costante nell'eterno cambiamento che invece si porta via tutto. Quindi come in fisica le costanti universali sono un punto di riferimento per gli scienziati e sono davvero l'unica cosa che rimane costane, così nella vita possiamo avere punti di riferimento di qualsiasi genere che ci fanno da guida. Questo tatuaggio, che mi ha fatto la mia ragazza in casa, con ago e inchiostro, rappresenta ciò che per me nella vita è realmente importante.»